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Il Consorzio di Farindola

Le buone pratiche dei parchi

Agricoltura e allevamento

 

PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA
Regione: Abruzzo, Lazio, Marche
Estensione: 141.341 ettari
Anno di istituzione: 1995
Sede: via del Convento 1
67010 Assergi (AQ)
Telefono: 0862 60521
Fax: 0862 606675
www.parks.it/parco.adamello
www.gransassolagapark.it

 

È una delle stelle del firmamento enogastronomico dei parchi italiani. Un formaggio unico, latte di pecora e caglio di maiale, strappato dal parco da un futuro di sicura estinzione. Oggi è diventato una riconosciuta prelibatezza che attende la certificazione Dop dall'Unione europea, nonché una importante risorsa economica per il territorio.
Questo pecorino è l'unico formaggio al mondo ad essere preparato col caglio derivato dallo stomaco di maiale, caratteristica che gli conferisce sapore e aroma del tutto particolari. Il latte è munto a mano dalle pecore di razza abruzzese Pagliarola, che producono quantitativi assai ridotti. Nel territorio del parco il 69% della SAU (superficie agraria utilizzata) è interessato da prati e pascoli, chiaro indice di una consistente presenza di allevamenti zootecnici. E il bestiame più diffuso è quello ovino, che secondo gli ultimi censimenti conta 118.369 capi, pur se negli ultimi anni si sta assistendo a una progressiva sostituzione con quello bovino ed equino vista la minore necessità di impiego di manodopera (a causa del pascolo brado, impossibile con le pecore).
La cagliata viene tipicamente ottenuta con l'aggiunta di caglio suino, operazione figlia di una tradizione antica e tramandata di famiglia in famiglia con modalità differenti. Nonostante le profonde trasformazioni sociali e produttive, infatti, tutt'oggi nei comuni compresi nel parco sono presenti quasi 9.000 aziende la cui conduzione è per il 92% dei casi familiare. E tradizionalmente, nella zona chi alleva pecore alleva anche qualche maiale per il consumo familiare. L'agricoltura praticata in tutta l'area protetta è prevalentemente povera e deriva da una pratica più legata alla sussistenza che al mercato, ad eccezione della zona di Amatrice. I metodi di produzione sono ancora oggi per la maggior parte tradizionali. L'agricoltura praticata favorisce la biodiversità sia connessa alle specie naturali sia alle tante varietà agronomiche locali selezionate in millenni di attività agricola. Il mantenimento di queste forme di agricoltura tradizionale è stato favorito dalla particolare morfologia del territorio del parco, caratterizzato da tante valli isolate, quanto dall'attaccamento della popolazione alle tradizionali forme economiche. Questo tipo di agricoltura ha permesso di tramandare paesaggi agrari antichi (come i campi aperti, i seminativi arborati, le marcite, i mandorleti, ecc.) arrivati finora intatti, ma che oggi si ha difficoltà a mantenere. Queste colture hanno anche permesso di conservare molte specie animali domestiche e selvatiche, con dei riflessi positivi sulla biodiversità.
La stagionatura del pecorino avviene in forme di uno o due chilogrammi, entro contenitori di vimini che lasciano la caratteristica impronta sulla crosta, e con una durata variabile tra i quaranta giorni e l'anno o più. Le forme vengono periodicamente unte con olio extravergine di oliva e aceto per evitare un eccessivo essiccamento e l'eventuale formazione di muffe.
Le tappe della rinascita del formaggio oggi più famoso d'Abruzzo sono state: il 1995 con l'istituzione del parco nazionale; il 2001, con la creazione di un presidio Slow Food; il 2002, con la nascita del consorzio cui a solo due anni di distanza sono oggi associati una trentina di produttori. E la produzione ha seguito di pari passo quest'evoluzione repentina, passando dagli 80 quintali del 2001 ai 400 attuali.
Zona di origine sono nove Comuni dislocati sul versante orientale del Gran Sasso, nelle province di Pescara e Teramo: oltre a Farindola sono Montebello di Bertona, Arsita, Villa Celiera, Carpineto della Nora e le frazioni Roccafinadamo di Penne e Vestea di Civitella Casanova, più alcune zone di Castelli e Bisenti. Gli obiettivi del consorzio - la cui denominazione completa è Consorzio di Tutela e Valorizzazione del pecorino di Farindola - sono quelli di garantire la continuità di questa produzione per non perdere definitivamente la tradizione e la qualità, incentivare la produzione, tutelare la denominazione e migliorare le commercializzazione, istituire un marchio e registrarlo. E poi, ancora, ottenere il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta, garantire un reddito maggiore e più adeguato ai produttori, indirizzare i giovani verso l'allevamento e la lavorazione del prodotto conservando al contempo l'ambiente, prima garanzia di qualità. L'iniziativa ha trovato piena rispondenza negli allevatori e nei produttori che con il consorzio hanno ora a disposizione uno strumento fondamentale per accrescere l'efficacia e la qualità del loro lavoro. Per il consorzio, istituito dal parco con il sostegno dell'Azienda regionale di sviluppo agricolo, l'ente ha concesso la sede e inoltre ha sostenuto le spese amministrative per la sua costituzione.
Il successo di questa iniziativa è testimoniato dal fatto che i prezzi sono sensibilmente aumentati, passando da 10 a 22 euro al chilo, e oggi la domanda supera l'offerta. Il rischio è che per accontentare la domanda i produttori vendano il formaggio più fresco con una riduzione della qualità e del prestigio della produzione. Non dovrà accadere.