I pinoli biologici |
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Valorizzazione delle produzioni tipiche? Finanziamenti
aggiuntivi? Al parco di Migliarino-S. Rossore, uno dei tre importanti
parchi regionali toscani, passano anche per la raccolta e la commercializzazione
dei pinoli.
La materia prima non manca. Dei
9.000 ettari boscati dell'area protetta,
circa la metà sono costituiti da pinete. Boschi sempreverdi resi celebri
anche
dai versi dell'Alcyone di Gabriele
D'Annunzio, che soggiornò in questi
luoghi nei primi anni del '900. Furono i Medici e successivamente i Lorena
a dare inizio agli impianti artificiali, poi sfruttandoli per la raccolta di
legname, pinoli, resina e corteccia. In conseguenza dei molti impianti fatti
fra
la fine dell'800 e i primi del '900 la raccolta e il commercio dei
pinoli in Toscana
fu particolarmente fiorente durante la prima metà del '900, quando
molte delle pinete litoranee erano nell'età di 40-80 anni e cioè nel
periodo di
massima produzione e facilità di raccolta delle pine (o pigne). Fino al
1960,
infatti, la media annua dei pinoli raccolti in Toscana era dell'ordine
dei 20.000
quintali all'anno e rappresentava un'altissima percentuale della
raccolta in Italia
e anche un'alta percentuale della raccolta e dell'esportazione a
livello
mondiale. Oggi, però, il generale invecchiamento delle pinete e la concorrenza
di altri paesi mediterranei hanno dimezzato la quantità di pinoli raccolti
alla media di 10.000 quintali all'anno. Altri fattori causa del calo di
produzione sono riferibili all'impoverimento del suolo, alle diminuite
potature delle piante e - lamentano alcuni proprietari a Migliarino - all'incremento
demografico di ghiri e scoiattoli conseguente al divieto di caccia imposto dal
parco (in precedenza venivano effettuati stermini di massa ed esisteva addirittura
la figura specializzata del ghiraio). Al parco sono due le più diffuse varietà di pini presenti: il Pinus pinaster (il pino marittimo, o selvatico), le cui estensioni delimitano la costa poiché la specie è considerata più resistente ai venti marini, e il Pinus pinea (il pino domestico). È di quest'ultimo che si raccolgono i pinoli, impiegati come aromatizzanti in pasticceria e nelle cucine regionali. In Toscana, poi, oltre alle mandorle dei semi - i pinoli, appunto - viene utilizzata anche la parte legnosa dei frutti come combustibile. I pinoli delle pigne raccolte nel parco non sono di una varietà particolare. Non subiscono trattamenti chimici e, almeno in parte, sono estratti dalle pigne con metodologie tradizionali e naturali che mantengono inalterate le proprietà organolettiche e quindi le proprietà della mandorla. Per tali motivi possono fregiarsi della denominazione di pinolo biologico, garantita dall'AIAB (l'Associazione italiana agricoltura biologica) Toscana che controlla la provenienza delle pine, i metodi di lavorazione e il prodotto finito. La raccolta delle pigne si fa dall'inizio dell'autunno a fine inverno. Una volta, per staccarle dai rami, gli uomini erano costretti ad arrampicarsi su tronchi alti anche trenta metri. Da diversi anni vengono usate le macchine scuotitrici che, con grandi pinze, afferrano il tronco e scuotendolo per non oltre una decina di secondi (per non danneggiare l'apparato radicale) lasciano cadere le pigne sul terreno. Al loro interno la maturazione dei pinoli prosegue, fino all'arrivo dell'estate e dei primi caldi allorché le pigne si aprono al sole: allora basta scuoterle per far uscire i pinoli. A questi procedimenti tradizionali, ancora perpetuati da una ditta locale, se ne affiancano oggi altri che accelerano l'apertura delle pigne passandole in stufe ad aria calda, sgusciando quindi i pinoli mediante macchinari a cilindri contro-rotanti. La fruttificazione è favorita da tagli periodici, che assicurano alle piante un'adeguata illuminazione. La proprietà delle pinete è perlopiù privata, oppure del Comune di Pisa o della locale Università. Nelle pinete direttamente gestite dal parco, quelle di San Rossore (di proprietà regionale), la raccolta e il successivo trattamento vengono effettuate con i procedimenti tradizionali e quindi la produzione si fregia del marchio biologico. L'affidamento della raccolta per il quinquennio 2000-2005 è a cura della ditta pisana Grassini Amilcare snc, che vanta la maggiore esperienza al riguardo. Il relativo contratto di vendita delle pigne è assai rigoroso e prevede, fra l'altro: il periodo di raccolta fissato tra il 15 ottobre e il 31 marzo, la raccolta dei soli coni maturi senza danneggiare quelli ancora in formazione, la scuotitura meccanica senza danni per tronchi e chiome, il decespugliamento finalizzato a facilitare la raccolta a terra solo a seguito di autorizzazione del parco, la contemporanea distruzione dei nidi di processionaria (con una penale di 10.000 euro per ogni nido non raccolto e distrutto!), il reimpianto di 500 piantine di pino domestico all'anno a spese della ditta per il rinnovo del bosco. La vendita delle pigne così raccolte frutta ogni anno al parco 77.437,547 euro, rivalutati annualmente secondo gli indici Istat. Per avere 35 chili di pinoli sgusciati occorrono 10 quintali di pigne. Per questo i pinoli pisani sono tra i più cari sul mercato. A differenza di quelli provenienti da Spagna, Turchia e Cina (in cui prezzo oscilla tra i 10 e i 20 euro al chilo), quelli pisani sono in vendita a circa 60 euro al chilo. Ma il loro sapore è straordinario e davvero unico al mondo. All'interno del parco, alla Sterpaia, un piccolo negozio affidato in gestione ad una cooperativa vende alcuni prodotti tipici tra cui, appunto, i pinoli biologici di San Rossore e il miele di spiaggia, profumatissimo perché ottenuto dal miele di elicriso (le arnie sono posizionate sulla spiaggia). Prossimamente il parco aprirà un nuovo punto vendita, a gestione diretta. |