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Non rompeteci gli scogli

Le buone pratiche dei parchi

Comunicazione

 

AREA MARINA PROTETTA
DI PUNTA CAMPANELLA
Regione: Campania
Estensione: 1539 ettari a mare
Anno di istituzione: 1997
Sede: vl. Filangeri 40
80061 Massa Lubrense (NA)
Telefono: 081 808977
Fax: 081 8789663
www.parks.it
www.puntacampanella.org

 

Una campagna di comunicazione efficace per fermare una pratica distruttiva. E poi, certo, studi e ricerche per approfondire, per capire meglio, per tutelare una importante risorsa biologica ma anche il paesaggio stesso dell'area protetta. Alla riserva di Punta Campanella - tra gli angoli più belli e selvatici della Penisola Sorrentina - tra le ricchezze del mare assieme a praterie di posidonia, coralligeni e gorgonie è presente un cospicuo popolamento di datteri di mare (Lithophaga lithophaga). Si tratta di un mollusco bivalve che vive solo nel Mediterraneo e con una biologia per certi aspetti unica: infatti vive all'interno delle rocce calcaree, che perfora per una profondità di alcune decine di centimetri formando vere e e proprie gallerie. Il mollusco scava le gallerie corrodendo il calcare tramite una sostanza acida, prodotta da particolari ghiandole poste ai margini del mantello. Con la diffusione delle immersioni con autorespiratore, un discreto numero di subacquei ha potuto avere accesso ai banchi naturali di datteri di mare, compresi quelli più profondi. Il problema della pesca del dattero non consiste solo nel rischio di estinzione delle popolazioni, ma anche nel danno arrecato al patrimonio naturalistico delle coste calcaree. Il suo prelievo, infatti, proprio a causa della sua particolare biologia comporta la distruzione degli scogli dove questi animali scelgono di vivere. L'impatto sulle popolazioni non è comunque trascurabile, se è vero com'è vero che sono necessari circa cinque anni perché possano insediarsi nuovi individui, circa venti perché gli stessi possano raggiungere una taglia adeguata alla commercializzazione e ben ottanta per avere esemplari di grosse dimensioni (otto centimetri). Conseguenza di questi bassissimi tassi di rinnovo della risorsa è che i pescatori di datteri, come veri e propri minatori che esauriscono i filoni minerari, devono continuamente cambiare i siti di raccolta producendo la completa desertificazione di aree sempre più vaste. Proprio per l'impatto distruttivo della pesca sulle rocce, in un primo tempo la legislazione italiana ha vietato il prelievo dei datteri nelle scogliere frangiflutti e lungo le dighe foranee dei porti. Di conseguenza, l'attività di pesca si è orientata sui substrati naturali con notevoli danni ai popolamenti animali e vegetali delle coste calcaree. Le misure legislative che vietavano la pesca dei datteri sono state allora estese anche ai substrati naturali, con il Decreto Legge n.401 del ministero della Marina Mercantile nel luglio 1988. Con questo decreto e le successive proroghe tuttora vigenti è stata completamente vietata la pesca di Lithophaga lithophaga, ma tale misura restrittiva di fatto ha incentivato la pesca illegale facendo lievitare il prezzo dei datteri, che in certi periodi dell'anno raggiunge anche i trenta euro/kg. Tutto ciò è stato possibile a causa anche dell'assenza di controlli in mare e sugli esercizi commerciali che vendono illegalmente i datteri. Istituita alla fine degli anni Novanta, l'area protetta marina non è stata a guardare. Nel 2000 è stata stipulata una convenzione con il Wwf Italia con l'intento di produrre materiale informativo suddiviso in diversi moduli: poster, opuscoli, datteri di cioccolata. Sempre nel 2000, nell'ambito di un progetto comunitario, con la supervisione del consorzio di gestione della riserva la Lega Pesca ha realizzato alcuni opuscoli e video riguardanti la pesca al dattero e i pesanti risvolti sulla fauna ittica che vive a contatto coi substrati rocciosi. Nel 2001 è stato invece stipulato un contratto di consulenza tecnico-scientifica con il Consorzio nazionale interuniversitario per le scienze del mare (CoNISMa) per l'esecuzione del progetto "Studi circa l'impatto della pesca al dattero di mare nell'area marina protetta di Punta Campanella". Nel 2002, assieme all'associazione Legambiente, sono state condotte due ulteriori campagne d'informazione e sensibilizzazione sui danni all'ecosistema marino derivanti dal prelievo e dal consumo di datteri di mare. In pratica, vi è stata una massiccia distribuzione di adesivi e brochure con gli slogan "Non rompeteci gli scogli e datteri di mare? No, grazie!". In entrambi i prodotti, attualmente ancora in distribuzione presso gli uffici dell'area marina protetta, vengono sinteticamente descritti i danni arrecati all'ambiente e si tenta di dissuadere i consumatori dall'accettare e i ristoratori dal preparare e servire piatti a base di datteri. A termine 2004 e inizio 2005 il proseguo del programma di attività prevede l'analisi dei processi di recupero e ristrutturazione a medio termine delle popolazioni di dattero nonché dei popolamenti floro-faunistici distrutti dall'attività di pesca, allo scopo di approfondire la conoscenza dell'ecologia di popolazione e valutare la capacità di recupero degli stock. Sono state individuate due stazioni fisse di campionamento: la prima, posta nel versante napoletano, è stata fissata a Marina di Puolo mentre sul versante salernitano la stazione è stata individuata a Punta Sant'Elia. I campionamenti consisteranno in immersioni realizzate con autorespiratore ad aria a due profondità differenti, –15 e –5 metri, al fine di valutare l'effetto batimetrico sulla biologia popolazionistica e riproduttiva del dattero. La raccolta avrà una cadenza circa quindicinale per la durata di dieci mesi e il materiale campionato, al fine di evitare danni al sito di prelievo, consisterà esclusivamente in limitatissimi volumi di roccia. Infine, buone notizie per il dattero di mare sono giunte dalla Conferenza delle parti Cites (la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione) che ha avuto luogo a Bangkok nell'ottobre 2004. Grazie a una proposta di Italia e Slovenia la specie è stata inclusa nell'Appendice II (a tutela più stretta) della Cites, uno strumento in più nelle mani dei corpi di polizia per consentirne la salvaguardia.