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Il ritorno dell'orso bruno

Le buone pratiche dei parchi

Conservazione e gestione faunistica

 

PARCO NATURALE ADAMELLO-BRENTA
Regione: Trentino Alto Adige
Estensione: 61.864 ettari
Anno di istituzione: 1967
Sede: via Nazionale 24
38080 Strembo (TN)
Telefono: 0465 806666
Fax: 0465 806699
www.parks.it
www.parcoadamellobrenta.it

 

Erano rimasti in due, forse tre. Decimati da una lunga persecuzione, dall'antropizzazione del territorio e dalla consanguineità, gli ultimi orsi delle Alpi parevano condannati a un'estinzione crudele quanto sicura.
Erano gli anni Novanta del secolo scorso e il parco naturale dell'Adamello-Brenta, il più esteso del Trentino, puntò su una scommessa che a molti parve velleitaria: riportare il plantigrado sulle più famose montagne italiane. Nonostante la rete di infrastrutture in continua espansione, il turismo di massa, gli interessi legittimi degli agricoltori. Nonostante, insomma, le Alpi dell'uomo, Orso e parco - così almeno pare fino ad oggi - ce l'hanno fatta.
L'anno è il 1996. L'ente di gestione dell'area protetta - un vero e proprio parco nazionale mancato, per rilievo naturalistico e dimensioni - decide di chiedere all'Unione europea un finanziamento Life Natura. Il progetto si chiama "Ursus. Tutela della popolazione di orso bruno del Brenta", è promosso in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l'INFS, Istituto nazionale della fauna selvatica e costa circa un milione di euro ripartito in quattro anni, dei quali il 49% finanziati dall'Unione Europea. Il costo vivo è quindi di circa 250.000 euro all'anno: un appartamento di circa 50 mq a Madonna di Campiglio costa la stessa cifra…
A Bruxelles il progetto piace e viene approvato. In poche parole, prevede l'immissione nel territorio del parco di nove orsi - sei femmine e tre maschi - nell'arco di quattro anni, prelevati in Slovenia in collaborazione con il locale Servizio Foreste nazionale, per favorire la creazione di un nuovo nucleo stabile della specie. Gli esemplari in questione provengono da due riserve statali di caccia, quella di Jelen-Sneznik e quella di Medved-Kocevje. In tutta la Slovenia è presente una popolazione di circa 500-600 orsi che viene regolarmente sottoposta ad abbattimenti programmati che ne impediscono l'eccessivo incremento numerico. Il numero di orsi catturati per essere condotti in Italia per il progetto Ursus va perciò sottratto a quello degli abbattimenti programmati e avviene senza incidere numericamente, dunque, sulla popolazione d'origine. Le catture si svolgono presso siti di alimentazione artificiale, i cosiddetti "carnai", nei quali l'accorto posizionamento di ostacoli naturali fa in modo che ci siano solo pochi passaggi obbligati attraverso i quali gli orsi possano accedere al cibo. Sul percorso così approntato vengono posizionate le trappole (lacci di Aldrich), ideate per intrappolare la zampa di un orso in transito senza che questo si ferisca. Ai lacci è collegata una piccola radiotrasmittente che emette segnali radio regolarmente captati dalla squadra di cattura. L'orso, una volta trattenuto dal laccio, nel tentativo di divincolarsi interrompe un circuito che fa variare il segnale emesso, avvertendo gli operatori che si recano prontamente al sito di cattura. Dopo una prima sommaria valutazione del peso dell'animale si prepara e si spara, tramite fucile lanciasiringhe, la dose di anestetico necessaria per immobilizzarlo. Successivamente si avvicinano i veterinari che effettuano i rilievi biometrici e uno scrupoloso esame del suo stato di salute. Una volta accertate le sue buone condizioni vengono applicati un collare (260-270 grammi) e due marche auricolari radiotrasmittenti, che consentiranno il monitoraggio dell'orso una volta giunto a destinazione. Dal sito di cattura a quello di rilascio, infine, gli orsi vengono trasportati all'interno di una gabbia costituita da un cilindro in acciaio chiuso da due portelloni, rivestito da una cassa di legno (a protezione dal surriscaldamento dovuto alle radiazioni solari).
Il 26 maggio 1999 avvengono cattura e rilascio del primo esemplare, un maschio d'età presunta tre anni cui viene dato il nome Masun. Quattro giorni dopo è il turno di Kirka, cui si aggiungono nel 2000 Daniza, Joze ed Irma. Il 2001 è l'anno di Jurka e Vida: quest'ultima, protagonista nell'estate di uno scontro con un'automobile in transito sull'autostrada del Brennero (senza conseguenze gravi, fortunatamente), conquista a sé ed all'intero progetto le prime pagine dei quotidiani e dei telegiornali nazionali. Altri tre orsi si aggiungono nella primavera del 2002, per un totale di dieci esemplari superiore quindi al previsto di un'unità, necessaria a sostituire una femmina trovata morta sotto una slavina nella primavera del 2001.
Per seguire il progetto in tutte le sue fasi il parco ha creato al suo interno una struttura apposita e cioè il Gruppo di Ricerca e Conservazione dell'Orso Bruno, composto da nove persone e coordinato da un biologo. Di rilievo, poi, la collaborazione al progetto dei guardaparco e delle Guardie dell'Associazione Cacciatori della Provincia di Trento e del Corpo Forestale della Provincia Autonoma di Trento. News e periodici aggiornamenti si possono seguire sul bollettino telematico "I Fogli dell'Orso" curato dal parco, che si riceve gratuitamente inviando la richiesta per e-mail a lifeursus@parcoadamellobrenta.tn.it con oggetto "Fogli dell'Orso" e specificando il proprio nome. Dopo la nascita di alcuni cuccioli, cinque solo nell'estate del 2004, oggi la popolazione trentina di orsi è stimata in 15-17 individui. Ed è una presenza straordinaria, che non resta confinata nelle relazioni degli zoologi o negli articoli dei giornalisti. Nei tre mesi tra maggio e agosto scorsi, ben 14 volte fortunati escursionisti, residenti o guardiaparco hanno avuto un incontro con l'orso (più volte, un'orsa coi suoi piccoli). Secondo un'indagine commissionata alla Doxa dalla Provincia, quasi tutti i trentini sanno della presenza dell'orso che nove volte su dieci non preoccupa, anzi: il gradimento circa la presenza dei plantigradi sfiora il 70 % mentre quasi il 76 % degli intervistati considera l'orso sinonimo di qualità ambientale.
Nel 2004 il progetto Life Ursus ha ottenuto un riconoscimento ambito, il Panda d'Oro, il diploma per la tutela della biodiversità assegnato annualmente dal Wwf alle iniziative più meritevoli. Secondo la motivazione il riconoscimento premia non solo l'operazione di reintroduzione in sé, complessa come poche, ma tutte le numerose iniziative intraprese dal parco per favorire la convivenza tra l'uomo e il plantigrado: e cioè i due audiovisivi, le tre mostre didattiche e i numerosi opuscoli, gli articoli scientifici, le tesi di laurea e le pubblicazioni divulgative, oltre ad un ampio spazio dedicato sul sito Internet dell'area protetta. Quanto all'Unione europea, ha concesso un nuovo finanziamento per il progetto LIFE-Natura Co-Op "Criteri per la creazione di una popolazione alpina di orso bruno" presentato dal parco nell'agosto 2003. Il progetto, che non prevede nuove catture o liberazioni, si propone di verificare le possibilità che i nuclei di orso bruno presenti nelle tre nazioni coinvolte (Italia, Austria e Slovenia) possano in un prossimo futuro costituire un'unica popolazione.
La sfida continua.