IL DIRITTO DEI PARCHI NAZIONALI Archivio sistematico dei provvedimenti a carattere generale dei Parchi nazionali Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga - Documento di indirizzo del Piano del Parco (Deliberazione del Consiglio direttivo n. 43 del 30 ottobre 1997) PREMESSA Al momento di avviare la procedura di formazione del piano e degli altri strumenti di governo del territorio del Parco, il Consiglio Direttivo dell'Ente pone a disposizione di quanti sono interessati a questo processo, un primo documento delineante il contenuto normativo e operativo entro il quale questa operazione si colloca e alcune proposte riguardanti le procedure che si intende seguire. Ovviamente, la definizione degli obiettivi specifici da perseguire, entro il più ampio quadro di obiettivi generali fissati dalla legge, costituirà il primo passo di un ampio processo di partecipazione, cui sono chiamati gli Enti Istituzionali e le Comunità Locali. Il presidente L'elaborazione del piano del parco Il Consiglio Direttivo dell'Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ha affrontato l'argomento del Piano del Parco fin dalle prime sedute. Dopo vari approfondimenti, in data 30 gennaio 1997, il Consiglio ha deliberato una procedura di massima da seguire, che verrà coordinata e ulteriormente perfezionata da un apposito Gruppo Consiliare di Lavoro per il Piano, e che prevede, come primo atto, l'istituzione di un Ufficio del Piano. Tale struttura avrà il compito, oltre che di lavorare a contatto con i Servizi dell'Ente per l'ordinaria amministrazione, di operare una raccolta sistematica di studi, ricerche e documenti esistenti nell'ambito del territorio del Parco, e di effettuare una analisi e classificazione dei vari strumenti di pianificazione già operanti o in corso di attivazione. Compito di tale Ufficio sarà cioè quello di produrre lo "stato dell'arte" della pianificazione e delle ricerche esistenti sul territorio del Parco. L'intento dell'Ente Parco è quello di avere il cosiddetto "mosaico dei Piani" e il quadro generale degli studi e delle ricerche già effettuate, in modo da poter poi meglio calibrare il processo di formulazione del Piano nel coordinamento e nel recepimento, in modo adeguato, delle indicazioni e delle scelte già operate sul territorio dalle altre amministrazioni, individuando le opportune integrazioni. Alla raccolta e riordino di Piani Paesistici Regionali, Piani Territoriali Provinciali, Piani Regolatori Comunali, Piani Agro-Silvo-Pastorali, Piani di Bacino, Piani di Assetto Naturalistico e di tutte gli altri documenti prodotti per l'elaborazione di tutte le varie forme di pianificazione, andrà abbinato il contesto normativo e cartografico operante in materia di vincolo idrogeologico, sismico, archeologico, monumentale, paesaggistico, floristico e di aree protette. Questo patrimonio di informazioni costituirà la base su cui si inizierà il vero e proprio lavoro di redazione del Piano del Parco. Il Ministero dell'Ambiente ha fornito in occasione della promulgazione del Decreto del 26 luglio 1990 che riguardava la redazione del Piano del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, direttive al riguardo, che possono risultare utili come riferimento, anche se precedenti alla legge quadro 394/91 (Tab. 1). Le informazioni testuali e cartografiche che saranno il prodotto di tali analisi risulteranno di difficile gestibilità se non riportate su quadri di sintesi e su cartografie tematiche. Tali e tante sono infatti le informazioni, i piani, le ricerche e gli studi, tra l'altro rappresentati spesso con sistemi differenti l'uno dall'altro e quindi di difficile confrontabilità, che sarebbe arduo potervisi basare per la elaborazione di un Piano se prima non riordinati, classificati e riprodotti in un unico formato. Allo scopo l'Ente Parco ha già ultimato tutte le fasi propedeutiche e di predisposizione per l'attivazione di un Sistema Informativo Territoriale (G.I.S.), completamente gestibile dai computer interni dei vari Servizi. Tab.1 - Documentazione di base per la redazione del piano La documentazione di base per la redazione del Piano del Parco dovrà essere costituita da 1) Una descrizione delle caratteristiche fisiche, naturali e antropiche di tutte le aree e precisamente: a) sottosistema naturalistico-ambientale/ altimetria; pendenze; geologia; idrologia; clima; vegetazione; fauna; b) sottosistema storico-culturale: patrimonio paletnologico e archeologico; beni storico artistici e centri storici; patrimonio antropologico culturale; c) sottosistema produttivo (uso del suolo): colture agricole; risorse forestali; attività estrattive; d) sottosistema urbanistico-insediativo: insediamenti residenziali, case sparse e nuclei; ricettività; servizi e strutture ausiliarie; infrastrutture viarie e trasporti pubblici; strumentazione urbanistica, vincoli, piani; e) sottosistema socio-economico: analisi demografica e socio-economica per settori di attività. 2) Una rappresentazione cartografica, anche in forma digitalizzata, secondo standard definiti dal Ministero dell'ambiente che illustri: a) in scala idonea e comunque non inferiore al rapporto 1:50.000, i macrosistemi e le situazioni più significative emerse dagli studi e dalle indagini utilizzati per la redazione del Piano, nonché le loro principali interrelazioni; b) in scala idonea e comunque non inferiore al rapporto 1:25.000, l'assetto attuale del territorio interessato nelle sue diverse componenti: geomorfologica, floristico-vegetazionale, faunistica, agricola, urbanistica, nonché i vincoli esistenti (paesistico, idrogeologico) e le varie destinazioni d'uso (proprietà demaniale, etc.); c) in scala idonea e comunque non inferiore al rapporto 1:10.000, le aree ed i tematismi di particolare interesse ambientale; 3) Un documento di programmazione che indichi obiettivi e linee di intervento (...) con particolare riferimento: a) allo studio delle emergenze naturalistiche (...); b) alla definizione di criteri ed indirizzi per la (...) gestione del patrimonio naturale; c) alla pianificazione della attività di vigilanza (...); d) al recupero delle aree e delle strutture di interesse ambientale ad uso pubblico (...); e) al riequilibrio degli eventuali flussi turistici (...); f) alla programmazione di nuove attività turistiche (...); g) alla ricerca scientifica (...); h) alla agricoltura (...) agricoltura biologica (...) e attività agro-turistiche; i) allo sviluppo del terziario (...) e al potenziamento della piccola ricettività. 4) Una normativa di Piano volta a disciplinare gli interventi di salvaguardia e di promozione e a definire i criteri di gestione sia di carattere generale sia di carattere particolare per ciascuna delle zone in cui l'area del Parco risulta suddivisa (...). 5) Un documento relativo alle risorse finanziarie necessarie (...). (Decreto Ministero Ambiente 26-07-1990, all. Direttive e criteri generali per la redazione del Piano del Parco Nazionale dei Monti Sibillini)
Con la firma inoltre di un Protocollo d'intesa promosso dalla Regione Abruzzo si sta portando avanti un complesso di operazioni volte alla definizione che di una unica piattaforma di colloquio informatico per la gestione delle procedure amministrative, con un collegamento in rete e della stesura di un unico supporto cartografico per la gestione dei piani.
Le presenti proposte derivano da una visione del piano che si pone in alternativa all'approccio di tipo "globale" che caratterizza l'esperienza della pianificazione economico - territoriale in Italia. Pur se la pianificazione dei parchi nazionali prevista dalla L. 394/91 è ancora solo nella fase di avvio, anche in questo settore si delineano i sintomi di una conferma della concezione della pianificazione come atto rituale, di lunga e onerosa formazione nonostante i tempi brevi fissati dalla legge, e che rischia di riproporre l'indefinizione temporale del ciclo (varie fasi di consultazione, elaborazione, osservazioni, pareri, approvazione) che caratterizza la formazione degli strumenti urbanistici a cui, peraltro, il piano del Parco si va a sostituire. Mentre questo meccanismo farraginoso si muove a fatica, il "piano di fatto", cioè il risultato delle intenzioni, delle volontà, delle azioni di tutti coloro che a vario titolo operano sul territorio del parco, inclusi gli organi istituzionali del parco stesso, produce spontaneamente i suoi effetti, per cui il piano istituzionale, se e quando sarà operante, rischia di trovarsi a fronte una realtà ben diversa da quella che i suoi estensori si propongono di governare come se tutto fosse imbalsamato in attesa del piano globale. Si tenterà di prefigurare un atteggiamento che superi questa contrapposizione tra realtà dinamica e piano rigido, attraverso una visione flessibile del processo di pianificazione, che tenda a dare dignità, e a sottoporre a controllo, fin dall'inizio e giorno per giorno, il "piano di fatto" sopradetto, come riferimento continuo per l'attività dell'Ente Parco, e come supporto territoriale di tutte le azioni e decisioni che configurano appunto una programmazione di fatto. Poiché la L. 394/91 fissa tempi (sia pur teorici) e contenuti per la formazione del piano del parco, la soluzione può trovarsi nel trasferire il "piano di fatto" in uno strumento piano di prima fase che abbia i contenuti minimi previsti dalla legge, da approvare nel più breve tempo possibile. Contemporaneamente dovranno essere avviati una serie di filoni di studio e di progettazione che confluiranno in un più ricco e organico piano del parco, che a conclusione del suo primo ciclo formativo e di approvazione si caratterizzerà non come contrapposizione al piano di prima fase, ma come completamento, arricchimento e, se del caso, revisione critica di questo. Tale piano definitivo, elaborato e gestito con i metodi e gli strumenti della pianificazione continua, e in particolare con il supporto del G.I.S., dovrà essere adeguabile in relazione a ogni nuova situazione che lo renda opportuno, anche a scadenze più ravvicinate di quella decennale prevista dalla L. 394/91. Ovviamente per soddisfare queste esigenze l'Ente Parco, attraverso un Ufficio del Piano adeguatamente strutturato, gestirà direttamente il processo di pianificazione, ricorrendo ad affidamenti esterni per tutte le operazioni di ricerca, di pianificazione settoriale e di progettazione occorrenti, che evidentemente non dovranno mai fornire un prodotto confezionato a scatola chiusa. Si delineano di seguito, in prima ipotesi, i contenuti e gli strumenti del piano di prima fase:
Verranno inoltre introdotte in prima ipotesi le "aree di protezione" e le "aree di promozione economica e sociale" previste dalla L. 394/91, in coerenza con le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti (quando non palesemente contrastanti con le finalità del parco) e in conformità con le indicazioni del successivo punto b). Le norme di attuazione (art. 12 comma 1 lett. b della L. 394/91) sono costituite dalle norme di salvaguardia vigenti (Allegato A), anche esse aggiornate e modificate quando opportuno e necessario. b) i contenuti di carattere strutturale e organizzativo previsti all'art. 12 comma 1 della L. 394/91 sono costituiti in prima ipotesi: - dalla adeguata trasposizione territoriale e razionalizzazione di tutti gli interventi costituenti la "pianificazione di fatto": previsioni del piano triennale, altri interventi posti a bilancio, interventi infrastrutturali e insediativi di operatori pubblici e privati autorizzati ed in corso di autorizzazione, localizzazione di strutture produttive compatibili in essere o in previsione, destinazioni insediative e produttive, quando compatibili, contenute negli strumenti urbanistici vigenti. Le strutture funzionali e di servizio del Parco costituiranno ovviamente contenuto prioritario e qualificante il piano di prima fase. Naturalmente tutti i contenuti anzidetti saranno sottoposti ad una verifica critica di coerenza e di compatibilizzazione. La normativa di attuazione delle previsioni indicate sotto la lettera b) sarà costituita da una prima stesura del regolamento del parco, da attivare per "sezioni" contestualmente al piano di prima fase. Strumenti tecnici fondamentali per la costruzione del piano di prima fase, come pure per la gestione continua del piano definitivo del parco, sono:
La disponibilità di un G.I.S., eventualmente da attuare gradatamente, costituirà il supporto fondamentale della cartografia territoriale e del monitoraggio. Contemporaneamente alla elaborazione e approvazione del sopra descritto piano di prima fase l'Ente Parco avvierà la costruzione del piano (continuo) definitivo.
Al fine di superare la più volte criticata schematicità e rigidezza del criterio delle quattro zone previsto dalla L. 394/91 si richiama il metodo proposto in "G. L. Rolli" - B. Romano - Progetto Parco - ed. Andromeda 1996" consistente nell'introdurre una normativa di tutela molto articolata, specifica per ogni connotato ambientale e, quando occorra per i diversi luoghi, graduata a seconda della tipologia di zona fornita dalla zonazione generale. Questo tipo di normativa presuppone la formazione, attraverso le consulenze specialistiche cui precedentemente si è accennato, di un inventario scientifico di tutti i connotati ambientali, a sua volta supportato da idonea documentazione cartografica, schedografica, analogico- qualitativa e/o parametrica, il tutto utilizzando le opportunità offerte dall'informatizzazione.
In particolare si darà opportuno risalto alla valorizzazione del sistema dei centri storici che agendo attraverso il recupero integrale delle strutture esistenti di valore storico ambientale costituiranno il supporto di tutte le forme di residenza stabile e turistica, e del sistema dei servizi alla popolazione e alle attività del parco. Anche nel piano definitivo le strutture funzionali del parco dovranno costituire elemento prioritario di qualificazione dei centri abitati e del territorio. Nella formazione del piano, gestita direttamente dall'Ente Parco attraverso l'Ufficio del Piano, assumono, come si è detto, un ruolo importante gli affidamenti a esperti esterni delle ricerche scientifiche specialistiche. Anche per la formazione dello schema di regolamento definitivo che, come si è visto, può costituire strumento essenziale del piano di intervento, e per la formazione del piano strutturale definitivo, potrà essere opportuna l'acquisizione di consulenze specialistiche di alto livello, ad esempio mediante il coinvolgimento delle Università regionali.
I riferimenti normativi e le procedure. Dal momento in cui è stato istituito il Parco, l'intera area del Gran Sasso e dei Monti della Laga è sottoposta ad un attento controllo volto ad armonizzare le esigenze di tutela con quelle di sviluppo socio-economico delle popolazioni residenti. Un controllo questo, che non può che svilupparsi attraverso strumenti appositamente studiati e calibrati, quali sono appunto il Piano e il Regolamento del Parco e a cui si affianca il Piano Pluriennale Economico e Sociale. Sono tutti strumenti, questi, indispensabili per una corretta gestione del territorio. La Legge quadro sulle aree protette disciplina il Piano del Parco all'articolo 12: "La tutela dei valori naturali ed ambientali affidata all'Ente Parco è perseguita attraverso lo strumento del Piano per il Parco (...) che deve, in particolare, disciplinare i seguenti contenuti; a) Organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela. b) Vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del Piano. c) Sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili (...). d) Sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del Parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree campeggio, attività agro-turistiche.
La stessa legge quadro prevede, all'articolo 11, anche l'istituto del Regolamento del Parco: "Il Regolamento del Parco disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio del Parco ed è adottato dall'Ente Parco, anche contestualmente all'approvazione del Piano (...). (...) il Regolamento del Parco disciplina in particolare: a) La tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti. b) Lo svolgimento delle attività artigianali, commerciali, di servizio e agro-silvo-pastorali. c) Il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto. d) Lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative. e) Lo svolgimento di attività di ricerca scientifica e biosanitaria. f) I limiti alle emissioni sonore, luminose o di altro genere (...). g) Lo svolgimento delle attività da affidare a interventi di occupazione giovanile (...). h) L'accessibilità del territorio del Parco attraverso percorsi e strutture idonee per disabili (...). (...) Il regolamento del parco stabilisce altresì le eventuali deroghe ai divieti (...) e prevede eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente Parco." Piano e Regolamento, due strumenti indipendenti ma allo stesso tempo fortemente collegati tra loro. La stessa legge quadro ne prevede infatti la elaborazione in modo contestuale. La normativa di Piano ha una sua prima concretizzazione già con le norme di salvaguardia vigenti, di cui al D.P.R. 5-06-95 (Allegato A) che hanno recepito e perfezionato i divieti riportati dalla legge n.394/91 (Tab. 2) e vigenti da quella data ai sensi del comma 4 dell'articolo 6 della stessa legge, che recita: "Dall'istituzione della singola area protetta sino all'approvazione del relativo Regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'art. 11". Divieti qui riportati in Tab. 2. Tab.2 - Divieti (...) Nel Parco sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati: a) La cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali; la raccolta ed il danneggiamento delle specie vegetali (...) nonché l'introduzione di specie estranee, vegetali o animali (...). b) L'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali. c) La modificazione del regime delle acque. d) Lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani (...). e) L'introduzione e l'impiego di qualsiasi mezzo di distruzione o di alterazione dei cicli biogeochimici. f) L'introduzione da parte di privati, di armi esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura (...). g) L'uso di fuochi all'aperto. h) Il sorvolo di velivoli non autorizzato (...). (...) Restano salvi i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali, che sono esercitati secondo le consuetudini locali. (...) I vincoli derivanti dal Piano alle attività agro-silvo-pastorali possono essere indennizzati sulla base di principi equitativi. I vincoli temporanei o parziali, relativi ad attività già ritenute compatibili, possono dar luogo a compensi ed indennizzi, che tengano conto dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall'attività del Parco. L'Ente Parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del Parco. (...) Il Regolamento del Parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del nocumento. Legge quadro aree protette 394/1991, art.11 commi 3 e 5 e art. 15 commi 2, 3 e 4. Le norme vigenti appaiono però a volte di difficile interpretazione. Esse necessitano perciò di ridefinizione e approfondimento. La loro revisione potrebbe accompagnare il processo di elaborazione del Piano del Parco producendo "stralci" di regolamento da far entrare in vigore come "sezioni" di Regolamento, su tematiche definite e circoscritte, man mano che il procedimento di elaborazione, adozione e approvazione del Piano farà il suo corso. Da quando l'Ente Parco inizia l'elaborazione del Piano fino alla sua completa approvazione da parte delle Regioni può passare un lasso di tempo che, per quanto si voglia accelerare, ha comunque passaggi obbligati e complessi, per la consultazione degli Enti Locali, che richiedono, da soli, diversi mesi (Tab. 3). Alcune fonti fanno riferimento addirittura di periodi lunghi di dieci anni per arrivare ad una operatività del Piano, dovuta anche a un naturale periodo di assestamento dopo la sua approvazione. Nelle more dell'approvazione del Piano sarà attivato quindi il Regolamento, per "sezioni" sulle problematiche più incalzanti, quali ad esempio quelle relative ai danni della fauna selvatica, al campeggio, alle attività escursionistiche, alla raccolta di prodotti naturali ecc., che andranno successivamente accorpate, riviste e adeguate con l'entrata in vigore del Piano del Parco. Tab.3 - Procedure Il Piano è predisposto dall'Ente Parco (...) in base ai criteri ed alle finalità di cui alla [legge quadro sulle aree protette 394/91] ed è adottato dalla[/e] Regione[/i] (...) sentiti gli Enti Locali. Il Piano adottato é depositato per quaranta giorni presso le sedi dei Comuni, delle Comunità Montane, e delle Regioni interessate; chiunque può prenderne visione ed estrarne copia. Entro i successivi quaranta giorni chiunque può presentare osservazioni scritte, sulle quali l'Ente Parco esprime il proprio parere entro trenta giorni. Entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere la[/e] Regione[/i] si pronuncia[/no] sulle osservazioni presentate e (...) emana[/no] il provvedimento d'approvazione. (...) è modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed è aggiornato con identica modalità ogni dieci anni. Il Piano (...) sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione. (...) è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (...) ed è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati. Legge quadro aree protette 394/1991, art.12, commi 3 e 4.
L'elaborazione di "sezioni" di Regolamento del Parco, da attivare immediatamente, servirebbe inoltre ad indirizzare meglio la formulazione del cosiddetto "Piano Socio-Economico" previsto nella legge quadro sulle aree protette all'articolo 14: (...) La Comunità del Parco (...) elabora un Piano Pluriennale Economico e Sociale per la promozione delle attività compatibili, individuando i soggetti chiamati alla realizzazione degli interventi previsti eventualmente anche tramite accordi di programma. Tale Piano è soggetto al parere vincolante del Consiglio Direttivo [dell'Ente Parco] ed è approvato dalla Regione o, d'intesa , dalle Regioni interessate. (...) Il Piano [pluriennale economico e sociale] può prevedere in particolare : - la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il risparmio energetico, servizi ed impianti di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi (...); - l'agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, servizi sociali, e biblioteche, restauro, anche di beni naturali, e ogni altra iniziativa atta a favorire , nel rispetto delle esigenze di conservazione del Parco, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse. (...) (...) Il Piano [pluriennale economico e sociale] ha durata quadriennale e può essere aggiornato annualmente con la stessa procedura della sua formazione. Il Piano Pluriennale Economico e Sociale, da elaborarsi nel rispetto del Piano e del Regolamento, é lo strumento di gestione del Parco che risponde alla particolare condizione di forte antropizzazione in cui ci si muove. Rappresenta la volontà di sviluppo delle comunità locali che, nel confrontarsi in un quadro organico e proiettato al futuro, potranno meglio comprendere la politica di tutela dell'Ente Parco e meglio calibrare così le proprie scelte. Attraverso questo insieme di azioni, si metteranno quindi a punto un Piano del Parco e un Regolamento del Parco, con le ormai note tecniche di zonazione, che possano agire connessi tra loro e in pieno accordo con il Piano Pluriennale Economico e Sociale. Quanto più si riuscirà a rendere dettagliata e operativa tale pianificazione per zone, tramite un continuo aggiornamento degli strumenti operativi, tanto più i risultati e gli obiettivi che si vogliono ottenere potranno essere raggiunti. Seguire in modo semplice le indicazioni della legge quadro, in merito alla articolazione dei parchi in quattro zone con indirizzi già individuati, sembra al momento essere l'unica e più produttiva via praticabile (Tab.4). E' una scelta certamente opportuna in considerazione del fatto che, in suo favore, oltre alle diverse valutazioni teoriche positive, nelle poche esperienze nazionali, il sistema ha mostrato di funzionare, pur nei limiti delle possibilità, operative-organizzative e del quadro generale nazionale. Questo risultato, considerate le difficoltà e la complessità istituzionale delle aree protette nel nostro Paese, sembra incoraggiare la scelta in tal senso. Tab.4 - Zonazione Il Piano suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo: a) Riserve Integrali, nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità. b) Riserve Generali Orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente Parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle opere esistenti, (...). c) Aree di Protezione, nelle quali in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente Parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attivita agrosilvo-pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati [di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo] salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni d'uso. d) Aree di Promozione Economica e Sociale, facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del Parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del Parco da parte dei visitatori. Legge quadro aree protette 394/1991, art.12, comma 2. ALLEGATO B Alcune problematiche sulla "Zonazione del Parco" Le scelte a cui è chiamato l'Ente Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, non sono affatto agevoli alla luce della estensione e della articolazione dell'area protetta. Nei 150 mila ettari di area protetta sono compresi ben 44 comuni, distribuiti in 5 province e 3 Regioni. Una buona pianificazione può aiutare non poco gli organismi di gestione nel loro lavoro. La complessità del territorio in cui ci si muove richiederebbe l'utilizzo delle più evolute tecniche di pianificazione del territorio. Molti dei sistemi messi a punto in alcuni ambiti di ricerca, e applicati talvolta nei piani paesistici regionali, prevedono l'abbandono dei fatidici netti confini della classica zonazione, per passare a tecniche di pianificazione più evolute come quelle che distinguono vari areali di territorio per zone tematiche. Tali tecniche di pianificazione si riferiscono a modalità di uso e di trasformazione degli spazi territoriali, con caratteristiche diverse afferenti ai vari assetti idrogeologici, biologici, storici e culturali. Le modalità di uso compatibile di una determinata area possono variare notevolmente rispetto alle sue caratteristiche ambientali. Un progetto per zone tematiche, quindi, nel quale ogni disciplina coinvolta contribuisce a definire l'entità e la localizzazione degli aspetti ambientali, ma anche a proporre una sotto-articolazione per zone relativa a quegli aspetti. Inoltre la normativa d'uso di base necessariamente elaborata per la tutela di tali assetti, finisce col risultare adeguatamente efficace per stabilire una ragionevole graduazione delle possibilità di trasformazione territoriale, definendo nel contempo, in modo molto chiaro, i livelli di conservazione. Non più quindi un unico confine per ogni zona, ma vari e differenti limiti territoriali a seconda dei vari aspetti della disciplina del territorio. L'idea del confine netto, per tutta una serie di provvedimenti concernenti differenti discipline, è sempre stata, tra l'altro, un punto molto delicato e controverso. La stessa delimitazione dell'intera area parco, intesa come sistema complesso e aperto, dovrebbe seguire la delimitazione di quegli insiemi che essa include, cioè i confini territoriali e funzionali dei "sistemi" agenti sul territorio, evitando il più possibile di recidere le aree di influenza e il "campo" degli insiemi significativi ed omogenei. Nella realtà del territorio non esistono limiti lineari bensì delle "fasce di tensione" esprimibili come aree soggette nel tempo a mutazioni. E' difficile posizionare una linea di confine che faccia da separazione netta tra due condizioni differenti. Tali limitazioni, sono mirate all'applicazione delle normative del parco che, come è facilmente intuibile, coprono le più svariate attività. E' abbastanza improbabile che la più logica area di applicazione di tali norme coincida perfettamente per tutte le differenti attività. Per la perimetrazione del parco, e in particolare per la sua zonazione interna, sarebbe più comprensibile l'uso di un confine multiplo composto di varie fasce di confine, a seconda dell'attività che vanno a delimitare, consistenti in fasce territoriali di adeguate dimensioni e variabili nel tempo. Un tipo di perimetrazione di tale impostazione però, darebbe non pochi problemi amministrativi e quindi oggi si preferisce, per semplicità, agire ancora con confini lineari con cui si delimitano sia l'intero Parco, che le varie zone interne, differenti per grado di protezione. La giustificazione di tale scelta si può ricercare nel carattere di provvisorietà che dovrebbe contraddistinguere qualsiasi piano. L'assetto di un parco infatti, va inteso come un qualcosa di dinamico che, avendo una continua evoluzione al suo interno, esige periodici rimaneggiamenti e aggiustamenti ai confini. Questo aspetto dinamico, ciclico, o comunque lo vogliamo chiamare proprio di un Piano, è certamente l'unica prerogativa comune a tutte le teorie che si sono sviluppate intorno alla pianificazione paesistica. Nel caso di frequenti rimaneggiamenti, linee di confine nette e facili da individuare, sono molto semplificative nell'apparato normativo che accompagna ogni piano, e lavorano quindi, nella direzione dello snellimento delle procedure di revisione ciclica. La necessità di operare periodici aggiornamenti di Piano, peraltro obbligo di legge con cadenza decennale, sconsiglia l'uso di tecniche di zonazione troppo complicate, che potrebbero intralciare i processi di riformulazione del piano a tal punto da vanificare i risultati dello sforzo effettuato per differenziare i regimi di tutela. Il sistema di zonazione tematica, di cui si faceva cenno, è molto complesso e prevede la formulazione di regolamenti settoriali che individuano esattamente la "vocazione" di ogni luogo, dando così la possibilità di indirizzare meglio il provvedimento di tutela. C'è il rischio che la normativa legata al piano, se non attentamente studiata, crea dei punti di conflittualità interna, togliendo così credibilità e validità all'intero strumento di piano, allungando enormemente i tempi al momento della verifica da parte degli organi di controllo preposti. E comunque, sia per quanto attiene alla ratio della norma, sia perché, almeno nella fase "costituente" dei parchi, occorre disporre di strumenti snelli e di facile interpretazione, comprensione e applicazione, è senz'altro preferibile ricorrere alla definizione di un Piano "di tipo classico" a zonazione tradizionale, che potrà però , man mano evolversi in un Piano più complesso, in linea con i principi, forse più moderni, della zonazione tematica. Se non si vuole ritardare troppo il reale avvio del Parco, la qual cosa è assolutamente da evitare alla luce degli enormi problemi che già il ritardo accumulato sta procurando, e se si vuole che il Piano del Parco sia un effettivo strumento di tutela, aggiornato ogni qualvolta variazioni anche minime lo richiedano, ci si deve perciò adeguare ai più semplici sistemi di pianificazione oggi in uso. |