IL DIRITTO DEI PARCHI NAZIONALI
Archivio sistematico dei provvedimenti a carattere generale dei Parchi nazionali



Parco Nazionale del Gran Paradiso – Regolamento per la gestione faunistica
(Deliberazione del Consiglio Direttivo n. 21 del 2 ottobre 2000)



NORME RELATIVE ALLA GESTIONE FAUNISTICA
All’art. 11, comma 3 della Legge 394/91, fatti salvi i diritti reali e gli usi civici delle comunità locali espressi nel comma 5 dello stesso articolo, sono elencati i divieti relativi ad attività e opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali, con particolare riguardo alla flora ed alla fauna protette e ai rispettivi habitat. Alla lettera a) dello stesso articolo si ribadisce che nei Parchi nazionali sono vietate la cattura, l’uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali, nonché l’introduzione di specie estranee, che possono alterare l’equilibrio naturale. Gli eventuali diritti esclusivi di caccia delle comunità locali o altri usi civici di prelievi faunistici, prima indicati, ad istanza dell’Ente Parco, sono liquidati dal competente Commissario per la liquidazione degli usi civici.
Il comma 4 dello stesso art. 11 stabilisce tuttavia che il Consiglio direttivo dell’Ente possa inserire nel Regolamento del Parco deroghe ai divieti prima esposti, fissando opportune regole per le catture, i prelievi faunistici, gli eventuali abbattimenti selettivi e le reintroduzioni.
Nel presente regolamento, che norma, a titolo provvisorio e fino all’approvazione del Regolamento del Parco, di cui all’art. 11 della Legge 394/91, le attività di gestione faunistica, sono definite tali deroghe.

CAPITOLO PRIMO
Abbattimenti e Catture
Per la redazione del presente regolamento sono state prese in considerazioni le seguenti norme che disciplinano la materia:
- Legge n. 394, del 6 dicembre 1991, “Legge quadro sulle aree protette”;
- Legge n. 157, del 11 febbraio 1992, “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.
Si è inoltre tenuto conto di quanto espresso dal Consiglio di Stato, con parere n. 1712/85, per quanto riguarda le ragioni, i criteri ed i modi per i quali si debba ritenere di competenza delle amministrazioni dei Parchi nazionali il potere autorizzativo nei riguardi delle catture e degli abbattimenti, per fini scientifici e gestionali, di fauna selvatica.

Art. 1 - Premessa
Il Parco, Ente di diritto pubblico ai sensi del comma 1 dell’art. 9 della Legge 394/91, ha, in virtù del comma 4 dell’art. 11 della stessa Legge e in base a quanto ribadito dal Consiglio di Stato, titolarietà derogatoria e regolamentare al divieto generale di cattura, uccisione, disturbo della fauna selvatica, nonché d’introduzione di specie estranee. Il Parco quindi autorizza direttamente, secondo le norme previste nel presente regolamento provvisorio, l’effettuazione delle catture, sia a scopo sanitario e di ricerca scientifica, che quindi non prevedono lo spostamento dei soggetti dal luogo di cattura, sia a scopo di reintroduzione di specie di fauna selvatica da destinare ad altri territori idonei dell’arco alpino e delle prealpi. In quest’ultimo caso, la decisione relativa alla cessione dei capi catturati è espressa sentito il parere dell’I.N.F.S., cui compete, ai sensi dell’art. 7 della Legge 157/92, l’espressione di pareri tecnico-scientifici concernenti la fauna selvatica. Possono inoltre essere autorizzati direttamente, e direttamente attuati, sempre nel rispetto delle norme previste nel presente regolamento provvisorio, prelievi di soggetti appartenenti a specie alloctone o autoctone, al fine del controllo della loro crescita demografica. Per quanto riguarda le popolazioni di specie autoctone, può esserne autorizzato il controllo solo se esse derivino da immissioni effettuate per fini diversi e non compatibili con le strategie di conservazione della diversità tipica dell’area protetta o se provocano alterazioni dimostrabili degli habitat naturali protetti.
Il presente Regolamento riguarda e norma i seguenti interventi, finalizzati alla conservazione dell’equilibrio ecologico e ambientale dell’area Parco, a una migliore conservazione delle specie protette, all’espletamento di indagini sanitarie ed alla ricerca scientifica:

a) abbattimenti a scopo di controllo, numerico o sanitario, delle popolazioni di fauna selvatica;
b) catture a scopo di ricerca scientifica, controllo sanitario e reintroduzione;
c) reintroduzione di specie e sottospecie nel territorio protetto.

Art. 2. Finalità e definizioni
Le finalità dei suddetti interventi, visto anche quanto disposto dall’art. 19 della Legge 157/92, sono:
a) mantenere la complessità e diversità ambientale, come requisito prioritario degli indirizzi di conservazione, anche mediante idonei interventi di contenimento o di eradicazione di specie non autoctone;
b) riportare ecosistemi e zoocenosi al maggior grado di complessità specifica;
c) contenere gli impatti sulle colture agricole, in particolare su quelle da valorizzare e qualificare all’interno dell’area protetta, in quanto fondamentali per la conservazione della diversità animale e vegetale e del paesaggio;
d) contenere gli impatti sugli ambienti forestali e sulle aree destinate al pascolo, in quanto elementi di rilievo ai fini economici, ambientali e paesaggistici;
e) controllare le densità di popolazioni animali ai fini della limitazione della diffusione di talune patologie in grado di minacciare la conservazione delle specie protette, la’ dove sia scientificamente dimostrato, e reso noto attraverso pubblicazioni e rapporti scientifici, che la riduzione delle densità al di sotto dei limiti della densità soglia sia utile e necessaria per la limitazione dei danni arrecati dalla malattia stessa.
Per quanto riguarda i soli interventi di cattura le finalità sono le seguenti:
a) conoscere la composizione e la struttura degli ecosistemi e delle cenosi presenti ed il loro grado di complessità specifica;
b) approfondire le conoscenze su biologia, ecologia, etologia e patologia delle specie protette, in particolare al fine della messa in atto di sempre migliori strategie di conservazione.

Al fine di definire gli impatti e per stabilire il grado di loro tollerabilità deve essere, di volta in volta, predisposta una relazione scientifica, a cura del responsabile del Servizio sanitario e della ricerca scientifica dell’Ente o di esperti di livello universitario all’uopo incaricati dall’Ente stesso, che definisca:
  • il livello di interazione della specie, responsabile del supposto danno, con le fito- e zoocenosi;
  • le ragioni per cui si debba ritenere l’impatto un evento dannoso e i parametri che consentano di quantificare, i termini ecologici ed economici, e di classificare il danno stesso.

Art. 3. Abbattimenti
Nel Parco possono essere concesse deroghe al divieto di cattura e di uccisione di specie appartenenti alla fauna selvatica, in quanto operazioni tecniche finalizzate alla conservazione ed alla tutela di specie minacciate o di habitat o di porzioni di habitat.
Tali interventi possono consistere in:

  • abbattimenti qualitativi, per il controllo sanitario della fauna, ovvero per l’eliminazione di singoli soggetti, ritenuti pericolosi per la conservazione dello stato di salute delle popolazioni protette o che, per cause traumatiche o di natura infettiva, presentino lesioni gravi, irreversibili e menomanti;
  • abbattimenti quantitativi, indirizzati al controllo numerico delle specie alloctone, o di quelle autoctone di recente reintroduzione, effettuata nei territori limitrofi all’area protetta per scopi di gestione venatoria o per altre finalità, incompatibili con gli indirizzi di conservazione dell’Ente;
  • abbattimenti quali-quantitativi, che associano gli scopi precedenti.

Gli abbattimenti possono essere effettuati esclusivamente da personale dipendente dell’Ente, in particolare dagli addetti alla sorveglianza dotati di strumenti idonei e di idonee capacità.
Sono ritenute ammissibili le soppressioni eutanasiche effettuate ad opera o sotto il controllo del Servizio sanitario dell’Ente, per le ragioni sopra indicate. Tali soppressioni eutanasiche, in quanto aventi carattere di necessità e urgenza, possono essere eseguite in deroga alla procedura sotto indicata. Sui modi e tempi della loro attuazione dovrà essere redatto apposito verbale.
Qualora il personale dipendente dell’Ente sia indisponibile, per ragioni di servizio o di altra natura, o insufficiente per portare a compimento gli interventi proposti e deliberati, questi possono essere delegati, previa autorizzazione dalla direzione dell’Ente Parco, a:
- personale di Vigilanza dell’Amministrazione provinciale di Torino;
- addetti del Corpo forestale della Regione Autonoma Valle d’Aosta;
- personale del Corpo Forestale dello Stato.

Art. 4. Procedure per l’attuazione degli abbattimenti
Per l’autorizzazione e l’esecuzione degli abbattimenti, ad eccezione di quelli a scopo eutanasico, è previsto il seguente iter, nel rispetto delle competenze attribuite dal D.Lgs. 29/93:
1. espressione della linea di indirizzo politico-amministrativo da parte del Consiglio direttivo dell’Ente, che, sentito il parere dei tecnici di cui agli articoli precedenti, definisca le finalità, la necessità, gli obiettivi e le priorità del piano di intervento proposto;
2. redazione di un documento scientifico, a cura del responsabile del Servizio sanitario e della ricerca scientifica dell’Ente o di esperti di livello universitario, corredata dal relativo parere favorevole dell’I.N.F.S., che contenga i seguenti elementi:
a) giustificazioni ecologiche e tecniche dell’intervento proposto;
b) individuazione dei settori interessati dagli interventi di contenimento;
c) definizione del numero complessivo di soggetti da prelevare;
d) definizione di tempi, metodi e strumenti utilizzati per l’intervento, dando preferenza ai sistemi che, per efficienza e limitazione delle sofferenze, siano ritenuti più idonei;
e) eventuali limitazioni di tempo o di luogo, nel caso sia ritenuto utile salvaguardare taluni periodi dell’anno o particolari habitat o porzioni di habitat;
f) indicazioni sui costi previsti e sulle eventuali entrate finanziarie;
3. approvazione delle modalità di esecuzione del piano da parte del Consiglio e della Giunta, che ne affida l’esecuzione al Direttore, sulla base di quanto contenuto nel punto precedente.

Art. 5. Destinazione delle spoglie
Le spoglie degli animali abbattuti nei territori del Parco sono:
1. destinate alla distruzione, in loco o presso le strutture sanitarie competenti, nel caso degli abbattimenti qualitativi, previa realizzazione di esami autoptici e di prelievi a scopo diagnostico e/o di ricerca scientifica, da eseguirsi presso competenti istituti (Università, Istituti Zooprofilattici, C.N.R.), o assegnate a Musei riconosciuti in ambito CITES o ad altre collezioni museali per fini didattici o di ricerca;
2. assegnate all’Autorità del Comune nel quale è avvenuto l’abbattimento, allo scopo di una definitiva destinazione, nel caso di abbattimenti quantitativi. Per quanto riguarda i provvedimenti previsti nel caso di assegnazione delle carni a terzi e per la destinazione al libero consumo, si rimanda a quanto previsto dalle normative vigenti in materia di verifica sanitaria degli alimenti destinati al consumo umano. L’assegnazione delle spoglie animali al Comune non esclude la possibilità dell’effettuazione di esami autoptici e di prelievi a scopo diagnostico e di ricerca scientifica, da eseguirsi presso gli istituti sopra indicati;
3. in caso di abbattimenti quali-quantitativi si adotterà la procedura di cui al precedente punto 1) salvo che il tipo di patologia, sentito il parere delle competenti autorità sanitarie, non consenta di attribuire alle carni altra diversa destinazione.

In ogni caso l’Ente si riserva il diritto di effettuare un utilizzo differente delle spoglie, per esigenze di studio, di ricerca scientifica e di esposizione museale presso le proprie strutture a ciò adibite.

Art. 6. Catture di fauna selvatica
Secondo quanto previsto nell’art.1 del presente regolamento, nel Parco possono essere concesse deroghe al divieto di cattura di fauna selvatica per fini di:

1. ricerca scientifica,
2. verifica e controllo sanitario,
3. reintroduzione o ripopolamento in altre aree protette, o comunque soggette a vincoli permanenti di protezione specifica.

Art. 7. Catture a scopo sanitario e di ricerca scientifica.
Secondo quanto espresso nell’art. 1 del presente regolamento, il Parco autorizza direttamente l’esecuzione delle catture a scopo sanitario e di ricerca scientifica, ovvero di quelle operazioni che non prevedono lo spostamento dei soggetti dal luogo di cattura. Tali operazioni, effettuate dai Servizi sanitario e di Sorveglianza dell’Ente, sono autorizzate dalla Direzione, previa comunicazione scritta del giorno in cui saranno effettuate e della località .
Per le catture a scopo di ricerca scientifica si prevede il seguente iter:
1. espressione della linea d’indirizzo politico-amministrativo da parte del Consiglio direttivo dell’Ente, che, sentito il parere dei tecnici di cui sotto, definisca le necessità, gli obiettivi, le priorità e le direttive generali dei piani di cattura proposti;
2. redazione di un documento scientifico, a cura del responsabile del Servizio sanitario e della ricerca scientifica dell’Ente o di esperti di livello universitario, corredata dal relativo parere favorevole dell’I.N.F.S., che contenga i seguenti elementi:
a) obiettivi scientifici dello studio proposto;
b) definizione del numero complessivo di soggetti da catturare;
c) definizione di tempi, metodi e strumenti utilizzati per l’intervento, dando preferenza ai sistemi che, per efficienza e limitazione dello stress di cattura e di trasporto, siano ritenuti più idonei;
d) eventuali limitazioni di tempo o di luogo, nel caso sia ritenuto utile salvaguardare taluni periodi dell’anno o particolari habitat o porzioni di habitat;
3. approvazione delle modalità di esecuzione del piano da parte del Consiglio e della Giunta, che ne affida l’esecuzione al Direttore, sulla base di quanto contenuto nel punto precedente.

Qualora le catture siano effettuate da dipendenti dell’Ente gli addetti redigeranno, per ogni operazione, un dettagliato verbale.
Le catture a scopo di ricerca scientifica possono anche essere delegate a personale afferente ad Istituti universitari o di ricerca, pubblici o privati, solo se svolte contestualmente a programmi di ricerca approvati dall’Ente. In questo caso l’autorizzazione alla cattura è rilasciata dalla Direzione, cui spetta il compito, per il tramite dei servizi competenti, di vigilare sull’andamento delle catture stesse. Per ogni operazione deve essere redatto, ad opera dei ricercatori incaricati, un preciso e dettagliato verbale, in cui siano quantificati il numero, il sesso e, la’ dove possibile, l’età dei soggetti catturati.
L’esito numerico dei singoli interventi dovrà essere periodicamente comunicato, per opportuna conoscenza e nelle forme previste, al Consiglio direttivo.

Art. 8. Catture a scopo di reintroduzione o di ripopolamento.
Per l’autorizzazione e l’esecuzione delle catture a scopo di reintroduzione, nel rispetto delle competenze attribuite dal D.Lgs. 29/93, si prevede il seguente iter:

1. espressione della linea d’indirizzo politico-amministrativo da parte del Consiglio direttivo dell’Ente, che, sentito il parere dei tecnici di cui sotto, definisca le necessità, gli obiettivi, le priorità e le direttive generali dei piani di cessione proposti;
2. redazione di un documento scientifico, a cura del responsabile del Servizio sanitario e della ricerca scientifica dell’Ente o di esperti di livello universitario, corredata dal relativo parere favorevole dell’I.N.F.S., che contenga i seguenti elementi:
a) giustificazioni ecologiche e tecniche dell’intervento proposto;
b) redazione di uno studio di fattibilità dell’operazione e di vocazionalità dell’area ai fini della reintroduzione della specie in questione;
c) definizione del numero complessivo di soggetti da catturare e immettere;
d) definizione di tempi, metodi e strumenti utilizzati per l’intervento, dando preferenza ai sistemi che, per efficienza e limitazione dello stress di cattura e di trasporto, siano ritenuti più idonei;
e) eventuali limitazioni di tempo o di luogo, nel caso sia ritenuto utile salvaguardare taluni periodi dell’anno o particolari habitat o porzioni di habitat;
f) indicazioni sui costi previsti e sulle entrate finanziarie;
3. approvazione delle modalità di esecuzione del piano da parte del Consiglio e della Giunta, che ne affida l’esecuzione al Direttore, sulla base di quanto contenuto nel punto precedente;
4. redazione e sottoscrizione di una specifica convenzione secondo quanto previsto dall’art. 9 del capitolo primo del presente regolamento.

Le catture a scopo di reintroduzione possono essere effettuate esclusivamente dal personale dipendente dell’Ente, in particolare dagli addetti alla sorveglianza dotati di strumenti idonei e di idonee capacità, sotto stretto controllo del Servizio sanitario dell’Ente o di veterinari specializzati in fauna selvatica, all’uopo incaricati dalla Direzione.

Art. 9. Condizioni per la cessione degli animali
La cattura e lo spostamento degli animali dall’area protetta, a scopo di reintroduzione o di ripopolamento, deve avvenire in accordo con quanto disposto dalla normativa nazionale in materia di trasferimento degli animali. Per quanto non esplicitamente contemplato dal Regolamento di Polizia veterinaria, per ogni trasferimento di ungulati selvatici dovrà comunque essere redatto il Modello 4 (Rosa), ad opera del Servizio sanitario dell’Ente e dovranno essere informati i veterinari delle A.S.L. competenti per territorio.
Gli animali protetti del Parco possono essere ceduti ad altri Enti fatte salve le seguenti condizioni:
1. il Parco mantiene la titolarietà degli animali ceduti. Le spese previste non devono dunque essere considerate come corrispettivo degli animali ceduti, ma come rimborso delle sole spese di cattura e dell’eventuale trasporto degli animali fino al luogo del rilascio. In ogni momento il Parco si può avvalere, per ragioni connesse con la conservazione della specie, del diritto di ritornare in possesso degli stessi animali ceduti o di un corrispondente numero di soggetti della stessa specie e della stessa origine genetica di quelli ceduti;
2. gli animali sono concessi solo a Enti pubblici o di diritto pubblico, che rispondano ai seguenti requisiti:
&Mac183; gestiscano aree soggette a vincoli di protezione totali o specifici, o comunque in cui sia vietato, per almeno 20 anni, l’esercizio venatorio;
&Mac183; siano dotati di un servizio permanente di vigilanza di provata efficienza;
&Mac183; abbiano dotazione di fondi sufficienti all’espletamento dell’intero programma di reintroduzione.
3. la cessione degli animali è subordinata all’esecuzione di uno studio di fattibilità della reintroduzione e di vocazionalità dei nuovi territori per la specie in questione, redatto da ricercatori o tecnici di livello universitario e valutato dal Servizio sanitario e della ricerca dell’Ente, il quale si esprimerà solo dopo aver effettuato un sopralluogo tecnico nell’area interessata dal progetto.
4. gli animali sono concessi previa stipulazione di un’apposita convenzione che vincoli gli enti coinvolti al rispetto delle norme sopra indicate.
5. gli Enti che ricevono gli animali si impegnano a rendere possibile, in ogni momento, la verifica da parte dell’Ente dell’andamento della reintroduzione e a fornire periodicamente dati sull’incremento demografico del nuovo nucleo immesso.

Art. 10. Catture di avifauna a scopo di inanellamento
Le catture temporanee per inanellamento sono autorizzate dall’Ente, secondo le modalità sopra indicate e le persone autorizzate alla cattura dovranno possedere gli stessi requisiti richiesti dall’art. 4 della Legge 157/92.

Art. 11. Abbattimento durante la cattura
La cattura può essere seguita dall’abbattimento dell’animale solo se contestualmente è operante un piano di abbattimento, di cui agli specifici articoli e commi del presente regolamento. L’abbattimento per scopi eutanasici é consentito solo se l’animale é giudicato irrecuperabile, dal punto di vista della sopravvivenza o della funzionalità di organi e apparati, a seguito dei danni subiti durante la cattura. La valutazione clinica deve essere effettuata da parte del responsabile del Servizio sanitario dell’Ente o di un veterinario specializzato in fauna selvatica o di provata competenza clinico-diagnostica.

Art. 12. Prelievi di fauna ittica
Il prelievo di fauna ittica, in ottemperanza a quanto disposto dalla Legge 394/91, è vietato in tutto il territorio del Parco. Sono esclusi da tale divieto i corsi d’acqua per i quali esistono diritti pregressi di gestione della fauna ittica, conseguenti a diritti reali o a usi civici delle comunità locali.
Il divieto di cattura o di prelievo può essere derogato a scopo di ricerca scientifica o al fine di preservate la fauna ittica in occasione di lavori in alveo o di eventi a carattere eccezionale, quali quelli conseguenti ad inondazioni o per interventi di pubblica utilità. In tali casi il materiale ittico prelevato dovrà essere reimmesso, nel minor tempo possibile, nello stesso corso d’acqua da cui è stato prelevato, a monte o a valle del sito di prelievo. In caso di rinvenimento di esemplari appartenenti a specie alloctone questi dovranno essere soppressi o comunque destinati per fini che non ne prevedano la reimmissione allo stato libero. Per ogni prelievo per fini di tutela della fauna ittica dovrà essere presentata domanda in cui siano precisati i seguenti elementi:
&Mac183; giustificazioni ecologiche e tecniche dell’intervento proposto;
&Mac183; individuazione dei tratti torrentizi interessati;
&Mac183; definizione di tempi, personale, metodi e strumenti utilizzati per l’intervento, dando preferenza ai sistemi che, per efficienza e limitazione delle sofferenze, siano ritenuti più idonei.
Il Direttore provvede, sentito il parere del Responsabile del Servizio sanitario e faunistico, al rilascio delle autorizzazioni a tali interventi, specificando ragioni, tempi, luoghi, strumenti, metodi e personale impiegato.
Nel caso di cattura per scopo di ricerca scientifica si applicano le direttive di cui all’art. 7 del capitolo primo del presente regolamento.


CAPITOLO SECONDO
Reintroduzioni e ripopolamenti

Art. 1. Criteri generali
L’art. 11, comma 3, lettera a) della Legge 394/91 stabilisce il divieto di introduzione nei territori del Parco di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l’equilibrio naturale dell’area.
Nel presente Regolamento si ritiene utile non stabilire alcuna deroga a tale norma, ribadendo dunque il divieto assoluto d’introduzione di qualunque specie alloctona. Tale divieto si estende a tutte le specie animali, appartenenti alla fauna vertebrata e invertebrata. Per quanto riguarda le immissioni a scopo di ripopolamento di specie ittiche si rimanda alle specifiche disposizioni.
Il suddetto divieto d’introduzione può essere derogato, per motivate ragioni, da esplicitare nelle forme più oltre previste, solo nel caso in cui si tratti dell’immissione di soggetti appartenenti a sottospecie alloctone di specie autoctone, qualora sia dimostrato con certezza che le sottospecie locali siano estinte.

Art. 2. Procedure per l’attuazione
Per quanto attiene ai programmi di reintroduzione, si intende riferirsi, secondo quanto da più parti specificato, alla immissione di soggetti appartenenti a specie che erano presenti in tempi storici nel territorio del Parco, ovvero di specie la cui presenza è testimoniata da documenti che hanno attinenza con la storia, intesa come esposizione ordinata di fatti e circostanze, che risultano da un’indagine critica volta ad accertare sia la verità degli stessi sia le connessioni reciproche tra i diversi accadimenti. La scomparsa delle specie suddette deve essere avvenuta per cause non dipendenti dalla trasformazione degli habitat un tempo occupati.
Queste operazioni possono essere autorizzate nel rispetto delle seguenti procedure:
1. Espressione della linea di indirizzo politico-amministrativo da parte del Consiglio direttivo dell’Ente, che, sentito il parere dei tecnici di cui sotto, definisca le necessità e gli obiettivi dei piani di reintroduzione proposti;
2. Predisposizione di un documento scientifico redatto congiuntamente ad opera del Servizio sanitario e della ricerca scientifica dell’Ente e di esperti esterni di livello universitario, corredata dal relativo parere favorevole dell’I.N.F.S., che contenga i seguenti elementi:

  • giustificazioni ecologiche e scientifiche dell’intervento di reintroduzione proposto;
  • individuazione dei settori interessati dalla reintroduzione e valutazione degli impatti;
  • quantificazione degli impatti previsti sulle altre componenti delle cenosi protette;
  • individuazione del numero complessivo di soggetti da reintrodurre;
  • parere favorevole dell’I.N.F.S.;

3. approvazione delle modalità di esecuzione del piano da parte del Consiglio e della Giunta, che ne affida l’esecuzione al Direttore, sulla base di quanto contenuto nel punto precedente.

Art. 3. Ripopolamenti di fauna ittica
Al fine di riportare gli habitat acquatici del Parco a condizioni di naturalità e là dove esistono diritti pregressi di gestione della fauna ittica, conseguenti a diritti reali o a usi civici delle comunità locali, il Parco può consentire l’introduzione anche di sottospecie non autoctone, solo nel caso in cui quelle autoctone siano estinte e non più disponibili.
I ripopolamenti ittici in aree non soggette ai diritti di gestione suddetti sono vietati, a meno che non siano previsti nell’ambito di progetti di riqualificazione ambientale o di studio o ricerca scientifica, approvati dalla Giunta esecutiva dell’Ente, sentito il parere della Commissione scientifica consiliare.
Nei corsi d’acqua del Parco, gestiti ai fini del prelievo di ittio-fauna, in ottemperanza agli usi suddetti, è consentito il ripopolamento di fauna ittica solo se prevede l’utilizzo di soggetti provenienti da incubatoi di valle e dallo stabilimento regionale della Valle d’Aosta, appartenenti a ecotipi mediterranei di Trota fario o di Trota marmorata di provenienza locale nella zona a temoli. In questi casi è consentito solamente il rilascio di avannotti, al fine di evitare la prassi della “pronta pesca”, che prevede l’immissione di soggetti adulti o comunque di dimensioni utili per un prelievo immediato.
Il Parco, là dove le suddette indicazioni siano disattese, oltre ad agire nei modi previsti dalla Legge, avanzerà immediata istanza di liquidazione dei diritti esclusivi di pesca delle comunità locali o degli altri usi civici.