PARCHI | ||
Rivista Parchi: tutti i numeri online |
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 2 - FEBBRAIO 1991 |
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Il servizio di vigilanza nelle aree protette Gianfranco Merli |
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La vigilanza delle aree protette è un problema molto serio e complesso, di importanza non certo minore di quello della direzione o della forma di gestione. Non ci potrà m ai essere una buona gestione se questa non potrà contare su un servizio di vigilanza preparato ed efficiente. Sorvegliare un'area protetta non significa nascondersi dietro un albero ad aspettare che passi un bracconiere o spiare di nascosto i visitatori per sorprenderli mentre commettono l'infrazione: i compiti del guardaparco sono ben più complessi e delicati. Egli è, in pratica, il responsabile più diretto ed immediato di tutta la vita del parco, compresa la sicurezza e la tranquillità dei visitatori. E' un compito non privo di difficoltà, che richiede in chi vi è preposto doti e conoscenze particolari. Non serve, o almeno non basta, una preparazione fatta nelle aule scolastiche. E' necessaria, prima di tutto, una conoscenza profonda e completa dell 'ambiente in cui si deve operare. E ciò vuol dire conoscenza perfetta del terreno, delle situazioni vegetazionali, della fauna selvatica presente, delle sue esigenze e delle sue abitudini, del clima nelle sue peculiarità locali e così via per finire alla storialocale,agli usi e costumi, alle esigenze, credenze e tradizioni della gente del posto. Sono cose che nessun libro scuola può insegnare, ma che si imparano giorno dopo giorno con l'esperienza quotidiana, vivendo per molto tempo nella realtà sociale del luogo. Per avere dei buoni ed efficienti guardaparco è, quindi, buona norma sceglierli in loco. Così facendo, oltre a sfruttare appieno la loro insostituibile base culturale, si ottiene anche un secondo risultato, cioè quello della immediata e perfetta integrazione nell'ambiente sociale e, altra cosa importante, la loro accettazione senza diffidenza e mugugni. n mugugno, che può essere o diventare anche aperta protesta, è inevitabile invece quando si ricorre al reclutamento del personale al di fuori dell'area interessata, specie se in zone da questa molto lontane. Questo aspetto del problema non deve assolutamente essere sottovalutato. Non dobbiamo nasconderci che l'imposizione di vincoli di tutela su un'area, piccola o grande che sia, comporta per la gente del luogo, almeno in un primo tempo, qualche rinuncia e qualche fastidio. Solo un'adeguata contropartita, immediata e tangibile, può far accettare di buon grado i sacrifici che l'operazione richiede. In questi casi la contropartita è a portata di mano ed è anche la più gradita: essa è rappresentata dai posti di lavoro che col nuovo istituto si vengono a creare. Sarebbe grave, gravissimo errore ignorare questo ed avvalersi per la vigilanza del nuovo parco di personale importato, anzichè della forza di lavoro locale; la gente non capirebbe e non accetterebbe più di buon grado l'operazione. Reagirebbe, nel migliore dei casi, con la diffidenza e la non collaborazione, ma non è da escludere la possibilità di arrivare anche al sabotaggio. E' sotto questa luce che bisogna analizzare anche il dibattuto problema se delegare o meno al Corpo Forestale il servizio di vigilanza nei parchi e nelle altre aree protette. In verità non si capisce perché e con quale scopo si voglia inserire nella legge quadro una norma che appare quanto meno inutile e in ogni caso riduttiva dei compiti istituzionali proprio del Corpo Forestale. Sarebbe un pò come inserire in una legge urbanistica che i compiti di polizia giudiziaria e di ordine pubblico nei centri urbani vengono affidati alla Polizia di Stato, come se ciò già non rientrasse fra i suoi compiti d'istituto. Lo stesso discorso vale per il Corpo Forestale che è, bisogna ricorda.rlo, uno dei cinque Corpi di Polizia dello Stato. Fra i suoi compiti istituzionali vi è quello di vigilare sull 'applicazione delle leggi vigenti, con particolare riguardo per quelle che interessano l'ambiente, su tutto il territorio nazionale, ivi compresi naturalmente parchi e riserve. Per intensificare la vigilanza su questo o quel territorio perchè sottoposto a particolare tutela, il Corpo Forestale non ha bisogno di nuove norme legislative. Bastano allo scopo semplici provvedimenti interni e, se del caso, il rafforzamento in uomini e mezzi del Comando Stazione o dei Comandi Stazione interessati. In ogni caso questo non può e non deve escludere la facoltà degli Enti Parco di costituirsi un proprio servizio di vigilanza. Un servizio fatto su misura, con gente del posto, legata affettivamente al territorio per tradizione, affetti familiari, ricordi del passato, eccetera. Sbaglia di grosso chi pensa che l'impiego del Corpo Forestale nel servizio di vigilanza dei parchi rappresenti per lo Stato una tangibile economia di spesa. Si eviterebbe, è vero, l'assunzione da parte dei singoli parchi di qualche centinaio di guardie, ma non si eviterebbe la ben più grossa spesa di un ulteriore, massiccio ampliamento degli organici del Corpo Forestale. Le 1800 unità da questo ottenute con il recente ampliamento hanno sanato una situazione di grave carenza di personale che si protraeva da tempo, ma non hanno certo creato una esuberanza tale da poter far fronte all'assunzione di ulteriori e non trascurabili impegni. L'affidamento in esclusiva al Corpo Forestale della vigilanza dei parchi sfocerebbe, quindi, inevitabilmente in una nuova e ben più massiccia richiesta di personale. Anche dopo una tale operazione non si potrebbe ugualmente contare su un miglioramento della funzionalità ed efficienza del servizio: la carenza, infatti, non è numerica, ma funzionale. Il reclutamento a base nazionale delle guardie, la loro preparazione che deve forzatamente essere generale e poco specialistica, la grande mobilità legata sia alla carriera che a sacrosanti motivi familiari, scolastici, eccetera ed inoltre la mancanza di un qualsiasi legame affettivo con il territorio del parco, fanno mancare totalmente quei requisiti essenziali di cui si è fatto cenno in precedenza. Vi è poi un ultimo e forse più importante motivo di perplessità. Il servizio di vigilanza che, come si è visto, è tutt'altro che semplice, è lo strumento operativo di cui la Direzione di un parco ha assoluto bisogno non solo per sventare o reprimere gli abusi, ma anche per svolgere e sviluppare numerose altre attività. Per questo motivo è assolutamente indispensabile che tra Direzione e Servizio di vigilanza esista un rapporto diretto ed immediato. In altre parole che ci sia una dipendenza gerarchica e disciplinare diretta e non eludibile. Non si vede come questa fondamentale condizione possa essere realizzata affidando la vigilanza al Corpo Forestale. I sottufficiali e le guardie forestali non sono affatto disposti ad accettare ordini da gente estranea al Corpo e tale sarebbe inevitabilmente la posizione di tutti i dipendenti del parco. La spaccatura tra Forestali e personale dell'Ente parco sarebbe quindi inevitabile, profonda, incolmabile, senza rimedio. E senza rimedio sarebbe anche lo scadimento dei servizi, compresi quelli essenziali. Se non si vuole che i nuovi parchi nascano morti o, nel migliore dei casi, seriamente compromessi fin dalla partenza, bisogna non sottovalutare quanto fin qui detto. Con ciò nulla viene tolto al Corpo Forestale che resta, come è giusto che sia, l'organo superiore di controllo e lo strumento su cui lo Stato può contare per fronteggiare qualsiasi emergenza. E le emergenze non mancheranno proprio. Le prime si manifesteranno già col nascere di ogni nuovo parco. Infatti, prima che gli organi statutari dell'Entecsiano costituiti e siano banditi i concorsi per l'assunzione del personale, trascorrerà purtroppo sempre un lasso di tempo molto lungo. E' questo un periodo delicato durante il quale è prevedibile che possa succedere ogni cosa. E' proprio questo uno dei momenti in cui il Corpo Forestale può trovare idoneo ed utile impiego. E' solo un esempio, ma se ne potrebbero fare molti altri. Purtroppo su tutto resta sempre un'ombra che accompagna il prezioso, lodevole impegno ecologico dei Forestali ed è la poco chiara questione delle competenze ministeriali. I parchi, le riserve naturali e tutti i problemi connessi sono ormai di competenza del Ministero dell'Ambiente, ma questo trova immancabilmente il suo terreno invaso da quello dell'Agricoltura che ancora non ha rinunciato a competenze non più sue. E' un equivoco che deve cessare e per farlo cessare basta trasferire con armi e bagagli il Corpo Forestale all ' ambiente . E ' un' operazione che la maggioranza dei Forestali aspetta da molto tempo perchè ben sa che quella è la sua collocazione naturale . A benvedere, infatti, alla base di tutto si trova sempre il conflitto di competenze tra i due Ministeri. |