PARCHI | ||
Rivista Parchi: tutti i numeri online |
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali NUMERO 2 - FEBBRAIO 1991 |
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I parchi del Piemonte: un mosaico ambientale Gianni Boscolo |
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Una fertile pianura circondata, contenuta e difesa da una corona di alti monti senza sbocco al mare. Questo è il Piemonte, confine nord-occidentale dell'Italia; rocce scoscese, ghiacciai, campi di cereali e riso, ambienti umidi, vigneti, laghi, un reticolo di fiumi. Il Piemonte che vediamo oggi è anche il frutto del lavoro paziente e faticoso di generazioni e generazioni di donne ed uomini che a questa terra hanno chiesto il necessario per vivere. Le sue acque cd i suoi boschi hanno alimentato per secoli lo sviluppo economico. Terra ricca e delicata che risente oggi del suo prolungato, ed a volte miope, sfruttamento. Sono scomparsi lo storione, la lontra e la lince, ma sono rimasti camosci, centinaia di specie di uccelli, sono tornate le cicogne. n difficile rapporto tra ambiente e uomo, tra territorio e urbanizzazione non può più, oggi, essere lasciato al caso. Quindici anni fa la Regione Piemonte avviava, con la promulgazione di una legge quadro, il lungo cammino della costruzione di una rete di arce protette, riserve c parchi naturali. A distanza di tre lustri e dopo trc legislature il quadro regionale in materia di parchi si presenta quanto mai ricco ed articolato. Il cinque per cento del territorio piemontese è difeso e salvaguardato attraverso una quarantina di parchi e riserve naturali. Complessivamente 120 mila ettari di territorio protetto in cui l'opera umana oltre a non offendere,valorizza la natura e tende ad affiancarsi ad essa affinchè questa varietà venga conscrvata. Nclle fasi finali dell'ultim a legislatura sono stati istituiti cinque nuovi parchi tra cui quello del Po, sul quale ritorneremo, mentre il nuovo piano Regionale delle aree protette ne ha "messi in cantiere" altri 16 per complessivi 11 mila ettari, il che porterà a circa 134 mila gli ettari di territorio regionale interessati alla politica dei parchi. Se a questi si aggiungono il versante piemontese del Parco Nazionale del Gran Paradiso e le riserve naturali statali della Val Grande e del Monte Mottac il totale delle aree protette salirà al 68 mila ettari, pari al 6,62 % del Piemonte intero. L'obiettivo del 10 per cento (indicato da diverse organizzazioni come "meta" per il Duemila), può apparire ancora lontano. Tuttavia va segnalato che, fattore non secondario, la "qualità" della salvaguardia fa, a giudizio unanime, del Piemonte un punto di riferimento nella politica nazionale dei parchi. Come detto, la storia della protezione del territorio nasce in Piemonte quindici anni fa con l'approvazione della prima legge quadro sui parchi. Nel 1977 segue il primo Piano dei Parchi che individuò 29 aree (su 101 indicate), degne in modo particolare di essere tutelate. L'integrazione del '79 porta a 41 le arce inserite e a 140 quelle di interesse ambientale, naturale o paesaggistico. Cinque anni fa la seconda integrazione: le aree inserite salgono a 52, quelle individuate a 135. L'ultima integrazione è di pochi mesi fa e fa salire a 212 le aree censite mentre prospetta di aggiungere alle 39 aree parco esistenti, altre 16. Tra queste il Parco di Stupinigi attorno alla splendida palazzina di caccia di Filippo Juvarra, il Bosco della Partecipanza, relitto di bosco planiziale nella campagna di Trino, Superga, la nota collina di Torino con la storica Basilica, la Baraggia di Candelo, il Monte Mesma. Nel corso di questi anni dunque il Piemonte ha lavorato seguendo uno schema ben preciso. Si e iniziato con la definizione di un piano regionale dei parchi e delle riserve naturali che, attraverso un'analisi territoriale complessiva, portava all'individuazione sul territorio regionale di tutte le aree che avrebbero potuto essere istituite in parco. Il piano, come detto, è stato nel corso degli anni riveduto tre volte. Quindi si è proceduto all'istituzione delle aree protette dotandole di strumenti di pianificazione territoriale conformi alle normative urbanistiche e territoriali. Uno schema previsto dalla legge quadro, anche nella sua recente ristesura, che ha dato modo alla regione di dotarsi di un sistema di aree protette. Parchi collinari (4), alpini (12), prealpini (6), urbani (1), parchi relativi alle zone umide (10) ed ai sacri monti (4), fluviali (2), soltanto quelli marini, mancano nell'articolata difesa di un territorio che si stende dalle cime delle Alpi all'inizio della grande Pianura Padana. I monti occupano il 40 per cento del territorio regionale. Un ambienle spettacolare e affascinante che per la naturale asperità e la scarsa produttività è rimasto a lungo più integro. Gli ultimi decenni però hanno visto risorgere un'attenzione verso i monti che purtroppo spesso si è ridotta in selvaggia edificazione. Ed allora salvare la naturale ricchezza di questo prezioso territorio è diventato un obiettivo fondamentale. La chiostra delle Alpi ofrre scorci panoramici in cui si susseguono e alternano vette innevate, pascoli, boschi, case tipiche, alpeggi e terreni agricoli. I parchi alpini spaziano su tutta questa catena. Si va dall'Alpe Veglia, quattromila eltari nell'estremo nord della regione, all'Argentera (ben 25 mila ettari a sud-est di Cuneo che si inerpica fino ai 3200 metri), a soli 40 chilometri dal mare. Il Gran Bosco di Salbetrand invece costituisce l'area protetta più occidentale d'Italia e tutela una formazione forestale ormai rara sulle Alpi. Un bosco i cui esemplari di maggior mole furono impiegati per le travature della Basilica di Superga ed il Castello della Venaria Reale. Parchi estesi e parchi contenuti, come i 23 ettari della Riserva Naturale dell'Orrido di Chianocco in provincia di Torino. La spettacolare spaccatura nella roccia, profonda più di 50 metri, risale al termine dell'ultima glaciazione. Tra i parchi che racchiudono formazioni geologiche particolari bisogna ricordare quello del "ciciu del Villar", scientificamente denominati piramidi di terra. La storia di una terra è, in ultima analisi, la storia del rapporto dell'uomo con il territorio. Per questo in molti parchi piemontesi si trovano preziose testimonianze dell'opera umana. I tetti di paglia dell'Argentera o le case occitane della Val Troncea parlano di culture minori, vita faticosa, e grande orgoglio del proprio lavoro. Parti significative del territorio si sono conservate fino ai giomi nostri perchè ex territori di caccia dei nobili piemontesi. In queste arce, oltre ad una natura ricca e rigogliosa, si trovano monumentali opere architettoniche. Sono le ex palazzine di caccia della nobiltà sabauda. Lo storico parco della Mandria, ad esempio, sorge a pochi chilometri dal capoluogo piemontese. Il suo territorio pianeggiante, le zone boscose alternate ad ampi pascoli, i terreni agricoli e la presenza di piccoli laghetti costituiscono un paesaggio nel quale si inseriscono preziose architetture del XVIII secolo, parte integrante del più ampio complesso del Castello di Venaria. Nella naturale tendenza dell'acqua a scendere verso il basso seguendo quasi un istinto di ricerca del mare, i fiumi ed i torrenti danno vita ad un singolare ambiente: le zone umide. E' in queste zone di confine tra acqua e terra, tra pianura e fiume che la vegetazione pare riesplodere in mille forrne. In Piemonte alcuni parchi si attestano sui fiumi: le Lame del Sesia, la Garzaia di Valenza, il torrente Orba, il Ticino. Recentemente il Po, il maggior fiume della Regione e d'Italia, è diventato il filo conduttore di un sistema di aree protette. Ambienti particolari che il corso d'acqua ha creato nel suo lento procedere dalle sorgenti, a pian del Re, verso il mare. Il parco del Po (denominato Sistema delle aree protette della fascia fluviale) tuttavia è l'unico parco,con quello del Ticino, ad essere catalogato come "parco fluviale"; si estende con una zona di salvaguardia lungo i 235 chilometri dell'asta piemontese per un'area di circa 19 mila ettari. Questa fascia collega fra loro 15 riserve a vario titolo e tre aree attrezzate per complessivi seimila ettari. L'istituzione di questo nuovo parco, da solo, qualifica l'azione svolta nei confronti del fiume, del suo bacino idrografico e di uno dei punti nevralgici della difesa dell'ambiente nel nostro paese. Il Ticino invece, dal Lago Maggiore scorre verso la confluenza nel Po dapprima incassato tra le colline dell'anfiteatro morenico, quindi si allarga nella valle che il fiume stesso ha modellato in millenni di lavoro. Le acque del fiume costituiscono l'habitat ideale per numerose specie ittiche e faunistiche. Il parco piemontese (6 mila ettari) fa da "dirimpettaio" all'omologo parco, ben più esteso (9O mil aettari) in sponda lombarda. A differenza del "cugino" però, il parco piemontese del Ticino non include territori fortemente antropizzati. L'esistenza di un parco o di un'area protetta permette di riappropriarsi, di riscoprire una dimensione di cui si era persa memoria. La natura, l'ambiente, la sua ricchezza, varietà, delicatezza ci vengono riproposti nei musei di cui dispongono molti parchi piemontesi. I musei completano l'esperienza diretta permettendo di approfondire la conoscenza dell'ambiente. E' da questa co- noscenza che nasce l'amore per la natura,poichè si rispetta e conserva ciò che si ama, e si ama ciò che si conosce. Conservare in modo intelligente ciò che la natura ha costruito in tempi lunghissimi preservando anche antiche faune e flore che appartengono ad epoche preistoriche significa rendere i parchi grandi e gioiosi musei all'aperto. Le visite, guidate da appassionati e competenti guardiaparco, forniscono l'opportunità di entrare in una dimensione ormai irripetibile. Il personale coinvolto nella gestione dei quaranta parchi piemontesi e costituito da 265 persone tra vigilanti e personale amministrativo. L ' attività di ricerca e notevolmente sviluppata in tutti i parchi. Si va dalla catalogazione ed il censimento delle specie faunistiche e floristiche presenti nell'area, a ricerche più specifiche e "mirate". Il parco dell'Argentera, ad esempio, aderisce ad un progetto europeo per la reitroduzione del Gipeto. In Val Troncea è stato eseguito invece uno studio sugli insediamenti e la tipologia delle abitazioni. I popolamenli licheniei dell'area boschiva della Valle Pesio sono stati l'obiettivo di una ricerca dell'omonimo parco. Studi ecologici sul comportamento delle formiche schiaviste (la Polyergus reruscens) sono stati realizzati nella riserva speciale Juniperus Phoenicea, mentre una ricerca sulle salamandre ha portato alla scoperta di una nuova specie, la Salamandra lanzai. Visitando i parchi del Piemonte ci si può imbattere in preziosi monumenti come la Certosa del Monte Benedetto nel parco dell'Orsiera Rocciavre'. Qui l'istituzione del parco salvaguarda non solttnto la natura ma anche testimonianze storiche ed architettoniche. Altrove, come a Fenestrelle, nel territorio del parco si trovano opere imponenti come il complesso fortificato omonimo la cui costruzione, avviata nella seconda metà del '600, si è protratta fino al secolo scorso. Un edificio che si aggrappa per centinaia di metri alle pendici del monte. Il parco Burcina nel Biellese non ha origini naturali: è infatti una costruzione dell'uomo iniziata nella seconda metà del secolo scorso quando Giovanni Piacenza acquistò un'intera collina per realizzare questo singolare parcogiardino. Il parco si rifà al giardino paesistico inglese in cui si cercava di riprodurre la spontaneità della natura. Al contrario della concezione italiana del Cinqueeento, dove prevalgono le forme geometriche, qui si ricava l'impressione della massima naturalezza e spontaneità anche se la disposizione di ogni pianta e eespuglio è s~ata auentamente studiata. Anche la riserva naturale integrale Madonna della Neve sul Monte Lera è un parco prealpino. Ma al contrario della Burcina la tutela del luogo è assoluta; vi si può accedere soltanto per motivi di studio e scientifico. Unica eccezione il 5 agosto quando, nella ricorrenza della festa della Madonna della Neve a cui è dedicata l'omonima cappella, gli abitanti del luogo si recano in processione. I Sacri Monti sono complessi artistico architettonici innalzati dalla devozione popolare in prossimità delle Alpi a partire dal XV secolo. Le cappelle che si snodano lungo il percorso si inseriscono in modo armonico nella natura, creando un equilibrio suggestivo e riposante. Dei numerosi Sacri Monti esistenti in territorio piemontese, quattro sono costituiti in Riserve naturali speciali: SS. Trinità di Ghiffa, Varallo, Crea e Orta. Il complesso architettonico ambientale del Sacro Monte di Orta sorge sul rilievo che s'innalza sulla sponda orientale del Cusio e forma una penisola nel lago omonimo. La sua edificazione risale agli ultimi anni del 1500 ad opera dei frati francescani che tracciarono tra il verde un itinerario mistico con 20 cappelle dedicate ad episodi della vita del santo fondatore dell'ordine. Un progetto durato due secoli ed a cui presero parte valenti artisti dell'epoca. Un patrimonio d'arte che si alterna al verde del bosco e del giardino mentre sovente si aprono ampie vedute panoramiche. Ma uguale fascino possiede il Sacro Monte di Ghirfa nella sua incompiutezza, affacciato com'è sul Lago Maggiore, o quello di Varallo nella valle del Sesia. Fondato un anno prima della scoperta dell'America (nel 1491) conta 52 cappelle dedicate alla vita del Cristo per ricordare i luoghi sacri della Palestina. L'area però è anche di elevato interesse botanico per le svariate essenze vegetali . Ricco di storia militare e religiosa è invece il Sacro Monte di Crea che domina i rilievi del Monferrato. Una quarantina di parchi, 120 mila ettari salvaguardati, macchie di verde sparsi sulla carta geografica: qualcuno copre le vallate alpine, altri il sottile nastro del Po che corre verso l'Adriatico, altri ancora sono disegnati intorno all'habitat di un animale o di una specie floreale ormai ridotti a pochi esemplari. Ambienti montani, collinari, fluviali, fenomeni geologici: la variegata geografia della regione è difesa e rappresentata nei parchi. I parchi in ultima analisi difendono, salvaguardano e danno modo ai cittadini di fruire delle ricchezze ambientali del territorio. Il variopinto mosaico della natura è difeso nei parchi a garanzia del mantenimento della diversità ambientale del territorio. Si tratta di spazi che rappresentano, di per sè, un bene. Bene tanto più prezioso perchè dà modo al resto del territorio di respirare, di ritrovare un equilibrio fra conservazione della natura e sfruttamento delle sue risorse. Basta tutto ciò a ricostituire un patto di alleanza tra ambiente e uomo, tra natura e progresso? E' un punto di partenza, su cui occorre proseguire per un ambiente più vivibile per tutti, con il contributo di tutti. |