Dopo più di 3 anni si è concluso alla Commissione Ambiente della Camera, in sede legislativa, il lungo e travagliato esame della legge quadro in materia di parchi e aree protette. Al voto finale si arriverà solo dopo che le Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio avranno espresso il parere obbligatorio; l'ITER, poi, continuerà al Senato.
I tempi e i modi dell'approvazione definitiva della legge-quadro sono tutt'altro che sicuri, legati in particolare alla incertezza della situazione politica.
Forte rimane la preoccupazione che la X legislatura possa terminare senza l'approvazione di una legge ( le prime proposte di legge risalgono al 1964 ) adeguata alla peculiarità del nostro patrimonio naturale e ai valori naturalistici, archeologici, architettonici di cui il nostro Paese è ricco e che esigono un regime speciale di tutela.
A tutt'oggi, solo 1' 1,36% della superficie nazionale è protetta con parchi nazionali contro il 21% della Germania federale e della Gran Bretagna, 1'8% della Francia, il 10% degli Stati Uniti e del Giappone. Solo il 4,3% è protetto dall'intervento combinato dello Stato e delle Autonomi regionali e locali: le Regioni, infatti, hanno contribuito in maniera consistente alla creazione di aree protette anche se con disomogeneità nelle metodologie e nelle procedure e con eterogeneità dei soggetti gestori. Per la verità in questi ultimi anni il Ministero dell'Ambiente ha proceduto, con strumenti legislativi impropri (legge finanziaria 1988 e legge 305 del 25 luglio 1989) all'istituzione di 7 nuovi parchi nazionali (Pollino - Sibillini Dolomiti bellunesi - Delta del Po - Falterona, Campigna, Foreste Casentinesi - Arcipelago Toscano - Aspromonte) ma sono oggi solo "parchi sulla carta" e in assenza di una legge quadro non possono decollare.
Da qui l'estrema necessità e urgenza di direttive di indirizzo, per coordinare l'attività delle Regioni, per prevedere una nuova disciplina adeguata ai problemi attuali per i parchi nazionali, istituiti con vecchie leggi ( Gran Paradiso, 1933; D'Abruzzo,1922; Stelvio,1936; Circeo, 1934; Calabria, 1968).
La causa fondamentale del ritardo è da ricercarsi, a mio avviso, fondamentalmente nella contrapposizione che si è avuta in questi anni tra centralisti e regionalisti, contrapposizione che sottende una diversa concezione tra essi. Secondo i primi, i parchi nazionali coprono le aree più importanti dal punto di vista naturalistico e devono essere gestiti dalla più alta autorità dello Stato tramite Enti parco; gli Enti locali hanno di conseguenza un ruolo marginale nella gestione di tali aree.
Per i secondi, trattandosi di materia attribuita alla competenza regionale, è compito delle Regioni istituire parchi e riserve e spetta ad esse scegliere le forme di gestione che comunque devono basarsi sul ruolo fondamentale degli Enti locali.
Su questa materia la Corte Costituzionale è intervenuta con la sentenza n.151/86 indicando nella leale collaborazione, nella cooperazione e nell'intesa tra competenze statali, regionali e locali la strada per superare il conflitto e per un intervento di tutela improntato a globalità e unitarietà.
I principi e i criteri fondamentali ai quali si ispira la legge approvata tengono conto dell'indicazione della Corte Costituzionale e della profonda evoluzione nel modo di concepire la conservazione della natura e il rapporto uomo-ambiente che si è avuto in questi anni. Se in una prima fase parchi e riserve erano considerati con criteri esclusivamente naturalistici come "oasi", "santuari della natura", indipendentemente dalla necessità di sviluppo della popolazione locale, oggi si è andata affermando una concezione di parco come lo spazio ove si sperimenta un nuovo rapporto uomo-ambiente, riportando ad una unità sempre più stretta la conservazione della natura e delle risorse e lo sviluppo sociale, culturale ed economico delle popolazioni.
Ma, essendo il frutto di posizioni diverse, la legge contiene alcune norme contraddittorie e confuse. Prima di tutto appare concettualmente non fondata la distinzione tra parchi nazionali e regionali che il testo opera, basato sul criterio dell'interesse e della diversità di rilevanza dei valori da proteggere.
Nell'ambito delle aree protette quelle nazionali hanno un posto importante non perchè riguardano territori maggiormente rilevanti sul piano scientifico-ambientale, ma perchè di fatto esiste un interesse nazionale o internazionale che quei territori siano protetti; l'interesse e la capacità regionale non sono in posizione secondaria rispetto all'interesse e alla capacità dello Stato.
Inoltre, l'interesse nazionale o internazionale non può introdurre eccezioni alla gestione democratica del territorio presente nel nostro ordinamento. Il testo approvato in Commissione ambiente prevede un consiglio direttivo costituito da 12 componenti designati dal Ministero dell'Ambiente
- (2), dell'Agricoltura
- (1), dalle Associazioni ambientaliste
- (2), dalla Comunità del parco
- (5), dall'Accademia dei Lincei, dalla Società Botanica Italiana, dall'Unione Zoologica,dal CNR e dall'Università presenti nel territorio del parco
- (2). Ritengo che in questo organismo sia sotto rappresentata la componente delle autonomie regionali e locali (la Comunità del parco è costituita dai Presidenti delle Regioni e delle Provincie, dai Sindaci dei Comuni e dai Presidenti delle Comunità montane) e che gli scienziati in rappresentanza di Università, CNR, Accademia dei Lincei, Società Botanica Italiana, Unione Zoologica Italiana, debbano poter svolgere liberamente la loro funzione di studio e di controllo ma nell'ambito di Consigli scientifici e non dei Consigli direttivi dell'Ente parco.
- E ancora, nonostante i miglioramenti apportati grazie alle nostre proposte, il testo prefigura una eccessiva centralizzazione di competenze: ad esempio, il programma triennale per le aree protette di rilievo nazionale e internazionale fissa persino le linee guida per la creazione o l'ampliamento di aree protette di esclusivo interesse locale e di aree verdi urbane e suburbane.
Per concludere occorre rilevare che gli stanziamenti finanziari insufficienti (320 MLD in conto capitale di cui almeno 1/3 per i parchi regionali cioè 170 MLD in meno complessivamente nel triennio 91 -93 rispetto agli stanziamenti previsti nella legge finanziaria 1990) hanno ridotto drasticamente a 7 l'istituzione di nuovi parchi nazionali (Valgrande; Gran Sasso e Monti della Laga; Maiella; Gargano; Cilento e Vallo di Diano; Golfo Orosei e Gennargentu; Vesuvio); e dei p-archi nazionali esistenti solo il Gran Paradiso, lo Stelvio e il Parco d'Abruzzo verranno adeguati alla normativa quadro, mentre per il parco della Calabria e del Circeo rimarrà la gestione attuale del Ministero dell'Agricoltura che di fatto significa trasformarli in riserve dello Stato. Il nostro impegno continuerà al Senato per apportare ulteriori miglioramenti al testo per arrivare alla rapida approvazione di una legge quadro che sia il più possibile semplice e chiara nelle finalità, definisca gli obiettivi della tutela, indichi le modalità di gestione e fomisca strumenti e finanziamenti adeguati sia per i parchi nazionali che regionali.
*Capogruppo PdS della Camera dei Deputati e membro della Commissione ambiente |