La situazione delle aree protette in Emilia Romagna
La Regione Emilia-Romagna ha di recente avviato alcune iniziative tendenti a costituire un sistema di aree protette: infatti con legge del 2 aprile 1988 sono stati istituiti otto parchi regionali che si sono aggiunti all'unico funzionante già esistente, quello dei boschi di Carrega, risultato dell ' applicazione delle vecchie normative in vigore dal 1977, normative peraltro insufficienti a garantire la reale costituzione di un sistema di parchi e riserve naturali esteso a tutto il territorio regionale.
Ai nove parchi richiamati se ne sono aggiunti in seguito altri due, istituiti successivamente alla legge del 1988, con alcune riserve naturali. Si è venuto quindi a delineare un insieme territoriale abbastanza esteso ed articolato con prospettive di ulteriore sviluppo se saranno attuate le previsioni del Piano paesistico regionale, oggi adottato ed in attesa di essere approvato, che comporrebbero un quadro complessivo di 26 aree protette come parchi regionali.
Deve peraltro essere rilevato che gli effetti della legge del 1988 non si sono ancora fatti sentire in modo concreto e cioè attraverso il vero funzionamento dei parchi previsti - in quanto le procedure stabilite per conseguire il risultato di una protezione gestita e guidata sono state solo parzialmente attuate: nell ' attuale situazione pare peraltro che i tempi per il conseguimento del risultato sperato saranno ancora abbastanza lunghi.Infatti la Regione, che dovrebbe costituire l'Ente guida di una politica così complessa, risulta carente di personale (soltanto cinque dipendenti nell'ufficio che si occupa di tale competenza) e indebolita dalle stesse previsioni della legge-quadro che delega alle Province il compito di predisporre ed adottare i Piani territoriali lasciando alla competenza regionale l'approvazione definitiva dei Piani.
Con questo meccanismo, sul quale torneremo in seguito, la Regione diviene Ente di indirizzo e non momento aggregante del sistema delle aree protette, con il rischio di vedere "frantumata" l'omogeneità della politica di tutela. Ancora deve essere sottolineato come i parchi istituiti, fatta eccezione per quello dei Boschi di Carrega (che infatti è l'unico a potersi definire funzionante, seppure in modo isolato), sono tuttora privi di personale, con ciò vanificando il raggiungimento dei fini istitutivi.
Tornando alla delega affidata alle Province in tema di pianificazione del territorio delle aree protette, potremmo dire in linea teorica che tale delega risponde pienamente allo spirito ed al dettato della legge 8 giugno l 990, n.142: peraltro, perchè una delega di questo tipo consenta di ottenere il risultato di divenire un corretto decentramento delle competenze, non è possibile pensare ad un ruolo regionale di "ratifica" dei Piani territoriali, ma il vero ruolo deve essere quello di indirizzare in modo omogeneo la pianificazione provinciale e di fornire le direttive per la formazione dei piani in modo da ottenere un quadro territoriale equilibrato rispetto alle altre politiche sul territorio.
Questo ragionamento non è ovviamente specifico per la Regione Emilia-Romagna, ma deve trovare risposte legislative di tutte le Regioni orientate a definire in modo corretto i ruoli dei diversi livelli istituzionali. Per quanto concerne peraltro la Regione Emilia-Romagna non è ancora possibile valutare se, nell'attuale quadro legislativo in materia di parchi e di protezione dell'ambiente, con particolare riferimento alla legge 431/85, sia o meno soggetto ratificatore ovvero coordinatore in quanto, fino ad oggi, sono stati adottati a livello provinciale soltanto due Piani territoriali di parco, di cui solo uno trasmesso alla Regione per le sue competenze e non ancora approvato.
Per comprendere il valore territoriale del piano del parco deve essere ancora ricordato che lo stesso ha valore paesistico ai sensi della legge 431 e può anche intervenire sui confini dell ' area modificando quelli previsti dalla legge istitutiva.
In questo contesto si può ben definire il piano ruolo correttamente distribuito tra Comuni, Con uno strumento forte e, proprio per questo moti- munità Montane, Province e Regione, ove la vo, pare ancora più opportuno un ruolo certo dei Regione costituisca un terminale attivo e non vari livelli istituzionali nella procedura di forma- passivo dell'intera politica delle aree protette azione ed approvazione del piano e pertanto un ruolo correttamente distribuito tra Comuni, Comunità montane, Provincie e Regioni, ove la regione costituisca un terminale attivo dell'intera e non passivo dell'intera politica delle aree protette. |