Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 3 - GIUGNO 1991



Parchi regionali già istituiti in Toscana: loro gestione alla luce della nuova legge Ssulle autonomie locali
Luciano Bora

Enti locali e Regioni

La scadenza del 13 giugno, fissata dalla 1egge 142 per l'approvazione, da parte di Provincie e Comuni, degli Statuti, è stata "prorogata" ad ottobre c'on circolazione del Ministro Scotti.
Impossihile dire, perciò, nel momento in cui scriviamo quanti siano gli Enti c he hanno rispettato i termini di legge.
Più arduo ancora pronununciarsi sui contenuti degli Statuti.
Non maggiori, pultroppo, sono le informazioni in nostro possesso per quanto riguarda le leggi regionali previste dalla legge 142 con le quali si dovranno '"organizzare" e "raccordare " gli interventi ed i programmi delle Regioni con le competenze e le funzioni degli Enti locali.
Ma soprattutto, per quanto ci è dato di capire, ma saremmo ben lieti di essere smentiti, ci sembra per-manga un vistoso ritardo sui problemi che ci riguardano più da vicino come Parchi.
Intendiamo riferirci in particolare agli Enti di gestione dei Parchi regionali, argomento al quale come si ricorderà, il nostro Coordinamento dedico un Seminario lo scorso dicembre.
Il tema è di grande attualità, specie dopo l'approvazione da parte della Camera della legge quadro sui parchi, la quale, su questo punto, conferma il vecchio testo che prevede 1a la possihilità di ricorrere o all 'Ente di di ritto pubblico o al Consorzio obbligatorio di Comuni.
Soluzione che alla luce delle disposizioni della legge 142 appare piuttosto singolare ignorando ad esempio, il ruolo delle Provincie, alle quali la nuova legge affida per l'appunto importanti competenze in materia di individuazione e gestione del parchi.
Sull'argomento pubblichiamo un'articolo di Lucia Bo1a, una fùnzionaria della Regione Toscana che c i sembra estremamente interessante e rigoroso


Nell'ambito del territorio toscano tre sono, attualmente, i parchi regionali esistenti: quello della Maremma (istituito con L.R.5.6.1975 n.65), quello di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli(istituito con L.R.13.2.1979 n.61) e, infine, il parco delle Alpi Apuane (istituito con L.R. 21.1.1985 n. 5 poi modificata dalla L.R. 21.4.1990 n. 52).
La legislazione regionale ha attribuito I 'amministrazione dei parchi (sia nella tasse iniziale relativa all'adozione degli atti di pianificazione dell'area che nella fase successiva concernente la gestione quotidiana all'interno del parco) a consorzi istituiti tra i Comuni, le Province e le Comunità montane delle zone interessate. In tal senso, infatti, è stata modificata nell'aprile del 1990 l'originaria legge istitutiva del parco delle Alpi Apuane che aveva invece istituito un comitato di coordinamento ed un comitato scientifico, quale organo consultivo.
Tanto premesso, il problema che si esamina è quello relativo alla compatibilità delle suddette e già previste forme consortili di gestione dei parchi regionali con le disposizioni contenute nella legge 8 giugno 1990, n. 142, relativa al nuovo ordinamento delle autonomie locali, ciò anche tenendo presente la diversa situazione esistente tra i parchi toscani in quanto, mentre in quelli di prima istituzione si pone oggi principalmente un problema di gestione del parco, in quello delle Alpi Apuane è ancora necessario provvedere alla prima organizzazione (non è infatti stato approvato lo statuto dell'ente) e ad approvare gli atti di pianificazione.
Sembra opportuno iniziare il suddetto esame verificando la compatibilità delle previste forme di gestione consortili con le disposizioni contenute negli articoli 14 e 15 della legge n. 142/ 1990: che stabiliscono competenze provinciali in materia.
In realtà la disposizione contenuta nell'art. 15 (che attribuisce alla provincia anche il compito di adottare il piano territoriale di coordinamento che, tra l'altro, indica le aree nelle quali è opportuno istituire parchi o riserva naturali) non è strettamente pertinente con l'oggetto della presente nota, limitata alle forme di gestione dei parchi già istituiti; ci si limita pertanto solo a rilevare - senza entrare nel complesso tema della natura del piano territoriale di coordinamento che la norma non sembra porre particolari problemi di compatibilità con la legislazione regionale su parchi ed aree protette, che ha già attribuito alla Provincia un ruolo di programmazione e di coordinamento in materia (si vedano ad es. gli artt. l l - 12 bis - 13 della L.R.29.6.1982 n. 52, modificata con L.R. 27.4.1987, n. 25).
Più pertinente è, invece, per i i fini in oggetto, l'esame della disposizione contenuta nell 'art.14 della L. n. 142/90: esso elenca i settori in cui si prevedono attribuzioni amministrative della provincia, disponendo che alla stessa spettano le funzioni di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nel settore, tra I ' altro, della protezione della flora, della fauna, dei parchi e delle riserve naturali.
La dizione usata dalla norma ("funzioni di interesse provinciale") richiede di leggere il suddetto art.14 inconnessione con quanto disposto dall'art. 3 della stessa L.142/90, laddove si demanda alle leggi regionali il compito di conformarsi "ai principi stabiliti dalla presente legge in ordine alle funzioni del Comune e della Provincia, identificando nelle materie e nei casi previsti dall'art. 117 Cost. gli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio".
Pertanto dal citato art.14 non sembra discendere un automatico obbligo di individuare, sempre e comunque, nella provincia I 'ente di gestione dei parchi; piuttosto la Regione dovrà verificare la natura dell'interesse che è insita nell'individuazione dei singoli parchi e laddove tale interesse sia considerato come provinciale - in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio - alla provincia competeranno le relative funzioni gestionali.
Si tratterà, quindi, di compiere la suddetta verifica per i parchi già istituiti in Toscana, anche se ci sono già alcuni elementi che possono far dubitare della sussistenza del solo interesse provinciale, quale, ad esempio, il fatto che in due dei suddetti parchi (Migliarino ed Alpi Apuane) sono interessate due province, nonchè la valenza che la Regione ha attribuito ai piani territoriali dei parchi stessi, e qui parandoli ai piani urbanistici territoriali di cui alla legge 8.8.1985, n.431 (in tal senso dispone l'art.12 della L.R.29.6.1982 n. 52, come modificato dall'art. 11 della L.R. 27.4.1987, n. 25).
Proseguendo l'esame della compatibilità delle forme di gestione consortili con le norme della L. n. 142/90, si tratta ora di verificare tale compatibilità in rapporto alle nuove disposizioni relative all'ordinamento dei consorzi.
Com'è noto, infatti, la nuova normativa sulle autonomie locali ha mutato notevolmente la disciplina dei consorzi dettata precedentemente dal testo unico della legge comunale e provinciale . Sinteticamente le modifiche di maggior rilievo sono le seguenti:

  • il consorzio deve essere costituito "secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'art. 23": tali aziende, che la nuova legge definisce enti strumentali dell'Ente locale, sono dotate di personalità giuridica ed autonomia imprenditoriale per la gestione di attività di pubblico servizio. II richiamo specifico alla disciplina di tali aziende per i consorzi mette in evidenza il carattere strumentale dei consorzi stessi agli Enti locali che lo costituiscono e la loro natura di forma associativa predisposta dai Comuni e dalle Province allo scopo di realizzare una struttura idonea ad una migliore gestione dei servizi pubblici;
  • il nuovo consorzio è diretta espressione dell'autonomia amministrativa e gestionale degli Enti locali e nasce da una loro volontà associativa. E ' stato intatti abolito l'atto di approvazione delle statuto del consorzio, di competenza dello Stato o della Regione, previsto invece dall'art. 156 del testo unico n. 383 del 1934, con la previsione che i consigli degli enti consorziati approvano una convenzione unitamente allo statuto del consorzio;
  • profondamente mutate sono sia la struttura organizzativa che le modalità di rappresentanza dei soggetti consorziati negli organi consortili, volte a correggere fenomeni di dispersione di responsabilità che a volte hanno contrassegnato l'esperienza degli enti di secondo grado. Così
    l'assemblea viene composta direttamente dal Sindaco o dal Presidente dell'ente, o da un loro delegato - raccordando direttamente la presenza dell'ente ad una precisa responsabilità, al massimo livello, dell'esecutivo - e ciascun membro dispone di un voto proporzionale alla quota di partecipazione dell'ente che rappresenta, nella misura determinata dalla convenzione e dallo statuto.
    L'art. 25 riserva poi alla legge dello Stato il compito di costituire, in caso di rilevante interesse pubblico, consorzi obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali.
    Si tratta quindi di verificare se, alla luce di tali nuove disposizioni, l 'Amministrazione regionale sia tenuta a modificare le norme sopra citate con chi ha già provveduto ad istituire consorzi di gestione dei parchi. Ciò alla luce dell'art. 61, primo comma, della legge n. 142/1990, che testualmente dispone: "Entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni adeguano la loro legislazione in materia di organismi comprensoriali e di forme associative fra Enti locali ai principi della presente legge". Tale esame va compiuto nella ben nota assenza di una legge-quadro nazionale sui parchi che fornisca indirizzi circa la configurazione dell'ente di gestione; l'ultimo disegno di legge in materia nel merito prevede la possibilità per le Regioni di provvedere o tramite l'ente-parco o tramite il consorzio obbligatorio degli enti interessati.
    Ci si deve quindi chiedere quale sia la natura dei consorzi previsti dalla legislazione regionale in materia di parchi: si tratta, in particolare, di capire se questi consorzi siano stati istituiti come forme associative fra gli Enti locali ai sensi del testo unico della legge comunale e provinciale o, invece, non siano diverse forme istituzionali organizzate dalla Regione per l'esercizio dei propri compiti. Infatti, se il suddetto esame dovesse concludersi nel secondo senso, potrebbe ritenersi che il sopra richiamato obbligo di adeguamento non riguardi anche gli enti in questione.
    In merito, vi sono alcuni elementi che possono fare dubitare della riconducibilità dei consorzi in oggetto a quelli previsti dal testo unico previgente. Infatti:
  • le leggi regionali non fanno mai riferimento alla normativa del testo unico della legge comunale e provinciale nel disciplinare i consorzi gestori dei parchi;
  • gli organi previsti nei suddetti consorzi non corrispondono esattamente a quelli che la normativa statale previgente disciplinava come organi obbligatori dei consorzi;
  • ai sensi delle norme del testo unico, l 'assemblea consortile era composta dai rappresentanti dei singoli enti aderenti: requisito non sempre riscontrabile nei consorzi dei parchi (si veda, ad esempio, l'art.3, quinto comma, della L.R. n.65/ 1975 che prevede la presenza anche di "membri estranei ai consigli degli enti ", tra cui un rappresentante dell 'Opera nazionale combattenti; o l'art. 3, terzo comma, della L.R. n. 61/1979 ai sensi del quale dell'assemblea fanno parte anche un rappresentante della Regione ed uno delI'Università degli studi di Pisa, che pure non sono soggetti aderenti al consorzio);
  • i finanziamenti derivano ampiamente da erogazioni regionali;
  • nel complesso, la normativa regionale è molto dettagliata nel disciplinare gli aspetti relativi all'organizzazione degli enti, non lasciando margini all'autonomia dei soggetti consorziati, riconosciuta, invece, dalle disposizioni del Testo unico.
    Le suddette argomentazioni portano quindi a chiedersi se, nel disciplinare gli enti in oggetto, la normativa regionale non abbia piuttosto inteso istituire un ente pubblico locale, ai sensi dell'art. 13 del D.P.R. n. 616/1977 che affida alla competenza regionale l'istituzione, i controlli, la fusione, la soppressione e l'estinzione di enti pubblici locali operanti nelle materie di cui allo stesso decreto n. 616/77.
    Non ci si addentra, in questa sede, nel complesso problema dell'esatta individuazione della categoria degli "enti pubblici locali"; ai limitati fini della presente nota si ricorda solo che la Corte Costituzionale, in diverse decisioni (n.62/1973; n. 178/1973; n. 186/1974) ha affermato che, ai fini della delimitazione delle competenze regionali, la differenziazione che assume rilievo è quella tra enti locali territoriali ed enti locali non territoriali operanti nella materie di competenza regionale: mentre i primi restano sottratti alla potestà organizzatoria della Regione in quanto la loro autonomia è costituzionalmente garantita, i secondi ne sono soggetti; in tal senso, nella sentenza n. 62 del 1 aprile 1982, la Corte Costituzionale ha sostenuto che gli "enti pubblici locali, pur restando concettualmente distinti da-
    gli enti strumentali o para-regionali, sono in vario senso assoggettati ai poteri regionali di supremazia, prestandosi dunque a venire riordinati e riorganizzati da parte delle Regioni medesime".
    Alla luce di quanto detto, può dubitarsi che i consorzi in oggetto siano equiparabili agli enti locali territoriali, parte del sistema delle autonomie locali, in quanto, per la configurazione datane dalla legislazione regionale, sono preposti alla cura di specifici interessi settoriali, anzichè porsi come enti esponenziali di interessi generali delle collettività rappresentate.
    D'altra parte, neppure il fatto che le citate leggi regionali abbiano sottoposto gli organismi in questione ai controlli propri degli enti locali territoriali, è elemento sufficiente per riconoscere tale natura ai consorzi dei parchi,perchè-secondo quanto rilevato in un'altra pronuncia della Corte Costituzionale (n.164/ 1990)
  • le Regioni possono prevedere le suddette forme di controllo anche per gli enti amministrativi istituiti dalle Regioni stesse e da esse dipendenti.
    Se così è, la potestà legislativa regionale di disciplinare le modalità di esercizio di proprie funzioni mediante un ente locale non è contestabile, anche alla luce della più recente sentenza della Corte Costituzionale n.437/1990, ove tale possibilità è confermata, purchè non risulti intaccata la sfera di autonomia costituzionalmente garantita all'Ente locale: sfera che, nel caso in esame, non appare toccata per il fatto che si individua la migliore forma di esercizio dei compiti propri della Regione senza quindi limitare l'autonomia delle funzioni proprie riconosciute ai Comuni e alle Province.
    Ciò anche considerando che la legge n. 142/90 non disciplina forme di raccordo tra Regione ed Enti locali, mentre tale raccordo è fondamentale specie nella prima fase di vita di un parco destinata all'elaborazione degli atti di pianificazione dell'area interessata al parco stesso.
    Per le motivazioni sopra esposte e nel suddetto vuoto lasciato dalla nuova normativa statale sembra quindi potersi ravvisare uno spazio per ritenere che gli enti già previsti dalla legislazione regionale possano essere mantenuti, salve le modifiche ritenute necessarie, quale, ad esempio, quella di garantire una gestione "tecnica" del parco,tra mite la presenza di professionisti esperti negli organismi di gestione.
    Qualora invece si ritenga più opportuno non seguire la strada sopra esposta, sia per motivi di merito, sia per evitare che vengano poste obiezioni circa il fatto che comunque l'art. 61 sopracitato dalla legge n. 142/90 è molto generico, e quindi onnicomprensivo, nel riferimento alla revisione di tutte le forme associative tra Enti locali, sarebbe necessario porsi il problema di individuare una diversa forma istituzionale di gestione dei parchi regionali.
    In tale ottica può essere utile esaminare brevemente le ulteriori (rispetto ai consorzi) forme associative e di cooperazione degli Enti locali disciplinate dalla legge n. 142/90.
    La nuova normativa prevede - a parte I ' unione di Comuni che non è in alcun modo rapportabile al caso in esame - le convenzioni (art. 24) e gli accordi di programma (art. 27).
    In particolare l'art. 24, dopo aver disciplinato le convenzioni che gli Enti locali stipulano facoltativamente tra loro per lo svolgimento di funzioni e servizi, prevede la convenzione obbligatoria tra Comuni e Province - per volontà della Regione nelle materie di competenza regionale - per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera.
    Tale forma associativa non sembra utilizzabile per la gestione di un parco: in primo luogo perchè si tratta di uno strumento che esiste solo a tempo determinato, in secondo luogo perchè è finalizzata alla gestione di un servizio o alla realizzazione di un'opera, mentre nel caso in esame si tratta piuttosto di esercitare una serie di funzioni (a tale proposito va rilevato che mentre la convenzione per l'esercizio di funzioni è prevista al primo comma dell'articolo relativo alle convenzioni facoltative, non è invece prevista all'ultimo comma concernente il convenzionamento obbligatorio).
    L'art. 27 disciplina invece gli accordi di programma, "per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono,per la loro completa realizzazione, I'azione integrata e coordinata" di più soggetti pubblici, rimettendo al Presidente della Regione, della Provincia o al Sindaco - in relazione alla competenza primaria o prevalente - il compito di promuovere l'accordo.
    Tale istituto appare poco rispondente ai fini in esame, sia perchè poco si adatta allo svolgimento dell'attività quotidiana di gestione di un parco (e potrebbe quindi essere utilizzabile limitatamente alla predisposizione degli atti di pianificazione e alla esecuzione di opere ed interventi particolari), sia perchè l'accordo, per diventare operativo, necessita del consenso unanime di tutte le Amministrazioni interessate.
Da ultimo, preme fare un accenno alle forme previste dall'art. 22 della legge n. 142/90 e, precisamente, alle azienda speciali e alle istituzioni, per escluderne, però, I'applicabilità nel caso di specie, trattandosi di I`omme previste per la gestione - da parte dei Comuni e delle Province - di servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale e di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale.
Non sarebbe invece precluso alla Regione di istituire una società a prevalente partecipazione pubblica, ai sensi dell ' art.57 dello Statuto. Questa forma, comunque, potrebbe essere utilizzata per lagestionedi attività economiche imprenditoriali - in quei parchi in cui si espleta tale attività - e, quindi, andrebbe in ogni caso previsto un ente gestore per l'esercizio delle altre funzioni, quali quelle autorizzative ( ad es. Ia vigilanza, I'applicazione di sanzioni amministrative, il rilascio di pareri e nulla - osta, eccetera).
Una diversa soluzione che appare praticabile - e che non pone alcun problema in rapporto alle norme della L. n. 142/90 - sarebbe quella di prevedere un ente dipendente dalla Regione, preposto alla gestione dei parchi, da istituire in base all'art. 58 dello Statuto regionale, ai sensi del quale la legge regionale determina, per i suddetti enti, i fini, le attribuzioni, l'organizzazione, nonchè le caratteristiche del rapporto di dipendenza.
Si tratta, com'è ben noto, di enti che vengono creati per l'esercizio di funzioni regionali (che, per natura e dimensione, non possono essere delegate agli Enti locali) legati all'Amministrazione da un rapporto che si estrinseca in una serie di poteri regionali consistenti, schematicamente, nella nomina degli organi amministrativi da parte del Consiglio in modo da rappresentarvi la minoranza, nel potere di emanare direttive con cui indirizzare l'attività degli stessi sul piano generale, nel controllo sugli atti fondamentali, nella potestà di scioglimento degli organi, in caso di inosservanza a direttive di particolare rilievo, nella verifica sui risultati della gestione. Per la gestione di parchi, gli organi dell'ente, in considerazione dell'attività che lo stesso sarebbe chiamato ad espletare, dovrebbero essere composti essenzialmente da rappresentanti degli Enti locali, anche se ciò non è comunque sufficiente ad attenuare la sottoposizione dell'ente ai poteri sopra indicati e quindi la sua netta derivazione regionale.
Per questo sarebbe forse da valutare l'opportunità di una scelta istituzionale come quella in questione in un settore che richiede partecipazione e scelte congiunte di Comuni, Province e Comunità montane ricomprese nell'area del parco e, quindi, il rispetto dell'autonomia degli enti stessi.

*Funzionario della Regione Toscana