Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 3 - GIUGNO 1991



Il biotopo di Capria
Massimo Milandri

Il biotopo di Capria nasce da un'idea scaturita dall'incontro fra il professor Michele Padula
(attuale amministratore dell'ex A.S.F.D. delle Foreste Casentinesi) e la Società Botanica Italiana nel lontano 1971.
Ciò viene riferito dal medesimo prof. Padula in un articolo "Proposta di costituzione di una Riserva Naturale Orientata nell'Appennino Romangolo" nel n. 1 del 1974 anno XXII della rivista Natura e Montagna.
Il professor Padula vi descrive dettagliatamente l'ambiente, le caratteristiche pedologiche, vegetazionali e l'influsso che l'uomo vi ha apportato.
Ipotizzava poi la costituzione di una Riserva Naturale Orientata al fine (importante già in quell 'epoca) di preservare un lembo di territorio montano (in questo caso l'intero podere di Capria), da ogni utilizzo per poter studiare 1 'evoluzione naturale in un ambiente fortemente depauperato e degradato dalle attività umane per petuatesi per secoli.
Propose ed effettuò la delimitazione di due aree di saggio permanenti di venti metri per lato con pali di castagno ai dipinti vertici in rosso e bianco.
Purtroppo l'ipotesi di Riserva Naturale Orientata non fu accolta e l'amministratore forestale successivo intervenne con opere di sistemazione di pendice e con rimboschimenti in una parte dell'area.
L'ispettore forestale Attilio Geremia nei primi anni ottanta riprese in considerazione l'area, ne defalcò le zone rimboschite ed il crinale danneggiato dalla costruzione di una strada di servizio forestale, e la ripropose come biotopo alla Regione Emilia-Romagna.
Attualmente il nuovo amministratore dell ' Azienda Regionale delle Foreste di Corniolo, da cui Capria dipende, dott. Giovan Battista Pordon ed altri, hanno ricercato inutilmente i segnali delle aree di saggio permanenti.
La zona delimitata inizialmente dal professor Padula,è stata riproposta, nell'ambito del Piano Economico Bidente di Ridracoli (non ancora edito) ad area speciale di studio dell'evoluzione naturale della vegetazione. Il biotopo di Capria rientra nei territori del Parco Regionale del Crinale Romagnolo.
L'area di circa 85 Ha, compresa fra le quote di 520 e 1025 metri sul livello del mare, è costituita da un piccolo bacino idrografico del fosso dei Fossatelli che presenta tutte le esposizioni con pendenze forti ed elevate.
Inoltre possiede vari ambienti più o meno antropizzati e più o meno depauperati in rapporto alle attività umane passate.
Vi sono ex coltivi, ex pascoli, boschi degradati, cespuglieti, cedui invecchiati.
Abbiamo rocce affioranti, terreni generalmente superficiali, zone con frane, torrenti in scavo, aree in erosione.
Tutta la zona è interessata dalla formazione geologica della Marnosa-are nacea Romagnola. Queste rocce sedimentarie si presentano inclinate determinando un versante esposto a sud a franappoggio (declivio più dolce e soggetto a frane di scivolamento) ed uno a nord a reggipoggio (pendice scoscesa ed a forte pendenza, ma fondamentalmente stabile).
Tutta la zona si può dividere in tre aree:

  • La prima riguarda la conca con i ruderi dell'edificio di Capria.
  • La seconda comprende il versante in gran parte esposto a sud-est.
  • La terza comprende il versante opposto esposto a nord-ovest.

1. Conca di Capria
In questa area si ha una notevole varietà di situazioni dovute alle varie esposizioni. Infatti la casa sorgeva sulla roccia affiorante circondata da ex coltivi.
A monte della casa, su un terreno superficiale, vi era un bosco fortemente degradato e rado abbondantemente pascolato in passato con presenza di ampie radure; di fronte vi era pure un ceduo su pendenze elevate e rocce affioranti .
Attorno al rudere di Capria vi erano ampi affioramenti rocciosi in forte erosione a carattere calancoide per lo scorrimento superficiale dell'acqua.
Questa zona è quella che ha subito I ' intervento forestale negli anni settanta attraverso un rinfoltimento del ceduo con conifere (in particolare pino nero e pino silvestre) ed in un vero e proprio rimboschimento su tutti gli ex coltivi .
l`ossi sono stati sistemati con brigliette e l'erosione superficiale contrastata con gradoncini formati in gran parte da muretti a secco adoperando pietrame di derivazione locale. L'anno successivo furono effettuati risarcimenti e cure colturali.
Queste operazioni purtroppo comportarono il taglio di gran parte dei cespuglieti naturali e lo sfoltimento dei polloni nelle ceppaie del ceduo rado.
Dopo questo intervento non fu poi praticato più alcun tipo di cure colturali. Attualmente si nota ancora la fase di colonizzazione dei cespuglieti di ginepro (Juniperus communis) su ex coltivi e pascoli, arrestatisi al compatto strato erbaceo del brachipodio (Brachypodium pinnatum) e la propagazione della ginestra odorosa (Spartium junceum) sui terreni superficiali in erosione o a rapida evoluzione come già ben descritto da Padula nell'articolo già citato in premessa.
Si nota inoltre il rinnovarsi delle piante arboree all'ombra dei ginepri e delle ginestre come l'orniello (Fraxinus ornus), l'acero opaco (Acer opalusssp.) e nelle zone più fresche il carpino nero (Ostrya carpinifolia).
Si notano pure qualche pino che è riuscito a sopravvivere all'abbandono del rimboschimento e I 'arrestarsi o al rallentare dell 'erosione dovuta alle opere idrauliche di sistemazione. Il ceduo si è rinfoltito in modo naturale, mentre permangono in parte radure e rocce al`fioranti in erosione.

2. Il versante esposto a sud-est
La seconda area presa in esame riguarda la parte alta della valletta del Fosso dei Fossatelli sulla sinistra idrografica.
Michele Padula la descriveva come un bosco rado, degradato a prevalenza di carpino nero, cerro (Ouercus cerris), roverella (Quercus pubescens), acero opaco, orniello ed altre più sporadiche. Il ginepro comune non solo l`aceva grosse macchie nelle radure, ma si infiltrava spesso e diffusamente nel sottobosco del querceto. Lo strato arbustivo era pure rappresentato dal biancospino (Crataegus monogina), dalla ginestra e dall'emero (Coronilla emerus).
La flora erbacea, di impronta steppica, era dominata da Sesleria coerulea e brachipodio, ma erano presenti pure Festuca ovina, Carex ., Dianthus ssp., Viola ssp., Helleborus ., Fragaria vesca, Dorycnium pentaphyllum, Genistatinctoria, Astragalus monspessulanum, Coronilla minima, Polygala vulgaris,Primula acaulis, Gallium cruciata, Scabiosa ssp.. Si osservava pure qualche esemplare di Polypodium vulgare e di Hepatica nobilis nelle aree dove il bosco era più fitto. Attualmente il bosco si presenta molto più denso, anche se sono presenti delle radure e, presso il crinale, aree con soprassuolo boschivo più rado.
I ginepri, di conseguenza, sono morti in gran parte del bosco mentre permangono nelle radure e nei crinaletti dove il terreno più superficiale non ha permesso un eccessivo sviluppo dello strato arboreo.
Anche le caratteristiche del sottobosco erbaceo sono mutate e vanno verso una impronta più nemorale. Infatti sono le primule, le viole, gli ellebori,le fragole, l'erbatrinità miste asesleria a prevalere, mentre il brachipodio si è diradato e rimane compatto nelle radure e nei boschi più aperti.
Le specie legate agli ambienti più xerofili si sono rifugiate sulle creste a roccia affiorante come ad esempio: Coronilla minima, Astragalus monspessulanum, Dorycnium pentaphyllum.
Rimasti invariati come diffusione e quantità sono invece le specie di ambiente semiaperto come i Dianthus, la ginestrella, Polygala vul~aris, Galium cruciata, le scabiose e le carici. Si ribadisce quindi che oggi si presenta un bosco che copre quasi completamente il pendio, ma senza gli inconvenienti di una eccessiva densità facilitando l'inserimento di specie vistose come Lilium croceum ed alcune orchidee come i generi Cephalanthera, Epipactis, Platanthera.
La vegetazione erbacea denota una variazione spiccata verso situazioni di tipo più mesofilo.

3. Il versante esposto a nord-ovest
La terza zona veniva descritta come un ceduo privo di radure ed a forte densità e costituito in prevalenza da carpino nero, acero opalo ssp., carpino bianco (Carpinus betulus), orniello, con notevole diffusione anche di cerro nei crinali, di acero campestre (Acer campestre), distribuito negli ambienti freschi e la presenza di altre specie sporadiche fra cui il faggio (Fagus silvatica).
Il sottobosco arbustivo era piuttosto scarso e composto di rari esemplari di nocciolo (Corylus avellana), biancospino, sanguinello (Cornus sanguinea), salicone (Salix capraea).
Lo strato erbaceo piuttosto scarso e discontinuo era di tipo nemorale e rappresentato da: Polypodium vulgare, Festuca ovina, Hepatica nobilis, Saxifraga rotundifolia, Rubus flandulosus, Sanicula europea, Pulmonaria ssp., Galium svlvaticum, Mycelis muralis.
Attualmente il bosco rimane estremamente denso, ma in situazione migliore rispetto a quello descritto da Padula.
Infatti la competizione fra i polloni della medesima età ha comportato una notevole selezione determinando la morte di quelli più deboli, deperienti e creando situazioni di miglior luminosità nel sottobosco ed un carico maggiore di sostanza organica ed humus a terra. Comunque la densità rimane eccessiva e la competizione è notevole fra ceppaia e ceppaia e di conseguenza lo sviluppo in altezza dei polloni rimane notevole.
Questi ultimi col peso della neve poi tendono a piegarsi e ad appoggiarsi gli uni agli altri finchè non si spezzano.
Il cerro, ad esempio, avendo un legno poco elastico, è fra i primi a schiantarsi o capovolgersi con l'intera ceppaia quando i più numerosi carpini neri (a legno più flessibile) vi si appoggiano.
Lo squilibrio infine fra la parte aerea (eccessivamente sviluppata) e l'apparato radicale spesso compromesso per il terreno superficiale e la competizione delle limitrol`e ceppaie, determina anche nelle altre specie il capo volgimento dell'intera pianta.
In conclusione lo strato arboreo si presenta formato da polloni numericamente diminuiti, ma in genere piegati per l'eccessivo sviluppo. Il sottobosco arbustivo si è impoverito di salicone, di biancospini, di sanguinello, mentre si è arricchito di noccioli, cornioli (Cornus mas), e lonicera (Lonicera xylosteum) dando una impronta più decisamente mesofila al bosco.
Lo stato erbaceo è molto diffuso e ben distribuito rispetto ad un tempo date le migliori condizioni di luminosità.
Le specie già elencate precedentemente sono le medesime che attualmente si possono riscontrare comunemente arricchite però da altre non elencate che attualmente si presentano con notevole diffusione (Melica uniflora, Salvia glutinosa, eccetera).
Inoltre vi è la presenza sporadica, ma ben distribuita soprattutto negli impluvi delle quote più elevate, di giglio martagone (Lilium martagon), di doronico (Doronicum cordatum) e di mercorella (Mercurialis perenne).
Questa succinta descrizione ed i concetti espressi nel confronto con la descrizione di Padula rappresentano prime riflessioni e giudizi personali in quanto, recentemente, non esistono studi programmati su questa area.
Il giudizio finale sui boschi di Capria è che, pur rimanendo dei cedui invecchiati, si presentano con un aspetto più naturale, mentre il sottobosco, più distribuito e vario, denota un arricchimento di specie con alcune presenze non banali che lo inseriscono meglio nei boschi propri della fascia a cui appartiene.

Bibliografia

I ) A.A.V.V., 1979
Censimento dei biotopi di rilevante interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia. Gruppo di lavoro per la conservazione della natura della Società Botanica ltaliana e A.S.F.D. -Tipografia Succ. Savini - Mercuri, Camerino.

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6) PADULA MICHELE
1974 - Proposta di istituzione di una riserva naturale orientata *Collaboratore Azienda Regionale delle Foreste nell'Appennino Romagnolo - Natura e Mon-dell 'Emilia-Romagna.