L'esperienza che sto per raccontare si è svolta nella scuola elementare di Bombal un paese collinare in provincia di Chieti, nell'anno scolastico 1990-91.
Il Laboratorio di Educazione Ambientale, da me condotto, è formato da un gruppo di otto alunni appartenenti alle tre classi del secondo ciclo.
L'esperienza, che si è conclusa nel giro di 19 lezioni, esemplifica la validità della proposta contenuta nella collana per l'educazione ambientale pubblicata a cura del Consorzio del Parco Naturale della Maremma. Questa proposta muove dal presupposto che per educazione ambientale debba intendersi un processo che, partendo dallo studio dell'ambiente come ecosistema, cioè visto come l'insieme delle relazioni esistenti tra gli organismi e tra questi e le caratteristiche fisiche e chimiche della località dove vivono, si propone di fare acquisire ai ragazzi la consapevolezza che l'uomo e il suo intervento sono elementi di tali relazioni. In quest'ottica l'educazione naturalistica viene distinta dall'educazione ambientale: la prima, attraverso la conoscenza dei metodi e dei contenuti propri delle scienze della natura, fornisce gli strumenti per capire i delicati equilibri che condizionano l'esistenza degli esseri viventi, la seconda utilizzando questi strumenti cerca di dare ai giovani non il rimpianto di un mondo perduto ma la consapevolezza delle potenzialità progettuali dell'uomo, riconosciuto come elemento attivo di un ambiente che comunque condiziona la sua sopravvivenza.
Poichè l'intervento educativo era rivolto a bambini che per la prima volta erano posti di fronte ai problemi dell'ambiente, è stato necessario privilegiare gli aspetti naturalistici pur nella prospettiva dell'educazione ambientale nella quale, in seguito, dovrà inserirsi la riflessione sulle conseguenze che gli interventi dell'uomo producono nel mondo.
In quest'ottica non è stato richiesto ai bambini di dare delle piante e degli animali una semplice descrizione morfologica, fine a se stessa, ma di individuare in essi quelle caratteristiche che li rendono adatti a vivere nel loro ambiente, in modo da evidenziare almeno una parte del complesso gioco di relazioni che regola l'esistenza degli organismi viventi.
I giochi percettivi
Per rendermi conto delle preconoscenze che i bambini avevano del bosco (l'ecosistema che avevo deciso di porre al centro dello studio di quest'anno) ho invitato gli alunni a disegnare un bosco e scrivere che cosa si aspettavano di trovare in questo ambiente.
Il termine "bosco" evoca nei bambini soprattutto l'idea degli alberi che vengono disegnati sparsi nel foglio e senza alcun riferimento ad un tipo specifico di albero. Ciò che viene fuori dal disegno è uno stereotipo e rivela che le piante costituiscono per il bambino qualcosa di banale di cui sembra non accorgersi.
Maggiore è l'interesse per gli animali, e molti hanno disegnato cinghiali, volpi e ghiandaie con una maggiore attenzione ai particolari morfologici.
Nelle conversazioni che sono seguite sono emerse le escursioni in campagna a caccia di nidi, la scoperta dei ricci nei prati dopo un giorno di pioggia, l'incontro a sorpresa con le volpi di notte, abbagliate dai fari delle auto, e quello, forse immaginario, con il cinghiale.
I racconti dei ragazzi hanno rivelato una profonda curiosità esplorativa nei confronti degli esseri viventi.
Di solito il bambino, al di fuori della scuola, ha di fronte ai problemi di conoscenza un atteggiamento di fiducia nelle proprie capacità, tenta, ragiona, inventa recuperando tutto ciò che sa e sa fare senza aspettarsi nulla dagli altri (cfr. Grazzini Hoffmann C., 1983). Molto spesso il sapere scolastico, puramente descrittivo, non aiuta il bambino nella comprensione della realtà: non è per lui una chiave per la lettura e l'interpretazione del mondo circostante.
Per evitare questo pericolo ho cercato di inserirmi costruttivamente nello sforzo di capire e di spiegare i fatti che è forte nei ragazzi come la voglia di vivere, per tentare di sviluppare ed arricchire le loro strategie di conoscenza.
In questa prospettiva ho dato, ad esempio, largo spazio ai giochi percettivi con l'obiettivo di affinare la sensibilità dei bambini e sviluppare in loro un atteggiamento di ascolto nei confronti della natura. Infatti, per i ragazzi, stare appostati nel bosco ad osservare è una conquista e non un punto di partenza .
Ho scelto come zona delle nostre osservazioni una località vicina alla scuola, un tempo interamente coltivata, e oggi quasi completamente incolta.
Un giorno, ad esempio, per svolgere un gioco di ascolto abbiamo imboccato un sentiero che attraversa vigne ed uliveti.
Lungo il percorso ho cercato di attirare l'attenzione dei bambini sulle tracce presenti nel fango (escrementi, impronte di trattori, orme di persone ed animali) e li ho invitati ad interrogarsi su di esse.
Tale attività è risultata molto produttiva in quanto ha appassionato i bambini facendo assumere loro un atteggiamento di ricerca che li ha spinti a problematizzare i dati raccolti e a cogliere relazioni significative tra di essi.
Ci siamo fermati in un oliveto e ho invitato i ragazzi ad ascoltare e a registrare sui loro blocchetti, per circa 5 minuti, suoni e rumori.
I bambini si sono concentrati nel gioco e si sono immersi nel silenzio che subito si è rivelato pieno di voci.
Dopo l'ascolto ciascun bambino ha letto i suoi appunti: le sue percezioni per la maggior parte delle volte non coincidevano con quelle dei compagni. Ciò ha dato adito ad una discussione nel gruppo: si è parlato di distrazione, di una diversa interpretazione dei rumori ascoltati, ma anche della difficoltà di riconoscere a chi appartiene il verso dell'animale percepito quando non si ha nessuna esperienza diretta in tal senso.
In un'altra uscita abbiamo percorso lo stesso sentiero.
Ogni bambino portava con sé una busta di plastica con la consegna di raccogliere, lungo il sentiero, vari tipi di oggetti naturali (frutti, foglie, gusci di chiocciole, nidi, eccetera) .
Anche in questa occasione ho cercato di sollecitare l'attenzione dei ragazzi sulle tracce incontrate e ad ogni traccia i bambini hanno ragionato sui dati presenti formulando ipotesi in base alle conoscenze che possedevano, ipotesi che poi sarebbero state verificate a scuola consultando enciclopedie e manuali naturalistici.
un'atmosfera di eccitazione e di curiosità i bambini hanno ben presto riempito le buste di una grande varietà di oggetti naturali. Tornati a scuola, dopo aver cercato di riconoscere il materiale trovato, abbiamo iniziato un gioco.
Un bambino bendato tastava ciascun oggetto naturale provando ad identificarlo, mentre un compagno misurava il tempo impiegato .
I ragazzi hanno partecipato con vivo interesse concentrandosi intensamente sull'attività.
In alcuni casi hanno incontrato difficoltà a riconoscere gli oggetti utilizzando solo il tatto, altre volte semplicemente non ne ricordavano il nome e si aiutavano indicandone le più vistose caratteristiche.
I giochi percettivi e il percorrere i sentieri con un atteggiamento di ascolto nei confronti dei fenomeni naturali hanno ben presto suscitato nei bambini la curiosità per le piante. Ciò ha motivato la raccolta da parte di ciascun alunno delle informazioni su un albero scelto tra quelli più diffusi nella nostra zona seguendo questo schema:
- com'è fatto
- dove vive
- quali sono le sue relazioni con gli animali e le altre piante com'è utilizzato dall'uomo.
Questa attività ha favorito nei ragazzi l'attenzione alle foglie, alla sagoma, alla corteccia delle piante osservate, alle galle e così via.
Ogni pianta non era considerata in se stessa, ma nell'intreccio delle relazioni che essa aveva con le altre piante, il suolo, l'aria, e gli animali di cui i bambini avvertivano la presenza attraverso le tracce.
Con le informazioni raccolte seguendo le indicazioni dello schema, i ragazzi hanno compilato dei cartellini con le principali caratteristiche delle piante prese in considerazione Poi nel corso delle nostre escursioni nel bosco hanno provato ad appenderli sull'albero giusto nel minor tempo possibile.
E tanta la voglia di scoprire da parte dei bambini che diventa difficile tenerli insieme.
C'è Alessio che raccoglie foglie, le confronta e cerca di identificare più piante possibili.
Carmine, che abita in campagna ed ha delle difficoltà linguistiche tali da bloccarlo nell'apprendimento, nelle nostre uscite ha potuto finalmente valorizzare la propria esperienza riuscendo a riconoscere, prima degli altri, le piante che chiamava con nomi dialettali .
Voglio a questo punto sottolineare un aspetto molto importante delle nostre esplorazioni: l'uso della mappa o della carta topografica per la localizzazione e l orientamento della zona da perlustrare.
Dato il diverso livello dei ragazzi del gruppo, tale attività era svolta collettivamente in modo da permettere la circolazione delle conoscenze.
In ogni uscita ho cercato di suscitare il coinvolgimento diretto dei bambini, perchè esperienze precedenti mi hanno convinta che non sono certo le spiegazioni sulla vegetazione o sulla fauna a suscitare interesse e a innescare strategie cognitive, ma è la partecipazione attiva che accende l'entusiasmo, suscita problemi e spinge alla costruzione del sapere.
A scuola, dopo ogni escursione, ciascun bambino disegnava la mappa del luogo esplorato evidenziando il tipo di vegetazione, le tracce incontrate e gli animali avvistati. Poi queste mappe venivano discusse dall'intero gruppo che ne metteva in rilievo l'efficacia o meno per un lavoro sul campo. Mi sembra interessante riportare un paio di relazioni scritte dai bambini al termine delle nostre uscite.
"Sabato 22 dicembre 1990 - durata dell'escursione: ore I I-12,30.
All'inizio del sentiero ci siamo fermati ad osservare delle querce e abbiamo cercato di identificarle, ma non è facile, noi distinguiamo facilmente soltanto il Cerro dalla Roverella.
Lungo il percorso ha attirato la nostra attenzione il gelso con i suoi rami robusti che partono tutti dal tronco.
Il gelso ha perso completamente le sue foglie e perciò si vede benissimo la sua sagoma .
Camminando sul sentiero abbiamo incontrato degli escrementi che per la loro forma cilindrica e sottile ci sono sembrati appartenenti alla faina, ma dobbiamo verificare la nostra ipotesi su un libro che parla delle tracce.
Il sentiero era fangoso e abbiamo notate le strisce lasciate su di esso dai trattori. Qualcosa poi ci ha incuriosito: le impronte fresche di una volpe. Le abbiamo riconosciute per la loro forma più ovale di quelle del cane.
Osservando più attentamente abbiamo notato che in alcuni punti le impronte si incrociavano, forse si trattava di due volpi, dalla distanza delle impronte ci è sembrato che camminassero normalmente senza correre.
E stato necessario fotografare queste tracce per poterle confrontare con quelle di volpe raffigurate sul libro di Boitani "Le tracce raccontano' o sul taccuino di Airone: "La volpe" (Marco M.).
"Mercoledì 9 gennaio - durata dell'escursione: 13,30- 15.
Abbiamo percorso un sentiero che è parallelo al precedente sempre nella zona di San Mauro Vecchio.
Prima di imboccarlo abbiamo notato un nido su una quercia molto alta; il nido era stato costruito intrecciando dei rametti in modo disordinato.
Abbiamo discusso tra noi per capire a quale uccello appartenesse Era troppo grande per essere, ad esempio, di una cincia e abbiamo formulato l'ipotesi che potesse appartenere ad una ghiandaia o ad una cornacchia tenendo conto non solo della grandezza, ma anche del materiale di costruzione; questa ipotesi, però, deve essere confermata consultando libri sugli uccelli e sui nidi.
Lungo il percorso abbiamo raccolto il seguente materiale: galle di quercia, galle di rosa canina, ghiande, noci, mandorle, rametti d'ulivo, rametti di ginepro secco ed altri oggetti naturali che cercheremo di identificare a scuola ricorrendo alla nostra biblioteca (Lino V.).
Lo studio di un ambiente naturale °
Perchè le uscite nel territorio siano produttive, è indispensabile che i bambini costruiscano delle chiavi di lettura per cogliere i nessi tra gli esseri viventi.
A questo scopo ho proposto ai ragazzi di studiare la tundra, un ambiente che affascina per la sua diversità rispetto al nostro e per la sua ricchezza di vita nonostante l'ostilità del clima. Il lavoro è iniziato con la visione di una videocassetta sulla tundra. Ne è seguita una discussione che ha messo in rilievo gli aspetti peculiari di questo ecosistema.
Le domande dei ragazzi hanno rivelato interesse e desiderio di approfondire i temi trattati e di scoprire i sistemi di adattamento propri di ciascun essere vivente (Perchè è così goffo lo spostamento della foca lungo la riva? A che cosa servono le zanne del tricheco? Che cosa fanno gli animali durante la lunga notte polare? ...)
Con le informazioni raccolte mediante la visione della videocassetta e la lettura di libri naturalistici, i bambini hanno stilato una breve relazione sui caratteri peculiari della tundra: il clima, il suolo, la vegetazione e la fauna.
Nell'elaborato sono stati evidenziati alcuni nessi esistenti tra gli esseri viventi e tra questi e l'ambiente fisico.
Successivamente abbiamo rappresentato graficamente le relazioni scoperte.
A titolo di esempio riporto soltanto il grafico che mostra la relazione che i bambini hanno individuato tra le popolazioni dei caribù e quelle dei lupi.
La relazione è messa in evidenza da frecce. Questo diagramma pone in risalto il controllo esercitato dagli erbivori sui carnivori e viceversa.
Più numerosi sono i caribù, più vi è cibo disponibile per i predatori che potranno allevare senza difficoltà la prole e la loro popolazione complessiva crescerà notevolmente .
I carnivori, divenuti più numerosi, eserciteranno una pressione maggiore sui branchi di caribù che di conseguenza subiranno un forte calo.
Successivamente, per la scarsità di prede, saranno i carnivori a soffrire la fame e a diminuire di numero.
La riduzione del numero dei lupi porterà di nuovo all'aumento della popolazione dei caribù.
La scoperta delle relazioni ambientali nel bosco
Siamo tornati nel bosco il 21 gennaio.
Subito dopo pranzo lo "scuolabus" del Comune ci ha portato fino ad una piccola frazione di Bomba. Abbiamo poi proseguito a piedi per circa 500 metri lungo un sentiero fino a raggiungere un prato.
Eccitati i bambini si sono sparsi per il sentiero: chi esaminava un'impronta, chi raccoglieva le galle, chi osservava la presenza diffusa nel bosco del cerro oltre che del faggio, chi era affascinato dal muschio, dai licheni e dai tronchi abbattuti: C'è un mondo di vita in un tronco che marcisce!" dice Alessio osservando la varietà di insetti che lo popolano e le piante che vi trovano nutrimento.
Di volta in volta un bambino cattura l'attenzione degli altri su qualcosa di interessante raccolto o scoperto lungo il percorso: una galla, un bulbo, degli escrementi, la penna di un uccello.
Ogni traccia fa sorgere problemi di riconoscimento e di individuazione di possibili relazioni. Cerchiamo una risposta formulando ipotesi in base alle nostre conoscenze precedenti, su osservazioni più attente e su informazioni tratte dai manuali che abbiamo portato con noi. E evidente che in quest'ultimo caso non ci si pone di fronte al libro in modo passivo per memorizzare delle nozioni da ripetere, ma la carta stampata diventa uno strumento indispensabile per risolvere problemi. Le informazioni ricavate divengono chiavi per fare altre scoperte: "Non si assimila una conoscenza descrittiva e classificatoria, precostituita, ma si costruisce una conoscenza tramite la ricerca, l'unica via che possa portare ad una comprensione del reale" (Dewey 1., 1967).
Da sempre i bambini dei paesi agricoli sono appassionati ai nidi; ho approfittato di questa profonda motivazione per sviluppare ulteriormente le loro capacità inferenziali, cioè le loro capacità di formulare ipotesi.
I ragazzi sono stati subito indotti a considerare il nido un indizio per risalire facilmente all'uccello che lo ha costruito.
Ben presto, però, si sono resi conto delle difficoltà che tale attività implica: molte sono le specie di uccelli che costruiscono il nido con l'identico materiale sugli stessi alberi o arbusti con variazioni irrilevanti ad un occhio non esperto.
Gli scritti dei bambini testimoniano lo sforzo compiuto per giungere alla conoscenza "scientifica", cioè ad una conoscenza rigorosamente costruita che permetta di distinguere il certo dal possibile e dal probabile.
"11 nido da noi trovato ha la forma di una coppa di erbe secche e di muschio cementati con terra. Secondo noi questo nido non è stato costruito recentemente perchè si sfalda facilmente.
Non può essere di gazza, perchè mancano gli stecchi ed è molto più piccolo; non può essere di colombaccio, perchè al di sotto di esso manca la piattaforma di stecchi del diametro di circa 250 millimetri che il colombaccio costruisce anche quando utilizza un nido abbandonato di un altra specie. Non è di ghiandaia, perchè non ha la coppa liscia all'interno, rivestita con radici e crine, e non ci sono tutt'intorno i rami secchi, inoltre sarebbe troppo piccolo per questo uccello.
Potrebbe essere, secondo noi, di tordela che nidifica fino a 10 metri di altezza alla biforcazione di un arbusto o di un albero, verso il limite del bosco Dovremo però controllare in un libro di scienze".
(Alessio G., Carmine G., Giuseppe M., Lino V., Marco V., Mattia V., Rossella C.)
Lungo il sentiero che attraversa il bosco esplorato, i bambini hanno scoperto altre tracce di uccelli: una penna di colombaccio ed un'altra di ghiandaia.
Ci hanno aiutato ad identificare la penna di colombaccio un gruppo di cacciatori che percorrevano il nostro stesso sentiero.
L'incontro è stato molto interessante per le informazioni che i cacciatori hanno dati ai bambini sugli uccelli presenti nel nostro territorio, sui loro versi e sul tipo di nido che costruiscono. I ragazzi hanno così imparato a distinguere il colombaccio dal piccione domestico e hanno imparato che questo uccello giunge da noi in grandi stormi per svernare .
I bambini non hanno incontrato alcuna difficoltà nel riconoscere che la penna a strisce celesti, bianche e nere apparteneva alla ghiandaia che fa sentire frequentemente il suo verso, mentre sorvola, in fuga al nostro sopraggiungere, le chiome degli alberi.
I bambini, attratti da questo magnifico uccello, cercano di capire perchè la ghiandaia è presente nei boschi che crescono fino a 600 metri di altitudine, mentre non l'abbiamo mai vista a quote più alte.
Da che cosa dipende la diffusione della ghiandaia? Dall'altitudine o dalla vegetazione? Dopo aver letto la scheda per l'identificazione della ghiandaia, contenuta nel Progetto di Educazione Ambientale del Parco Naturale della Maremma, i ragazzi hanno colto con prontezza la correlazione tra i boschi di cerro e la presenza di questo corvide che si nutre in modo prevalente di ghiande .
Emozionante è stato l'avvistamento della poiana .
C è confusione, i bambini vogliono tutti il binocolo per poterla osservare, ne segue una sfilza di domande: "Perchè è così frequente avvistare una poiana?", "Come si distingue da un falco?", Come si riconosce un nido di poiana?", "Sono in competizione le poiane con le cornacchie?", "In una lotta tra una cornacchia e una poiana chi vince?". Annotiamo tutti questi problemi per rivolgere delle precise domande ad un ornitologo nostro amico in modo da saperne di più sulle abitudini di vita della poiana e sulle relazioni che esistono tra questo rapace e gli altri esseri viventi.
Più volte abbiamo trovato tracce di escrementi di faina sia in prossimità dei centri abitati che nei boschi in vicinanza dei campi coltivati.
"In quale ambiente vive la faina?" Per trovare una soluzione a questo problema, i bambini hanno contrassegnato con dei simboli sulla mappa i punti dove le tracce sono state trovate in modo da mettere in evidenza il territorio di questo mustelide. Poi hanno intervistato i nonni su questo animale che spesso s'intrufola nei pollai e fa parlare molto di sé i contadini del paese.
Dall'esame degli escrementi e da altre fonti quali la lettura di testi naturalistici e i racconti dei nonni, i ragazzi hanno scoperto la relazione tra la varietà dell'alimentazione della faina e il suo habitat che, oltre al bosco, comprende campi coltivati e centri abitati.
Il lavoro del Laboratorio di Educazione Ambientale si è concluso con la rappresentazione schematica di alcune catene alimentari basata sui dati raccolti nelle nostre escursioni .
BIBLIOGRAFIA
Dewey J., Come pensiamo, Firenze, La Nuova Italia, 1967.
Grazzini Hoffmann C., il pensiero scientifico nella scuola elementare, in "Conoscenza scientifica ed insegnamento" a cura di Pontecorvo C., Torino, Loescher Editore, 1983. |