Il Parco Regionale dei Boschi di Carrega, area protetta facente parte del sistema di parchi e riserve dell'Emilia-Romagna, si trova in provincia di Parma, a pochi chilometri dalla città, tra le colline che separano la valle del fiume Taro da quella del torrente Baganza. Occupa attualmente una superficie di 1260 ettari e si estende in una fascia altitudinale che va dai 200 ai 350 m.s.l.m. (Monte Castione).
Creato su un territorio che ha seguito le vicende storiche legate ai nomi di grandi famiglie nobiliari, è stato il primo parco istituito in Emilia-Romagna nel 1982 con Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 136 del 2 marzo: è sorto prima della L R. n. 11/88, che lo ha riconfermato.
L'Ente gestore del Parco è il Consorzio per la zona dei Boschi di Carrega (formato dai Comuni insistenti sul Parco, nonchè dalla Provincia e dal Comune di Parma), che aveva inserito nei suoi programmi di gestione l'idea di istituire su questo territorio un area protetta fin dal 1973/74.
L'importanza di tutelare quell'area si evidenziò infatti a partire dai primi anni settanta, periodo in cui una vasta porzione del territorio era minacciata da un progetto di lottizzazione edilizia. l movimenti di opinione delle popolazioni locali e la presa di posizione da parte delle associazioni ambientaliste e dell'Università, fermamente contrari a questi progetti, hanno portato alla tutela del territorio, vincolato dal 1975 a verde pubblico.
Fino al 1970 il territorio venne utilizzato in parte come riserva di caccia, continuando una antica tradizione legata alle famiglie storiche che si sono succedute nella proprietà di questi boschi. La presenza di boschi estesi in queste zone è documentata nella antiche cronache fin dal XIV secolo, quando queste colline facevano parte dei possedimenti dei feudatari locali. Per la ricchezza di selvaggina, questo territorio venne nei secoli successivi prescelto per le battute di caccia di Casa Farnese prima e di Casa Borbone poi: solo alla fine del XVIII secolo all'interesse venatorio si aggiunsero quelli agricolo e forestale Tra il 1769 ed il 1802, infatti, per volere di Maria Amalia di Borbone vennero impiantati boschi di castagno da frutto, frutteti e vigneti, alcuni prati vennero dissodati e concimati. Nello stesso periodo ebbe inizio la costruzione della Villa "Casino dei Boschi", sotto la direzione dell architetto Petitot, e del piccolo giardino "alla francese" di fronte alla facciata principale dell edificio. Nel 1819 Maria Luigia, Duchessa di Parma, acquistò dagli eredi di Maria Amalia tutta la tenuta. Negli anni successivi la Villa venne ristrutturata secondo lo stile neoclassico dall'architetto di corte Nicola Bettoli e sotto la direzione di Carlo Barvitius, giardiniere di corte, venne creato attorno ad essa un parco "all'inglese" in cui vennero introdotte diverse essenze esotiche.
Tracce di questi antichi interventi e di nuove introduzioni si possono trovare scorrendo l'elenco delle specie presenti nel Parco Monumentale che comprende, tra le altre, le sequoie (Sequoiadendron giganteum), il cipresso calvo (Taxodium distichum), molte varietà di abeti e pini, tra cui l'abete greco (Abies cephalonica), I'abete del Caucaso (A6ies nordmanniana), I'abete di Douglas (Pseudotsuga meziesii). Alla fine dell'800 la proprietà passò alla famiglia dei Principi Carrega, nobili di origine genovese che intendevano in questo modo ampliare i propri possedimenti. In quell'epoca i Boschi furono oggetto di numerosi lavori: vennero ristrutturati i laghi artificiali progettati e realizzati da Maria Luigia e altri furono creati ex novo.
Attualmente circa un terzo della superficie è a bosco, in buona parte di castagno, impiantato nel secolo scorso per aiutare a sostenere le disagiate condizioni economiche delle popolazioni locali per le quali la farina di castagne costituiva una importante fonte di sostentamento nei mesi invernali. ll castagneto da frutto è oggi molto limitato a causa degli attacchi subiti dal mal dell'inchiostro" e dal cancro corticale", funghi parassiti che hanno fortemente danneggiato il bosco da frutto, consigliandone la trasformazione in bosco da taglio per farlo resistere meglio agli attacchi dei parassiti. Ia vegetazione spontanea è costituita da boschi di querce (roverella, rovere, cerro, farnia solo nelle stazioni più umide), miste con altre latifoglie (acero, carpino bianco, orniello, ciliegio) tra le quali si trova qualche esemplare di pino silvestre. Nel periodo primaverile i boschi assumono un aspetto particolare dovuto alla fioritura della flora effimera: nel sottobosco rado, tra gli alberi ancora spogli, compaiono diverse specie di fiori, molte delle quali protette nella nostra regione, che con le loro diverse tonalità sembrano segnare il risveglio del bosco. Si tratta di una flora caratteristica della collina che trova in queste zone un ambiente particolarmente favorevole. Si possono elencare le comunissime Primule (Primula vulgaris), ma anche i più rari Scilla (Scilla bifolia), Dente di cane (rythronium dens canis), Pervinca (vinca minor), Campanellino (Leucojum vernum), fino al Bucaneve (Galanthus nivalis), presente nel Parco solo in due stazioni. In alcune aree del Parco la vegetazione spontanea è stata sostituita con specie provenienti da ambienti diversi: un esempio di notevole importanza storica è dato dalla presenza di un piccolo bosco di faggi, impiantato nei primi anni dell'800. Si è perfettamente adattato alla modesta altitudine ed in esso si possono osservare esemplari secolari di notevoli dimensioni. L'ambiente diversificato del Parco, con boschi, vallecole, laghetti, prati e coltivi è in grado di ospitare una fauna composta sia da specie di pianura che appenniniche. Presenza importante è quella della testuggine d'acqua, autoctona: vive nei laghetti dai quali si allontana di rado e nei quali si tuffa al minimo allarme nuotando con agilità. Nel Parco nidificano 65 specie di uccelli (tra cui sparviere e lodolaio) oltre alle specie di passo e quelle accidentali Tra i mammiferi è possibile incontrare volpi, donnole, faine e scoiattoli: più difficile è l'osservazione del tasso a causa delle sue abitudini prettamente notturne. Sono presenti anche due specie di ungulati: il cinghiale ed il capriolo, il quale negli ultimi anni ha sviluppato un notevole incremento numerico, confermato dai censimenti annuali effettuati a partire dal 1985. Al fine di realizzare le finalità istitutive il Parco ha elaborato il Piano Territoriale, importantissimo strumento di pianificazione, a tutt'oggi in attesa di approvazione, che permetterà di armonizzare tra loro le diverse attività che si svolgono sul territorio, tendendo ad un equilibrio tra esigenze di conservazione e di sviluppo culturale, sociale (ed economico).
Fino ad ora, in assenza di un piano, le direzioni tecnico/gestionali in cui ci si è mossi sono state frequentemente dettate dalla logica di rispondere ad alcune esigenze primarie di studio, fruizione e gestione a breve termine.
Ciò ha consentito di raccogliere dati significativi ed utili ad una programmazione di più largo respiro.
Ad esempio è dall'84 ad oggi che ogni anno vengono accompagnate in visita guidata o condotti in esperienze di didattica alcune migliaia di ragazzi dalla fascia della scuola materna fino alle medie superiori. Gli operatori, oltre alla funzione di guida, effettuano proiezioni di audiovisivi in classe, elaborano proposte di "pacchetti didattici rivolte soprattutto alle scuole dei Comuni limitrofi. Il servizio visitatori, operante nei fine settimana, fornisce al pubblico informazioni sul Parco, su come visitarlo, sulle opportunità di osservare la fauna, sulle norme di comportamento. L'affluenza al Centro nei fine settimana è di circa 3/4000 persone all'anno, il 30% delle quali chiede espressamente il servizio di visita guidata.
Dunque 10.000 persone/anno motivate e a cui viene suggerita una presenza qualificata ed una stima totale, comprendente anche chi non si ferma al Centro ma transita nel Parco, di 30/40.000 persone.
La grande domanda di uso del Parco pone il problema della sua estensione: il Parco è piccolo e rende così impossibile proporre tutta una serie di attività compatibili (equitazione, agriturismo, gestione faunistica, produzione di prodotti tipici) ed è perciò che il Piano Territoriale, con la proposta di ampliamento, è indispensabile.
Ampliare il Parco e crearvi attorno una estesa fascia di preparco, non risponde solo alle decisioni amministrative dell'Ente gestore, ma ad una logica naturale; la proposta di estensione è relativa soprattutto alla zona situata a Sud del Parco, che dal punto di vista geologico, vegetazionale, faunistico, è il continuum naturale della attuale zona a Parco e ben si presta ad attività ricreative e convenzioni di utilizzo con i privati, nonchè per sperimentazioni nel campo della agricoltura. Un campo su cui ancora lavorare è quello relativo al rapporto con le popolazioni locali e le categorie più coinvolte, soprattutto a causa della difficoltà di far emergere con chiarezza cosa sia effettivamente un Parco oggi.
Molti conflitti con le popolazioni, molte tensioni sono senz'altro dovute ad un cattivo approccio, ad una difficoltà nel proporre le motivazioni, i progetti, le finalità nei termini concreti, quando non entrino in campo veri e propri fraintendimenti voluti e sfruttati da chi ha obiettivi diversi da quelli del Parco.
Così, ad una utenza variamente articolata nelle sue componenti ed aspettative, il Parco sta cercando di rispondere con una qualità dei servizi erogati, che in nessun modo possa essere lasciata al caso o episodica. l dati concreti, l'andare avanti di questi anni, dalla istituzione del Parco ad oggi, ha dimostrato come il Parco stesso possa divenire un riferimento ben preciso per il mantenimento e lo sviluppo del "bene natura, un veicolo promozionale dal punto di vista culturale, una esperienza aperta in cui sia possibile confrontare passato, presente e futuro.
*Direttore del Parco Naturale Regionale dei Boschi di Carrega |