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Qualcosa si muove
Nell'ultimo numero di Parchi, all'interno di questa rubrica, ebbi a rilevare come il processo di adeguamento delle Regioni alle normative nazionali in materia di parchi e di riordino delle funzioni con riferimento alle autonomie locali procedesse a rilento rischiando di rendere priva di effetto la previsione di una conclusione del processo entro il termine del prossimo 13 dicembre. Seppure i segnali provenienti dalle Regioni siano ancora deboli, si può comunque considerare come qualche cosa si stia muovendo e come, anche se limitatamente a pochi casi, si sia messa in moto la complessa macchina di revisione ed adeguamento delle leggi regionali relative alle aree protette: processo complesso, come già si è avuto modo di rilevare più volte anche sulle pagine di questa Rivista, in quanto estremamente diversificata è la realtà delle Regioni. Preso comunque atto di questi primi segnali, della cui evoluzione proveremo ad essere attenti lettori per consentire in futuro un costante aggiornamento della situazione, in questa sede tratteremo di quanto sta avvenendo in Friuli-Venezia Giulia dove la Giunta Regionale ha stabilito i primi indirizzi per la revisione legislativa.
Per comprendere quali innovazioni sono state proposte è peraltro necessario porre in evidenza le caratteristiche peculiari dell'attuale legislazione friulana: deve, innanzi tutto, essere rilevato che questa legislazione è fortemente connotata in senso urbanistico, in quanto le aree protette sono il risultato dell'attuazione del Piano Urbanistico Regionale approvato nel 1978; inoltre gli strumenti attuativi della politica di tutela sono quelli propri della pianificazione territoriale con effetti cogenti sulla strumentazione urbanistica comunale e il decreto di approvazione dei Piani delle aree protette è, di fatto, l'atto istitutivo delle stesse; sotto il profilo gestionale la normativa friulana è certamente limitata prevedendo la formazione di consorzi fra Comuni, forma gestionale fortemente in crisi dopo l'entrata in vigore della legge 142/90; i finanziamenti per la gestione sono riferiti totalmente al bilancio regionale attraverso la concessione di contributi a favore di singoli Comuni che li utilizzano per le parti di territorio di loro competenza; la partecipazione degli Enti locali è fondamentale, essendo questi i soggetti che adottano i piani, ma la Regione resta comunque il soggetto titolato a concedere i finanziamenti e ad approvare i piani territoriali.
Facendo riferimento a questo quadro complessivo, in relazione a quanto dettato dalle leggi 142/90 e 394/91, si può rilevare come, sostanzialmente, in tema pianificatorio non debbano essere introdotte sostanziali variazioni fatta salva una maggiore partecipazione della Regione al processo di costruzione dei piani, ma ciò in conseguenza della recente legge urbanistica regionale (L.R. 52/91 ). Per quanto attiene l'istituzione delle aree protette la previsione della Giunta Regionale è quella di procedere attraverso apposite leggi, anzichè mediante il decreto del Presidente di approvazione dello strumento pianificatorio si prevede altresì la concessione di contributi ed indennizzi a favore dei proprietari dei terreni per il mantenimento delle attività tradizionali, contributi oggi non previsti nell'ordinamento giuridico friulano.
Il problema più complesso peraltro riguarda la forma di gestione più idonea e che risponda ai requisiti stabiliti dalla legge 394/91: il provvedimento in corso di elaborazione prevede, correttamente, la costituzione di Enti strumentali della Regione, ipotesi che incontra notevoli resistenze da parte dei Comuni, che insistono per mantenere la loro autonomia, e da parte delle Comunità Montane e delle Province che avanzano specifiche richieste con riferimento alla legge 142/90 anche se, su questo punto, vi è ormai la diffusa convinzione da parte dei giuristi che lo spazio di intervento e di competenza di questi Enti non possa che essere ricercato all'interno di strutture di gestione tipologicamente assimilabili ad Enti di diritto pubblico. Queste considerazioni e questo stato di fatto portano a dire che la soluzione del problema sarà molto più da ricercarsi sul piano politico che non su quello tecnico.
Un'ultima considerazione deve essere fatta in merito ad una questione di carattere particolare, ma come noto a tutti gli addetti ai lavori di rilevanza notevole ai fini della corretta gestione delle aree protette: mi riferisco al tema della caccia, oggi esclusa da parchi per espressa previsione della legge 394 e che una strana norma della nuova legge nazionale in materia venatoria impone sia vietabile per superfici utili all'esercizio venatorio fino ad un massimo del 30% (si tratta di una norma certamente strana perchè di fatto limita altre politiche e in primo luogo proprio quella delle aree protette: ciò fa pensare ad una sua difficilissima e contrastata attuazione). Nell'attuale situazione della Regione Friuli-Venezia Giulia il problema posto dalla legge 394 (divieto di caccia) e dalla legge sulla caccia (legge 157/92) è risolvibile soltanto attraverso una drastica riduzione delle superfici potenzialmente protette dal Piano Urbanistico Regionale e l utilizzo, probabile, del regime di attuazione territoriale delle aree contigue, dove l'attività venatoria, seppure con determinate regole, può essere esercitata.
Il processo in corso nella Regione Friuli Venezia Giulia è comunque un segnale del fatto che, almeno qualcuno, si sta attrezzando per definire in tempi brevi una nuova legislazione sulle aree protette rispondente al dettato della legislazione nazionale. |