Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 6 - GIUGNO 1992


Piano e gestione del territorio nei parchi
Sergio Paglialunga*
1. La legge quadro sulle aree protette
La legge-quadro sulle aree protette(1), ha fissato alcuni elementi essenziali nella formazione, conduzione e gestione dei parchi e delle aree protette, cui dovranno uniformarsi anche le Regioni.
Rimandando a testi specifici l'attenta analisi della legge(2), occorre sottolineare come un ruolo centrale sia assegnato, tra gli strumenti previsti, al 'piano per il parco" e al "piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili", configurando il secondo come attuativo degli indirizzi del primo in ben determinati settori(3) .
I parchi sono chiamati a dotarsi di strumenti di pianificazione, e si dovranno uniformare situazioni non sempre omogenee anche all'interno della stessa Regione(4).
La legge elenca i contenuti dei piani di cui devono dotarsi i parchi nazionali, e tali elementi sono un riferimento anche per il legislatore regionale.
Il piano è lo strumento per tutelare i valori naturali ed ambientali, individuando con chiarezza le linee gestionali del parco e regolando con nettezza, in linea con altri provvedimenti legislativi(5), il rapporto tra l'interesse pubblico tutelato dal parco e l'interesse privato, già nella sua procedura di approvazione.

2. Gli strumenti di pianificazione del parco
Il piano per il parco si configura come uno strumento speciale che sostituisce ogni altro strumento di pianificazione territoriale (piani paesistici, piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello(6).
La pianificazione dei parchi si collega alla pianificazione territoriale avutasi in Italia, con alcuni elementi di novità. Si pensi a mò di esempio al carattere programmatorio che è dato al piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili, e come tale strumento si riallacci idealmente al programma pluriennale di attuazione(7).
Ma le differenze nascono dalle finalità stesse degli strumenti: infatti la strumentazione urbanistica è volta sempre a disciplinare l'interazione tra l'uomo e il territorio avendo comunque come prioritario l'azione, seppur corretta, dell'uomo(8).
La pianificazione del parco è invece centrata sull'esistenza di un patrimonio naturale come risorsa per l'uomo, ma che è tale non in quanto immediatamente usufruibile dall'uomo stesso. La pianificazione del parco deve quindi affrontare un ventaglio di problemi, di cui l'uso corretto del territorio da parte dell'uomo è uno degli aspetti più impegnativi, ma non l'unico.
Gli indirizzi ed i criteri pergli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere, che devono essere contenuti nel piano per il parco, sono elementi tipici, assenti nella normale pianificazione territoriale(9).

3. L'efficacia del piano

Un elemento essenziale del piano, che sembra goda oggi di poca attenzione, è quello dell efficacia del piano. Questo problema non è nuovo ma riguarda tutta la pianificazione. Il dibattito vivo ed appassionato sulla qualità dei piani urbanistici e, dall'emanazione della legge 431/85, dei piani paesaggistici ed ambientali, ha relegato in posizione più defilata il problema dell efficacia dello strumento per gestire e tutelare il territorio e per governarne effettivamente le trasformazioni(10).
Aspetto questo particolarmente a cuore di chi è preposto alla gestione del territorio, e che assume un carattere di maggiore impellenza se l'area è di particolare pregio ambientale quale quella di un parco.
Il tema non è nuovo, ed è stato al centro di accesi dibattiti: per tutti basti ricordare il XVII congresso dell'INU svoltosi a Genova nel 1984(11).
La difficoltà di trovare soluzioni al problema, e spesso anche solo elementi che permettessero di superare le specificità del singolo piano, hanno fatto sì che l attenzione si sia spostata sulla qualità del piano come garanzia per la migliore gestione del territorio, alludendo, non sempre velatamente, che se ciò non fosse avvenuto sia dovuto non a motivi oggettivi, ma alla cattiva volontà di chi gestisce il piano. Si è lasciato perciò l'argomento ai magistrati, agli avvocati e in genere agli studiosi del diritto. Questi, per contro, puntano la loro attenzione sulla legislazione nazionale e più raramente regionale, così che lo studio dell'efficacia del piano non è argomento di dibattito attento(12).
Ma il nuovo quadro di riferimento costituito dalla legge 394/91 rende necessario, per chi è chiamato alla gestione del parco, che si apra un dibattito ed una riflessione seria e spregiudicata sugli strumenti di cui si sono dotati in questi anni i parchi e sulla loro efficacia di salvaguardia delle aree da interventi dannosi o peggiorativi dell ambiente, di trasformazione delle situazioni degradate e di indirizzo dello sviluppo ammissibile sul territorio del parco. Pur se l'esperienza di pianificazione dei parchi è abbastanza limitata, la particolarità del momento chiede di iniziare da subito il dibattito.

4. Elementi di valutazione del piano

La valutazione di un piano ha comunque tre momenti fondamentali: il momento propositivo, il momento gestionale, ed il momento giuridico(13). La prima qualità di un piano è quella dei suoi contenuti, cioè dell'individuazione dei meccanismi adeguati per rispondere alle finalità del parco, costituendo inoltre momento di riflessione critica sulle finalità stesse. Il secondo punto è valutabile sull'efficacia dello strumento a tutelare il territorio impedendone un uso non rispondente alle finalità preposte, favorendo l'attivazione delle trasformazioni previste, ma in tutto questo senza lasciarne margine a modificazioni e stravolgimenti da parte di chi è chiamato a gestire il piano. Infine nella capacità di inserirsi nel quadro normativo nazionale e regionale per non lasciare margine all'affermarsi di abusivismi e di ricorsi in giudizio che si risolvano sfavorevolmente per il parco stesso.
Questi tre aspetti concorrono contestualmente a determinare la gestione territoriale del parco; l'efficacia e la qualità di un piano si possono misurare con le trasformazioni territoriali che un piano riesce ad attivare, ad indirizzare e ad impedire.
Per chi è chiamato alla gestione di un parco, un piano con elevata qualità propositiva, ma incapace di essere strumento reale di gestione del territorio o perchè troppo rigido e quindi non capace di adattarsi ai mutamenti che possono sopravvenire, o perchè troppo generico e quindi incapace di individuare una scelta univoca, o perchè non sufficientemente chiaro come strumento normativo e quindi che lascia troppo spazio all'interpretazione, è uno strumento inutile. In questi anni si è lavorato molto sulla qualità dei piani, e per quanto riguarda i parchi, si sono dotati in generale di strumenti che presentano un alto livello qualitativo. Occorre oggi riflettere perchè alla qualità del piano si affianchi una forte capacità di essere strumento efficace nell'indirizzare e governare le trasformazioni, non lasciando margine alle interpretazioni che possano stravolgerne i contenuti, e nello stesso tempo abbia quella flessibilità che permetta l'adattamento alle mutevoli esigenze ecologiche, di protezione naturalistica, eccetera. Questo conservando comunque la capacità prescrittiva che non ne infici l'efficacia giuridica.

NOTE

(1) Legge 6 dicembre 1991, n. 394.

(2) vedi ad es. Moschini R. (1992).

(3) Il piano pluriennale serve per le promozioni delle attività compatibili . prevedendo tra l'altro "la concessione di sovvenzioni a privati ed enti locali, la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il risparmio energetico, servizi ed impianti di carattere turistico-naturalistico (...) l'agevolazione o la promozione di attività tradizionali artigianali, agro-silvo-pastorali, culturali, servizi sociali e biblioteche, restauro, anche di beni naturali, e ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del Parco, lo sviluppo del turismo e delle attività connesse" (art. 14).

(4) Ad esempio la Regione Toscana ha prescritto a due dei tre parchi istituiti, al Parco della Maremma e al Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli, di dotarsi di un piano territoriale, mentre tale strumento non è prescritto al Parco delle Alpi Apuane individuato come soggetto incaricato delle proposte di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali.

(5) In particolare si fa riferimento alla legge 8.6.1990 n. 142 "ordinamento delle autonomie locali" e alla legge 7.8.1990 n. 241 "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi".

(6) Non è risolto il problema di un possibile contrasto tra le previsioni del piano per il parco e quelle del piano di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989 n.183 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo" Infatti i contenuti del piano di bacino sono immediatamente vincolanti "per le amministrazioni e gli enti pubblici, nonchè per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso piano di bacino".

(7) Istituito con la legge 28 gennaio 1977 n. 10 "Norme per l'edificabilità dei suoli".

(8) Le finalità delle leggi che regolano la pianificazione territoriale sono da questo punto di vista illuminanti. Infatti la legge 1150/42 disciplina l'assetto e l'incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo urbanistico in genere"; la stessa legge 1497/39 si interessa di bellezze naturali", "bellezze panoramiche", "complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale" ( requisiti tutti che richiedono la presenza di un giudizio dell uomo, e che non si riferiscono ad un valore intrinseco del bene). Solo la categoria della ' singolarità geologica" sembra sfuggire a questa ottica. Ma in questo caso non è prevista la redazione di un piano paesistico. Con la legge 431/85 sono introdotte come aree soggette a tutela e da inserire nel piano paesistico quelle interessate da categorie di beni, e quindi riconosciute come portatrici di un valore oggettivo.
Diversa è la legislazione regionale che ha spostato da subito l accento sui beni naturali in se stessi, e non in quanto oggetto di interpretazione da parte dell'uomo.

(9) Pur essendosi segnalate alcune notevoli esperienze di pianificazione paesistica, il limite maggiore sembra comunque essere costituito dall'impostazione dello strumento di piano come atto a concedere o meno la possibilità di trasformazione territoriale finalizzata all'utilizzo umano e non a prevedere meccanismi di equilibrio ambientale. Alcune eccezioni si sono sviluppate con la redazione da parte delle Regioni dei piani paesistici voluti dalla legge 8 agosto 1985 n .431 'Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985 n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale .

(10) Spesso infatti le trasformazioni territoriali previste dai piani sono totalmente lasciate all'interpretazione dell'iniziativa privata che le propone, forzando spesso gli intenti e le finalità per le quali sono state previste dallo strumento pianificatorio. Gli organi preposti alla gestione del territorio spesso dimostrano un'incapacità nel porsi come parte contrattuale effettiva sia per una parziale conoscenza dello strumento di piano, sia per una difficoltà a contrattare sugli aspetti di fattibilità economica, sia infine per una sorta di soggezione nei confronti dell imprenditore privato.

(11) INU (1985).

(12) Una valutazione sul piano è fatta per il P R.G.C. al momento della progettazione del nuovo piano. Ma tale valutazione, dettata spesso dalla preoccupazione di supportare le nuove scelte, non riesce a cogliere i meccanismi che hanno prodotto le modifiche perchè preoccupata più ad analizzare quantitativamente i risultati derivanti dal piano che a comprenderne i reali meccanismi innescati. Inoltre, anche se fatta con attenzione, difficilmente è occasione di attento dibattito perchè comunque l'attenzione generale è rivolta alle proposte del nuovo piano.

(13) Si è voluto separare l'efficacia gestionale dall'efficacia giuridica del piano, sebbene ambedue gli aspetti si riferiscano alla capacità dello strumento di attivare le procedure adeguate per le finalità di cui deve rispondere, per sottolineare la diversità del valore del piano nei confronti di chi è preposto alla sua gestione e nei confronti dei terzi.

BIBLIOGRAFIA

INU ( 1985), Pianificazione, trasformazioni territoriali. Crisi, critica, proposte, Milano, Franco Angeli Ed.
Regione Emilia-Romagna ( 1986), Storia, Natura e contenuti del piano paesistico previsto dalla legge 431/1985, Documenti Convegno: "Dal paesaggio al territorio", Bologna 5-6 giugno 1 986.
Airaldi L., Beltrame G. (a cura), Pianificazione dell'ambiente e del paesaggio, Milano, Franco Angeli Ed., 1988.
Viola F. (a cura), Pianificazione e gestione di parchi naturali, Milano, Franco Angeli Ed., 1988.
Daclon C.M., La politica per le aree protette, Rimini, Maggioli Ed., 1990.
Fuzio R., I nuovi beni paesistici, Rimini, Maggioli Ed., 1990.
Falqui E., Franchini D. (a cura), Verso la pianificazione ambientale, Pietrasanta, Cisiac, 1990.
FEDERBIM, La legge 183/89 sulla difesa del Suolo, Convegno nazionale Roma 5-6 aprile 1990. Atti, Brescia, 1990
Casabella n. 575-576, Il disegno del paesaggio italiano, Milano, Elemond, 1990.
Moschini R., La legge-quadro sui parchi, Rimini, Maggioli Ed., 1992.

*Parco NaturaleMigliarinoSan Rossore Massaciuccoli