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Un'area protetta tra le sue varie funzioni ha quella della fruizione culturale, della didattica, della documentazione e della ricerca. Queste funzioni, se ben organizzate, possono svolgersi direttamente nel territorio: dico spesso ai miei studenti di Fitogeografia e di Ecologia vegetale che la cultura naturalistica si fa, più che studiando i libri, osservando i fenomeni e le realtà naturali. Ma questo vale quando c'è già una preparazione di base. D'altro canto c'è il problema del tempo e dello spazio.
Il tempo: in un parco gli eventi si susseguono, si trasformano e difficilmente nel corso di una singola escursione (ad esempio di una "gita scolastica") si possono cogliere tutti gli aspetti, soprattutto naturalistici. Al visitatore deve essere fornita una documentazione degli eventi di tutto l'anno, dalla fioritura primaverile, con i primi fiori che spuntano dalla neve, fino al nuovo manto nevoso del successivo autunno-inverno; questo in montagna, specie sulle Alpi e sull'Appennino settentrionale dove gli eventi più eclatanti di massa si hanno durante il periodo estivo, mentre nelle zone mediterranee si hanno nel periodo aprile maggio, prima che l'aridità estiva metta a riposo apparente l'ambiente.
Questa documentazione potrà essere realizzata attraverso proiezioni video, rappresentazioni grafiche e, ove possibile, l'esibizione di una scelta di "oggetti" che diano una più o meno approfondita descrizione delle situazioni statiche o dinamiche dell'area protetta. Così campioni di minerali e di rocce potranno essere accompagnati da semplici ed elementari schemi geologici, essiccata di piante rare accompagnate da foto ed areali, qualche animale rappresentato nell'ambiente, eccetera. Naturalmente meglio ancora se all' esposizione" si aggiungono cartine, dépliants, volumetti specifici che, oltre che essere strumento introduttivo, diventano il "ricordo" della visita, lo stimolo al ricordare e ad approfondire le conoscenze con lo studio e con nuove visite alla stessa o ad altre realtà.
Però vorrei ritornare sullo spazio: qualunque sia la dimensione e la tipologia di un area protetta ci saranno delle località sottoposte a maggiore o minore vincolo conservativo. Le emergenze più interessanti ma anche a più alto rischio si collocano in quelle a maggior vincolo, dove non è bene si manifesti una eccessiva presenza antropica. Anche se il visitatore non viene posto a contatto con queste realtà, dovrà trovare nella documentazione del centro quanto sufficiente a realizzare l'importanza scientifica, naturalistica, culturale, di quanto esiste nel contenitore pur non avendo modo di osservarlo direttamente. Quindi, documentazione per far capire la preziosità di quegli elementi che qualificano il parco o la riserva, nella speranza che "conoscere" voglia dire "rispettare"!
D'altro canto, molto più banalmente, la documentazione serve a chi non è in grado di addentrarsi lungo gli itinerari oltre un limitato livello.
Queste strutture di accoglienza e documentazione, siano esse all'interno dell'area protetta, al limite o anche fuori (nel centro abitato più vicino o in edificio abbastanza prossimo) devono costituire un tutt'uno tematico, mono o pluritematico con l'area stessa, con la sua gestione tecnica e scientifica. Ad esempio, nelle aree di limitate dimensioni si potrà avere una sola struttura di documentazione; nelle aree più ampie, in corrispondenza degli accessi, si potranno creare più strutture finalizzate e/o specializzate in funzione di una tematica, ad esem-
Che cosa è un centro visitatori.
Sandro Flaim*
Dire che cosa è un centro visitatori di un parco, o meglio avere di esso una precisa definizione risulta al giorno d'oggi cosa assai ardua; questo perchè non esiste ancora un insieme di esempi di tali strutture così numerosi da poterne codificare una tipologia ben precisa Per di più non esiste nemmeno una letteratura di supporto specifica per la materia.
Infatti nelle indagini bibliografiche compiute non si è riscontrato, nè a livello nazionale nè nella letteratura estera (qualche cosa in più in quella americana!) delle possibilità documentali ben specifiche, ma solo un insieme frammentario di notizie che si possono trovare in documenti del tipo più disparato. Sentendo in particolar modo il CEDIP queste informazioni sono raggruppabili in tre ambiti distinti di tipologie di documenti:
- l'insieme di documenti informativi (dépliants-pieghevoli, eccetera) editi dalle amministrazioni delle singole aree protette, sia di carattere generale che di tipo specifico, per l'illustrazione della propria attività, dei propri servizi, delle proprie strutture;
- informazioni sull'esistenza dei centri visita e delle loro attività che si possono trovare in indagini statistiche sui parchi, elaborate dai vari centri di ricerca tipo CENSIS, CNR, ed altri;
- citazioni di centri visita all'interno di trattati (quasi esclusivamente di matrice nord-americana) sui problemi della pianificazione dei servizi di fruizione pubblica dei parchi, come punti di appoggio alla stessa.
Potremmo comunque sicuramente dire che al centro visitatori del parco è stato fino ad ora data una molteplicità di compiti che hanno portato ad una sua pluralità di concretizzazioni strutturali tra le più varie sia per dimensioni che per tipizzazione.
I centri visita esistenti possono essere delle grandi strutture come quelle dei parchi americani, con compiti molteplici e spesso codificati con precisi connotati giuridici Ad esempio, le strutture del National Park Service nel Parco Nazionale di Yellowstone hanno la funzione di museo della storia indiana ed in essi sono raccolti e conservati, con metodologie musearie specifiche, tutti i reperti storici ad essa relativi. Queste strutture sono composte ovviamente da numerosi edifici ed hanno spesso dimensioni considerevoli.
Esistono però anche piccolissimi centri visita legati, ad esempio, alla spiegazione della vita di un singolo specifico biotopo come lo possono essere quelli di alcune aree umide. Questi centri visitatori possono benissimo consistere anche in una semplice stanza attrezzata.
Dire come può o deve essere un centro visitatori di un parco risulta pertanto impossibile e sotto un certo punto
di vista anche non necessario/ se non sbagliato.
Possiamo invece dire che ogni centro dovrà essere strutturato secondo le caratteristiche dell area protetta in cui andrà ad operare. Sarà pertanto più facile che il centro visita di un grande parco, sul cui territorio sono rappresentati più ecosistemi ed una pluralità di interessi, possa essere di maggiori dimensioni di quello di una piccola riserva. Le dimensioni e la strutturazione edilizia del centro visitatori varieranno poi dal tipo di centro che si vuole realizzare e dalle funzioni che ad esso si vuole far svolgere. Funzioni che possono variare anche di molto da quelle di centri che operano come semplice ufficio informazione al visitatore, a quelle dei centri di documentazioni, monotematici o pluritematici, a quelle dei centri di didattica ambientale.
Sembra pertanto importante cercare di riassumere quali possono essere le principali funzioni espletate normalmente dai centri visitatori così come deducibili dalle principali realizzazioni esistenti in Italia.
*Direttore del Parco Naturale Adamello-Brenta
pio "la flora", la fauna", "la geologia", gli aspetti archeologici", "l'uomo e l'ambiente", eccetera.
Un livello diverso è il museo. In molte realtà italiane o direttamente dipendenti o strettamente collegate, esistono musei di varie dimensioni che presentano le stesse funzioni dei centri di documentazione e di accoglienza, oppure vi si associano attraverso scelte culturali più specialistiche. Quest'ultimo è il caso di sede di documentazione non solo finalizzata alla fornitura di cultura ma alla ricerca scientifica, attraverso collezioni e laboratori a disposizione degli studiosi.
Naturalmente non sempre è possibile (o opportuna) la realizzazione di musei, sia per la realizzazione stessa che per la loro gestione .
Infatti è più facile realizzare-costruire che gestire nel tempo.
Allora entrano in campo le strutture museali classiche già esistenti nel territorio. Prendo ad esempio i musei di storia naturale, ma il discorso vale anche per gli altri settori culturali. Anche se sorti in tempi in cui le aree protette non c'erano, oppure erano limitatissime, dovrebbero diventare il punto di riferimento fondamentale non solo per la discussione dei principi gestionali, ma anche pergli approfondimenti culturali e scientifici.
Non sempre ciò avviene o è avvenuto per incomprensioni a livello di persone, di istituzioni, di livelli politici. Ci sono talora delle logiche collaborazioni, come in qualche Regione a statuto speciale, ma si basano più sulle disponibilità di singoli operatori che a livello istituzionale.
C'è poi un'ultima possibilità che, personalmente, mi entusiasma, ma che consiglierei di verificare approfonditamente: il rapporto con l'Università. Mentre per il settore ricerca vedo solo lati positivi, per il rapporto museale ho attualmente molte perplessità. Forse, quando la legge sull'autonomia universitaria avrà permesso un nuovo tipo di gestione e di dignità (soprattutto) alle strutture museali universitarie, questa strada, ovviamente ben regolamentata, sarà percorribile. Metto l'accento sulla regolamentazione dei rapporti affinchè buone intenzioni non vengano frustrate anche a causa di perversi meccanismi culturali, psicologici, egemonici dell'ambiente universitario .
Ma veniamo ad un altra funzione che queste strutture possono assumere. Si parla molto di "uomo" nelle aree protette, di attività che vi si svolgono. Accenno ad una documentazione storica a livello etnografico; uno spazio importante dovrebbe essere dato, ad esempio, all'artigianato ed alla sua storia, ad altre attività produttive: burro, formaggi, prodotti del sottobosco, miele, e altro, che possono convivere, adeguatamente regolamentate, con la conservazione. Tutto ciò è cultura ma può diventare valorizzazione dei prodotti, rivalutando attività che possono contribuire, anche se in piccola parte, alla situazione economica delle strutture e della popolazione.
Si tratta in questo caso di ristudiare i ruoli che le varie attività devono avere in questi nuovi ecosistemi.
Queste alcune considerazioni su parchi, musei, centri di accoglienza e documentazione visti come momento di stimolo culturale e di incentivazione socioeconomica. Si potrebbe continuare, ma per ora ritengo basti.
E comunque importante che continui invece lo scambio di idee e di esperienze: è un invito ad inviare alla rivista Parchi contributi sia propositivi che descrittivi di realizzazioni già ottenute. Poichè tanto è ancora da fare in un campo per lo più ancora da inventare, che le idee e le esperienze di chi già si è trovato ad inventare sono preziosissime.
ILDocente di Botanica all'Università di Padova |