|
Sulla base del progetto di massima redatto dalla stessa società richiedente, la Compagnia europea per il Titanio (C.E.T.), la concessione mineraria riguarderebbe un'area di circa 5 Kmq comprendenti la sommità e le pendici del Monte Antenna e del Bric Tariné. All'interno di questa area il giacimento vero e proprio risulterebbe estendersi per una superficie di circa 500 x l.800 mt. sulle pendici del Tariné; nel versante ovest del monte si spinge fino alla quota della strada S. Pietro d'Orba - Piampaludo, mentre in quello est raggiunge l'alveo del torrente Orba, in prossimità degli abitati di S. Pietro e Vara inferiore.
La tecnica estrattiva sarà a cielo aperto, secondo uno schema a gradoni, di 12 metri ciascuno; non è dato conoscere la fisionomia del fronte di escavazione ma è rilevante sottolineare che l'entità del minerale in vista è pari, secondo il progetto citato, a circa 300 milioni di tonnellate, quella probabile a 180 milioni di tonnellate e quella, infine, possibile ad oltre 400 milioni di tonnellate (che in termini di volume dovrebbero equivalere a circa 80-90 milioni di metri cubi fra invista e probabile" ed altri 120 milioni di metri cubi per quella possibile). Date le caratteristiche della roccia, l'abbattimento sarebbe effettuato con esplosivo impiegato in opportune volate di mine; lo schema di lavorazione sarebbe il seguente: perforazione con unità meccaniche, caricamento con esplosivo, raccolta dell abbattuto con pale meccaniche, trasporto del materiale al trattamento distante I km circa dallo scavo.
L'impianto di trattamento, in particolare, risulterebbe composto di tre sezioni principali:
- a) frantumazione, per la riduzione del grezzo dal metro circa ai 12 mm. previsti, in tre stadi di cui due in circuito aperto;
- b) laveria, per ottenere il preconcentrato di rutilo e granati con un processo ad umido, passando dal grezzo a 12 mm. fino al particolare di 0,6 mm. e meno, in un processo ad umido;
- c) impianti a secco, per la separazione elettrostatica delle impurità del materiale previa essiccatura.
Tutte le macchine di lavorazione dovrebbero essere mantenute in depressione, per evitare la dispersione di polveri.
Per l'attività dell'impianto si rende necessario altresì l'approntamento di un bacino di decantazione di circa 30.000 mq (pari a 5 campi di calcio), in parte in scavo, in parte in rilevato, per un volume di terreno movimentato di circa 150.00 mc.
Non è dato sapere la destinazione degli scarti, essendo rinviato il problema ad un successivo progetto di sistemazione, che pure presumibilmente ammonterebbero a percentuali comprese fra il 72% ed il 94% dell estratto, in parte da collocarsi in zona ed in parte da trasferire.
Si deve evidenziare che il materiale sciolto ha un volume superiore di circa un terzo a quello del materiale originario, nonchè condizioni di stabilità assai minori, con conseguenti necessità di aree di discarica molto estese.
Inoltre, le risorse idriche della zona risulterebbero direttamente coinvolte sia come prelievo, sia per la possibilità di intorbidimento a valle delle lavorazioni. La viabilità esistente, anche se non potenziata, verrebbe ad assorbire un traffico di mezzi pesanti non calcolato nemmeno in modo approssimato nel progetto presentato.
Infine, da parte di docenti dell'Università di Genova, è stato segnalato che nella composizione delle rocce del giacimento di Piampaludo risulta la presenza di un anfibolo del gruppo degli asbesti in una percentuale pari a circa il 10%. Detto anfibolo, chiamato crocidolite, ha tendenza a separarsi sotto forma di fibra e minutissimi aghi ed è notoriamente dannoso per la salute anche quale rischio cancerogeno.
*Funzionario Ufficio parchi e riserve naturali Regione Liguria |