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Con la proiezione del documentario "Parco verso il 2000 e un corteo cittadino, Pescasseroli festeggerà oggi, nove settembre, i settant'anni di vita del Parco nazionale. Saranno presentate alcune iniziative speciali, come l'inaugurazione dell'area faunistica del camoscio e del centro informazioni a Opi: il tutto in onore del parco più "desiderató' dai primi ambientalisti italiani. Che già all inizio del secolo sviluppavano un dibattito modernissimo sul concetto di protezionismo. Scontando naturalmente indecisioni e pregiudizi sulla fauna "utile" e su quella 'pericolosa".
Oggi, nove settembre, il Parco nazionale d'Abruzzo festeggerà il settantesimo anniversario della sua fondazione.
Ma quello che si inaugurò nel settembre del 1922 non fu il parco che conosciamo oggi, bensì un'area tutelata presa in affitto da associazioni ambientaliste ante litteram, che già da anni speravano in un intervento governativo per proteggere la flora e la fauna dell'alta valle del fiume Sangro.
Lo Stato, però, non si mosse, così i protezionisti decisero di agire "in privato. Il riconoscimento pubblico non arrivò che l'anno dopo, 1'11 gennaio del '23, con un decreto regio che aggiunse seimila ettari di terreno protetto ai 12 mila originari.
Sulla carta, quindi, il Parco nazionale d'Abruzzo segue di qualche mese quello del Gran Paradiso (istituito il 3 dicembre 1922), ma la regione appenninica conserva un primato storico inopinabile: fu attorno al Parco d'Abruzzo che si coalizzarono tutte le forze portatrici di una mentalità nuova, orientata alla protezione ambientale.
Già nel 1907 lo zoologo Alessandro Ghigi lancia l'idea di un parco nella zona, praticamente in contemporanea a Pietro Romualdo Pirotta, botanico dell'Università di Roma. Ma la realizzazione definitiva si deve soprattutto all'intervento di Erminio Sipari, rampollo di una famiglia nobile pescasserolese, cugino di Benedetto Croce, eletto in Parlamento nelle liste del partito radicale per il collegio di Pescina per ben quattro volte successive ('13, '19, '21 e '24). La sua idea di parco (che fu quella vincente) rappresenta un connubio tra tutela della natura e sviluppo turistico della zona.
Questa posizione, pur garantendogli l'appoggio delle popolazioni locali, spesso lo allontanò dagli studiosi più rigorosi. A inizio secolo, infatti, le discussioni e le teorie su cosa e come bisognasse proteggere furono molte, e agli occhi di un osservatore moderno rivelano una coscienza ambientalista con connotati diversi da quella attuale, anche se era già presente la paura di lasciare ai posteri una terra desolata.
Ma vediamo come si svolsero i fatti seguendo il materiale che sta raccogliendo per una ricerca sull'argomento Luigi Piccioni, dottorando della Scuola Normale Superiore di Pisa. Dopo aver visitato i parchi americani, nel 1907 Ghigi propone l'idea. Studia le carte faunistiche statunitensi, annotando la densità di animali in via di estinzione, e identifica l'area appenninica come quella più adatta ad essere tutelata, soprattutto per la presenza dell'orso marsicano. La sua voce viene raccolta da esponenti del mondo accademico e istituzionale, che cominciano a fare pressione sul governo perchè la proposta sia ascoltata.
Ma sul fronte governativo resta un nulla di fatto per parecchi anni. Il 1913 è l'anno di una prima, leggera svolta, grazie a due episodi. In primo luogo nasce il Comitato nazionale dei siti e dei monumenti pittoreschi, in cui confluiscono le maggiori associazioni ambientaliste dell'epoca: il Cai (Club alpino italiano), l'Associazione paesaggi, la Società botanica italiana, la Lega nazionale per la protezione dei monumenti naturali, il Touring club italiano e la Federazione "Pro montibus et sylvis", che giocherà un ruolo importante nella realizzazione del parco, soprattutto perchè a presiederla era Erminio Sipari, insieme a Giovanni Battista Miliani, uno dei fondatori delle cartiere di Fabriano e ministro per l'agricoltura nel primo gabinetto Orlando del 1917.
In contemporanea al Comitato nasce la prima commissione ministeriale per la creazione del Parco d'Abruzzo, composta dal botanico Pietro Romualdo Pirotta, Luigi Parpagliolo, vicedirettore alle Belle arti al Ministero della Pubblica istruzione negli anni 20, e Ercole Sarti, capo sezione caccia al Ministero dell'Agricoltura negli anni 10. Nonostante queste iniziative il governo continua a fare orecchie da mercante. Tre anni più tardi la "Pro montibus" sottopone alle autorità il primo progetto concreto, di proporzioni gigantesche (170mila ettari ) rispetto al parco attuale (44mila ettari). I confini vanno da Pescina a nord a Castel di Sangro a sud, mentre a ovest seguono la valle del fiume Liri, andando quasi a toccare il Lazio. Nel 1918 Luigi Parpagliolo pubblica un articolo su La nuova antologia in cui cerca di convincere lettori e autorità che l'idea si inserisce in un movimento diffuso in tutto il mondo, portando come primo esempio europeo quello della Svizzera, dove dal 1913 esisteva il Parco della Bassa Engadina.
"Dopo che ben nove governi erano rimasti sordi alle nostre preghiere - scriverà Sipari nel 24 - ... decidemmo di fare da noi, prescindendo dallo Stato".
Così il 2 ottobre del 1921 l'associazione "Pro montibus" chiede in affitto i primi terreni a Opi. Il 25 novembre si costituisce l'Ente autonomo Parco nazionale d'Abruzzo, e nei primi mesi del 22 i contratti con i Comuni si allargano ad altri sei paesi: Civitella Alfedena, Pescasseroli, Villavallelonga, Lecce di Marsi, Gioia e Bisegna. Si arriva così ai 12mila ettari originari inaugurati il 9 settembre.
Tutte le delibere comunali sono approvate a larga maggioranza. E questo si deve alla grande opera di mediazione di Erminio Sipari, che rappresenta il filtro tra ambiente accademico, politico, e esigenze delle popolazioni locali. Non fu mai d'accordo con chi (come il professore di zoologia Lino Vaccari) era favorevole a un protezionismo integrale, di tipo americano. Caldeggia una soluzione che rispetti le attività del luogo. Da ingegnere qual era pensa allo sviluppo del suo paese. Nel 1907 aveva portato l'elettricità a Pescasseroli, San Donato Val di Comino e San Demetrio. Ma non dimenticherà mai il rispetto della natura, tanto che nel 25 ingaggerà una lotta furiosa e vincente contro chi voleva creare due laghi artificiali a Opi e a Barrea, coinvolgendo geologi, ingegneri, giornalisti e politici. Sul fronte della fauna, si schiera per una tutela integrale dell'orso e del camoscio, due specie che rischiavano di essere sterminate. Sipari però aveva un concetto particolare di ecosistema: alcune specie, come il lupo, la volpe e l'aquila, erano considerate nocive, e quindi lasciate in balia dei cacciatori.
Anche la flora non è esente da manomissioni ': il taglio del bosco (una delle attività economiche più importanti, soprattutto in Val Fondillo) veniva concordato con la Forestale, che poi si impegnava a rimboschire. Ma l'aspetto "sviluppista" dell'atteggiamento di Sipari emerge soprattutto nel turismo. Già nel 21 aveva fatto organizzare il primo campo nazionale scout dell'Asci in Val Fondillo, e con l apertura del Parco fa costruire rifugi ed alberghi, aumentando le linee di corriere, arriva il telefono nella zona, e con lui, la prima pompa di benzina a Pescasseroli. Insomma, ci sono tutti i prodromi del turismo di massa di oggi.
*di Bianca Di Giovanni da l'Unità del 9 settembre 1992 |