Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
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Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 7 - NOVEMBRE 1992


L'evoluzione della pianificazione dei parchi in Regione Lombardia: esperienze a confronto
Alberto Tenconi *

1. Premessa

L'esperienza di pianificazione delle aree protette in Lombardia è da considerarsi tra le più rilevanti e complesse nel suo genere, essendosi sviluppata nel corso di un periodo particolarmente ampio, durante il quale non sono mancate occasioni di verifica sull'efficacia degli strumenti utilizzati, che hanno consentito di mantenere vivo il dibattito politico, tecnico e culturale sull'argomento, favorendo così un'evoluzione costante dell'approccio metodologico al problema.
Per i piani territoriali di più antica formazione, infatti, sono già possibili riscontri critici in merito alla relativa efficacia, segna-tamente per il PT.C. del Parco del Ticino, per il quale l'esperienza applicativa è più lunga e complessa, ed al quale viene quindi spontaneo rivolgersi per una verifica di questo tipo.
D'altra parte nel lungo periodo trascorso dalla formazione di tale piano ad oggi, molte altre realtà di parco sono state oggetto di attività di pianificazione, fornendo agli addetti ai lavori, ed in special modo ai funzionari-tecnici incaricati di seguirne lo sviluppo e di curarne l'istruttoria, non pochi elementi di studio e di riflessione sull'argomento.

2. Orientamenti culturali e metodologici Va innanzitutto sottolineato un primo, importantissimo aspetto distintivo negli indirizzi sottesi alle diverse filosofie di pianificazione che, contrapponendosi dialetticamente nel dibattito interno alla Regione, ha portato allo sviluppo dell'attuale orientamento.
La distinzione a cui mi riferisco riguarda l'orientamento legato ad una pianificazione di stampo squisitamente urbanistico-territoriale da una parte e quello rivolto ad una pianificazione che potremmo definire ambientale-gestionale dall'altra.
Questo tipo di contrapposizione dialettica non costituisce certo una novità per gli addetti ai lavori ed emerge con puntualità in qualsiasi dibattito che contrapponga operatori provenienti da ambienti di formazione urbanistica ad altri di formazione naturalistica o forestale o comunque di diversa matrice.
Ma in Regione Lombardia questa contrapposizione ha avuto dei connotati tutti particolari, i cui riflessi concreti nell'evoluzione della pianificazione dei parchi si possono toccare con mano" attraverso l'esame dei cambiamenti intervenuti nei progetti elaborati nel corso degli ultimi anni.
A giudizio di chi scrive, gran parte del livello di efficacia che un piano di parco può raggiungere, dal punto di vista squisitamente tecnico, dipende in primo luogo, tra le tante altre cose, dalla capacità di integrare sinteticamente, nello stesso progetto, gli elementi qualificanti di questi orientamenti culturali: con estrema sintesi, si può dire che il miglior livello di efficacia si ottiene predisponendo piani che conservino intatti gli effetti giuridici della pianificazione urbanistica, ma ampiamente arricchiti ed integrati di contenuti normativi specifici e di concreti indirizzi gestionali delle risorse naturali interessate.
L'evoluzione metodologica a cui si è fatto finora riferimento riguarda in larga misura questo tentativo di sintesi, rilevabile in parte nelle indicazioni contenute nella stessa 1. r. 86/83, ma soprattutto nel documento sui criteri per la pianificazione dei parchi emanato dalla Giunta regionale nel maggio del 1988 e che costituisce a tutt'oggi il principale riferimento politico-metodologico per la formazione dei P.T.C. dei parchi regionali. Molti sono gli aspetti di questi documenti che potrebbero essere presi in esame, per evidenziare il tentativo della Regione di orientare i criteri di pianificazione verso scelte più attente alle effettive necessità di gestione del territorio tutelato.
Per quanto riguarda la 1. r. 86/83, sottolineiamo a questo proposito il fatto che i contenuti del P.T.C. di parco, avente valore, come detto, di piano territoriale regionale, sono stati arricchiti ed integrati con contenuti propri della pianificazione di livello inferiore ( comprensoriale" si direbbe), inerenti le tematiche più strettamente legate all uso ed alla difesa del suolo, alla gestione agro-silvo-pastorale, alla difesa faunistica.
Pur mantenendo, quindi, il massimo livello gerarchico nella pianificazione regionale, il piano di parco contiene, almeno a livello di criteri, elementi previsionali di particolare dettaglio in relazione alle tematiche specialistiche che sono più attinenti alla gestione delle risorse naturali.
Tali previsioni, di particolare rilievo gestionale, non sono quindi rinviabili a successivi momenti di pianificazione ed i piani di settore, che possono essere previsti da ciascun P.T.C., costituiscono in questo modo strumenti meramente attuativi di tali indirizzi normativi.
L'articolazione del territorio in aree aventi diverso regime di tutela rimane certamente un aspetto irrinunciabile nella pianificazione dei parchi, ma la legge lombarda evita di irrigidirne i connotati, imbrigliando la fantasia dei progettisti entro categorie astratte precostituite e spesso inadeguate a rappresentare la realtà concretamente interessata, e si consente quindi la massima creatività nell'adattamento dello zooning ai caratteri territoriali ed ambientali, secondo l'orientamento progettuale da ciascuno proposto. Particolare rilievo viene dato, d'altra parte, all'arricchimento, nelle norme di P.T.C., della normativa cosiddetta "di settore", contenente le prescrizioni e gli indirizzi gestionali inerenti i settori di intervento più importanti per il parco, quali, ad esempio, quello forestale, agricolo, di gestione faunistica, idrogeologico, eccetera.
Per gli aspetti legati più direttamente alla gestione delle risorse naturali, l'azzonamento perde, in questo modo, gran parte della sua importanza, non costituendo un necessario riferimento per l'esercizio delle attività disciplinate nelle norme di settore. Un vincolo particolare, in questo senso, è stato posto per le modalità di individuazione e di classificazione delle riserve naturali.
Vi è in questo caso l'indicazione precisa di non considerare le riserve naturali come una qualsiasi denominazione di zona, da attribuire a tutte le aree dotate di caratteri di seminaturalità e da destinare a generici obiettivi di tutela: negli indirizzi della Lombardia le riserve naturali" all'interno dei parchi riguardano le sole aree interessate da specifiche caratteristiche di particolare valore naturalistico, da destinare esclusivamente alla conservazione ed alla gestione attiva di tali valori, puntualmente individuali e descritti per ciascuna riserva. In tal modo, ogni riserva è considerata un autonomo istituto di tutela, dotato di una sua denominazione e classificazione specifica, o meglio ancora un unità di gestione naturalistica, sottoposta all'attuazione di un particolare piano di riserva", contenente le indicazioni di dettaglio sulle sue modalità di governo.
Per garantire tali risultati, si richiede che la pianificazione del parco sia preceduta da analisi multidisciplinari particolarmente approfondite, utilizzando, sia in questa fase che nella stesura del progetto, la scala cartografica 1:10.000, con stralci in scala 1:5.000 per l'individuazione delle riserve naturali .
La partecipazione degli specialisti nelle discipline ambientali è ritenuta indispensabile, per questo, non solo nella fase di raccolta dei dati di base, ma anche nella fase di valutazione interdisciplinare e di formulazione del progetto, con il massimo della corresponsabilità nelle scelte finali.

3. Analisi dei caratteri di efficacia dei piani
Certamente con queste considerazioni di estrema sintesi non si può fornire un quadro completo ed esauriente degli aspetti che, negli indirizzi di pianificazione dei parchi regionali lombardi, contribuiscono a conferire la richiesta "efficacia" nel raggiungimento degli obiettivi attesi.
Tuttavia, con riferimento alle caratteristiche principali costituenti indicatori prioritari per un'analisi teorica della "qualità" efficacia del piano, si possono fornire questi ulteriori elementi di valutazione della realtà lombarda.

a. L'assenza di un piano territoriale generale della Regione priva in effetti la pianificazione del parco di un elemento di riferimento generale entro cui inquadrare il proprio ruolo territoriale regionale, e di valutare compiutamente il sistema di relazioni funzionali indotte da elementi previsionali esterni. Tuttavia, il PT.C. di parco, avendo natura di piano regionale, concorre esso stesso alla formazione del P.T.C. regionale, secondo un processo che potremmo definire "induttivo", ed è quindi potenzialmente uno strumento di forte condizionamento della politica costituzionale regionale e, come tale, particolarmente "efficace" .b. Senza dubbio la via lombarda alla pianificazione dei parchi ha superato da tempo la concezione "conservazionistica", identificandosi in pieno nell'obiettivo di sperimentazione culturale e pratica di sistemi di sviluppo ecocompatibili", anche in funzione di una loro esportabilità nella pianificazione "extra-parco".

c. Pur mantenendo natura ed effetti della pianificazione urbanistico-territoriale di massimo livello, il piano di parco è arricchito di notevoli elementi di specialità, proprio nelle tematiche più squisitamente ambientali, assumendo in questo campo aspetti di particolare efficacia gestionale.

d. Nell'ordinamento dei parchi lombardi la responsabilità degli Enti locali nella formulazione delle proposte di pianificazione è assicurata dalla loro partecipazione ai consorzi di gestione dei parchi: i rispettivi statuti indicano, inoltre, le forme di partecipazione di associazioni e categorie rappresentative di realtà locali.
Ciònondimeno il momento di partecipazione popolare al processo di costruzione delle scelte resta relegato a livelli di rappresentatività istituzionale, senza particolari garanzie di coinvolgimento. Le scienze sociali non si sono finora affermate nell'esperienza dei parchi lombardi e la complicata interpretazione di molti dei progetti presentati non facilita certo il coinvolgimento popolare. Dal punto di vista gestionale, però, l esperienza della Lombardia tende a recuperare il massimo di partecipazione possibile, prevedendo diverse forme di collaborazione di enti e privati nella concreta attuazione dei piani stessi, a volte come presupposto imprescindibile per l'efficacia delle relative previsioni.

e. Un piano di parco è, prima di tutto, uno strumento giuridico. La sua reale efficacia, quindi, risiede sostanzialmente nella sua fondatezza normativa, nella legittimità e nell'applicabilità delle norme in esso contenute, tenendo conto del contesto giuridico-istituzionale entro il quale il piano stesso agisce. Il superamento di una normativa esclusivamente vincolistica non deve tradursi nella mera enunciazione di norme perlopiù declatatorie", di principio, prive di reali effetti giuridici.
L'efficacia dei piani di parco lombardi è perseguita, come si è detto, attraverso uno sforzo di arricchimento normativo, rivolto principalmente a fornire indirizzi e criteri gestionali adeguati. Tuttavia, una particolare attenzione viene dedicata affinchè siano garantite, in ogni caso, condizioni di certezza giuridica e di applicabilità delle norme.

f. Le proposte di piano, in Lombardia, vengono elaborate dagli Enti gestori, che utilizzano a tale scopo esperti di loro fiducia. L'esperienza fin qui condotta, tuttavia, non conferma che ciò favorisca una migliore gestibilità" del piano. I committenti, infatti, sono normalmente dei politici, normalmente più sensibili alle enunciazioni retoriche che ai risvolti pratici gestionali ed i loro interlocutori "tecnici" sono difficilmente qualificati in esperienze di gestione pratica delle risorse che sono chiamati a pianificare. Molto frequentemente, quindi, è compito dei funzionari istruttori regionali di modificare ed integrare tali proposte al fine di conferire una reale efficacia gestionale alle previsioni dei piani. Aquesto proposito, si ribadisce la necessità di garantire il massimo di concretezza nelle previsioni dei piani, reputando preferibile, in termini di "efficacia", l'adozione di proposte apparentemente riduttive, ma realistiche, rispetto alla suggestione di tanti "libri dei sogni", normalmente irrealizzabili.

4. Esperienze di pianificazione a confronto

Per un'analisi dei diversi orientamenti assunti nello sviluppo politico-culturale della tematica della pianificazione dei parchi in Lombardia, da cui si deve partire per una verifica della reale efficacia di tali strumenti in rapporto agli obiettivi attesi, è particolarmente utile il confronto di alcuni piani esemplari, di particolare valore storico-culturale per la nostra Regione.
Come esempi significativi, a questo scopo, possono essere assunti i piani di due parchi fluviali di pianura, affini quindi per i caratteri fisici fondamentali ed appartenenti ad una tipologia di aree protette particolarmente diffusa in Lombardia, ma elaborati a distanza di un decennio l'uno dall'altro e quindi caratterizzati da orientamenti progettuali molto diversi e come tali fortemente esemplificativi dell'evoluzione giuridica e culturale intervenuta nel frattempo. Si tratta dei P.T.C. del Parco Lombardo della Valle del Ticino e del Parco naturale dell'Adda Sud: l'uno adottato nel 1978 ed approvato con legge regionale del 1980, l'altro adottato nel 1988 ed attualmente in fase di approvazione presso la Regione.
Il primo può giustamente essere considerato un documento di valore "storico", volendo sottolineare con ciò non solo la sua innegabile importanza nella storia dei parchi italiani e della pianificazione territoriale in genere, ma anche il suo carattere epocale, che risente quindi di un'impostazione culturale e metodologica inevitabilmente legata al periodo politico-culturale in cui è stato prodotto, tanto da potersi considerare, in un certo senso, datato".

5.11 P.T.C. del Parco del Ticino

A proposito di questa prima esperienza di pianificazione, una considerazione di fondo dev'essere fatta riguardo ai suoi prevalenti connotati di matrice urbanistica, che sono risultati dominanti in tutta la prima fase dell'esperienza dei parchi in Lombardia.
Si rileva, infatti, come, a partire dall'esperienza del Parco Ticino, l'ambiente culturale e politico legato al settore urbanistico avesse individuato nella pianificazione dei parchi un'occasione da non perdere per sperimentare modelli di pianificazione territoriale di livello sovraccomunale, ponendosi l obiettivo implicito di anticipare e di surrogare in questo modo la pianificazione territoriale regionale che non era ancora decollata a livello generale.
Il primo connotato di rilievo che può essere evidenziato, in relazione a tale orientamento, è certamente quello connesso alla identificazione dei confini del parco: il territorio del Parco del Ticino corrisponde a quello ricompreso entro i confini amministrativi dei Comuni facenti parte del relativo Consorzio di gestione.
E evidente che in questo modo il territorio oggetto di pianificazione è più simile ad un comprensorio che ad un parco naturale: esso non racchiude solamente le aree di pregio naturalistico-ambientale, quali sono appunto quelle prospicienti il corso d'acqua, circoscritte per lo più alla vera e propria valle fluviale, ma interessa l'intero territorio agricolo, le zone produttive, industriali ed artigianali, i centri abitati interi, con ogni genere di insediamenti ed infrastrutture, ed una popolazione residente di quasi mezzo milione di abitanti.
La possibilità di agire sull'intero comparto degli elementi territoriali in gioco prefigura certamente una più ampia possibilità di controllo sulle trasformazioni urbanistiche, di disegnare un quadro di riferimento organico e coerente per i futuri sviluppi delle realtà ivi insediate e fornendo quindi opportune garanzie per i riflessi di tale sviluppo sulla tutela degli ambiti di maggior pregio naturalistico.
Date le dimensioni e la complessità del progetto, tuttavia, l'attenzione agli aspetti più propriamente gestionali delle risorse naturali si attenua significativamente.
Nonostante il contributo consultivo di autorevoli esperti in materie naturalistiche, l'impronta urbanistica prevale nettamente nella progettazione, che rivela difficoltà nell'analizzare ed interpretare con efficacia gli aspetti dinamici delle componenti ambientali e di configurare gli indirizzi gestionali ad esse più appropriati.
Dovendo offrire un quadro necessariamente sintetico del progetto, evidenziamo qui di seguito alcuni dei connotati più propriamente tecnici di questo piano, che possiamo considerare significativi ai fini della limitazione nell'efficacia di tale strumento, con particolare riferimento alla gestione delle sue risorse naturali.

1. Il piano è stato redatto alla scala 1:25.000, utilizzando una vecchia base cartografica l.G.M.

2. Gli studi di base, soprattutto per i settori naturalistici, erano necessariamente generici, non essendoci, allora, una base conoscitiva adeguata, nè alcuna codifica degli standards qualitativi necessari alla pianificazione.

3. Il progetto si basa su una schematica ripartizione in 6 zone, realizzata mediante una trasposizione concettuale del classico azzonamento urbanistico nella tematica più propriamente ambientale, tenendo conto della generica classificazione delle riserve naturali definita dalla vigente legislazione regionale (1. r. 58/73).

4. L'azzonamento è realizzato in modo da ottenere una graduale attenuazione dei vincoli con l'allontanamento dal corso del fiume, dove si riconoscono i maggiori valori naturalistici.

5. Secondo tale schema, in particolare, tutte le aree di interesse naturalistico sono classificate come "zona A - di riserva integrale" o zona B - di riserva orientata, in relazione alla presunta integrità ambientale delle prime ed all'eventuale necessità di recupero ambientale delle seconde.

6. Data la larga maglia delle previsioni del P.T.C. e la relativa approssimazione di molti aspetti conoscitivi, ne è prevista l'integrazione attraverso numerosi piani di attuazione per diversi settori funzionali di intervento, con la possibilità di costituire variante al P.T.C. stesso.In generale, quindi, si può dire che le componenti naturalistiche del parco erano state individuate, all'origine, con eccessiva genericità, sottovalutandone gli elementi di diversità ed ignorando le implicazioni gestionali legate alle dinamiche naturali ed alle situazioni socio-economiche che interagivano con esse.
La logica vincolistica prevalente, mutuata, come si è detto, dalla tradizione urbanistica, basava, infatti, le sue prospettive di successo nel contrastare le minacce di trasformazione incombenti sul territorio della Valle del Ticino: in questo senso non si può negare che il P.T C. del Parco abbia conseguito risultati convincenti.
La mancanza di una cultura di governo delle risorse ambientali, tuttavia, ha determinato l'insorgere di non pochi problemi proprio sul piano più squisitamente gestionale, con grossi problemi di conflitto con i privati proprietari e gli operatori economici, agricoli e forestali in particolare, che hanno provocato situazioni di degrado ambientale a volte irrecuperabili.
Il processo di formazione dei piani settoriali, a questo punto strumenti indispensabili per l'individuazione di linee di intervento gestionale sicure, si è rivelato particolarmente complesso e faticoso, sollevando dubbi e contraddizioni in merito all'assetto dello stesso P.T.C. e divenendo motivo di contrasto tra i progettisti incaricati, gli amministratori dell'Ente, le categorie interessate.
Il solo piano di settore per il governo dei boschi è giunto all'approvazione regionale, dimostrandosi particolarmente efficace per il riordino della gestione forestale del parco, ma inevitabilmente insufficiente per la risoluzione dei molti altri problemi gestionali tuttora in discussione.
Le contraddizioni emerse a seguito degli approfondimenti conoscitivi e delle esperienze gestionali realizzate hanno indotto tempo fa i responsabili della Regione e del Parco a stabilire un programma per la revisione generale del P.T.C. che consentisse nel contempo di adeguarne i contenuti alle nuove esigenze legislative ed aprisse nuove e migliori prospettive nella gestione del territorio.
Incertezze e resistenze di vario genere sono però intervenute successivamente nel Consorzio del Parco, interrompendo l'iniziativa di revisione in corso.

6.11 P.T.C. del Parco naturale dell'Adda Sud
Il P.T.C. del Parco naturale dell'Adda Sud è tuttora in attesa dell approvazione del Consiglio regionale: è chiaro, quindi, che l'efficacia reale di questo strumento di pianificazione dev'essere ancora verificata.
Un'analisi di tale documento è tuttavia di sicuro interesse in un confronto, alla luce delle considerazioni sopra sviluppate, con l'esperienza di pianificazione del Ticino, per porne in evidenza le differenze di impostazione metodologica, conseguenti all'applicazione delle nuove direttive regionali.
Occorre dire, innanzitutto, che all'atto dell'istituzione del Parco Adda Sud la Regione aveva già introdotto, con la 1. r. 86/83, le fondamentali innovazioni nella politica di formazione e pianificazione dei parchi che caratterizzano l attuale quadro di riferimento e lo distinguono significativamente da quello vigente all epoca del P.T.C . del Ticino. In base alla nuova normativa il P.T.C. conserva, come già detto, natura ed effetti di piano di coordinamento regionale, ma viene obbligatoriamente arricchito da più specifici contenuti settoriali e di dettaglio, ivi compresi (a far tempo dalla 1. r. 57/85) i contenuti paesistici necessari per l'efficacia di piano paesistico ai sensi della legge 43 1/85.
Il territorio del Parco, inoltre, è individuato dalla legge istitutiva con un perimetro costruito su confini fisici, tali da racchiudere le aree più propriamente caratterizzate dai valori ambientali che si vogliono tutelare. Il piano territoriale, quindi, è più direttamente mirato alla conservazione di tali valori, benchè la 1. r. 86/83 stabilisca che il P.T.C.dev'essere elaborato con riferimento all'intero territorio dei Comuni interessati e gli attribuisca la possibilità di modificare il confine del parco stesso in relazione alle esigenze di tutela individuate.
Con riferimento alla specifica esperienza dell'Adda Sud, si rileva inoltre che in questo caso la Regione ha preferito suddividere il territorio tutelato lungo il fiume in due aree protette distinte, caratterizzate da situazioni ambientali e territoriali differenti, con l obiettivo di ottenere una maggiore efficacia e specializzazione nella pianificazione e gestione di entrambi i Parchi.
A differenza del P.T.C. del Ticino, quello dell'Adda Sud è stato redatto alla scala 1:10.000, avvalendosi del recente supporto cartografico regionale, con una precisione ed un dettaglio conseguentemente assai più accurati.
La stessa Regione, inoltre, si è preoccupata di ottenere un supporto conoscitivo di base adeguato agli obiettivi attesi, incaricando un pool di professionisti esperti nelle diverse discipline interessate di effettuare i rilievi e le analisi preliminari nella medesima scala richiesta per la redazione del P.T.C.
Seguendo gli indirizzi forniti dalla Regione, lo sviluppo delle indagini ha consentito di porre la giusta attenzione agli aspetti legati alle risorse naturalistiche del Parco, producendo un dettagliato censimento delle aree di interesse naturalistico all interno dell intero territorio dei Comuni consorziati, comprendente la loro classificazione in base ai caratteri evidenziati ed al relativo livello di importanza e vulnerabilità.
Nell'ambito dello stesso incarico, sono state esperite indagini in campo vegetazionale e floristico e sulla consistenza e distribuzione della fauna vertebrata.
Una particolare attenzione è stata posta, contestualmente, agli aspetti legati alla gestione faunistica, venatoria e alieutica, fornendo un contributo conoscitivo determinante al fine di delineare gli indirizzi normativi del P.T.C. in questo delicato settore.
Le ulteriori indagini settoriali - agricoltura, idrografia, idrogeologia - sviluppate nel corso dell'incarico regionale e completate in seguito a cura del Consorzio, hanno così fornito un quadro conoscitivo sufficientemente completo dell'ambiente naturale del Parco Adda Sud, adeguato ai criteri stabiliti dalla Giunta regionale.
Attenendosi alle disposizioni regionali, inoltre, lo stesso gruppo di esperti ha operato presso il Consorzio del Parco, redigendo la proposta di piano in modo da garantire, attraverso fasi intermedie di valutazione e coordinamento interdisciplinare, il giusto equilibrio negli indirizzi perseguiti e la massima rispondenza delle scelte finali ai risultati delle analisi svolte in ogni settore.
Tenendo conto dei suddetti criteri, il gruppo dei progettisti ha organizzato la fase di valutazione interdisciplinare del territorio in esame, definendo coerentemente con le informazioni raccolte le linee orientative della proposta di P.T.C.°
In questa fase si è dato particolare risalto alla necessità di restituire la giusta significatività al rapporto naturale tra il corso del fiume Adda ed il suo territorio, attualmente compromesso dai massicci interventi di regimazione idraulica e dall'eccessiva espansione delle aree coltivate fin sulle sponde fluviali.
In tale ottica, l identificazione di diversi livelli di vulnerabilità idrogeologica delle aree in rapporto al fiume è servita quale principale parametro di riferimento per la definizione delle fasce a cui attribuire regimi di salvaguardia differenziati nell'ambito della proposta di P.T.C.
La relativa povertà e la notevole frammentazione degli ambienti naturali lungo il fiume è stata messa nella giusta evidenza, traendo la conclusione che risulta necessario non solo proteggere adeguatamente i residui lembi di vegetazione spontanea ed i reliquati delle zone umide, ma anche programmare un'impegnativa azione di rinaturalizzazione del territorio, mediante la ricostruzione di fasce boscate e ambienti umidi ed il riequipaggiamento vegetale della campagna, da attuarsi con diverso livello di intensità in relazione alle fasce di salvaguardia ed allo stato di fatto rilevato.
Una valutazione importante riguarda il ruolo attualmente svolto dalle aziende faunistico-venatorie, nel cui ambito sono presenti i più consistenti sistemi naturali del Parco: le indagini danno atto dell'importanza di questi istituti venatori per la gestione e la manutenzione costante di tali ambienti, pur evidenziando la necessità di ottenere maggiori garanzie di un regime gestionale più attento agli aspetti di tutela. L'attenzione posta all'esatta identificazione delle aree di maggior pregio naturalistico ed all'interpretazione del corretto regime di tutela a cui sottoporle ha portato all'individuazione di ben 64 riserve naturali, per una superficie complessiva di 716 ha (pari al 2,9% del Parco), nonchè alla definizione di altri 1.120 ha come zona ambienti naturali", nei quali è prioritario l'aspetto di tutela delle presenze naturalistiche.
Da tale constatazione emerge la necessità di rispondere attraverso iniziative di pianificazione tendenti ad incrementare la superficie a verde naturale, con interventi che prevedono la graduale riconversione naturalistica di terreni ora coltivati, anche in funzione del riequilibrio e della salvaguardia idrogeologici: tali interventi sono prevalentemente individuati nell'ambito della "zona golenale agricolo forestale".
Queste previsioni generali sono integrate da più puntuali previsioni di tutela e di recupero naturalistico nell'ambito di ulteriori subzone individuate dal P.T.C. nelle zone agricole e ad attrezzature, nonchè da specifiche disposizioni "di settore" volte a tutelare aspetti ed elementi specifici del paesaggio naturale dell'Adda, quali le zone umide, le marcite, le rive del fiume ed i corsi d'acqua minori.
Il risultato ottenuto è stato un piano di particolare dettaglio e complessità, che già si rivelano dall'ampiezza del testo normativo e della legenda delle carte di azzonamento. Peraltro va rilevato come la normativa, pur mantenendo la dovuta attenzione ad una rigorosa vincolistica, laddove necessaria, si dimostri particolarmente attenta - e questo è un elemento di notevole innovazione all individuazione di meccanismi -, sotto forma di procedure, forme di incentivazione, azioni di coordinamento e compartecipazione -, atte ad innescare, o perlomeno a favorire, azioni concrete e funzionali alla migliore gestione delle risorse.
In questo senso, infatti, il P.T.C. del Parco Adda Sud rivela grande senso di concretezza e di realismo nella visione delle dinamiche in gioco nella situazione del territorio fluviale .
In primo luogo, prende atto dell'inutilità di assicurare una mera tutela passiva dei residui elementi di pregio ambientale, proiettando le finalità del parco verso l'obiettivo più impegnativo, ma assai più qualificato, di un recupero progressivo dell'integrità ed unitarietà ambientale del paesaggio fluviale, oggetto di progressivo degrado.
In secondo luogo, afferma realisticamente la necessità che a tale obiettivo siano chiamati a concorrere tutti gli enti e gli operatori, sia pubblici che privati, in un'azione coordinata dal Parco entro il quadro di riferimento progettuale fornito dal P.T.C.
Richiamando le stesse parole usate dall'architetto Borella, coordinatore dei progettisti, nella relazione al P.T.C. si possono sinteticamente riassumere così le finalità di questo lavoro:

"Obiettivo fondamentale di piano è dunque quello di coniugare la tutela e valorizzazione dei poli naturalistici di maggiore rilevanza del Parco con la ricostruzione della continuità dell'ambiente naturale lungo l'intera asta fluviale; il piano deve innescare un processo che, con la necessaria gradualità, tenda a restituire al fiume un suo spessore minimo, una sua fascia di pertinenza naturale" che non deve più essere intaccata; il piano deve cioè riconoscere i diritti del fiume" e provvedere ad un graduale risarcimento nei punti e nelle situazioni ove questi diritti sono stati maggiormente compromessi " .

"L'obiettivo generale di tutela della natura e del paesaggio, se riguarda in primo luogo le aree di maggior pregio naturalistico - ed in particolare la fascia del fiume e delle aree ad essa immediatamente contigue -, riguarda anche, soprattutto per i problemi che abbiamo definito di risarcimento", in larghissima misura aree a coltivazione agricola; il tema essenziale del piano - e soprattutto della sua futura concreta gestione - è pertanto quello della ricerca e sperimentazione di forme di esercizio dell'agricoltura sempre più compatibili con la tutela della natura e la bellezza, ricchezza e varietà del paesaggio".
E evidente, d'altronde, che il conseguimento degli obiettivi di piano, da cui si misura l'efficacia dello stesso, non è semplicemente legato alla buona qualità del progetto.
Traiamo quindi sempre dalla relazione al P.T.C. del Parco Adda Sud le giuste parole per meglio esprimere, in conclusione, questo determinante presupposto nell'efficacia della pianificazione di un parco:

"Se da un lato tale impostazione consente al parco di divenire centro primario di sperimentazione attorno ad una tematica la cui rilevanza supera di gran lunga i suoi confini istituzionali, va d'altro canto subito affermato che, proprio per la portata e la natura del tema, solo il supporto legislativo, organizzativo e finanziario dei livelli istituzionali ai quali tale tematica deve correttamente essere ricondotta - i livelli regionali, nazionali e comunitari - può garantire il pieno conseguimento di un obiettivo così ambizioso e di portata così generale .

*Regione Lombardia
Servizio Tutela Ambiente naturale e Parchi