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Contributo della S.A.F. alla conoscenza e all'assestamento di un patrimonio polifunzionale di rilevanza strategica.
Il Parco naturale regionale dell'Appennino "Monti Simbruini" è stato istituito con Legge Regionale del 29 gennaio 1983, n.8, in attuazione della L.R. 28.1 1.1977, n. 46, con finalità di conservazione, valorizzazione e razionale utilizzazione dell'ambiente naturale, sviluppo economico e sociale delle comunità locali interessate, corretta fruizione da parte di tutta la popolazione", secondo le direttive del piano di assetto e del programma di attuazione. L'art. 6 della legge affida al piano di assetto l'individuazione di:
- a) zone da destinare a riserva integrale, orientata e parziale;
- b) eventuali monumenti naturali da preservare;
- c) aree da destinare alla fruizione pubblica;
- d) percorsi attrezzati, noti come "sentieri natura";
- e) emergenze storiche, artistiche ed archeologiche;
- f) zone in cui mantenere ed incentivare le attività produttive;
- g) zone in cui incentivare le tecniche di lotta biologica;
- h) zone in cui sviluppare il turismo sociale;
- i) provvedimenti finalizzati per la tutela della fauna autoctona.
A sua volta, il programma di attuazione contiene, anzitutto, i piani di assestamento forestale relativi ai boschi del comprensorio, redatti secondo i principi di selvicoltura naturalistica e rispondenti alle finalità della Legge. L'articolo 8 detta norme transitorie, fino all'entrata in vigore del piano di assetto e del programma di attuazione, in virtù delle quali è vietata l esecuzione di qualunque taglio boschivo nei boschi di proprietà pubblica ed in quelli di alto fusto di proprietà privata. Sono fatti salvi i diritti di uso civico esistenti, per i quali dovranno essere rilasciate apposite autorizzazioni da parte della Giunta regionale. E permessa l'utilizzazione dei boschi cedui di proprietà privata di superficie non superiore a due ettari, nel rispetto delle prescrizioni di massima e di polizia forestale vigenti nelle rispettive province".
Il territorio del Parco dei Monti Simbruini
Esso include, per intero o parzialmente, i comuni di Camerata Nuova, Cervara di Roma, Subiaco, Jenne e Vallepietra, in provincia di Roma, e quelli di Trevi del Lazio e Filettino, in provincia di Frosinone. E delimitato a nord e nord-est dal confine regionale con l'Abruzzo, a est e sud-est dai Monti Cantari, a su dalla conca di Campo Catino, a sud-ovest dall'alta Valle dell'Aniene e a ovest dalla Strada Subiaco-Cervara di Roma Arsoli. La superficie complessiva del parco raggiunge i 38.000 ettari.
Si tratta di un territorio tipicamente montano, facente parte del sistema appenninico laziale, di cui costituisce una delle formazioni orograficamente più rilevanti, nonchè il nucleo centrale del sistema di aree protette dell'Appennino laziale, comprendente i Monti Lucretili e i Monti Ernici. La quota media del territorio del parco è pari al.146 m s.l.m.
La catena dei Monti Simbruini, compresa tra l'alto corso dell'Aniene e quello del Liri, a cavallo tra Lazio e Abruzzo, è di natura cal-
carea o calcareo-dolomitica ed è caratterizzata da diffusi fenomeni carsici (doline, caverne, eccetera), con scarsa circolazione superficiale delle acque, nonostante le abbondanti precipitazioni . A causa della grande permeabilità tipica di tutte le zone carsiche, la circolazione idrica è ipogea e fuoriesce dando luogo a numerose e ricche sorgenti, che fanno di quest'area uno dei maggiori serbatoi della Capitale e, di conseguenza, "area di vulnerabilità primaria in relazione alla qualità delle acque, sottoposta a tutela idraulica generale".
Nel nome "Simbruini" è contenuta, infatti, la radice latina di imber-imbris, che significa pioggia dirotta", acquazzone" o anche nembo", nube di pioggia" o, più in generale, "acqua piovana", da cui imbrifer (che porta pioggia, come in "bacino imbrifero"). Simbruinae erano le acque minerali di Simbruvio (Simbruvium), paese degli Equi, come Trevi del Lazio, l'antica Treba augusta.
La quantità media di precipitazioni annue è compresa tra 1.200 e 1.800 mm; l'inverno è generalmente molto nevoso. Tuttavia, il clima dei Simbruini è caratterizzato da una accentuata "infedeltà pluviometrica", con minimi annui di 700-800 mm e massimi fino a 2.300-2.400 mm.
Le temperature annue medie sono comprese tra 12- 13°C delle zone meno elevate a 78°C degli altipiani, a quote intorno a 1.5001.600 m s.l.m. Secondo la classificazione di Pavari ( 1916), il territorio del parco interessa le zone climatico-forestali del Lauretum (sottozona fredda), dal Castanetum e, soprattutto, del Fagetum; esso appartiene al piano mediterraneo umido di Emberger, spingendosi, alle quote più elevate (oltre i 1.400 m), verso climi spiccatamente oceanici.
Il paesaggio dei Simbruini, come quello di tutte le aree appenniniche di più antico insediamento, è modellato dal millenario intervento antropico. Si tratta di ambienti artificiali di alto valore naturalistico (Bellagamba e Olivieri, 1990), con presenza di interessanti endemismi sia faunistici che floristici, come anche di importanti emergenze idrogeomorfologiche, paesaggistiche e storico culturali ( monasteri benedettini di Santa Scolastica e di S. Benedetto e molti altri della "Valle dei Monasteri").
Incarichi alla S.A.F.
In ottemperanza a quanto stabilito dalla Legge regionale del 29.1.1983, n. 8, istitutiva del parco, essendo ampiamente trascorsi i termini dalla stessa previsti per la costituzione del Consorzio di gestione, la Giunta Regionale del Lazio, di concerto con l'Assessorato Regionale l.C.A., Formazione professionale e Programmazione, Settore programmazione, affidata all'Ufficio Parchi dello stesso Settore il coordinamento per la redazione del piano di assetto e conferiva poi alla S.A.F., l'incarico di realizzare la prima fase (fase conoscitiva) del piano di assestamento dei boschi comunali del Parco.
Il programma di lavoro, prevedeva l'adozione della metodologia già collaudata nell'indagine conoscitiva preliminare sui boschi del Lazio, condotta dalla S.A.F. per incarico dell'Assessorato Regionale Agricoltura, Foreste, Caccia e Pesca.
A seguito di ciò, la Giunta del Consorzio di gestione del Parco naturale regionale dell'Appennino "Monti Simbruini", nel frattempo costituitosi, affidava alla S.A.F. Ia realizzazione dell'intero piano di assestamento forestale dei boschi comunali del Parco.
Indagine conoscitiva sui boschi del parco (maggio 1988)
L'Indagine conoscitiva sui boschi del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini", realizzata dalla S.A.F. per conto della Regione Lazio, costituisce la prima fase (fase conoscitiva) dell'assestamento forestale. L'indagine, finalizzata ad accrescere le conoscenze di base necessarie a dare completa e puntuale attuazione a quanto previsto dall'art. 6 della Legge istitutiva del parco, risponde all'esigenza di
- quantificare, qualificare e localizzare sul territorio le risorse boschive esistenti nei comuni del parco, con campionamento sistematico per punti e stratificazione cartografica i n zone omogenee per tipologia fisionomica, stadio evolutivo e grado di copertura;
- fornire i dati di base e gli elaborati cartografici utili ad orientare e agevolare la compilazione dei vari strumenti pianificatori;
- evidenziare le attuali condizioni di accessibilità e fruibilità dei boschi.
- I dati di carattere stazionale, fisionomico-strutturale e dendroauxometrico, elaborati a diversi livelli di aggregazione e variamente combinati, integrati dagli elementi descrittivi delle sezioni forestali, hanno permesso di descrivere analiticamente tutte le principali componenti strutturali e funzionali del sistema bosco-paesaggio-ambiente, per poi individuare le possibili linee d'intervento, sempre nell'ambito delle funzioni prevalenti che il piano di assetto attribuisce alle superfici boscate.
Le elaborazioni cartografiche costituiscono, infine, il necessario complemento all'indagine per punti, consentendo, oltre ad una visione d'insieme delle principali caratteristiche delle formazioni forestali, l'immediata localizzazione topografica delle risorse. Esse rappresentano, inoltre, un indispensabile strumento di programmazione che, integrato con le risultanze inventariali, fornisce gli elementi di base per i piani di assestamento forestale, previsti dalla legge istitutiva del parco.
Dall'indagine risulta che la superficie forestale cartografata (23.113 ettari) rappresenta quasi i 2/3 del territorio del parco e che oltre i 3/4 dei boschi del parco sono di proprietà pubblica.
Il tipo fisionomico prevalente è costituito dai boschi di faggio, che interessano il 55,2% della superficie forestale del parco ( 12.764 ettari su 23.1 13). Seguono i boschi misti di latifoglie mesofile o mesotermofile a prevalenza di carpino nero e/o di roverella con il 38,1% (8.807 ettari), mentre molto meno rappresentati sono i rimboschimenti (2,8%), i boschi misti mediterranei a prevalenza di leccio (2,5%), i boschi di castagno (0,8%), quelli di cerro (0,4%) e le formazioni di ripa (0,2%).
I boschi di faggio, quasi sempre allo stato puro, costituiscono la formazione vegetale e forestale più importante del Parco dei Monti Simbruini. Solo di radovi si riscontra la presenza, per lo più a gruppi, di altre specie arboree, quali acero opalo, carpino nero, frassino maggiore, acero montano e sorbo, più spesso di tasso. Le fustaie da seme ( 50% dei boschi di faggio) prevalgono sulle transitorie derivanti da ceduo (30%), sui cedui a regime
(15%) e quelli invecchiati ( 5%) .
Nell'ambito dei boschi misti di latifoglie mesofile e mesotermofile prevalgono il carpino nero (34% in area basimetrica) e la roverella (26%), seguiti dal faggio (9%), dall'orniello (9%), dall'acero opalo (7%) e, in percentuali inferiori, dal cerro, dal leccio e dal nocciolo. I cedui a regime di età superiore a metà turno (71%) prevalgono nettamente su quelli più giovani (18%) e sui cedui invecchiati ( 11 %) .
Di rilevante interesse naturalistico e paesaggistico, oltre che protettivo, sono i boschi di leccio, per lo più misti con carpino nero, orniello ed altre numerose specie mediterranee e submediterranee, sia arboree che arbustive.
I rimboschimenti sono costituiti, in massima parte, da conifere (pino nero d'Austria, abete bianco, pino domestico e cipresso), all'interno delle quali si osserva, saltuariamente, la presenza di nuclei di latifoglie in corso di lento ma progressivo reinsediamento. Rinviando ai piani di assestamento forestale la descrizione particolareggiata dei diversi tipi di intervento, nell'indagine vengono suggerite le possibili linee di indirizzo selvicolturale da adottare, di volta in volta, alle diverse situazioni per soddisfare le diverse esigenze.
Per quanto riguarda le faggete, che costituiscono la formazione più diffusa ed importante, occorre tenere presente che si tratta, in prevalenza, di fustaie difficilmente riconducibili a un tipo selvicolturale preciso e definitivo. In tale situazione, viene suggerita una forma di trattamento a "taglio saltuario per piccoli gruppi", che autorevoli studiosi ritengono il più adatto per le faggete di aree protette. Questa forma di trattamento, che conferisce al bosco una struttura modulare, articolata e composita, può evitare cambiamenti percettibili del paesaggio, consentendo, nel contempo, continuità di rinnovazione.
Si potrà così ottenere una fustaia di tipo disetaneo, particolarmente valida sotto il profilo naturalistico ed estetico, per gruppi coetanei, costituita cioè da un insieme di popolamenti paracoetanei di piccola estensione e di età scalare. L'articolazione strutturale per gruppi coetanei risponde efficacemente ad esigenze di multifunzionalità.
Se il bosco di faggio è costituito da cedui invecchiati, nell'ambito dei quali si è già innescato un processo naturale di differenziazione e di selezione dei polloni, si cercherà di favorire e accelerare tale processo mediante tagli di avviamento alla conversione e di conversione vera e propria, che guidino il soprassuolo alla costituzione di fustaie di tipo transitorio; successivamente, verrà favorita la rinnovazione da seme per la perpetuazione naturale del soprassuolo. La scelta della conversione è la più rispondente alle esigenze di tutela dell'ambiente e del paesaggio, come anche a quelle di fruizione pubblica del bosco.
Per i boschi misti a prevalenza di carpino nero e di querce, il tipo di gestione più idoneo sembra essere, salvo casi particolari, il mantenimento della forma di governo a ceduo, da attuare con discrezione, in modo da evitare eccessive modificazioni del paesaggio, tenendo conto anche delle giuste esigenze delle popolazioni locali.
Nell'ambito di queste formazioni, i soprassuoli che ricoprono le pendici più acclivi, a morfologia più accidentata, immediatamente a ridosso dei centri abitati e comunque in situazioni particolarmente delicate, dovranno essere esclusi da interventi che non siano finalizzati ad accrescerne l'efficienza in ordine alla loro preminente funzione protettiva.
Analogo indirizzo s'impone per i boschi misti a prevalenza di leccio, la cui funzione protettiva e paesaggistica è fondamentale e preminente.
Per quanto riguarda i rimboschimenti, va anzitutto sottolineata l'importanza delle loro funzioni di tipo paesaggistico e protettivo, senza tuttavia trascurarne il ruolo produttivo. Sono quindi da prevedere interventi colturali a carattere selettivo di diradamento e di ripulitura, oppure di rinfoltimento con specie indigene, di preferenza latifoglie, nel caso in cui siano troppo radi per mancato attecchimento, per attacchi parassitari, eccetera.
Le scelte di indirizzo selvicolturale dovranno tenere in debita considerazione il problema del pascolo, di innegabile rilevanza socio-economica e non risolvibile con soluzioni di tipo coercitivo, senza valide alternative. D'altra parte, la perpetuazione ed il miglioramento delle formazioni forestali è un obiettivo irrinunciabile. Si dovranno quindi regolamentare le attività pascolive, offrendo valide occasioni di reddito alternativo laddove la pressione del pascolo minacciasse di compromettere la perpetuazione del bosco. Il miglioramento dei pascoli esistenti, la scelta di aree boscate in cui ammettere il pascolo, la limitazione del carico di bestiame, la regolamentazione stagionale, sono tutte azioni che possono aiutare questa difficile convivenza, ferma restando la tassativa chiusura al pascolo dei soprassuoli in rinnovazione.
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- Il piano di assetto del parco (giugno 1989)
Il piano, al quale e nel quale i singoli piani di assestamento forestale a livello comunale devono necessariamente collegarsi per essere ricondotti ad unitarietà, fa propri, per quanto riguarda i boschi, i principali risultati e le linee di indirizzo selvicolturale dell indagine conoscitiva (prima fase dei piani di assestamento), realizzata dalla S.A.F.
Per quanto riguarda la normativa vincolistica, nel piano di asseto si fa riferimento al vincolo idrogeologico, alla Legge Galasso (L. 431/1985), che assoggetta tutti i boschi al vincolo paesaggistico, ampliando l'insieme degli organismi regionali preposti alla vigilanza sul patrimonio boschivo e, in particolare, alla concessione delle autorizzazioni al taglio di lotti boschivi, alla legge istitutiva del parco, già ricordata, e al piano preliminare di Risanamento delle Acque. Quest'ultimo è stato in seguito meglio dettagliato con la redazione dello Studio di base per il primo Programma di risanamento delle acque dell'ANDlS, in base al quale
gran parte del comprensorio del parco viene classificato come "area di vulnerabilità primaria e sottoposta, pertanto, a "tutela idraulica generale", consistente nel disciplinare l utilizzo delle falde sotterranee, e a "tutela qualitativa delle risorse" (ex Allegato 3 della Delibera 4 febbraio 1977 del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento).
L'imposizione di questi vincoli ha avuto l'effetto, nell'ultimo decennio, di ridurre a meno dell' 1% la superficie annua media dei boschi sottoposti al taglio (cedui) o a interventi di diradamento (fustaie). Tale rallentamento delle utilizzazioni, se da un lato ha comportato un incremento delle provigioni medi, creando le premesse per il miglioramento di molti soprassuoli a ceduo, dall'altro ha scoraggiato la realizzazione di quegli interventi che avrebbero potuto indirizzare i soprassuoli forestali verso modelli a maggiore efficienza funzionale.
"La mancata esecuzione di sfolli, diradamenti, tagli di conversione di cedui invecchiati, tagli di sementazione nelle faggete mature, eccetera, non solo ha portato a mancati redditi dovuti alla riduzione nell'offerta di legname su scala locale, ma ha anche indotto, talvolta, sensibili perdite patrimoniali dovute al danneggiamento di boschi ben lontani da una condizione di autoregolazione biologica ("climax") e fortemente bisognosi di quel continuo intervento di regolazione selvicolturale delle produzioni, al quale, per secoli, sono stati sottoposti .
La zonizzazione del comprensorio del parco ai fini gestionali ha portato all'individuazione di una prima categoria di "zone ad elevata valenza ambientale e paesaggistica, così definite:
- zone di riserva integrale, in cui sono previste azioni che mirano unicamente alla protezione e alla conservazione dell ambiente nella sua integrità;
- zone di riserva orientata, in cui sono previsti interventi volti ad orientare l'evoluzione dell'ambiente all'acquisizione di un maggiore equilibrio complessivo;
- zone di riserva parziale, finalizzate alla tutela di alcuni elementi ben definiti (suolo, flora, fauna, uomo).
A queste "zone", cui fa esplicito riferimento la Legge istitutiva del parco, il piano di assetto aggiunge le zone di riserva controllata, istituita allo scopo di connettere tra loro le zone di riserva sopra definite, al fine di rendere più efficace l'azione di tutela e valorizzazione, pur consentendo, con opportuni criteri di controllo, usi ricreativi e produttivi delle aree interessate. Alla classificazione per zone dei territori ad alto contenuto ambientale e paesaggistico, la Legge affianca i monumenti naturali, individuati quali emergenze di particolare interesse paesistico o naturalistico, da sottoporre a vincolo di conservazione e tutela.
Circa i criteri di gestione delle risorse forestali, la Legge istitutiva del parco fa riferimento ai principi della selvicoltura naturalistica, da interpretare in chiave ecosistemica, che vede nella foresta "una complessa e viva entità biologica in equilibrio dinamico col suo ambiente fisico, dotata di un limitato grado di tolleranza pergli interventi esterni e perciò suscettibile solo di usi che ne assicurino anche la rinnovazione e la continuità nel tempo" (de Philippis, 1972).
Data l importanza che il "sistema bosco" riveste per l intero territorio in esame, sotto determinati aspetti la gestione del bosco si identifica con quella del parco e, di conseguenza, deve tener conto dell'uso multiplo o, meglio, dell'uso diversificato del territorio. Tale gestione dovrà soddisfare insieme e armonicamente le varie esigenze (protettive, produttive, naturalistiche, paesaggistiche, turistiche, culturali, economico-occupazionali, eccetera), di cui sono portatori i residenti e coloro che nel parco cercano valori sociali altrove irreperibili, secondo un piano generale, da esplicitarsi in piani di assestamento forestale, che superi i confini del territorio comunale.
La gestione del patrimonio forestale dovrà avere come obiettivi irrinunciabili il mantenimento della ricchezza del patrimonio genetico, della varietà degli ambienti e delle strutture (ad es. catene alimentari, nicchie
ecologiche), la conservazione del paesaggio per il suo valore estetico e culturale, il contenimento degli inquinamenti di tipo fisico, chimico e biologico.
Volendo fissare con un maggiore dettaglio i criteri a cui riferirsi, la gestione forestale dovrà porsi come obiettivi:
1. La conservazione della variabilità genetica, ambientale e strutturale attraverso il mantenimento delle pratiche colturali finalizzate all ottimizzazione dell'efficienza biologica dei vari sistemi;
2. il contenimento della degradazione della vegetazione e del suolo provocata da incendi o da utilizzazioni troppo frequenti e con massiccio asporto di materiali;
3. Ia conservazione delle unità di paesaggio, inteso come espressione formale dell azione dei fattori dell ambiente fisico e delle attività dell'uomo, invista anche di un'utilizzazione turistica impostata su basi culturali e non sul solo godimento estetico del panorama;
4. il soddisfacimento delle esigenze economiche nell'ambito delle forme tradizionali di utilizzazione silvo-pastorale;
5. l'accoglimento delle finalità di studio e didattiche del bosco, anche attraverso l'istituzione di riserve utili alla ricerca oltre che alla conservazione.
Con riferimento agli adempimenti formali, nel piano di assetto è fatto esplicito riferimento alla delibera della Regione Lazio n. 9156 del 27.12.1986, con la quale la Regione medesima affidava alla S.A.F. l'incarico della realizzazione della prima fase (fase conoscitiva) del piano di assestamento forestale dei boschi ricadenti all interno del parco. Nello stesso piano di assetto vengono delineati i criteri di redazione del redigendo piano di assestamento ai sensi dell'art. 8 della L.R. 28 novembre 1977, n. 46.
A questo proposito si osserva come il piano di assestamento forestale, pur rispondendo a esigenze di carattere comprensoriale riguardanti tutto il parco, dovrà essere prodotto in elaborati che consentano una corretta gestione anche a livello delle singole unità amministrative. Esso dovrà avere come obiettivi quanto meno la conservazione dell'attuale superficie forestale o il suo ampliamento in aree non suscettibili di altra destinazione, la valorizzazione e la razionale utilizzazione delle risorse forestali, in modo da ottimizzarne le varie funzioni protettive, ambientali, paesaggistiche, turistico-ricreative e produttive, creando nel contempo nuove possibilità di occupazione per la popolazione locale.
Per quanto riguarda le proposte più innovative e qualificanti, già il piano di assetto prevede la possibilità di attivare alcune aree dimostrative permanenti, con funzione di orientamento, di verifica e di monitoraggio dei vari tipi di trattamento.
Per un nuovo concetto di parco
Il concetto di parco ha subito nel tempo varie interpretazioni anche sotto l'influenza dei diversi momenti culturali, una delle più recenti interpretazioni è stata condivisa dal compianto Professore G.G. Lorenzoni (1992), già Presidente del Comitato Scientifico del Coordinamento Nazionale Parchi, secondo il quale anche la recente Legge 394/91, come molte leggi regionali, fa rivivere, accanto a neologismi, "terminologie ormai obsolete", come quelle di "riserve integrali ed altre categorie che andavano bene all inizio della cultura conservazionistica, ma che ora devono essere ridefinite". Giustamente il Professore Lorenzoni sottolineava come una riserva integrale presupponga, al momento della sua istituzione, integrità di situazioni territoriali, in cui l'azione spontanea e indisturbata della natura abbia condotto e conduca, senza interruzioni antropiche di continuità, ad una evoluzione dell'eco-sistema verso uno stato di equilibrio dinamico tendente al climax". Ma dove sono, in Italia, queste situazioni?
Lo stesso Autore ricordava che, venti anni orsono, "ambientalisti e conservazionisti in genere se la prendevano con la filosofia antropocentrica, che traeva origine già dalla Bibbia, che indicava l'uomo come padrone del creato; tuttavia l'errore non è nella Bibbia, ma nell'uomo che si è comportato
da sfruttatore e non da utilizzatore della natura". Ne è nata un'antitesi, una contrapposizione tra l'ambiente e l'uomo e la pretesa, da parte dei naturalisti, di allontanare questo dalle aree da proteggere.
In effetti, secondo tale impostazione filosofica, la conservazione integrale dell'ambiente presupponeva necessariamente l'esclusione dell'uomo. L'operazione risultò possibile per riserve di modeste dimensioni (anche se ci si accorse ben presto che l'oggetto della tutela conteneva, quasi sempre, anche l opera dell uomo), ma non certo per i nuovi parchi regionali che, nel frattempo, andavano rapidamente moltiplicandosi. La ragione di ciò sta nel fatto che ecosistemi tanto vasti e complessi non potevano e non possono essere privati di una componente fondamentale come l uomo, edificatore di tratti tanto importanti del paesaggio e presenza reale comunque insopprimibile.
Ne consegue l esigenza di una ridefinizione del concetto di parco, che dovrebbe anzitutto prevedere la sperimentazione e la messa a punto, a scopo dimostrativo e applicativo, di modelli economico-gestionali e di organizzazione territoriale finalizzati ad ottimizzare il rapporto tra l'uomo e l'ambiente, nella ricerca di nuovi equilibri rispettosi dei diritti di entrambe le componenti. Modelli da perfezionare progressivamente, da estendere e da applicare, in forme differenziate caso per caso, a tutto il territorio e non soltanto alle aree protette. Anche in base alla nuova legge 394/91, il Parco dovrebbe anzitutto funzionare da "palestra" di educazione ambientale e da modello" di fruizione sostenibile, in senso sia ecologico che economico, delle risorse naturali. Saldando i tre momenti della tutela, della formazione e dell'innovazione economico-gestionale e di organizzazione territoriale, la funzione conservativa del Parco verrebbe elevata al rango di educazione diffusa alla conservazione e di indirizzo globale, con riflessi altamente positivi sull'efficacia degli stessi vincoli di salvaguardia. E soprattutto in questo senso che il Parco potrebbe offrire un contributo sostanziale al mantenimento di quegli equilibri che sono irrinunciabili al crescere della domanda di qualità della vita.
Verso i nuovi orizzonti dell'assestamento forestale
Una volta formalizzato, da parte del C sorzio di gestione del Parco dei Mo Simbruini, l'incarico della redazione ( piani di assestamento forestale, la S.A.F faceva immediatamente carico di costitu una Commissione di esperti per l'inviduazione delle metodologie di pianificazione forestale meglio rispondenti alle istanze di polifunzionalità dei boschi del Parco.
Nella Commissione entravano a far parte esperti qualificati del M.A.F., della Regione Lazio, dell'Università di Firenze, dell'Istituto di assestamento forestale di Trento e della S.A.F.
A conclusione dei lavori la Commissic conveniva su un certo numero di raccomandazioni agli Assestatori incaricati, tra quali, in particolare:
- che gli indirizzi selvicolturali e le conseguenti linee di assestamento forestale fossero armonizzati con le funzioni che i boschi del parco sono chiamati a svolgere in relazione alle finalità generali del parco stesso, definite nella Legge regionale n.8 del 29.1.1983 e nel relativo piano di assetto; che venissero pertanto preliminarmente evidenziate, caso per caso, tali funzioni che l'assestamento rappresentasse momento di sintesi tra le stesse e le esigenze biologiche del bosco, come espressione di un'armoniosa convergenza di esigenze interne ed esterne al bosco stesso;
- che la polifunzionalità dei boschi parco venisse perseguita favorendo, per quanto possibile, la diversificazione strutturale che fitocenotica dei soprassuoli; che fosse previsto, nelle particelle trattare, un controllo degli effetti del trattamento a distanza di 5 anni dall'intervento, da ripetersi poi ogni 5 anni.
E, per quanto riguarda le faggete:
- che la complessità strutturale esiste fosse vista come premessa positiva valorizzare nell'assestamento, in quanto fattore di diversificazione in linea con le istanze di polifunzionalità sopra ricordate, che venissero evitate forzature coetaneizzazione di gruppi contigui
disetanei, senza nulla togliere alle finalità di programmazione insite nell'assestamento forestale, bensì arricchendo le stesse in termini di flessibilità e di polifunzionalità;
- che la rinnovazione del bosco avvenisse per via naturale e che le operazioni selvicolturali seguissero e stimolassero, anche su piccole superfici, le dinamiche spontanee della successione generazionale, mirando ad un processo di rinnovazione equilibrato nel tempo e nello spazio;
- che, in ogni caso, si tenesse conto in modo puntuale della struttura esistente, calibrando gli interventi in modo da non ridurre, ma anzi, dove possibile, accrescere il grado di complessità del bosco, assecondando le dinamiche evolutive in atto, senza imporre schemi colturali troppo rigidi o artificiosi;
- chegli interventi, cauti, continui, capillari e differenziati caso per caso, fossero adeguati allo stadio evolutivo dei singoli soprassuoli, in modo da inserirsi senza lacerazioni nel tessuto strutturale boschivo per accentuarne la capacità di reazione e l'efficienza biologica, che è alla base della funzionalità multipla del bosco;
- che le operazioni colturali avessero lo scopo di rendere i soprassuoli forestali più stabili in senso ecologico e più funzionali nei riguardi della domanda di beni e di servizi da parte della collettività.
Dalle raccomandazioni emergono alcuni concetti basilari, comunque validi ad orientare le scelte di pianificazione forestale in aree protette: la polifunzionalità nel perseguimento delle finalità motivanti l istituzione del parco; l'armonizzazione tra le funzioni attese e le esigenze biologiche del bosco stesso, attivando, a tal fine, tutte le possibili sinergie; il mantenimento e, dove possibile, il ripristino della bio-diversità, favorendo, per quanto riguarda i boschi, la diversificazione sia strutturale che fitocenotica, al fine anche di una loro maggiore stabilità ecologica; il monitoraggio permanente sugli effetti degli interventi e sulle tendenze evolutive dei soprassuoli, al fine di riorientare, permanentemente e caso per caso, gli interventi successivi; la complessità e l'articolazione strutturale come garanzia di maggiore efficienza biologica dei soprassuoli, dalla quale dipende la loro attitudine alla polifunzionalità; il conferimento, agli schemi colturali previsti e programmati dall'assestamento forestale, di una maggiore aderenza, capillarità e flessibilità, evitando lacerazioni e assecondando le dinamiche evolutive in atto, con particolare riferimento ai processi naturali di rinnovazione e alla conseguente successione generazionale nel tempo e nello spazio.
Nel caso del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini, quanto sopra va calato nel contesto generale degli obiettivi socioeconomici e ambientali previsti dal piano di assetto, tra i quali, in sintesi (G. Cannata, 1987):
- la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, culturali e paesaggistiche del territorio del parco, in relazione alla funzione sociale di tali risorse;
- la qualificazione delle condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni locali nel quadro di un corretto rapporto popolazione-ambiente;
- la promozione di una più adeguata organizzazione territoriale attraverso una preventiva conoscenza degli equilibri in atto, determinando l'assetto più idoneo in relazione alla qualità e sensibilità dell'ambiente e alle esigenze di sviluppo economico di lungo termine del territorio interessato .
Del patrimonio ambientale del Parco dei Monti Simbruini, i boschi rappresentano una componente di assoluto primo piano, come l'acqua, l aria e il suolo, ma di livello, se possibile, ancora più elevato, in quanto risorsa polifunzionale, di valenza globale, determinante, tra l'altro, ai fini della qualità delle acque e dell'aria, della conservazione e dell evoluzione dei suoli.
Non è più tempo di disquisire se sia più appropriato parlare di selvicoltura naturalistica" o di selvicoltura "su basi naturalistiche" (una selvicoltura che ignorasse determinate leggi naturali non sarebbe comunque selvicoltura): queste sono esercitazioni accademiche che non toccano il cuore del problema. E tempo invece di capire che l'ambiente è anche uomo e che l'uomo, volente o nolente, è esso stesso natura: è natura quando costruisce come quando distrugge. In questo caso, però, il suo autolesionismo è ormai diretto e immediato, essendo sempre più brevi i tempi di risposta del sistema.
I nuovi orizzonti dell'assestamento forestale sono quindi orizzonti a 360 gradi, aperti alle nuove stagioni della consapevolezza e della partecipazione, dell'educazione diffusa, della formazione e dell'informazione di alto profilo. Orizzonti, quindi, ambiziosi e impegnativi, di riferimento focale per i nuovi modelli di gestione delle risorse, di ottimizzazione del rapporto uomo-ambiente, di organizzazione sostenibile del territorio; orizzonti di sintesi armonica, di collaborazione sinergica tra l'uomo e il bosco, entrambi partecipi dell'unico infinito respiro dell'Universo.
Bibliografia
Bellagamba P., Olivieri M. - Il piano del Parco dei Monti Simbruini - Verde Ambiente, 4: 17-24,1990.
Cannata G. ,- Ipotesi di sviluppo economico e sociale nei piani di assetto dei parchi Atti Conv. Naz. parchi e riserve naturali, nella gestione territoriale", Viterbo: 32-47, 1987.
de Philippis A. - Ecologia e Selvicoltura: antitesi o armonia? - Ann. Acc. It. Sci. For., 21: 25-43,1972.
Lorenzoni G.G. - Ancora su parchi, riserve, aree protette - Parchi, 5: 5-6,1992.
Regione Lazio - "Boschi della Regione Lazio - Indagine conoscitiva preliminare per aree campione" - Società Agricola e Forestale, Roma, 1985.
Regione Lazio - "Indagine conoscitiva sui boschi del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini" - Società Agricola e Forestale, Roma, 1988.
Regione Lazio - "Parco naturale regionale dell'Appennino Monti Simbruini - Piano di assetto e programma di attuazione - Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma, 1989.
* Direttore del Centro di Sperimentazione agricola e forestale di Roma |