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Nella gestione degli ecosistemi terrestri, ed in particolare di quelli che rientrano nelle aree protette e che richiedono, pertanto, da parte degli amministratori grande cura ed attenzione nella pianificazione degli interventi, al fine di non alterarne le caratteristiche strutturali e funzionali, è di fondamentale aiuto la comprensione dei processi che entro questi si svolgono; questi possono interessare l'ecosistema nel suo complesso o soltanto alcune delle sue parti. Nel caso degli ecosistemi forestali, grande importanza riveste il suolo, che si configura come l'interfaccia tra la vegetazione e l'ambiente geografico in cui il bosco è inserito. Variazioni delle proprietà dei suoli legate a fattori geologici e climatici portano, infatti, a mutamenti nei cicli degli elementi nutritivi, che condizionano l'evoluzione della vegetazione; quest'ultima, a sua volta, modifica le caratteristiche del suolo partecipando alla formazione e alla caratterizzazione della sostanza organica attraverso il processo della restituzione.
Molti sono gli esempi che possono essere riportati; ne citeremo alcuni.
L'attività microbiologica del suolo è stimolata dalla copertura forestale non solo nella sua componente fungina ma, salvo il caso di acidificazione eccessiva, anche in quella batterica. In due Mollisol (o Rendzina) dello stesso ambiente geologico e climatico abbiamo riscontrato (tabella I - omissis ), nel suolo sotto faggeta, valori della microflora batte-rica, per unità di terra, da 3 a 5 volte superiori rispetto a quella del suolo sotto cotica erbosa (Arcara et al., 1 979) .
Nell'area occupata dalla collina di Poggio del Comune, presso S Gimignano, in Toscana, è stato possibile ritrovare differenti formazioni forestali sullo stesso tipo di suolo (classificato Chromic Cambisol). Una prima indagine da noi eseguita per valutare l'influenza di tre boschi (lecceta, cerreta e carpineto) sull'evoluzione del profilo umico ha messo in evidenza (tabella 2 - omissis) variazioni significative non solo del contenuto complessivo di sostanza organica e di biomassa microbica dei tre suoli, ma anche probabili modificazioni qualitative della prima, deducibili dal diverso grado di protezione esplicato nei confronti di un'attività enzimatica extracellulare quale quella fosfatasica (CherubinieArcara, 1992).
lnfluenze dirette della vegetazione sull'attività biologica del suolo sono determinate dagli estratti acquosi della lettiera fresca e et al., 1970; Boquel e Suavin, 1972; Arcara, va sottolineato, a questo proposito, l'effet- 1973; Howard e Howard, 1991).
Pertanto, lo studio e la comprensione dei processi che interessano il suolo sono momenti ineludibili nell'affrontare il problema di una corretta gestione degli ecosistemi forestali, e le aree protette possono costituire dei laboratori in cui utilizzare l'elemento suolo quale indicatore e "sintesi" dell'influenza dell'attività umana su questi eco-sistemi.
Il suolo visto come sintesi di numerosi effetti (effetto vegetazione, effetto clima, effetto geologia, eccetera) migliora la comprensione dell' incidenza ambientale di molte azioni antropiche e non, sulla foresta. Come esempio ci riferiamo al grave problema dell'incendio dei boschi. In questo caso la gravità del danno sopportato dall'ecosistema varia e si differenzia non solo in funzione dell'intensità del fuoco sulla vegetazione, ma anche del tipo di suolo. Alcune indagini condotte una ventina di anni fa da Arcara con altri specialisti hanno messo in evidenza ripercussioni dell'incendio del bosco sull'attività microbio-logica e biochimica del suolo, ad un anno di distanza dall'evento, che si diversificano notevolmente in presenza di suoli calcarei o di suoli acidi. Infatti, mentre nel primo caso si è assistito ad una riduzione generale della fertilità del suolo bruciato che si è espressa attraverso l'abbassamento dell attività dei drogenasica, la diminuita possibilità di mineralizzazione dell'azoto umico e di degradazione della cellulosa, la contrazione numerica e certamente anche specifica della popolazione fungina (Arcara e Lulli, 1972), nel caso dei suoli acidi sono stati riscontrati effetti positivi sui processi di mineralizzazione dell'azoto organico e sull'entità della microflora totale (tabella 3 - omissis). Questi ultimi risultati possono giu-stificare, almeno in parte, l'abbondante rinnovazione che spesso si osserva dove so-prassuoli di pino marittimo sono stati percorsi dal fuoco (Arcara et al., 1975).
L'intensificazione dello studio dei suoli forestali delle aree protette deve essere stimolata per usufruire sempre meglio di questi
corpi naturali come indicatori della fertilità dell'ecosistema, un fattore che ha importanti risvolti sia in campo economico che nei confronti della protezione dell'ambiente. In particolare urge approfondire lo studio dei cicli biogeochimici nei loro rapporti con le deposizioni atmosferiche, del ruolo dei microrganismi del suolo e delle micorrize e dell evoluzione della sostanza organica. lnoltre risultano ancora poco sviluppate le ricerche sulla denitrificazione nei suoli forestali, fenomeno che riveste una notevole importanza per il ruolo svolto nel ciclo dell azoto e per le implicazioni riferibili alla fascia stratosferica dell'ozono ed al fenomeno dell effetto serra.
E noto che i prodotti terminali del processo di riduzione disassimilativa del nitrato sono costituiti, nell'ordine, da protossido di azoto (N2O) e da azoto molecolare (N2) e che l entità delle relative emissioni dal suolo e del loro rapporto è funzione di molti fattori tra cui hanno il massimo rilievo la concentrazione dei nitrati e le caratteristiche della sostanza organica del suolo. Lo studio che abbiamo intrapreso da circa due anni sui suoli di una riserva biogenetica dell'Appennino toscano sta mettendo in evidenza come attraverso la valutazione del potere denitrificante del suolo e delle emissioni di N2O sia possibile spiare" I'arricchimento di azoto apportato all'ecosistema dalle deposizioni secche ed umide, acide e non. Questa asserzione emerge dai risultati analitici che dimostrano gli alti livelli di denitrificazione in suoli una volta caratterizzati da estrema povertà di azoto minerale in genere e di nitrati in particolare. Segnali preoccupanti e purtroppo coerenti con quanto detto sopra si ricavano anche dalla stima delle emissioni di N2O e dal rapporto N2O/ N2 che si colloca a livelli superiori a quelli indicati come i più frequenti dalla letteratura internazionale di 15 - 20 anni fa. Da questi ultimi rilievi traspare che non è possibile proteggere totalmente gli ecosistemi dalle interferenze antropiche e che il concetto di aree protette deve essere sgombrato, se ve ne fosse ancora bisogno, da erronee concezioni di protezionismo rigido, statico, per assumere quelle di protezionismo dinamico, che si pone, cioè, alla ricerca del modo migliore, razionale (cioè capace di prevedere le conseguenze), di gestire gli ecosistemi forestali; tenendo presente che anche moltissime aree protette portano tuttora i segni dell'attività umana, della storia dell'uomo, che ha agito direttamente sulla vegetazione forestale e indirettamente, ma con ripercussioni evidenti, sul suolo.
Anche in questi casi lo studio del suolo può aiutarci nella scelta di una gestione attenta alle esigenze dell'ecosistema. Ci sembra pertinente citare a questo proposito il problema della rinnovazione nei boschi di conifere ed in particolare nelle peccete. I selvicoltori insegnano che, ad esempio, la rinnovazione all'interno della pecceta subalpina pura e di età avanzata incontra notevoli difficoltà (Piussi, 1979; Piussi, 1986). Questo problema è senz'altro anche conseguenza dell accumulo di sostanza organica poco o nulla umificata, tipo mor, nel profilo umico del suolo e quindi della sua progressiva inattivazione biochimica. La rimozione di queste caratteristiche del suolo necessita dell'attuazione di pratiche forestali atte a favorire la mineralizzazione della sostanza organica in eccesso e a stimolare l'avanzamento dei processi di umificazione nella porzione residua.
Infine, tornando per un momento sul problema già trattato delle deposizioni acide, fertilizzanti e/o inquinanti, appare evidente che, di fronte ad un progressivo e pericoloso arricchimento del suolo in nitrati e metalli pesanti e tossici, un utile intervento da mettere in opera nelle aree protette potrà essere quello di mantenere giovani i boschi, in quanto è negli stadi giovanili che le piante presentano tassi di crescita e dunque fabbisogni di nitrati più elevati.
Certamente per poter affrontare al meglio tutti i problemi esistenti e/o prospettati occorre uno stretto collegamento tra scienza, politica e gestione del territorio.
Non sempre la ricerca riesce, con sufficiente impegno, a divulgare quanto acquisito e spesso gli amministratori non considerano adeguatamente ciò che la comunità scientifica suggerisce loro. Esistono così solo rari momenti di discussione e collaborazione, e comunemente tra scienza e società esiste una netta ed insuperata cesura, con conseguenze negative per entrambe le parti. l parchi e le aree protette costituiscono un'occasione d'incontro ed i loro amministratori, che mostrano grande sensibilità verso l'ecologia, potrebbero operare quali educatori del mondo politico, da una parte, e stimolare il mondo scientifico dall'altra. Dai parchi, laboratori per la gestione del territorio, dovrebbero diffondersi nel territorio restante nuovi criteri d'intervento attenti sia alle esigenze sociali che alle caratteristiche proprie dei diversi ecosistemi ed in particolare di quelli forestali.
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* Direttore della Sezione di biologia del suolo
dell lstituto Sperimentale per lo studio e la difesa
del Suolo Firenze
* * Borsista Ministero Agricoltura e Foreste presso
la Sezione di biologia del suolo dell'lstituto Sperimentale
per lo studio e la difesa del Suolo, Firenze |