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1. La formazione del territorio deltizio
Tutto il territorio della costa alto-adriatica dall'Adige a Ravenna è il risultato delle attività di "costruzione" litoranea del Po, nelle sue variabili ramificazioni deltizie, e delle fasi, talora di regresso, talora di erosione e di avanzata del mare Adriatico. La fascia costiera che interessa considerare ai fini del Parco è il prodotto di questa dinamica sviluppatasi negli ultimi quattromila anni, durante i quali il Po ha cambiato più volte le modalità di sbocco a mare ed ha progressivamente colmato il golfo Adriatico, aumentando, dove più dove meno, l'estensione della pianura padana.
Fino all inizio dell'epoca etrusca la formazione di questa costa fu dominata dal Po detto "Messanico" che aveva foce nei pressi di Ravenna; ma già allora andavano prendendo importanza il ramo del Padoa (o Eridano, o Spinetico) e, più a nord, quello di Olana (attuale Volano). Ancora in epoca romana e fino a tutto l'alto medioevo il Delta si sviluppava a sud di Comacchio ed il principale ramo del Po era il Primaro, il cui percorso si può ritenere all'incirca coincidente con l'attuale tratto terminale del fiume Reno (prima affluente del Po).
A seguito di una delle molte "rotte", impaludamenti e divagazioni (in particolare quella di Ficarolo del 1150) le maggiori acque del Po presero le vie più settentrionali. Le Bocche del Po delle Fornaci preoccupavano intanto la Repubblica di Venezia che temeva l'interrimento della laguna; agli inizi del XVII secolo il Po veniva pertanto deviato verso la Sacca di Goro. L'opera, di portata storica, è nota come il "Taglio di Porto Viro" e segna l'inizio della formazione del moderno Delta cuspidato. Con i depositi del nuovo ramo del Po, la sacca di Goro andava presto colmandosi e durante tutto il XVIII secolo il delta si estendeva rapidamente formando il territorio di Porto Tolle. Nel secolo seguente emergevano nuovi terreni, soprattutto grazie agli apporti del Po di Goro e del Po di Gnocca che, in tal modo, preannunciavano la formazione della Sacca degli Scardovari. Il Po della Tolle e il Po di Goro concorsero alla creazione di questa insenatura che alla fine del secolo era ormai completa. Attualmente il Delta attraversa un periodo di assestamento; dopo i vistosi fenomeni di subsidenza causati dalle estrazioni metanifere, i terreni alle foci, che erano stati in parte sommersi, oggi stanno riemergendo.
Gli ambienti naturali costieri del Delta del Po, per le accennate vicende della genesi e dei mutamenti dei luoghi fisici, sono caratterizzati da un accentuata dinamica. L'edificazione di nuovi cordoni litoranei ad opera degli apporti solidi del fiume e dei meccanismi di marea e del vento, ha portato a rapidi avanzamenti delle linee di spiaggia ed alla formazione di ampie lagune costiere retrostanti, mentre fenomeni erosivi innescati da cambiamenti nel regime delle correnti o da accelerazioni della subsidenza hanno avuto, ed hanno al presente, conseguenze opposte. Anche in aree più interne la subsidenza o al contrario l interrimento, per accumulo della vegetazione o per deposito di limo fluviale, hanno trasformato in zone palustri superfici boscate ed in seguito hanno innescato un processo di progressivo ritorno della foresta igrofila e mesofila. La pressione delle attività umane ha però interferito, soprattutto negli ultimi decenni, con crescente efficienza nella dinamica di questi mutamenti fisici, sia impedendo il libero divagare delle acque dei fiumi, che ora scorrono tutti inalveati al mare, sia colmando la gran parte delle zone umide di acqua dolce o salmastra per fini di agricoltura.
2. Spiagge e dune
Gli "scanni" sono i litorali dell estremo Delta. Essi prendono origine dalle correnti marine che accumulano la sabbia in forma di lunghi cordoni alle foci dei rami del Po. Su quelle spiagge avvengono le prime colonizzazioni ad opera delle entità vegetali, pioniere specializzate a sopportare l'aridità e la salsedine.
Nel Delta veneto, Scanno del Palo, Scanno Gallo, Scanno Boa, Scanno Bastimento e Scanno di Gorino, mantengono abbastanza integre le caratteristiche di ambienti ancora in fase di costruzione, mentre il litorale di Rosolina a Mare appare notevolmente più evoluto dal punto di vista vegetazionale e ospita interessanti comunità termofile.
Nell'entroterra invece, della complessa serie di cordoni dunosi fossili, estesi da Rosolina a Mesola e fino oltre Spina, non rimangono oggi che tracce isolate a seguito di inopportuni sbancamenti e livellamenti spesso favoriti dagli stessi Enti locali, effettuati per prelevare la sabbia a scopo edilizio. Testimonianze di queste antiche formazioni sopravvivono a Rosolina, Donada, Contarina, San Basilio, Massenzatica e Mesola, con un paesaggio vegetale molto simile a quello delle dune costiere attuali.
Le spiagge e gli apparati dunosi che fino ai tempi recenti erano rimasti tra gli ambienti meno alterati e meno appetiti dall'uomo, hanno perso bruscamente questa condizione di privilegio nel dopoguerra con l'affermazione del turismo balneare e con i suoi noti corollari sociali ed il conseguente manifestarsi delle alterazioni ad esso connesse.
Al di fuori di questi ambienti più importanti rimangono altri piccoli frammenti, alcuni recentemente acquisiti alla gestione ex ASFD, e molti altri in balìa di capanni abusivi, abbandono di rifiuti, pesante calpestìo, transito di moto e automezzi fuoristrada. In qualche caso, frammenti già tutelati sono minacciati dal progetto di nuovi stabilimenti balneari (come di fronte alla ex colonia CRI di Marina di Ravenna) o di attrezzature per la fruizione delle spiagge "libere" (come nel litorale comacchiese).
Il calpestìo della fascia delle dune più alte indebolisce la stabilità dei popolamenti ad Agropyron e Ammophila delle sommità, mentre è ancora più esiziale per le piante delle depressioni come Eryngium, Echinophora, Euphorbia, Cyperus, e della fauna tipica di questo ambiente, ormai estremamente rarefatta, come i coleotteri Erodius, Atheucus, Psammobius, Scarites e molti altri.
Il transito di veicoli arreca danni ancora più gravi, e segni di pneumatici rimangono incisi anche per anni nel sottile e fragile feltro muscoso del tortulo-scabioseto delle più interne bassure intradunali dove inizia la colonizzazione dei primi arbusti, come Juniperus e Hippophae.
3.I boschi litoranei
Le pinete sono un prodotto artificiale che si è in parte sovrapposto a preesistenti ambienti naturali di duna, stravolgendone le caratteristiche; tuttavia, oltre ad una certa proprietà ecologica" nell'uso dei pini (pinastri in particolare) nel ruolo di colonizzatori, è in atto un arricchimento biologico spontaneo di queste compagini che si sono popolate di altri alberi (Quercus, Populus, Ulmus) e arbusti (Juniperus, Hippophae, Piracantha ) e danno rifugio ad una fauna non sempre banale e che in ogni caso trova qui sufficiente protezione.
Talvolta le formazioni termofile a leccio, con altre sclerofille (Phillyrea, Ligustrum) e latifoglie, costituiscono formazioni litoranee relativamente recenti. E il caso di Rosolina a Mare, dove la lecceta frammista ad elementi mesofili riproduce in buona parte le caratteristiche del Bosco Nordio e del Boscone della Mesola.
Notevole rilievo hanno poi i boschi che crescono in posizioni più arretrate rispetto alla costa attuale su suoli corrispondenti a più antichi cordoni litoranei.
Nella parte veneta, esigui frammenti di lecceta naturale sopravvivono a Volto di Rosolina, dove sono aggrediti dagli scavi di sabbia che hanno annullato quasi del tutto i cordoni dunosi. A Donada invece le rinnovazioni di leccio e roverella si stanno progressivamente affermando nelle radure della pineta.
Più esteso e meglio conservato appare infi-
ne il bosco di Santa Giustina presso Mesola. E probabile, e in parte dimostrato, che anche l'origine di questi boschi sia similmente dovuta ad interventi pianificati di forestazione degli apparati dunosi litoranei, a fine di consolidamento idrogeologico, produzione di legname da opera, protezione delle colture retrostanti; ma quando ciò avvenne, i nuovi impianti artificiali di pino o leccio si congiungevano ed erano contemporanei a nuclei delle antiche foreste planiziarie non ancora aggrediti dal dissodamento agrario; da questi nuclei essi ricevettero un'eredità di piante e animali che in parte conservano ancor oggi.
La struttura vegetazionale dominante varia profondamente da una zona all'altra: nella lecceta di Rosolina a Mare e nel Boscone della Mesola è netta la dominanza delle latifoglie sempreverdi, mentre nei boschi del litorale ravennate il paesaggio è dominato dal pino. Ciò è dovuto più al differente intervento storico dell'uomo che non a profonde differenze di vocazione vegetazionale: una spontanea evoluzione di questi boschi termofili dominati dalla lecceta sul vertice degli antichi apparati dunosi e di boschi meso
(-)igrofili dominati dalla farnia con aspetti a pioppo bianco, frassino, olmo, eccetera, nelle bassure interdunali.
4. Le lagune salmastre
Le lagune costiere, le sacche di foce e le valli sono i luoghi naturali più significativi del Parco.
Nelle lagune che rimangono in comunicazione più o meno ampia con il mare e dove l'apporto di acque dolci è ridotto o addirittura limitato alle sole precipitazioni atmosferiche, le condizioni fisiche danno luogo ad ambienti iperalini dove vivono comunità di piante ed animali che hanno sviluppato particolari adattamenti fisiologici per rendere possibile l assunzione di acqua anche in presenza di elevatissime concentrazioni saline.
I popolamenti delle piante nettamente alofile (Salicornia, Suarda, Salsola, Limonium, eccetera) danno un aspetto quanto mai suggestivo e caratteristico del paesaggio vallivo e, data la loro crescita obbligata in questi ambienti ormai confinati, necessitano di tutela: anche la raccolta "tradizionale" delle specie di Limonium è in grado di produrre grave depauperamento ad uno degli aspetti naturali più peculiari.
Per la parte del Delta attivo, soprattutto in territorio veneto, le sacche, anche se in aperta comunicazione col mare, sono per lo più dominio delle acque dolci portate dal grande fiume, e la vegetazione, maggiormente contrassegnata dalla canna palustre, è adattata anche a condizioni di transizione e a bruschi, temporanei mutamenti della salinità A sud della Sacca di Goro le lagune sono in più ristretta comunicazione col mare attraverso bocche o canali.
Essenziale è il ruolo biologico svolto da queste lagune salmastre nel sostentamento degli uccelli migratori (le acque salate o salmastre non gelano mai d'inverno) e di alcune popolazioni di uccelli nidificanti.
Per questa ragione, e molto opportunamente, diversi di questi ambienti sono stati inclusi dal nostro Paese nell'elenco delle zone umide di importanza internazionale" ai sensi della Convenzione di Ramsar.
Nella Regione Emilia-Romagna, con D.M. del 3 luglio 1981, rientrano in questo elenco la Valle di Gorino e territori limitrofi, la Valle Bertuzzi e il Lago delle Nazioni, le Valli residue del comprensorio di Comacchio, la Piallassa della Baiona, la Valle dell'Ortazzo e dell'Ortazzino e le Saline di Cervia.
Nella Regione Veneto, invece, nessuna area umida è stata sinora tutelata in questa forma e l'attività venatoria si esercita su tutti gli ambienti di maggior pregio.
5. Le paludi di acqua dolce
Le bonifiche hanno ovunque gravemente ridotto la superficie delle valli salmastre e delle paludi di acqua dolce per ricavarne terreni agricoli che si sono poi rilevati spesso di scarsa produttività e quindi economicamente svantaggiati: ciò è accaduto per lo più nei primi decenni di questo secolo e, con nuova spinta tecnologica, nell'ultimo dopoguerra.
Nel Delta polesano la bonifica ha eliminato pressochè completamente gli ambienti umidi di acqua dolce, così che i pochi ettari an-
cora presenti sono oggi da considerarsi autentiche rarità.
L'ambiente meglio conservato, noto come Rotta di Martino, è situato nelle immediate vicinanze della paleoduna di S. Basilio (Ariano Polesine) e si risolve in uno stagno di limitata estensione; il relitto palustre dell ex-valle Boccara (Porto Tolle), è oggi in fase di prosciugamento non essendo più alimentato dalle acque di scarico dell'idrovora di Ca' Mello. Infine il relitto di Valle Bonello (Porto Tolle) è stato sensibilmente alterato dall'Ente Sviluppo Agricolo Veneto allo scopo di renderlo idoneo alla piscicoltura.
Nella palude di Punte Alberete-Bardello e territori limitrofi sono censite ben I I specie del solo genere Pterostichus e 26 del genere Bemhidion (Coleotteri Carabidi), più numerosi altri insetti, ben 3 rane, I raganella, 2 rospi, 2 tritoni, 4 serpenti, per non parlare della ricchezza di uccelli nidificanti e di passo .
Ma la grande rarefazione delle zone umide, l'inquinamento e lo stravolgimento ambientale in quelle esistenti, pongono in condizioni di minaccia tutta la loro biologia.
La testuggine palustre, un tempo comunissima nel medio e basso corso di tutti i fiumi, nelle paludi e perfino negli stagni retrodunali, conserva oggi poche e isolate popolazioni e può essere considerata il simbolo di questa natura che scompare.
6. I rami fluviali
Dopo l'ambiente agrario, quello dei rami fluviali è oggi il sistema ambientale maggiormente compromesso del Delta padano. Gli interventi per la regimazione idraulica, attivati in varie riprese in ogni epoca storica, sono culminati soprattutto in questo secolo nella costrizione dei rami del Po entro poderose arginature, sopraelevate sul piano di campagna, che impediscono completamente ogni dinamica naturale del fiume.
Le serie vegetali igrofile sono discretamente leggibili solo in alcuni tratti, mentre nella maggioranza dei casi le rive sono sovrastate dall'argine oppure separate con questo da larghe fasce di pioppeto a scopo industriale. Nella zona settentrionale del Delta, il Po di Maistra è il ramo senile meglio conservato, dove il bosco ripariale di salice trova la migliore espressione.
Nelle golene e negli isolotti fluviali si inseriscono vasti canneti che danno rifugio ad una fauna interessante di ardeidi e palmipedi.
In questi ambienti non ancora aggrediti dall'uomo, la natura può esprimersi liberamente; si tratta però di territori complessivamente limitati rispetto a un Delta talvolta ritenuto un'immensa superficie umida.
Più all'interno, le manomissioni antropiche diventano pesanti e si accentuano di anno in anno riducendo sensibilmente le aree che hanno mantenuto un certo grado di naturalità .
Secondo l'impostazione tecnica fino a ieri predominante ma ancora non del tutto superata, il Magistrato per il Po ha quasi sempre considerato il fiume un condotto dove convogliare e far defluire nel minor tempo possibile le acque della pianura; non ha così esitato a rafforzare arginature e a raddrizzare meandri alveali, costringendo l'alveo entro strutture rigide incompatibili con la dinamica naturale dei corsi d'acqua.
La vegetazione ripariale inoltre è frequentemente manomessa dai residenti, oppure viene sostituita dalle colture di pioppo nelle golene date in concessione o divenute di proprietà dei privati.
Le golene, ampi bacini di sfogo delle piene, sono ancora frequenti lungo i rami del Po, ma il loro aspetto è stato pesantemente modificato negli ultimi anni dagli interventi per la regimazione idraulica: da Contarina a Taglio di Po e fino a Polesine Camerini, soprattutto lungo il Po di Venezia, i rigogliosi boschi di salice hanno ceduto il passo alle ruspe e l'ambiente risulta in gran parte sfigurato .
7. La fauna
L'intero complesso del Delta del Po, in particolar modo per le sue zone umide, riveste tutt'ora una enorme importanza per la conservazione di un gran numero di specie animali.
Si tratta di siti idonei alla sosta e all'ali-
mentazione dell'avifauna durante le migrazioni autunnali e primaverili, ma anche allo svernamento delle popolazioni più settentrionali, e infine alla nidificazione di molti uccelli estivi o sedentari.
Vale quindi la pena tracciare un sintetico quadro delle principali emergenze faunistiche di questi luoghi.
Nelle zone di acqua dolce nidificano due svassi il tuffetto e lo svasso maggiore. Lo svasso piccolo è invece di comparsa soprattutto invernale e frequenta preferibilmente le valli salse e il mare.
Gli ardeidi sono presenti con parecchie specie nidificanti che costruiscono nidi in ambienti di acque dolci sugli alberi e nei canneti, ma che frequentano anche le valli salse per la ricerca del cibo Diverse specie di ardeidi conducono vita gregaria in colonie chiamate "garzaie", sia durante il periodo riproduttivo che nella restante parte dell'anno. In varie località del Delta sono presenti numerose garzaie e dormitori di questi importanti uccelli.
Tra gli ardeidi sono strettamente legati ai canneti il tarabuso e il tarabusino, entrambi non gregari, e l'airone cenerino: nidificano preferibilmente sugli alberi ma a volte anche fra le canne.
Nel Delta di recente si sono insediati, come nidificanti, il mignattaio e la spatola, mentre l'airone bianco maggiore è presente durante l'inverno.
Tra le specie di recente insediamento, come nidificanti, è da segnalare anche il cormorano, che non si riproduceva più in Italia settentrionale da oltre cento anni.
Tra l'avifauna più importante sono ancora da menzionare gli anseriformi con numerose specie che compaiono in particolare durante le migrazioni o come svernati. Tra queste troviamo il germano reale, presente sia come nidificante che come migratore; inoltre la marzaiola, l alzavola, la canapiglia, il mestolone, la moretta, la moretta tabaccata, il moriglione sono presenti anch'esse con piccole popolazioni nidificanti ma assai più abbondanti durante i passi; mentre esclusivamente migratrici o svernanti sono il fischione, il fistione turco, la moretta grigia, il quattrocchi, lo smergo minore, lo smergo maggiore e la pesciaiola. Altri anatidi di rilevante interesse natura-listico sono lavolpoca, che nella zona di Boscoforte ha una delle sue pochissime stazioni di nidificazione italiane, e le oche, rappresentate dall'oca granaiola, che svernano regolarmente nel comprensorio costituito dal Mezzano, dalle Valli di Comacchio e dalla fascia costiera comprese fra queste e il mare .
Un altro gruppo di uccelli acquatici di rilievo è quello dei rallidi, ben rappresentato dalla folaga, dalla gallinella d'acqua, dal porciglione, dal voltolino e dalla schiribilla, sia con popolazioni nidificanti che svernanti o migratrici.
Negli acquitrini, nei terreni umidi e negli arenili vivono i limicoli, in genere provvisti di zampe e becchi allungati e in gran parte migratori. Tra le specie più significative sono da ricordare i piovanelli e i gambecchi, l'avocetta, la beccaccia di mare con parte della sua popolazione nidificante italiana (alto Adriatico), tipici delle zone umide salmastre, mentre le zone umide di acqua dolce sono frequentate preferibilmente dalle pittime, dai totani e dai piro piro, dal fratino, dal cavaliere d'Italia, dalla pavoncella, dal piviere dorato, dalla pernice di mare e dall'occhione.
Tra i laridi sono presenti, con popolazioni sia nidificanti che svernanti e migratrici, il gabbiano reale, il gabbiano comune, il gabbiano corallino con la sua unica popolazione nidificante italiana, il gabbiano roseo con uno dei quattro siti di nidificazione italiani, le sterne e i mignattini, tra cui la sterna a zampe nere con uno dei tre unici siti di nidificazione italiani, il beccapesci, la sterna comune, il fraticello e il mignattino piombato con la sua unica popolazione nidificante italiana. Ragguardevoli sono le popolazioni di fraticelli nidificanti sugli scanni della parte veneta.
Tra i rapaci presenti nel Parco del Delta sono da segnalare il falco di palude legato soprattutto ai canneti, l'albanella minore, l'albanella reale, il nibbio bruno, il falco pecchiaiolo, la poiana, lo sparviere, il falco pescatore, il falco pellegrino, il lodolaio, lo smeriglio e il gheppio; le diverse specie
hanno popolazioni migranti o svernanti e alcune di esse sono anche nidificanti.
Tra i rapaci notturni sono presenti il gufo di palude, il gufo comune, l'assiolo, la civetta, l'allocco e il barbagianni.
Tra i mammiferi più importanti è da segnalare la presenza di una popolazione relitta di lontra fortemente minacciata; di altri mustelidi come la donnola, la puzzola, la faina e il tasso; della volpe e, limitatamente al bosco della Mesola, del cervo e del daino. Infine non va dimenticato che i fiumi, il complicato sistema di canali, le valli e il mare che si insinua nelle estreme propaggini del Delta e le valli sono gli ambienti ideali per moltissime specie di pesci.
Da qui nasce l'interesse dell'uomo per la vallicoltura, una tecnica di allevamento e raccolta del pesce in acque salmastre i cui principi fondamentali non hanno subito cambiamenti nel corso dei secoli, almeno fino a tempi recenti.
Nelle valli pertanto sono allevati e pescati cefali, branzini, orate, sogliole, anguille.
La pesca in laguna è particolarmente volta alla cattura delle anguille.
L'allevamento e la stabulazione dei mitili hanno raggiunto negli ultimi anni livelli di produzione particolarmente alti.
Sempre più fiorente è la raccolta della vongola verace asiatica che qui ha trovato un habitat del tutto favorevole.
Tra le specie ittiche che si riproducono in laguna si ricorda il latterino; tra le specie che vi entrano in cerca di pascolo si segnalano il rombo, la sogliola e la triglia, mentre tra quelle che vi compiono vere e proprie migrazioni si ricordano la passera, l'orata, il cefalo e la spigola, tutte oggetto di pesca.
*Da "Quale Parco del Delta del Po"
-Speciale Parchi n. 2 WWF Italia |