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"La natura non ha creato il sole, né l'aria né l'acqua come privata proprietà, ma come tesori pubblici": così scriveva Ovidio, con l'intuizione profonda dei poeti. Quasi due millenni dopo, i tesori pubblici sono corrosi sempre più rapidamente da tarme che il vate latino non poteva certo, ai suoi tempi, immaginare inquinamento, sovrasfruttamento, uso irrazionale.
L'alba del Terzo Millennio ci vede tutti più poveri, mentre i gioielli di famiglia, buttati sconsideratamente dalla finestra, si assottigliano sempre più: tre specie viventi perdute al giorno, il 15%-20% di tutte le specie estinte per sempre nel Duemila se continuiamo di questo passo.
Per impedire quest'immane disastro, occorre mettere al primo posto, tra le priorità non solo del movimento ecologista internazionale, ma di tutti i governi, la tutela della biodiversità" impegno riconfermato a Rio de Janeiro, nel giugno 1992, dalla maxi-conferenza ONU su ambiente e sviluppo, con la firma di un'apposita convenzione.
Ma come proteggere la "biodiversità" del pianeta dall'annientamento, o almeno frenarlo? Tra gli strumenti più adeguati, la creazione di sistemi di aree protette è certamente prioritaria. Verità peraltro lapalissiana che venne tradotta in pratica, per la prima volta, dai pragmatici americani, con l'istituzione nel 1872 del Parco Nazionale di Yellowstone, antesignano di tutti i grandi parchi naturali del mondo.
Oggi il numero delle aree protette sul pianeta è salito, con vertiginosa velocità, a ben 8 500 (secondo i dati dell'Uicn, illustrati nel febbraio 1992 al Congresso mondiale sui parchi nazionali di Caracas, Venezuela) pari al 5% delle terre emerse. Ma non è anccora sufficiente: i protezionisti chiedono che si arrivi almeno al 10% nel prossimo decennio, puntando quindi al raddoppio.
Raddoppio che in ben 24 paesi del mondo è già cosa fatta (dal piccolo Costarica alla diligente Norvegia), mentre altre nazioni si stanno velocemente avvicinando alla meta. Non va dimenticato, per chiarezza, che questi conti si basano su una lista che non comprende tutte le aree protette esistenti, ma solo le più importanti, selezionate secondo criteri sostanziali (I'Europa, per esempio, ha creato ben 20 000 zone protette, di cui solo un decimo figurano nell'elenco dell'Uicn) .
E l'ltalia? condizionata da un analfabetismo ecologico che per decenni l'ha condannata al ruolo di fanalino di coda nel campo della tutela della natura, il nostro Paese pareva alfine essersi riscattato con il varo della tanto attesa legge-quadro sulle aree protette, entrata in vigore alla fine del 1991 . Ad un anno e qualche mese dal varo della nuova normativa, la vittoria degli ecologisti ha già un sapore amaro.
Perchè la legge che avrebbe finalmente dovuto farci incamminare verso l'obiettivo del 10% del territorio protetto - obiettivo lanciato nel 1980 dal movimento ambientalista, WWF e Comitato parchi in testa - è ancora in gran parte lettera morta.
E rischia di non decollare mai.
Vediamo da vicino lo stato di salute della 394. Va premesso che i ritardi nella sua applicazione si sono intrecciati con il rinnovo della legislatura e il cambio di governo. Il Ministro dell'Ambiente, pressato dagli ecologisti, ha emanato dopo un anno i decreti di perimetrazione provvisoria per i parchi del Gran Sasso-Laga, Majella, Vesuvio, Cilento e Gargano (la Val Grande era già perimetrata da alcuni mesi).
Nel frattempo lo stesso Ministero ha predisposto le proposte definitive di perimetrazione per i parchi in itinere (Dolomiti Bellunesi, Arcipelago Toscano, Foreste Casentinesi, Monti Sibillini, Pollino, Aspromonte) che verranno inviate agli Enti locali e alle associazioni ambientaliste per il parere di merito.
Ma per poter dare istituzione reale a questi parchi in itinere è necessario un decreto del Presidente della Repubblica con l'istituzione dell'Ente parco e la relativa nomina di presidente e direttore. Insomma, il decreto è vitale per far funzionare davvero l'area protetta, per fornirla del motore in grado di metterla in movimento. Il WWF aveva dunque chiesto al Ministro Ripa di Meana di effettuare rapidamente quest'importante atto amministrativo, verificando anche le nomine effettuate dal precedente governo e scegliendo solo persone di reale capacità e professionalità, al di fuori delle camarille politiche e delle logiche elettorali.
Un passo avanti per trasformare i parchi di carta in parchi veri è stato fatto con la nomina, prevista dalla legge, della Consulta per le aree protette, presieduta dall'onorevole Gianluigi Ceruti, padre" della legge-quadro e tra i massimi esperti nostrani in tema di aree protette. Accanto a Ceruti, siedono protezionisti di rango come Carlo Alberto Pinelli, eletto vice-presidente della Consulta e Fabio Cassola, vicepresidente del WWF-ltalia (gli altri componenti sono Mario Signorino, Angelo Guerrini, Sandro Ruffo, Francesco Maria Raimondo, Folco Giusti, Benedetto Li Calsi). Il WWF ritiene che questo organismo sia fondamentale per l'applicazione della legge e per arrivare rapidamente a costruire un efficace sistema di aree protette. Purtroppo, però, la consulta si è trovata ad operare - almeno sinora in un clima di precarietà: basti pensare che non è stata ancora messa in funzione la Segreteria tecnica (composta da 30 funzionari pubblici e da 20 consulenti esterni) del cui lavoro la Consulta dovrebbe potersi avvalere.
Ma non è questa la sola nube ad addensarsi sul cielo della 394: non sono ancora stati avviati i lavori per la redazione della Carta della natura, non è stato redatto il primo programma triennale, né costituito l'elenco ufficiale delle aree protette, né bandito il concorso per i direttori dei parchi.
Tutto ciò dovrà essere fatto nel 1993 - almeno così sperano le associazioni ambientaliste - unitamente alla costituzione degli Enti parco per i parchi in itinere e dei Comitati di gestione provvisoria per i nuovi parchi di cui all'art. 34.
Per quanto riguarda questi ultimi, va ricordato che c'è stata una levata di scudi da parte degli Enti locali di fronte all'ordinanza del Ministro dell'Ambiente che appone urgenti misure di salvaguardia; una buona occasione per far scatenare nuovamente i nemici storici dei parchi e della conservazione della natura. Bisogna tuttavia notare che effettivamente le misure di salvaguardia in questione dovrebbero essere più calibrate e commisurate alle necessità di tutela. Il WWF, inoltre, ritiene indispensabile la pubblicazione di un decreto di perimetrazione completo di donazione di massima interna (almeno due ambiti a maggiore e minore antropizzazione del territorio).
Se il futuro non è roseo per i parchi da fare, per quelli già fatti - i cinque parchi "storici" attualmente esistenti nel Bel Paese, due dei quali (i pionieri Parco d'Abruzzo e Gran Paradiso) hanno compiuto settant'anni nel 1992 - non solo il futuro, ma il presente è gravato da difficoltà.
Occorre che le leggi istitutive vengano prontamente adeguate al dettato della legge-quadro, con la garanzia che sarà salvaguardata l'efficacia degli autonomi corpi di vigilanza e l'esistenza delle sedi storiche di Roma per il Parco d'Abruzzo e di Torino per quello del Gran Paradiso.
Ostacoli non meno impervi intralciano la creazione del Parco del Gennargentu, strappato in extremis lo scorso giugno, grazie a un'intensa mobilitazione del WWF, con un'intesa Stato - Regione che dovrebbe dare il via a questo fondamentale parco mediterraneo. Ma deve ancora essere costituita la commissione paritetica che dovrà predisporne la perimetrazione e le relative norme di salvaguardia. Mentre nella difficile e complessa realtà della Sardegna le ben note resistenze (spesso strumentali) al parco persistono, anche se affievolite. Non sarà facile neppure la strada verso la realizzazione del Parco interregionale del Delta del Po, anche se qui è già da tempo al lavoro un'altra commissione paritetica.
Ma al di là degli intoppi burocratici e degli ostacoli tecnici, ciò che preoccupa gli ambientalisti è la tendenza politico-culturale, rispuntata in tempi di crisi economica, a considerare i parchi come un lusso per epoche di prosperità, che l'ltalia di oggi non può più concedersi. La tutela dell'ambiente, che si era appena imposta come questione centrale e prioritaria, rischia - sull'onda della recessione - di slittare di nuovo ai margini. Non basterà la battaglia tenace del WWF e delle altre associazioni ambientaliste, né la competenza di esperti come Ceruti, Pinelli e Cassola per dare gambe a una legge che potrà camminare soltanto se l intero Paese si renderà conto che l occasione parchi non va sprecata. Non solo in nome della conservazione della natura, ma di quell'ecosviluppo tanto predicato a Rio de laneiro, e che già corre il rischio di cadere nell'oblio.
La battaglia per i parchi, che per il WWF sicuramente sarà prioritaria nel 1993, fà dunque parte di una sfida più ampia e più ardua per mantenere abitabile questo nostro maltrattato pianeta e per non gettare via i "pubblici tesori" di cui parlava Ovidio.
Presidente WWF Italia |