Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista Parchi:
tutti i numeri online
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 9 - GIUGNO 1993


ENTI E SOCIETA' INFORMANO

L'attività ippica a S. Rossore

La realtà del Parco regionale a San Rossore-Migliarino-Massaciuccoli vive anche per la presenza storica del cavallo. Se la prospettiva è di equilibrare questa presenza, così da distribuirla sul territorio secondo vocazioni già definite (il galoppo a San Rossore, l'equitazione a Migliarino, l'allevamento a Coltano, l'equiturismo a Massaciuccoli), è innegabile che questa mappa di sviluppo che si proietta nel futuro non possa ignorare il ruolo ormai storicamente più consistente acquisito in oltre 150 anni dal purosangue nell'area di Barbaricina-San Rossore.
Un pò di storia è utile per valutare meglio questa presenza, attribuendole i giusti significati. Se le prime importazioni di cavalli di razze diverse si devono addirittura alla casa medicea e risalgono quindi a trecento anni fa, furono i Lorena che dettero impulso alla presenza del cavallo all'interno dei confini del parco situato fra l'Arno e il Serchio. Mentre in tutta Europa - soprattutto in Inghilterra e in Francia - si affinava la razza dei purosangue con sapienti e decisivi incroci con razze berbere e arabe, i Lorena popolarono il loro possedimento pisano con un numero crescente di razze diverse che, all'inizio del secolo scorso, poco prima della breve dominazione francese, furono quantificate in cinquecento esemplari.
Stava intanto emergendo nella vita sociale italiana il fenomeno sportivo legato alla caccia alla volpe ed alle gare dei purosangue. L'attività sui prati del Quercione a Firenze aveva portato alla nascita delle prime scuderie da corsa, seppure non ancora regolamentate nell'ambito del Jockey Club, che nascerà nella seconda metà de secolo. Fra le scuderie più attive, quella della casa lorenese (sotto il nome di razza Gentile) i cui cavalli combattevano alla pari con quelli dei sudditi. In questa passione dei granduchi di Toscana va ricercata l'iniziativa di allevare "polledri" nell'area ritenuta, a giusta ragione, più idonea per la cura del cavallo: San Rossore. Questa breve premessa era indispensabile per collocare la presenza attuale del purosangue a San Rossore. Nel 1829 Leopoldo 11 di Lorena, che aveva "scoperto come luogo di residenza la tenuta pisana tanto da costruirvi anche una grande villa, tracciò un giro di pista al centro di un bosco di querce (sullo stile inglese), creando forse inconsapevolmente quello che sarebbe diventanto l'ippodromo del parto degli Escoli (da eschia, che significa quercia). L'iniziativa dei Lorena accelerò ed anzi promosse il processo di insediamento dei cavalli purosangue a San Rossore. Subito dopo, cioè intorno alla metà del secolo, giunsero i primi veri pionieri dell'ippica: Jacopo Barchielli, Ranieri Galletti, e poi, realizzata l'unità d'Italia, Thomas Rook, che era stato fantino di Vittorio Emanuele 11.
Logisticamente, l'area ippica si era attrezzata secondo una logica che doveva tenere conto della relativa indisponibilità pubblica della tenuta di San Rossore. I cavalli trovarono albergo all'esterno, nel villaggio di Barbaricina, mentre gli allenamenti e le gare avevano luogo all'interno della tenuta, attorno alla pista tracciata da Leopoldo, all estremità est del Parco. Questa attività sportiva era destinata non soltanto ad avere un ragguardevole sviluppo ma anche a dare vita a tutta una realtà sportiva ed umana che avrebbe da lì a poco connotato Barbaricina come il paese dei cavalli". Fantini, artieri, allenatori, maniscalchi, sarti di giubbe, sellai questa l'umanità che alimentò la vita di Barbaricina a partire dalla metà del secolo scorso e fino alla seconda guerra mondiale. Un percorso attraversato da grandi firme": cavalli e fantini famosi, capaci di disegnare con i loro nomi la storia dell'ippica italiana e mondiale.
Se Barbaricina non seppe costruire, intorno a questa importante e singolare realtà umana, più precisi e autoctoni connotati urbanistici (tanto che il paese fu devastato da uno sviluppo urbanistico selvaggio, che ne trasfigurò i caratteri originari, costringendo le grandi scuderie a spostarsi gradatamente verso San Rossore), l'attività sportiva all'interno del Parco conservò una sua unicità, che si protrarrà, praticamente intatta, fino ai giorni nostri. Nel 1875, per concessione reale, il Jockey Club italiano aveva ottenuto per le piste di allenamento di San Rossore il riconoscimento di centro nazionale di allenamento"; una caratteristica che, nella sostanza, vale ancora oggi, come ancora oggi è attiva una convenzione d'uso che regola i rapporti fra la proprietà presidenziale e l'Alfea, la società che gestisce fin dal 1854 le attività del cavallo da corsa.
Anche i purosangue hanno dovuto peraltro confrontarsi in questi ultimi anni con i nuovi parametri di tutela di San Rossore. Ma la loro presenza è apparsa compatibile con il territorio per una somma di fattori: il numero, contenuto entro le mille unità; la circostanza che l'area d'influenza della loro attività sia circoscritta alla zona est, quindi decentrata rispetto alle aree di maggior pregio ambientale; infine, l'elemento storico di una presenza che, anche alla luce delle consuetudini e della cultura del territorio, sembra ormai imprescindibile dalla storia stessa del territorio. Il problema che si pone per il presente, ma più ancora per il futuro, è quello di conciliare la presenza del cavallo da corsa con l'integrità complessiva della tenuta e del Parco regionale. C'è insomma da garantire l'attività ippica, che rappresenta anche una realtà economica di non trascurabile portata, senza dilatarne in maniera non armonica lo sviluppo, così da conciliarsi senza traumi con il rispetto dell'insieme naturistico.
I rapporti tra l'Alfea, la società di gestione delle attività ippiche, ed il Consorzio del Parco sembrano oggi avviati su binari di collaborativa programmazione: con l'obiettivo di uno sviluppo graduale, che non travalichi se non marginalmente gli attuali confini nei quali si esercita l'attività ippica. E in questo ambito di ragionato sviluppo che si articolerà il dibattito nei prossimi anni, per non far perdere alla tenuta alcuno dei suoi connotati originari, garantendo tuttavia la presenza - consolidata sul piano sportivo, economico, storico, culturale - dei purosangue a San Rossore.
Un'ultima considerazione: la lunga presenza del cavallo purosangue a Barbaricina San Rossore, con la sua storia sportiva che non può distaccarsi ormai dalla vicenda umana delle famiglie e degli uomini che lo hanno reso protagonista, potrà essere oggetto di ricordo e di studio attraverso la creazione di un museo dell ippica pisana" al quale da tempo si sta pensando.

Un atlante al servizio del territorio rurale

Alle soglie di rilevanti modificazioni nelle politiche agrarie della CEE e nelle relazioni internazionali, grandi trasformazioni si attendono nello scenario agricolo europeo, trasformazioni che incideranno profondamente anche sul panorama socio-economico e fisico-ambientale della nostra nazione e quindi sui ruoli tradizionalmente assunti dal territorio rurale. La presenza dell'attività agricola rappresenta, ancor oggi, il fattore che maggiormente caratterizza la porzione più vasta del nostro territorio. Saranno tuttavia sempre più marcati i processi di abbandono dell'attività agricola nelle zone marginali e di ulteriore concentrazione in quelle più fertili, e diventano di estrema attualità riflessioni sul governo di questa transizione, che cerchino di mitigarne le patologie e di assegnare nuovi valori ed utilità alle aree via via defunzionalizzate.
Le politiche di sviluppo e di gestione ambientale del territorio rurale non possono non tenere conto dei complessi rapporti ed interazioni che esistono tra la geografia delle aree rurali e le condizioni ambientali economiche e sociali nel nostro Paese.
Alla luce di questa elementare, sebbene non immediata, considerazione, il Ministero dell'Agricoltura e foreste si è fatto promotore di un progetto di ricerca per fornire nel breve periodo una risposta alla esigenza di migliore comprensione delle relazioni tra politiche agricole e trasformazioni territoriali.
Nasce, così, l'Atlante nazionale del territorio rurale, come sistema di conoscenze e di tecniche di valutazione strettamente orientate al servizio dei processi decisionali pubblici.
L'intento principale è quello di farne un agile strumento, interpretativo e valutativo delle dinamiche in atto nel panorama agricolo nazionale e più generalmente nel mondo rurale in modo da costruire un quadro territoriale di riferimento per la generazione di politiche di sviluppo rurale capaci di cogliere le sollecitazioni provenienti dalla riforma della P.A.C.
Per raggiungere questo obiettivo il progetto si articola secondo un approccio multi disciplinare in cui le varie attività di ricerca, si completano al fine di realizzare più compiuti modelli interpretativi.
La selezione di indicatori di scala comunale o sub-comunale permette di produrre un'immagine nazionale delle caratteristiche territoriali del sistema agricolo; l'impiego congiunto ed integrato di parametri economico-sociali e di indicatori ambientali e territoriali, consentirà di predisporre più maturi riferimenti conoscitivi ed organizzativi per una nuova stagione di politiche di sviluppo rurale a partire dalle aree marginali e svantaggiate.
La ricerca, estesa all'intero territorio nazionale, è organizzata in una prima fase attualmente in corso di completamente, rivolta alle regioni centro meridionali: Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzi, Campania, Puglia, Basilicata e Sardegna (oltre ad Emilia-Romagna e Molise scelte come primo campo di sperimentazione metodologica), mentre il successivo completamento dell'Atlante per le restanti regioni italiane è previsto nell'arco del 1993.
La ricerca è sostanzialmente orientata a fornire una strumentazione orientata a fornire una strumentazione nuova agli operatori di politiche agro-ambientali e territoriali .
Intanto, l'omogeneità dei dati assunti consente la costruzione di scenari nazionali oggi scarsamente producibili come semplice collocazione di immagini regionali disomogenee.
Poi, la implementabilità del sistema consente la espansione delle conoscenze e quindi la crescita della efficacia e della operatività nel tempo.
Infine la sensibilità alle politiche ne garantisce l'utilità rispetto ad una domanda istituzionale sempre più sollecitata in termini di tempo e qualità.
Di recente, ancora in fase di costruzione, il sistema di valutazione dell'Atlante si è esercitato sul tema delle marginalità, discutendo l'obiettivo 5/b del Regolamento C.E.E.
2052 del 1988 con il quale la Comunità Europea ha riformato il funzionamento dei propri fondi a finalità strutturaleIl contributo dell'Atlante in questo caso è consistito nel fornire utili strumenti di valutazione ai soggetti (statali e regionali) coinvolti nella determinazione delle aree investite dalla politica specifica, tempestivamente e con buona affidabilità-cientifica. Mai più in generale in questa occasione la ricerca ha misurato la propria capacità di impostare temi quali la marginalità e la ruralità del territorio nazionale operando classificazioni e definizioni con soddisfacenti risultati.
I profili fondamentali dell'Atlante sono riconducibili a quattro campi di applicazione. Quello più propriamente agricolo che ricostruisce le dinamiche aziendali e la capacità di queste di governare il territorio libero. Quello territoriale, che ricostruisce la dislocazione nello spazio delle attività e degli insediamenti extragricoli, dandone una rappresentazione dinamica sia in termini storici che spaziali. Quello fisico-ambientale, che propone un modello interpretativo in cui condizioni e fattori oggettivi (di natura geopedologica, morfologica, climatica) consentono una classificazione del territorio in base all'attitudine produttiva dell'ambiente e in base alla sua fragilità/ sensibilità.
Per dare un esempio, sempre in riferimento alla marginalità, l'Atlante consente di rappresentare

- una marginalità agricola, espressione di una mancata partecipazione ai processi di sviluppo per carenza di qualità economiche e sociali;

- una marginalità "insediativa, che si manifesta nella collocazione degli insediamenti rispetto la rete di collegamento o di distribuzione;

- una marginalità "fisica", dove è l'elemento fisico, in termini di sensibilità e di valore, a prevalere nel determinare riduzioni nei gradi di libertà" per gli usi.
Di fronte alla progressiva perdita di espressività di modelli interpretativi basati solo sull'equazione agricola-mondo rurale, cresce l'interesse verso una definizione del mondo rurale come sede di nuovi servizi ambientali, sia sul versante della funzionalità ecologica, come su quello della fruizione, della alimentazione, della educazione.
L'Atlante può contribuire a costruire una immagine rinnovata del mondo rurale, inteso sia come sistema di offerta ambientale (o di offerta di servizi ambientali), che come modello insediativo diffuso, policentrico e sostenibile".
Tra i servizi rurali la politica delle Aree protette trova evidentemente un ruolo centrale e di guida nella ricerca di nuovi standards di fruizione (e di vita).
Sarà possibile, come nel caso dell'obiettivo 5/b, discutere all'interno dell'Atlante la politica dei parchi nel nostro paese, cercando di costruire un'immagine e una proposta più aderente alle condizioni territoriali, sia in termini di sensibilità che di valori, che di accessibilità, valutando con attenzione le attività compatibili con (e quelle indispensabili per) il mantenimento di quei paesaggi e quegli ecosistemi che apprezziamo al punto da volerli conservare, stimolando lo sviluppo di un vero e proprio sistema nazionale di parchi (regionali e no), tipizzati ed integrati in una logica di offerta di respiro, appunto nazionale, che sappia bene coniugare i principi conservativi con le istanze fruitive, il consumo di ambiente con la sua prudente riproduzione "per le generazioni future".

Cooperativa Architetti e Ingegneri C.A.I.R.E.

Società fondata nel 1947, opera da sempre nei campi della pianificazione territoriale e ambientale, dell'urbanistica, della programmazione dello sviluppo, della valutazione ambientale e socio-economica, della progettazione, prestando supporto e consulenza alle attività di Enti Locali di ogni livello: Comuni, Comunità Montane, Province, Regioni.
La Cooperativa Architetti e Ingegneri ha oggi consolidato uno staff professionale che vede affiancati alla struttura operativa interna una serie di collaborazioni esterne, che consentono di configurare di volta in volta i gruppi di lavoro più idonei alle specifiche finalità di ciascun progetto.
La tradizionale attenzione ai temi della conoscenza e conservazione delle risorse naturali ed ambientali ha infatti portato allo sviluppo della vasta gamma delle discipline afferenti il territorio ed una attrezzatura tecnologica avanzata che le consentono applicazioni di livello nazionale, quale l'Atlante Socio-Economico ed Ambientale del Territorio Rurale, in corso di formazione.
Fra le esperienze più significative condotte negli anni più recenti possono essere segnalate quelle relative:

- alla formazione del Piano Territoriale Regionale della Regione Emilia-Romagna e del Progetto Appennino che lo ha preceduto;

- ai Piani di Settore: delle Attività Estrattive della Regione Umbria, delle aree rurali della Regione Friuli-Venezia-Giulia, del Sistema Commerciale della Regione EmiliaRomagna, dei Trasporti della Provincia di Reggio Emilia, delle Acque della Provincia di Cuneo;

- ai Piani Territoriali Provinciali di Cuneo, Cesena, Ferrara, Forlì, Mantova, Modena, Piacenza, Verona;

- alla formazione delle Schede di Valutazione F.l.G. relative al sistema dei Parchi regionali dell'Emilia-Romagna.

Ugo Baldini