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1.Il sistema delle aree protette
In Toscana il termine "aree protette' ha assunto, da ormai dieci anni, un significato molto ampio.
Le aree protette toscane, infatti, non sono solo aree a gestione speciale quali i parchi e le riserve naturali, le zone di tutela biologica, le zone umide d'importanza internazionale, ai sensi della convenzione di Ramsar, ma anche un "sistema' di aree appenniniche, collinari, costiere, fluviali e palustri, alla cui gestione non sono preposti Enti, o consorzi di Enti, particolari.
Alle tipologie di tutela ambientale esistenti nel quadro nazionale, se ne è, quindi, aggiunta un altra, del tutto nuova rispetto all'esperienza ed all'impostazione di altre Regioni .
Questa situazione deriva da un impegno di lavoro che si è sviluppato, da tempo, in due direzioni tra loro complementari:
- la prima attiene all'istituzione di parchi naturali a gestione speciale in situazioni note, dibattute e meritevoli di particolari forme di tutela ambientale;
- la seconda attiene al sistematico riconoscimento delle aree di pregio ambientale esistenti su tutto il territorio regionale, all'emanazione di norme generali di tutela, alla gestione tramite gli enti pubblici territoriali esistenti secondo le competenze normalmente loro attribuite.
Questa è l'impostazione regionale assunta dal 1982, anno in cui venne approvata la L.R. n. 52.
Oggi, dopo l emanazione della legge-quadro nazionale sulle aree protette e l evoluzione notevole dei rapporti Stato/Regioni nella materia, riscontrata anche in occasione del primo programma triennale di salvaguardia ambientale, si rende opportuna una riflessione sullo stato di attuazione dei due temi di lavoro quale base di partenza per i prevedibili impegni futuri; primo tra tutti, l'adeguamento della legislazione regionale alle regole ' quadro' della legge nazionale. Dei due temi si intende qui esaminare soprattutto il secondo, quello relativo al sistema regionale delle aree protette, che è senz'altro da analizzare più ampiamente e compiutamente, sia in rapporto all'esperienza avviata sia in rapporto alla legge-quadro, proprio per i suoi caratteri di originalità che, come si è già detto, non trovano riscontro in campo nazionale.
Premettiamo, comunque, un breve richiamo alla situazione esistente in materia di parchi e riserve naturali con l'intento di offrire una panoramica generale della situazione toscana in materia di protezione ambientale.
2.1 parchi e le riserve naturali
Il primo tema, quello relativo ai parchi ed alle riserve naturali, che comprende iniziative dirette regionali, ma anche statali e Stato/Regione, offre di per sé un panorama molto ampio di situazioni.
Esistono infatti, ad oggi, in Toscana:
- tre parchi naturali regionali; si tratta del Parco della Maremma (recentemente insignito del diploma del Consiglio d'Europa), del Parco di Migliarino - S. Rossore Massaciuccoli, del Parco delle Alpi Apuane istituiti dal '75 all"85 con legge regionale; - due parchi nazionali; sono il Parco del Monte Falterona, Campigna, Foreste Casentinesi ed il Parco dell'Arcipelago Toscano, oggi perimetrati "provvisoriamente' con decreti del Ministro dell'Ambiente antecedenti alla legge-quadro;
- trentasei riserve di cui: tre naturali; due in luogo naturale; diciotto biogenetiche; dieci di popolamento animale; una forestale di protezione; una orientata; una integrale;
- cinque zone umide d'importanza internazionale: lago di Burano, laguna di Orbetello ponente, palude di Bolgheri, Diaccia e Botrona, lago di Sibolla;
- tre zone di tutela biologica istituite nei tratti di mare antistanti Portoferraio (isola d'Elba), I'isola di Pianosa, I'isola di Montecristo.
Nei prospetti I ) e 2) sono riportate in dettaglio le superfici e le tipologie di queste aree protette con raffronto alla situazione nazionale quale emerge dai dati, per ora provvisori, resi noti dal Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell'Ambiente. L'insieme delle situazioni descritte rappresenta una realtà per molti versi rassicurante circa l'efficacia delle iniziative assunte anche se non è priva, come sarà facile immaginare, di situazioni problematiche e conflittuali.
Questo complesso di aree, tutte significative per la tutela ambientale e paesaggistica, è peraltro già destinato ad arricchirsi sia per nuove localizzazioni, già previste dalla legge-quadro, sia per nuovi rapporti e risorse, non ultime quelle finanziarie.
La legge, per precisione, localizza in Toscana due nuove aree protette da destinare prioritariamente' a parco nazionale ed un'area protetta marina.
Si tratta dell'area appenninica Toscoemiliana, dell'Amiata, del tratto di mare antistante il Parco della Maremma e comprendente le Formiche di Grosseto, la foce dell'Ombrone, Talamone.
Su questo fronte, quindi, molto è stato fatto anche se molto resta da fare, nel rapporto Stato/Regione, nell'attuazione della legge-quadro in sede nazionale e nell'adeguamento della legislazione regionale specifica da allineare sia con la legge-quadro sulle aree protette sia con la legge n. 142 sulle autonomie locali.
Si è di fronte, comunque, ad una casistica veramente molto elevata di situazioni cui corrisponde un elevato numero e tipologia di soggetti gestionali. Soggetti che sovrintendono alla conduzione di queste aree protette, con funzioni e competenze "prevalenti rispetto a quelle attribuite agli Enti locali (Comuni e Province): Consorzi di Enti locali per i parchi regionali; Corpo Forestale dello Stato e W.W.F. per le riserve naturali; Ministero della Marina Mercantile per le zone di tutela biologica e per i tratti a mare del Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano; Enti parco per i futuri parchi nazionali. Molti interlocutori, dunque, ognuno portatore di proprie "politiche' d intervento cui occorrerà dare organicità e sistematicità d'insieme.
Lo strumento ora c'è: la legge-quadro. Occorre impostarne un'attuazione per "sistemi e sviluppare, sulla scorta delle nuove regole, quegli accenni in qualche misura già presenti negli obiettivi strategici del piano triennale.
3. L.R. 52/1982. Soggetti e competenze
Il secondo tema, quello relativo al sistema regionale delle aree protette' costituitosi in attuazione della L.R. n. 52 del 1982, sottintende una serie di azioni riguardanti territori molto ampi: rientrano, infatti, nel sistema n. 166 aree, estese fino a coprire circa la metà della Regione, rappresentative delle situazioni di pregio ambientale che si riscontrano nei sistemi strutturali' dell'ambiente toscano.
Questo complesso di aree protette trova specificazioni al suo interno (subaree), che selezionano le zone di maggior rilievo ambientale, e integrazioni all'esterno, con le categorie di beni "Galasso' e gli altri territori soggetti al vincolo paesaggistico della legge n. 1497 del 1939.
L'ambito complessivo delle aree protette, integrate con le zone esterne, offre un quadro sistematico della oggettivamente complessa situazione ambientale toscana.
Su questi territori vige una normativa, approvata in attuazione della legge regionale n. 52, che è anche piano paesaggistico regionale, ovvero piano urbanistico-territoriale di cui all'art. l/bis della legge "Galasso'. Si tratta di vincoli e prescrizioni, direttive e salvaguardie differenziate in rapporto alI'interesse ambientale delle aree considerate: norme di tutela particolarmente rigorose, soprattutto nelle subaree di maggior rilievo, che regolano le trasformazioni edilizie/urbanistiche, infrastrutturali e di uso delle risorse.
Più che il dettaglio delle norme vigenti preme però sottolineare il processo della pianificazione ambientale avviato e lo stato di attuazione degli adempimenti previsti dal Consiglio regionale toscano.
Va detto, prima di tutto, che la legge del 1982 non ha impostato un indirizzo di lavoro da concludersi nel solo livello regionale ma un processo, che potremmo definire a zoom, che coinvolge anche le Province ed i Comuni.
Un processo, tra l'altro, molto in sintonia con la legislazione recentemente intervenuta, non ultima la legge 142/1990, oltreché con i principi statutari.
In base alla normativa regionale di piano paesaggistico spetta:
- al livello regionale il compito della gestione degli adempimenti dell art. l bis della L.431/1985 quale avvio della disciplina del sistema regionale delle aree protette e il compito di "rendere coerenti ogni piano, programma, progetto di settore con la disciplina ambientale e paesaggistica.
L'obiettivo, esplicitamente affermato, è quindi quello di rapportare concretamente alla griglia normativa e territoriale stabilita dalla normativa approvata sia le scelte settoriali di iniziativa regionale (piano porti, piano attività estrattive, piano integrato dei trasporti, eccetera) sia gli atti regionali che hanno comunque attinenza e incidenza con gli assetti ambientali (approvazione degli strumenti urbanistici, pareri ai sensi dell art. 81 D.P R. 616/1977, eccetera);
- al livello sovracomunale (tramite gli adempimenti provinciali e gli atti del coordinamento sovracomunale degli strumenti urbanistici) il compito di produrre una normativa di dettaglio atta ad indirizzare le necessarie azioni per la valorizzazione ambientale delle risorse ai fini dello sviluppo economico e sociale.
Nel livello sovracomunale si precisano i riferimenti ambientali per i piani, i programmi ed i progetti di settore di iniziativa comunale.
In questo livello si possono e si debbono, quando necessario, produrre anche delle proposte di migliore specificazione della normativa generale di tutela, già approvata dalla Regione, e di rettifica delle delimitazioni delle aree protette a dettaglio della perimetrazione effettuata alla scala regionale;
- al livello comunale il compito di adeguare la strumentazione urbanistica vigente con contenuti derivanti anche da un autonomo ruolo comunale di specificazione, approfondimento e proposta circa gli assetti ambientali e territoriali degli ambiti soggetti a tutela.
3.1. Le iniziative regionali
Dopo aver delineato il quadro di competenze e responsabilità stabilite dalla normativa regionale sul sistema delle aree protette che costituisce piano paesaggistico' ai sensi della legge 431 (vedi delibera del Consiglio regionale n. 296/1988) entriamo nel merito delle iniziative concretamente assunte dalla Regioni, dalle Province e dai Comuni in questi ultimi anni.
In sede regionale sono stati intrapresi sei gruppi di attività.
A) il primo gruppo di attività riguarda le competenze in merito alla normativa generale di tutela (vincoli, prescrizioni, salvaguardie) e di indirizzo (direttive).
Dobbiamo dire che questa attività, riferita ai contenuti del piano paesaggistico regionale, si è sviluppata in due direzioni:
1) la prima direzione attiene al "perfezionamento' della stessa normativa nei mesi successivi alla sua approvazione. Pervennero, infatti, in Regione numerose sollecitazioni dal mondo dell'agricoltura per apportare correttivi al testo approvato e correttivi, appunto, furono introdotti, in forma certamente non banale, sia con legge regionale (n. 85/1989) sia con deliberazione (delib. C.R. n. 130 del 6 marzo 1990).
2) la seconda attiene al "completamento' del complesso normativo e più precisamente della parte inerente i vincoli e le prescrizioni .
Il piano paesaggistico, nella parte in cui dispone vincoli e prescrizioni, è stato sottoposto ad una fase di pubblicazione presso i Comuni .
I cittadini interessati hanno avuto modo di presentare proprie osservazioni e proposte ed il Consiglio regionale dovrà riesaminarne, per l approvazione definitiva, il testo, tenuto conto delle osservazioni pervenute e delle eventuali deduzioni comunali.
B) Il secondo gruppo di attività attiene al "rapporto" tra il piano paesaggistico ed i piani, programmi e progetti d'intervento contenenti iniziative localizzate nel sistema regionale delle aree protette, nei parchi naturali e nelle zone soggette al vincolo paesaggistico. Tale attività, notevolmente impegnativa in termini di energie impiegate, ha tre obiettivi principali:
1. evidenziare ai soggetti, in primo luogo agli uffici regionali, la necessità di valutare coerentemente con la disciplina di salvaguardia ambientale le specificità dei singoli casi le decisioni settoriali, le valutazioni dei singoli progetti, le iniziative di pianificazione o di programmazione;
2. costituire un osservatorio sulla reale attuazione della L.R. n. 52/1982 e del piano paesaggistico come verifica a posteriori dell efficacia della disciplina e come registrazione delle modifiche dei perimetri delle aree protette conseguenti a diverse scelte regionali;
3. ricondurre a problematica generale gli elementi di approfondimento e di specificazione riscontrati nell'esperienza dei singoli casi, al fine di utilizzare tale esperienza reale come occasione di correzione, integrazione o modifica della disciplina o dei perimetri delle aree protette.
C) 11 terzo gruppo di attività attiene al rapporto con le Amministrazioni provinciali cui competono precisi adempimenti ai sensi della normativa regionale più volte citata.
D) 11 quarto gruppo di attività ha riguardato il riconfluire dell'impostazione operata dal piano paesaggistico nei riguardi delle iniziative, già avviate, per l'istituzione dei già ricordati Parchi nazionali dell'Arcipelago e delle Foreste Casentinesi.
E) 11 quinto gruppo di attività concerne il rapporto tra il sistema regionale delle aree protette (comprensivo in questo caso dei parchi naturali esistenti), l' individuazione delle aree sensibili ai sensi del regolamento C.E.E. 797 e la finalizzazione di contributi nazionali e comunitari in materia ambientale.
F) 11 sesto gruppo di attività attiene al perfezionamento e completamento del quadro conoscitivo, di livello regionale, sul sistema delle aree protette.
3.2. Le iniziative provinciali
Abbiamo visto come alle Province siano stati affidati compiti, non secondari, circa gli aspetti connessi alla valorizzazione ambientale delle aree protette.
Va detto che la Regione ha erogato alle Province in misura proporzionale alla superficie di area protetta ricadente nei rispettivi territori, una somma complessiva di circa lire 1,2 miliardi (dal 1985 al 1990): somma che raggiungerà lire 1,6 miliardi con i contributi attualmente in corso di assegnazione.
Questo sostegno, riservato alle Amministrazioni provinciali, evidenzia l'importanza della seconda fase della pianificazione ambientale, quella appunto riservata alle Province, sia per il superamento dei contenuti generali della normativa regionale, sia per un superamento della transitorietà delle salvaguardie vigenti, sia infine per un concreto e più dettagliato indirizzo alle Amministrazioni comunali in materia ambientale ed urbanistica, date le varianti alla strumentazione vigente che vengono adottate pressochè continuativamente.
Gli adempimenti stabiliti con il piano paesaggistico regionale dovevano essere conclusi entro il 31/12/1989, e tuttavia entro questa scadenza non sono state formalizzate proposte di normativa provinciali.
Ma precisiamo la situazione.
Il primo degli adempimenti richiesti alle Province è quello relativo alla formazione del quadro conoscitivo' quale esame di dettaglio delle caratteristiche e delle problematiche ambientali e paesaggistiche delle aree protette. Il quadro conoscitivo è indispensabile premessa delle direttive di tutela e valorizzazione da elaborarsi in riferimento agli ambiti provinciali e subprovinciali .
Fanno parte del quadro conoscitivo:
- l'individuazione cartografica delle 'categorie di beni Galasso';
- la specificazione delle aree protette di maggior pregio e valore specifico in aree di tipo b), di tipo c) e di tipo d);
- la cartografia delle aree vincolate con decreti ministeriali ex L.1497/1939 e loro verifica critica;
- un esame generale e sistematico delle caratteristiche ambientali, grado di interesse, stato di conservazione ed uso.
Questa fase, tuttora in corso, presenta un panorama molto articolato.
La cartografia delle categorie di beni "Galasso' e delle aree ex L. 1497/1939 risulta completata quasi ovunque salvo i casi (Biena e Livorno) in via di ultimazione, mentre la subclassificazione delle aree di maggior pregio è completata, a livello tecnico, solo nelle Province di Pistoia, Firenze e Grosseto.
Più in generale possiamo dire che una valutazione delle caratteristiche ambientali in dettaglio è in corso ovunque ma con diversi metodi.
In Provincia di Pistoia e Siena, ad esempio, si è scelta l'impostazione di un "quadro di riferimento ambientale' quale analisi di subaree omogenee e descrizione degli "ecopaesaggi .
La difficoltà di attuazione della normativa regionale in tempi brevi è, probabilmente, dovuta ad almeno quattro concause:
- La prima è quella della stessa scadenza stabilita dal piano paesaggistico al 31/12/ 1989, in soli otto mesi dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale.
In così poco tempo nessuna Provincia avrebbe potuto realisticamente "concludere gli adempimenti a proprio carico;
- La seconda è quella del periodo preelettorale, elettorale e di formazione delle Giunte della primavera/estate '90: periodo piuttosto lungo nel quale nessuna elaborazione è stata, in pratica, prodotta per motivi comprensibili;
- La terza è quella di una ancora scarsa strutturazione degli uffici competenti in materia di assetto territoriale/ambientale: insufficienza dovuta sia alle storicamente scarse competenze' in materia affidate alle Province, sia alle incerte prospettive di ruoli nel rapporto con le associazioni intercomunali solo da poco, di fatto, sciolte;
- La quarta, ed ultima, causa è quella della novità' introdotta dalla L. n. 142/1990 del "Piano territoriale di coordinamento novità (non assoluta nel settore della pianificazione territoriale) per il ruolo e le competenze a redigere il P T.C. affidate, appunto, alle Province.
Il rapporto con il P.T.C. (tutto ancora da scoprire in termini di procedure) con contenuti esplicitamente ambientali oltreché territoriali, ha portato le Province a riconsiderare, questa almeno è l'impressione, con altre prospettive e con altre forti esigenze di coordinamento interno le competenze e gli adempimenti ex delib. C.R. n. 296/1988.
Per tutte le Province si può comunque dire che il ruolo loro affidato dalla L.R. n. 52/ 1982 e dalla delibera C.R. n. 296/1988 è interpretato tenendo presenti le specifiche funzioni connesse al Piano Territoriale di Coordinamento ex L. 142/1990.
Tutte le Province, inoltre, sono impegnate nei pareri di competenza ex L.R. 4/1990 in merito alle varianti urbanistiche aventi previsioni localizzate nell'ambito di applicazione della delibera 296/1988: pareri espressi sulla base delle elaborazioni ambientali in corso.
In generale emerge che, a parte qualche raro caso, l'attuazione della normativa regionale è da considerarsi o troppo "episodica o troppo "dilatata' nel tempo.
3.3. Le iniziative comunali
Abbiamo già accennato al ruolo dei Comuni nell'attuazione della normativa di area protetta. Specifichiamo anche che gli stessi Comuni possono assumere proprie dirette iniziative in carenza degli adempimenti provinciali.
Tuttavia tali iniziative, da attivarsi con organiche varianti agli strumenti urbanistici comunali, non sono ancora state attivate. Permane invece la corrente' attività urbanistica costituita da varianti non corredate dalle necessarie analisi e dalle valutazioni di carattere ambientale.
Questa "attività' urbanistica spesso si trova in rotta di collisione con le norme di vincolo, prescrizione e salvaguardia del piano paesaggistico regionale e pone, di conseguenza, problemi di stessa ammissibilità' formale delle destinazioni di piano ancor prima dei problemi di compatibilità ambientale nel merito delle previsioni urbanistiche.
In particolare va citata la norma di salvaguardia transitoria che impedisce la variazione di destinazione (da extraurbano ad urbano) delle aree interessate da categorie di beni "Galasso'.
Norma per definizione "transitoria' e quindi superabile (in alcune situazioni) se solo i Comuni (e/o le Province) si ponessero nell'ottica di "adempiere' in modo formale e sostanziale ai disposti del piano paesaggistico.
I Comuni, va detto, privilegiano spesso la sola pratica della deperimetrazione di alcune zone dal sistema delle aree protette: zone coincidenti con quelle da destinare ad espansioni urbane.
I Comuni, cioè, sono per lo più interessati a sottrarsi' alla disciplina regionale (chiedendo di rivederne gli ambiti) più che "affrontare" la questiona ambientale in tutta la sua interezza e complessità.
La revisione dei perimetri delle aree protette, cioè, costituisce, anche a livello comunale, uno degli esiti possibili nel processo a zoom' di cui si parlava all inizio esito tutt'altro che deprecabile sia rispetto alla logica della disciplina del piano paesaggistico sia rispetto alla notevole estensione del sistema delle aree protette risultante dalle proposte provinciali a suo tempo espresse.
Ciò tuttavia non è in quanto le proposte comunali di revisione, in diminuzione, dei perimetri delle aree tutelate dalla L. 52/ 1982 è spesso passaggio, senza legami oggettivi all attuazione della disciplina regionale, costruito solo perchè ostacolo da rimuovere per consentire le espansioni "urbane'.
Proprio per questo le deperimetrazioni producono, nella generalità dei casi, vuoti in area protetta esattamente corrispondenti ai pieni' da urbanizzare.
Evidentemente si preferisce perseguire una gestione territoriale e urbanistica ancorata al solo profilo, pure legittimo, delle risposte da dare alle esigenze economiche, politiche e sociali piuttosto che sotto il profilo delle esigenze concernenti la qualità ed i valori propri della struttura fisica, ambientale, paesaggistica del territorio.
Accanto a questo panorama in larga misura "contraddittorio' rispetto alle scelte regionali definite con il piano paesaggistico ve n'è un altro, sia pure ridotto, che si muove nella direzione tracciata.
Si registra, infatti, una serie di iniziative, promosse a livello locale di indubbio interesse, le quali testimoniano di iniziative che, seppure localizzate e numericamente contenute, rassicurano circa la potenzialità degli Enti locali di sviluppare, anche "autonomamente', una linea di effettiva tutela e valorizzazione delle risorse del territorio.
Bisogna anche ricordare, poi, che in talune situazioni il binomio economia/ambiente è fortemente legato.
Ci si riferisce anche a casi, quale quello di S. Giovanni d'Asso, con economia basata sulla ricerca e vendita del tartufo che pongono la "questione ambientale' come fondamentale per assicurare continuità all'economia della zona.
In tutti questi casi, comunque, esiste sempre il problema di un "raccordo' amministrativo con le Province e di un congruo sostegno finanziario.
3.4. Le possibili prospettive
Abbiamo visto che il panorama delle iniziative provinciali e comunali in corso, pur presentandosi in forma variegata, presenta tre aspetti dominanti:
- il ritardo delle Province ad impadronirsi' della materia anche alla luce delle competenze loro attribuite dalla L. 142/1990;
- il permanente atteggiamento dei Comuni che sottostimano o parzializzano la considerazione delle questioni ambientali in sede urbanistica;
- l'emergenza di situazioni specifiche, all'interno di un quadro generale ancora poco
chiaro, su cui si concentrano iniziative progettuali e di proposta di valorizzazione.
Si evidenziano questi tre aspetti anche perchè le Province ed i Comuni si muovono in prevalenza su binari paralleli' e, almeno questa è l'impressione che se ne ha, senza impostare rapporti di stretta collaborazione: solo per alcune iniziative progettuali si verifica il concorso di competenze.
Si ha, inoltre, l'impressione che le Province giudichino gli adempimenti a loro carico non prioritari rispetto alla definizione delle più generali competenze territoriali e che i Comuni, per loro conto, giudichino il complesso normativo del piano paesaggistico solo negli aspetti negativi, del vincolo e della salvaguardia, da superare in rapporto diretto con la Regione ed in occasione di pressanti esigenze edilizie e/o infrastrutturali .
L'entrata in vigore della L. 394/1991 e gli adempimenti imposti per l'adeguamento della legislazione regionale nel settore entro il 1992, consiglia una riflessione ed un conseguente confronto tra Regione, Province, Comuni per una possibile revisione della L.R.52/1982 e successive modificazioni che affrontino anche queste questioni.
La consapevolezza che anche una completa attuazione della L. 142/1990 può, nel quadro territoriale, dare un organico indirizzo risolutivo alle problematiche ambientali consiglia di impostare, sempre nel rapporto continuo con tutti i soggetti istituzionali, una azione parallela orientata al comune obiettivo della formazione del sistema regionale delle aree protette, su due livelli differenti
- l'attuazione della L. 394/1991 con la selezione delle situazioni già definite al punto da poter essere portata all'attenzione del quadro nazionale;
- l'attuazione della L.142/1990 con l organico raccordo degli aspetti territoriali, paesaggistici ed ambientali, da collegare al pieno esercizio delle rinnovate competenze provinciali .
Naturalmente, in conseguenza di tale nuova impostazione, anche la delibera n. 296/ 1988 di approvazione del piano paesaggistico regionale dovrà subire un'adeguata revisione, soprattutto negli aspetti procedurali, in considerazione delle differenti velocità prevedibili dei due indirizzi di lavoro. Anche la questione del raccordo tra pianificazione urbanistica e pianificazione paesaggistica dovrà trovare specifica esplicitazione sulla base dell'inquadramento predisposto dalla L.R.4/1990 ma anche in considerazione del disposto in materia della legge-quadro sulle aree protette che procede per nette separazioni di ambiti di operatività.
* Funzionario della Regione Toscana |