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Cosa fa il Consiglio d'Europa per l'ambiente? Una breve riflessione su trent'anni di attività
Sono trascorsi giusto trent'anni da quando il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, sollecitato da una "Raccomandazione giudiziosa" dell'Assemblea permanente, decise di occuparsi anche dei problemi ambientali e della protezione degli ecosistemi più fragili del vecchio continente, che poi avrebbero costituito in modo preponderante il sistema delle aree protette europee.
Da quel gennaio 1963 è passato abbastanza tempo per poter cominciare a esprimere un giudizio ragionato sulla validità della politica della massima assise europea in materia di protezione della natura.
La necessità di una riflessione sulla qualità e quantità delle cose fatte se la pone doverosamente con recenti interventi ed articoli di stampa anche Jean Pierre Ribaut che è il primo responsabile della Divisione della protezione e gestione ambiente del Consiglio d'Europa, ed il suo esame di coscienza si conclude con un giudizio estremamente positivo, pubblicato sull'ultimo numero della rivista Naturopa del Consiglio d'Europa. Ribaut pone subito sulla bilancia le iniziative realizzate e prima fra tutte quella che viene considerata il fiore all'occhiello della politica ambientalista del Consiglio d'Europa e cioè la "Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa", meglio conosciuta come Convenzione di Berna.
E' stato questo certamente un atto di grande importanza e, considerata l'epoca della sua approvazione (1979), fortemente innovativo in quanto ha precorso i moderni concetti di 'globalità" e di sostenibilità, che dal Congresso mondiale dei parchi di Caracas (1992) sono stati assunti a supporto di ogni strategia di conservazione, nella logica dell'interdipendenza ambientale fra gli Stati, senza alcuna distinzione tra Paesi ricchi e sottosviluppati e nel riconoscimento del diritto all'ambiente delle future generazioni, che si esprime nell'esigenza di uno sviluppo sostenibile".
Non siamo ancora al riconoscimento specifico della salvaguardia dell'ambiente come diritto fondamentale del singolo e della collettività, ma certamente la Convenzione di Berna esprime per la prima volta una strategia sovranazionale a grande respiro in materia ambientale, che supera le politiche scoordinate e localistiche dei singoli Stati e considera il territorio europeo un unico soggetto di una comune politica di difesa del patrimonio naturale.
La vita selvatica e l'ambiente naturale europei hanno da allora una comune disciplina di conservazione, e i singoli Stati applicano le stesse norme di salvaguardia e di rigorosa protezione di specie vegetali e faunistiche comprese in una precisa lista.
Ma l'attività del Consiglio d'Europa in materia ambientale aveva assunto altre iniziative di grande successo quale la proclamazione solenne della "Carta dell'acqua" (1968), l'adozione della "Dichiarazione di principio sulla lotta contro l'inquinamento atmosferico" (1968) e quindi aveva espresso oltre cento raccomandazioni al Comitato dei Ministri relative alla protezione delle lande di erica, dei pesci di acque dolci, delle piante vascolari e briofite, dei biotopi caratteristici, delle foreste alluvionali, delle torbiere, delle dune, delle macchie e prati calcarei, delle vegetazioni alofite, eccetera, ed aveva contemporaneamente prodotto studi giuridici di grande importanza come quello sull'impatto ambientale.
Una tappa importante fu la promozione dell'"Anno europeo della natura" (1970), che coinvolse il potere politico nel problema dell'ambiente, tanto che sei mesi dopo la Conferenza di Strasburgo fu creato il primo Ministero dell'Ambiente in Gran Bretagna, seguito poi da quello francese e quindi da quelli di quasi tutti i Paesi europei. Sull'onda del successo di queste iniziative furono avviati due programmi certamente complementari alle politiche ambientali quello della Comunità Europea e quello dell'Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico (OCSE).
Tutto questo è avvenuto quando ancora erano pressoché sconosciuti i termini di ecologia, ambiente, biodiversità e non esistevano ancora i "verdi" di casa nostra, sia quelli sinceri che gli ecofurbi.
Altre promozioni del Consiglio d'Europa non hanno avuto altrettanta fortuna, come per esempio quella denominata "Plaque tournante, che si rifaceva un pò alla catena di S. Antonio" in quanto prevedeva l'invio da parte di organismi non governativi europei di cinquanta copie delle loro pubblicazioni destinate agli Stati partecipanti, in modo da costituire un processo di informazione continuo.
Un'altra iniziativa, questa di grande importanza, che pure stenta a decollare, è quella sull'agricoltura e sulle moderne tecniche di sviluppo agricolo con una particolare attenzione all'uso dei pesticidi, dei fertilizzanti chimici e dei metalli pesanti.
Purtroppo non vi è stata assonanza di intenti nell'interno del Consiglio d'Europa tra la Divisione protezione e gestione dell'ambiente e la Segreteria generale della Confederazione europea dell'agricoltura che difende gli interessi degli agricoltori. Dove si dimostra ancora una volta la difficoltà di coniugare la difesa della natura con le esigenze economico-sociali, in materia di aree protette, argomento questo di maggior interesse dei lettori di questa rivista. Il Consiglio d'Europa ha messo a segno un' iniziativa di grande successo e suggestione: il "Diploma europeo .
Nato nel 1965, il Diploma costituisce un ambito riconoscimento ed un marchio di qualità del Consiglio d'Europa attribuito a riserve naturali, riserve forestali, riserve di caccia, parchi naturali, parchi regionali e nazionali, monumenti naturali che si sono distinti nella politica di salvaguardia del patrimonio naturale, delle sue qualità scientifiche, culturali, estetiche.
Dalla presentazione della candidatura da parte del governo di appartenenza, la proposta di Diploma segue un iter piuttosto complesso fino ad arrivare alla decisione del Comitato dei Ministri, sotto forma di risoluzione firmata dal Segretario generale del Consiglio d'Europa che provvede anche a consegnare l'ambito attestato, in una solenne cerimonia, all'autorità di zona.
Ma l ente premiato non potrà dormire sugli allori, in quanto, come ben sa il nostro Parco d'Abruzzo, il Diploma è attribuito per cinque anni ed è confermato solo se permangono i meriti per il quale era stato concesso, altrimenti è revocato.
Per l'Italia questo prestigioso riconoscimento è stato attribuito al:
- Parco d'Abruzzo (1967),
- Riserva integrale statale di Sasso Fratino (1985),
- Riserva naturale dell'isola di Montecristo (1988),
- Parco della Maremma (1991),
- Parco dell'Argentera (1993) .
- Un'altra meritevole iniziativa è stata quella dell'istituzione della Rete europea di riserve biogenetiche che "costituisce un programma di conservazione di esempi rappresentativi di diversi tipi di ambienti naturali per proteggere il patrimonio floristico e faunistico dell'Europa" (M. Aude Hiver Yèsou, 1993). Al di là di questa precisa definizione, credo che si debba mettere in risalto come la nuova istituzione pone in maniera originale, accanto al concetto di biodiversità, quello di "rappresentatività" e forse quello non meno importante di "unicità" di ecosistemi. Comunque la Rete costituisce anche uno strumento di applicazione dell'art. 4 della Convenzione di Berna che prescrive l'obbligo di proteggere l'habitat delle specie selvatiche della flora e della fauna.
Attualmente la Rete comprende 286 riserve presenti in 17 Stati europei per un totale di 3,3 milioni di ettari.
Nel prossimo futuro, un salto di qualità
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- L'azione del Consiglio d'Europa in materia di protezione ambientale ha avuto in questi trenta anni di attività dei buoni meriti e delle felici intuizioni, ma è forse mancata ad essa una politica d'urto adeguata al processo galoppante del degrado ambientale ed ai rischi gravissimi che minacciano la stessa sopravvivenza del pianeta. Questa inadeguatezza dell'azione del Consiglio d'Europa è certamente dovuta all egoismo, alla miopia e all'impreparazione dei governi componenti .
Questo grave condizionamento non ha permesso alle risoluzioni del Consiglio europeo di conclamare a chiare lettere il concetto dell'ambiente come diritto fondamentale, il diritto prioritario su ogni altro interesse dell'uomo all'ambiente e infine il diritto oggettivo dello stesso ambiente alla sopravvivenza .
Ma una coraggiosa strategia sembra caratterizzare i prossimi programmi del Consiglio d'Europa una nuova mossa di grande importanza è in preparazione: la Convenzione contro il crimine ecologico che, rivoluzionando le vigenti dottrine giuridiche, ritiene colpevole di danno non solo chi lo ha prodotto per dolo o per errore, ma anche chi è responsabile di danno fortuito, cioè senza colpa .
Questo tipo di responsabilità obiettiva viene attribuita dalla futura Convenzione ai gestori di attività ritenute particolarmente pericolose per l'ambiente.
I danni presi in considerazione sono quelli che colpiscono l'uomo, i beni, l'ambiente, per i quali è previsto il risarcimento del danno a carico del gestore dell'attività pericolosa, anche se questo "ha rispettato la legge e non ha commesso errori, ma per il solo fatto che ha l'obbligo di assumersi i rischi del mestiere e non farli gravare sugli altri, o sulla collettività".
Se questa Convenzione verrà alla luce, ci sarà certamente da divertirsi con i nostri giuristi.
Un'altra occasione per intraprendere una più decisa azione in difesa dell'ambiente il Consiglio d'Europa la cercherà con la celebrazione nel 1995 dell"'Anno europeo della conservazione della natura in occasione del quale affronterà il pressante problema del rapporto tra aree protette e territorio. E grande e diffusa la preoccupazione che i parchi possano divenire qualcosa di estraneo al territorio, senza rapporti con le esigenze e la cultura umana, e che si ergano come solitarie cattedrali in un deserto povero di vita selvatica.
E in questo raccordo tra l'area protetta e il territorio il Consiglio d'Europa vede lo strumento più valido per la sopravvivenza stessa dei parchi.
Dopo aver riportato, con la necessaria brevità, quanto il Consiglio d'Europa ha fatto o si propone di fare per l'ambiente, è giusto concludere con un giudizio su questa attività rilasciato proprio da Jean-Pierre Ribaut, che è il responsabile della Divisione protezione e gestione dell'ambiente il quale, con un accento di amara polemica afferma "Il Consiglio d'Europa non deve vergognarsi del suo bilancio di trent'anni di lotta per l'ambiente".
E su questo noi siamo perfettamente d'accordo.
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