Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 11 - FEBBRAIO 1994


La valutazione dell'impatto socio-economico nei parchi naturali
Umberto Fava*

Il problema di quantificare l'aspetto economico e i vantaggi derivanti dall'istituzione di un'area protetta è molto sentito da tutti coloro che nei parchi lavorano, operano e vivono. A queste persone si aggiungono poi tutti coloro, ambientalisti e non, che si impegnano in dure battaglie per l'istituzione di nuove aree protette e portano i successi economici e lo sviluppo sociale, conseguiti in alcuni parchi, come esempio. La definizione di questi dati quindi non è cosa marginale, in quanto è in grado, se validamente documentata e illustrata alle popolazioni locali, di creare quel minimo di consenso necessario a una nuova area protetta per potere operare serenamente e soprattutto in modo vincente.
Allo stesso modo può essere di estrema utilità anche per un parco, da tempo operante su un determinato territorio, venire a conoscenza dei risultati conseguiti fino al momento dello studio, in modo da evidenziare i successi e fare tesoro degli eventuali errori, per evitare in un futuro di ripeterli.
Appare subito evidente come, a fianco del termine economico, sia stata aggiunta la dizione socio. Come vedremo nel corso della ricerca, ai risultati e ai parametri più strettamente economici si sommano altri elementi che, per essere definiti e compresi nel loro giusto valore, hanno bisogno di attente analisi sociologiche. L'aspetto economico e quello sociale camminano insieme e danno vita a una realtà, che non può essere letta esclusivamente nelle fredde cifre o in analisi sociologiche, ma va interpretata in un contesto in grado di esprimere una sintesi fra i due campi.
L'approccio
Il primo problema che si deve affrontare nell'impostare un lavoro di questo tipo, è quello di individuare quale approccio occorra utilizzare per ottenere risultati che si avvicinino maggiormente a quelli reali.
Un approccio di tipo "territoriale" è in grado di permettere più facilmente il superamento delle difficoltà che si incontrano in queste ricerche. Ma cosa si intende con il termine territoriale e per quale ragione utilizziamo questo metodo?
L' approccio di tipo territoriale consiste nel cercare di valutare attentamente le variabili che interagiscono fra di loro all'interno del "sistema parco" (abitanti, attività produttive, eccetera), in quanto si assume a priori che ogni area protetta abbia una sua identità specifica. La conoscenza del territorio nelle sue componenti sia fisiche che sociali diventa quindi propedeutica all'individuazione dei parametri da utilizzare per gli studi. Ad esempio, nel caso del Parco della Valle Pesio si è deciso di effettuare l'analisi anche all'esterno dell'area protetta, in quanto per valutare correttamente eventuali benefici economici, occorreva analizzare la zona dove vi erano i servizi (negozi, alberghi, eccetera), adatti a soddisfare alcuni dei bisogni indotti dal parco. Nelle realtà microeconomiche, come quelle di molti dei centri in cui sono state istituite aree protette, la rilevazione di un dato non reale o sotto-dimensionato può fare variare di molto le elaborazioni successive. A fianco degli aspetti statistici è opportuno quindi, quando è possibile, cercare di verificare in prima persona, attraverso un controllo sul campo, la corrispondenza dei dati rilevati.
Un'altra grossa difficoltà deriva infine dalla reperibilità dei dati statistici, disponibili solo in alcuni casi a livello di frazione e non per tutti i parametri a livello comunale, creando non pochi problemi nella successiva elaborazione e omogeneizzazione delle cifre.
L'analisi dell'impatto socio-economico effettuato a Chiusa Pesio ha individuato cinque aree fondamentali meritevoli di approfondimento: demografia, agricoltura, attività commerciali e produttive, turismo e il parco.
L'andamento demografico
La domanda a cui occorre rispondere chiede se un parco naturale è in grado di contenere l'emigrazione dalle zone marginali, soprattutto della parte più giovane della popolazione locale, verso le aree urbane. Per rispondere a questo quesito occorre come prima cosa effettuare l'analisi dell'andamento demografico degli ultimi decenni, per verificare la variazione del numero dei residenti. Il dato che ne emerge va paragonato con aree simili, dove non vi è un parco naturale. Eventuali decrementi potrebbero essere stati inferiori all'interno di un'area protetta e andrebbero letti positivamente.
Una volta realizzato questo raffronto occorre effettuare una suddivisione in classi di età, per "fotografare" la percentuale di popolazione anziana presente sul territorio, elemento questo utile per una maggiore comprensione anche del settore agricolo. All'interno dell'analisi demografica bisogna considerare sia i posti di lavoro diretti creati dal parco, sia i posti di lavoro che gravitano intomo alle attività stimolate dall'area protetta. In Comuni molti piccoli anche un numero molto limitato di posti di lavoro favorisce una maggiore presenza umana sul territorio non soltanto degli attuali residenti ma anche delle generazioni future.
Altro aspetto che in qualche modo occorrerebbe valutare è l'influenza psicologica e sociale, che deriva dal fatto di vivere in un parco. Questo elemento può influire notevolmente nella decisione di non abbandonare il proprio centro di origine e di cercare di lavorare in loco o accettare la vita del pendolare.
L'agricoltura, il sistema produttivo e il commercio
Il settore agricolo, fra le varie aree che abbiamo individuato come meritevoli di approfondimento, è quello che risente di meno dei benefici di un parco, non certamente per le regolamentazioni generate dall'area protetta, ma per i problemi strutturali di cui soffre. Una conoscenza del settore agricolo, però, può permettere di delineare e definire il futuro dell'assetto territoriale di una zona. La presenza di individui prevalentemente anziani in un'area agricola fa prevedere per gli anni successivi un abbandono dei terreni più marginali. Un valido parametro per valutare la situazione dell' agricoltura, oltre a quelli definiti in precedenza, è l'analisi della Sau (superficie agricola utilizzata) delle singole aziende che operano sul territorio, individuando come Sau minima, per garantire competitività sul mercato, una superficie oscillante intomo ai 7 ettari per azienda
Nel caso nell' area protetta vi siano prodotti tipici (formaggi, salumi, miele, vino, frutta, eccetera) si può effettuare, in collaborazione con il personale del parco, un censimento dei punti vendita "non ufficiali" e dei nuclei familiari che producono questi alimenti, tentando anche una quantificazione economica.
Il sistema produttivo e commerciale deve essere valutato dopo un attento sopralluogo sul territorio che individui qual'è il parametro maggiormente valido. Un buon indicatore può essere l'analisi delle licenze commerciali. Se 1' area protetta funziona si potrà avere un aumento delle licenze nel settore della ristorazione o in quello delle strutture ricettive.
Turismo
Fra i diversi settori, è il più importante ed è quello che più facilmente risente dei benefici dell' istituzione di un' area protetta. Per valutare le presenze turistiche occorre individuare i soggiorni che si sono riscontrati nelle quattro tipologie fondamentali: alberghiero, extra alberghiero, escursionistico, seconde case. Per le prime due categorie, accanto alle presenze ufficiali rilevabili dalle denuncie degli esercenti, occorre aggiungere un coefficiente di aggiustamento che recupera i soggiorni non denunciati per motivi fiscali. Per gli escursionisti e i soggiorni nelle seconde case, che costituiscono a tutti gli effetti presenze turistiche, occorre lavorare su stime che variano necessariamente da parco a parco. Una volta rilevate le presenze totali e quelle per ogni singola tipologia di soggiorno, possiamo ricavare il reddito e l'occupazione derivante dal turismo in base alla spesa nei beni di consumo finale e le giornate di lavoro presunte. Per il reddito è quindi opportuno effettuare colloqui con operatori turistici locali per individuare la spesa presunta giornaliera per ogni
tipo di presenza. Lo stesso discorso vale per l'occupazione solo che in questo caso al posto del reddito occorre individuare quante giornate di lavoro occorrano per ogni soggiorno.
Infine, oltre alle spese e all'occupazione che favorisce il turismo, occorre quantificare l'occupazione e il reddito che causa la manutenzione delle seconde case, fenomeno rilevante e quantificabile anche in questo caso mediante colloqui con operatori del settore.
Il parco
Il parco in quanto ente è da solo uno strumento economico e occupazionale. I soldi che l'area protetta spende nella zona sono riconducibili a due grosse categorie: le retribuzioni per il personale e le spese. Gli stipendi, se i centri abitati hanno un minimo di attività commerciali, finiscono nelle zone del parco, in quanto la maggior parte degli operatori risiedono in loco. Per le altre spese occorrerebbe individuare nelle delibere dell'ente a quanto ammontano i lavori effettuati dalle ditte locali. Accanto alle spese vere e proprie, occorre però censire tutto quello che il parco ha creato: sede, sentieri, tavoli, aree attrezzate, eccetera. Queste strutture sono indispensabili per ogni serio progetto di sviluppo turistico e rappresentano un vero e proprio arredo del territorio.
Conclusioni
Il tentativo di effettuare un'analisi complessiva dell'impatto economico risente di un notevole limite, indotto dall'impossibilità di monetizzare tutti gli interventi di tutela, ripristino e recupero effettuati da un parco. Un' area protetta è a tutti gli effetti una "industria" produttrice di ambiente, che in qualche modo crea benefici compensando, in minima parte, gli scompensi ambientali creati nelle altre aree del nostro Paese.
Ma quanto vale in termini monetari un fiume pulito? E delle falde acquifere non inquinate? Quanto vale la reintroduzione di una specie animale o floreale tenendo anche conto di quanto emerso nella recente conferenza di Rio in tema di biodiversità? Sono domande alle quali non è più possibile evitare di rispondere se si vuole collocare in modo corretto il valore economico di un' area protetta. Il paradosso è che gli operatori dei parchi devono dimostrare che con una spesa limitata si può creare sviluppo e occupazione, quando i vantaggi economici che si ottengono dalla salvaguardia ambientale giustificherebbero una spesa a fondo perduto ben più rilevante di quella che normalmente le aree protette effettuano.

* Commissione di valutazione
dell'impatto socio-economico
del Parco dell'Alta Valle Pesio e Tanaro.

I risultati dello studio

Il Parco naturaleAlta Valle Pesio e Tanaro, situato in Provincia di Cuneo, è uno dei primi parchi istituiti dalla Regione Piemonte. Allo scopo di valutare l'operato di quest'area protetta è stata nominata una commissione di impatto socio-economico ed ambientale composta da due amministratori e da tre tecnici. I tre tecnici erano rispettivamente esperti nella valutazione dei parametri ambientali, di quelli architettonici e di quelli più strettamente socio-economici. I risultati emersi sono confortanti e permettono di delineare dai dati scientifici e le stime un quadro d'insieme in grado di tracciare un bilancio su quanto effettuato finora dall'area protetta.
Senza volere mitizzare il ruolo e i benefici dell'ente, possiamo ragionevolmente attribuirgli nel suo rapporto con l'economia locale un ruolo positivo. Sicuramente se non fosse stata istituita l'area protetta i risultati sarebbero stati meno soddisfacenti. Il Parco nel corso di questi anni ha creato occasioni di nuova occupazione e speso buona parte del suo bilancio in loco. Attualmente nella sola Chiusa Pesio l'area protetta impiega direttamente 14 persone, di cui ben 9 residenti nello stesso Comune e gli altri 5 nei centri limitrofi; un numero non piccolo se si considera la difficoltà di creare posti di lavoro nelle aree montane. Anche l'investimento del Parco nel corso di questi anni è stato consistente. Dal 1979 ad oggi sono stati spesi 7 miliardi circa, di cui buona parte sul posto. Oltre alle spese dirette occorre considerare le infrastrutture: sede, 50 chilometri di sentieri che si aggiungono a quelli già esistenti, 300 tabelle di segnalazione, 120 tavoli per sentieri e aree attrezzate oltre a 40 interventi di arredo.
Se è vero che l'andamento demografico continua ad essere negativo, è anche vero che l'occupazione diretta e indiretta creata dall'area protetta, insieme a una riqualificazione ambientale dell'area, che rende più appetibile un mantenimento della residenza in loco, ha permesso che questo decremento fosse minore. L'agricoltura dal canto suo non è certo in crisi per la presenza del Parco e i dati che emergono a Chiusa Pesio sono simili a quelli delle altre zone montane della provincia di Cuneo.
Un grosso lavoro è stato svolto dal Parco nella promozione del territorio e nella creazione di infrastrutture turistiche in grado di supportare un aumento delle presenze, permettendo alla zona di essere conosciuta senza che questa valorizzazione comportasse oneri aggiuntivi per gli operatori turistici locali. E la conferma dell'accresciuto ruolo del turismo viene dall'aumento di alcuni tipi di licenze commerciali, dalla presenza di un numero considerevole di turisti nei giorni festivi e dalla decisione dei commercianti di tenere aperti i negozi la domenica. L'analisi del numero delle strutture ricettive: alberghi,
affittacamere, agriturismo, campeggi e ostelli dimostra come in questi anni vi sia stato un aumento delle licenze passate da 7 a 11 dal l 980 a l 992. Lo stesso discorso vale per gli esercizi addetti alla ristorazione passati nello stesso periodo da 3 a 7. Il reddito imputabile al turismo nell'area del Pesio è consistente, oltre 3 miliardi e mezzo ogni anno, a cui occorre aggiungere ciò che viene speso nella manutenzione delle seconde case, che porta la spesa legata al tempo libero a oltre 4 miliardi e mezzo. L'occupazione che ne consegue è rilevante: quasi 90 occupati anno.
La struttura di Pian delle Gorre ospita soggiorni di comitive che effettuano corsi di educazione ambientale. Le sue presenze non sono state rilevate dall'ufficio provinciale al turismo e costituiscono a tutti gli effetti soggiorni turistici in più. Dal 1985 complessivamente la struttura ha ospitato soggiorni con una media dal 1985 al 1990 di 360 arrivi e di 420 negli ultimi tre anni. La presenza media riscontrata è stata di cinque giorni per un totale di 1.800 presenze anno nei primi anni di apertura e 2.100 nell'ultimo triennio.
Tutto questo non basta, perchè il Parco può permettere di raggiungere risultati ben più rilevanti. Ma per poter esprimere completamente le sue potenzialità occorre che si superino due nodi strutturali. Il primo è un maggiore interessamento della Regione Piemonte nei confronti del consolidamento della gestione delle attuali aree protette, attraverso anche una maggiore erogazione di fondi troppo spesso impiegati quasi esclusivamente per la retribuzione del personale. Soluzione questa, che sembra maggiormente praticabile dopo il completamento del piano regionale delle aree protette.
Il secondo è il più importante, ed è senza dubbio la chiave di lettura di tutta la problematica del luogo, e riguarda i rapporti fra l'area protetta e il Comune di Chiusa Pesio. Con questo non si vuole assolutamente affermare che non ci siano degli ottimi rapporti fra i due enti, ma un conto è un dialogo, un'altra cosa è agire in modo sinergico, investendo il proprio futuro nell'area protetta. O il Comune di Chiusa Pesio e le associazioni di categoria rappresentative che vi operano comprendono il potenziale del Parco, e lo supportano attraverso provvedimenti e politiche che solo loro possono attuare, o la zona salvaguardata non potrà fare miracoli, anche perchè su molti problemi non è istituzionalmente compito dell 'area protetta intervenire. E quindi auspicabile che il Parco non venga visto dalle amministrazioni locali come un 'entità astratta, distaccata dal territorio e causa di inutili vincoli, ma come uno strumento in grado, se utilizzato in modo corretto, di essere fonte di sviluppo economico e occupazionale.