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Nell'ambito del 6° stage organizzato dal Coordinamento nazionale parchi e svoltosi dal 17 al 19 giugno scorso nel Parco del Crinale Romagnolo sul tema: "La fruizione e la conoscenza delle aree protette, i Centri visita, le aree faunistiche e gli strumenti per l'informazione" particolare interesse ha suscitato nei numerosi partecipanti la sezione dedicata ai Centri visita, in cui sono state presentate alcune concrete esperienze di progettazione, realizzazione e gestione.
Tra gli obiettivi dello stage vi era quello di sviluppare, forse per la prima volta in Italia, una riflessione sul ruolo di queste infrastrutture (presenti o in fase di costruzione in molti parchi) che potremmo definire "di confine" tra l'informazione turistica vera e propria e l'educazione ambientale.
L'importanza crescente dei Centri visita è del resto testimonianza anche del fatto, come riporta l'inchiesta condotta dal dottor Stefano Cavalli alcuni anni fa e pubblicata nel volume "I Parchi regionali in Italia", che queste infrastrutture sono di gran lunga le più diffuse nei parchi, presenti in oltre il 35% delle aree protette esistenti.
Ma cosa siano ed a cosa debbono servire i Centri visita dei parchi sono ancora in pochi a saperlo. Accanto alle prime e modeste esperienze realizzate in Italia, che scontano un vistoso ritardo rispetto a quelle più avanzate e consolidate degli USA, della Gran Bretagna e del centro Europa (ritardo dovuto allo svantaggio storico del nostro Paese in tema di aree protette e di azioni per la divulgazione naturalistica) esistono nei più famosi Parchi stranieri diverse tipologie di centri visita, ben organizzati e molto frequentati, ma talmente difformi come finalità e impostazione da impedirci di poter dare di essi un'esatta definizione e codificazione.
La diversità e la pluralità di funzione assegnata ai centri visita deriva spesso dalle multiformi caratteristiche tipologiche delle aree protette, dalla loro dimensione e soprattutto dal grado di importanza assegnato, nelle politiche scolastiche e formative nazionali, alla divulgazione naturalistica ed all'educazione ambientale in particolare.
Dal confronto con le esperienze straniere il nostro Paese esce penalizzato, non fosse altro per il fatto che la cultura scientifica e naturalistica è da noi, nonostante tutto, ancora patrimonio di ristrette élites.
Questi ritardi spiegano il perchè nel nostro Paese, intorno a queste infrastrutture, vi sia ancora tanta confusione fino al punto di confondere i Centri visita dei parchi con i musei da un lato, oppure con gli uffici di informazione turistica dall'altro.
Tra le relazioni svolte allo stage quella dell' architetto Sandro Flaim, direttore del Parco Adamello Brenta, ha teso soprattutto a delineare quello che dovrebbe essere il profilo ideale di un Centro visita.
Secondo Flaim le sue funzioni, prioritariamente, dovrebbero essere quelle di:
- a) informazione da dare in forme semplici, con carattere prevalentemente geografico e logistico circa le modalità di visita al parco ed i vari servizi esistenti;
- b) interpretazione del territorio, diffusa soprattutto nei grandi "Visitators Centers" statunitensi che ha come fine primario l'insegnamento dell'ecologia del parco ed il ruolo specifico delle aree protette per la difesa degli ecosistemi;
- c) didattica ed educazione rivolta prevalentemente ad un'utenza di tipo scolastico e giovanile. Essa è sicuramente di più impegnativa attuazione sia per le sofisticate attrezzature di cui necessita (laboratori, eccetera), sia per il personale specializzato che richiede.
Queste funzioni principali, soprattutto per l'ampiezza degli spazi e le ingenti risorse di cui hanno bisogno per essere sviluppate, non possono, se non raramente, essere svolte in tutti i Centri visita di un parco.
L'obiettivo pertanto dovrà essere quello di cercare di specializzare i Centri, in relazione innanzitutto alle caratteristiche di ogni singola area protetta ed anche alle risorse umane e finanziarie disponibili. Tra i compiti generali dei centri visita, Flaim ha sottolineato quello che, da parte degli esperti, viene definito "legge dell'attrito intrinseco"; e ciò permetterebbe di fare conoscere il parco e i suoi valori senza che risulti indispensabile una visita accurata a tutto il territorio.
Il disegno è quello di fare di queste infrastrutture gli strumenti per canalizzare e filtrare i visitatori con l'obiettivo, tra gli altri, di evitare un eccessivo impatto antropico delle aree più delicate, facendo comprendere che la gratificazione di una visita nei parchi consiste innanzitutto nell'arricchimento culturale e non tanto in una sorta di sfida alla natura e alle aree più inviolate.
La comunicazione tenuta dal dottor Ettore Sartori, direttore del Parco di Paneveggio - Pale di S. Martino, è stata invece rivolta prevalentemente ad illustrare i casi dei centri visita del Parco di Bayericher Wald in Germania e del Parco del Gruppo del Tessa in Provincia di Bolzano. Prioritario, secondo Sartori, è fissare fin dalle fasi iniziali della progettazione di un Centro visita gli obiettivi e le loro priorità, oltre agli strumenti ed alle fasi attraverso le quali poterli raggiungere.
In particolare, i passaggi per la realizzazione degli allestimenti espositivi di un Centro visita possono essere i seguenti:
- 1 ) progettazione, durante la quale si definiscono le finalità specifiche, il contenuto intellettuale delle varie "unità" e il loro sviluppo cronologico;
- 2) esecuzione, che consiste nell'installazione e nell'adeguamento delle attrezzature e delle mostre all'interno della struttura edilizia di contenimento;
- 3) manutenzione, adeguamento e riscontro, che riguarda innanzitutto la verifica del grado di rispondenza dell'esposizione nel visitatore (attraverso appositi test) e il suo adeguamento periodico, sia per evitare "l'invecchiamento" del messaggio che per aggiornarne continuamente alcune parti, in relazione alla necessaria attualizzazione dei temi trattati.
Per non scadere nella banalità e suscitare invece interesse, le esposizione dei Centri visita debbono però seguire alcune regole basilari.
Occorre evitare innanzitutto l'eccessiva specializzazione per non incutere nel fruitore un senso di inferiorità o di soggezione. Le informazioni dovranno essere fornite in forme semplici soprattutto attraverso immagini d'effetto e pochi testi scritti, cercando di fissare l'attenzione su quei fenomeni naturali che spesso non si vedono o che restano sotto la superficie, stimolando l'interazione manuale del visitatore con gli oggetti esposti per coinvolgerlo ed incuriosirlo.
Del tutto inutile può essere la riproduzione artificiale, dentro un centro visita, di quegli stessi ambienti naturali che si possono invece vedere dal vivo solo a poca distanza dal Centro stesso.
La relazione di Sergio Camin, esperto nell'allestimento di spazi espositivi e progettista del sistema dei centri visita del Parco del Crinale Romagnolo, si è particolarmente soffermata sui rapporti esistenti tra la comunicazione pubblicitaria e le logiche ed i contenuti del messaggio culturale che si vuole promuovere nei parchi.
Decisiva, secondo Camin, tanto per un qualsiasi oggetto da vendere sul mercato come per un parco, è capire quale prodotto si vuole commercializzare e come promuovere la sua immagine. La logica con la quale ci si è mossi per impostare i Centri visita del Parco del Crinale è stata quella di prevedere in ognuna delle quattro strutture, oltre ad uno specifico tematismo, anche una così detta "parte comune" dove rappresentare in sintesi, ma con lo stesso spirito, la stessa immagine grafica, la stessa impaginazione e la stessa impostazione scientifica, le caratteristiche del Parco nonchè la funzione dei parchi in generale, in modo che il visitatore che passa in un solo Centro abbia comunque un'immagine sufficientemente completa di che cos' è un parco e in particolare di quel parco.
Tra le altre comunicazioni dello stage sono da segnalare anche quella del dottor Dietmar Mirkens, responsabile del centro natura di Botrange, nel Parco naturale belga di Hautes Fagnes - Eifel, con cui ha illustrato l'attività di divulgazione naturalistica; del dottor Folco Cecchini, direttore del Museo delle Valli del Delta del Po, vincitore
dell'edizione 1992 del premio del Museo del Consiglio d'Europa; e del dottor Francesco Petretti, biologo e consulente scientifico del WWF, che ha parlato delle oasi e delle varie iniziative di interpretazione ambientale che in esse si svolgono. Senza voler trarre delle conclusioni affrettate si può comunque dire che lo stage di Bagno di R. ha sicuramente fornito qualche indicazione utile.
Parafrasando il titolo del libro di G. Osti "I Parchi in vetrina" si può essere tentati dal considerare i Centri visita le vere e proprie vetrine (intelligenti ed interattive) dei nostri parchi, soprattutto con la funzione di evocare ai visitatori l'area protetta nei suoi aspetti meno vistosi e con lo scopo di propagare quei messaggi simbolici di riconciliazione tra l'uomo e la natura, di cui oggi i parchi debbono farsi portatori.
I Centri visita dunque come strumenti per una sorta di "viaggio virtuale" alla scoperta della natura e con l'obiettivo primario oltre chè di fare conoscere l'area protetta, di fare comprendere al visitatore che anche nei territori più atropizzati e più degradati, vicini alle nostre città, c'è un ambiente vivo che merita, come nei parchi, di essere osservato e vissuto, un ambiente che può ancora essere aiutato a non morire del tutto.
Se i parchi con l'ausilio dei loro centri visita riusciranno, anche in minima parte, a creare questa coscienza, allora potremo dire di essere sulla buona strada.
* Presidente Parco Foreste Casentinesi |