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In questi mesi abbiamo ampliato la trattazione degli argomenti inerenti le aree protette, estendendo ai parchi europei ampi spazi della nostra rivista ed anche al dibattito che sul piano internazionale ed europeo si è andato via via sviluppando, specialmente in occasione di importanti appuntamenti mondiali: il congresso di Caracas, la conferenza di Rio de Janeiro, eccetera, sui grandi temi ambientali.
Ci rendiamo conto però che per quanto questo tipo di informazione debba essere arricchita - si pensi in particolare alla situazione dei parchi di Paesi a noi vicini, di cui spesso sappiamo poco o niente - essa oggi non può bastare.
La stessa vicenda del Parco nazionale dello Stelvio, di cui parliamo nei successivi due articoli di questo numero, dimostra quanto sia faticoso persino il confronto tra Province e Regioni appartenti allo stesso Stato, ma regolate da normative e competenze diverse. Dell'esperienza sicuramente di grande interesse quale è quella della Provincia di Bolzano in materia di parchi, ad esempio, è ancora estremamente difficile discutere. Permane un'incomprensibile e a nostro giudizio ingiustificata riluttanza ad aprirsi ad un confronto con altre esperienze che, specialmente dopo l'approvazione della 394, appare indispensabile e utile per tutti. Nel caso del Parco dello Stelvio si è tornati ad invocare criteri di perimetrazione (applicati anche nei parchi provinciali) che oggi sono quanto meno posti in discussione. Ci riferiamo all'idea di escludere comunque dai territori protetti aree antropizzate in base a concezioni ormai superate anche a livello delle classificazioni internazionali che volevano i parchi nazionali operanti esclusivamente in aree di grande dimensione disabitate.
La rivista e il Coordinamento nazionale dei parchi per queste ragioni hanno sempre ricercato, stimolato e talvolta promosso la più ampia collaborazione e confronto politico e culturale su questi temi, consapevoli che senza questa apertura e disponibilità tra i parchi innanzitutto, ma anche tra le istituzioni, le associazioni e i ricercatori difficilmente si riuscirà a costruire quel sistema nazionale di aree protette quale configura la 394, che deve consentire anche quella collaborazione a livello europeo e internazionale che ormai si impone.
Renzo Moschini
L.P. Trento 30 agosto 1993, n. 22: un primo commento
Donata Borgonovo Re*
Lo Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige attribuisce alla competenza legislativa esclusiva delle due Province autonome la materia "alpicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna" (art.8, n.16). Il relativo decreto di attuazione (Dpr 22 marzo 1974, n.279) disciplina però esplicitamente solo le funzioni concernenti il Parco nazionale dello Stelvio (art.3). Pur statuendo che al Parco "sarà conservata una configurazione unitaria" - bisogna ricordare, infatti, che il territorio del Parco si estende in Lombardia, oltrechè in Trentino-Alto Adige -, viene attribuito alle Province il compito di disciplinare "con legge le forme e i modi della specifica tutela" sulla base di previe intese con lo Stato "allo scopo di favorire l'omogeneità delle discipline relative" (comma 3). Inoltre, in caso di modifica dell'estensione del Parco, le Province provvedono con legge "previa consultazione con lo Stato" (comma 2): in realtà, l'unica disposizione di ampliamento del territorio del Parco - passato dagli originari 953 kmq agli attuali 1.346 kmq aveva ad oggetto solo il versante lombardo dello stesso - così collegato con l'esistente Parco nazionale dell'Engadina - ed è stata quindi formalizzata con un atto statale (Dpr 23 aprile 1977). Per quanto attiene il modello di gestione - che per i parchi nazionali è tradizionalmente di due tipi: ente autonomo di gestione (d'Abruzzo e Gran Paradiso) o amministrazione diretta dello Stato affiancata da un organo consultivo locale (Circeo e Calabria) (Loiodice, Spagnoletti, 1988, 3) l'art.3, comma 4, introduce una peculiare forma di tipo consortile, prevedendo la costituzione di un consorzio tra lo Stato e le due Province autonome: queste ultime rappresenterebbero gli interessi connessi al proprio territorio, mentre lo Stato avrebbe dovuto rappresentare anche quelli relativi al territorio lombardo, di cui la norma in oggetto non fa alcuna menzione: bisognerà attendere infatti la legge-quadro per le aree protette del 1991 per veder esplicitamente ricompresa la Regione Lombardia nel novero dei soggetti partecipanti alle suddette intese (art.35,1 comma). Tale previsione normativa ha avuto finalmente attuazione con la l.p. Trento 30 agosto 1992, n.22 ("Norme per la costituzione del Consorzio di gestione del Parco nazionale dello Stelvio").
Frutto di complesse intese tra le parti - confluite nel Protocollo di Lucca, sottoscritto nel marzo 1992 dalle due Province autonome, dalla Regione Lombardia e dal Ministero dell'ambiente -, la legge dispone la costituzione del Consorzio di gestione del Parco (ex art. 3 Dpr 279/1974 e art. 35 1. 394/1991), avente personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'ambiente. Senza procedere ad un'analisi puntigliosa della disciplina, se ne vogliono comunque sottolineare alcuni tratti salienti dai quali si evince la nuova specificità - organizzativa ma anche gestionale - acquisita dal Parco nazionale nel raggiungimento di quel delicato equilibrio tra interesse unitario alla protezione ed effettivo esercizio degli spazi di autonomia. La ... quadratura del cerchio è stata ottenuta, sotto il profilo organizzativo, dotando il Consorzio di un Consiglio direttivo e di tre Comitati di gestione (organi dello stesso, al pari del presidente e del collegio dei revisori, art.4). Il primo - la cui composizione assicura una presenza proporzionata delle amministrazioni statali, provinciali e della Regione Lombardia, nonchè delle associazioni ambientaliste - ha funzioni deliberative in materia di statuto, regolamenti e piano del Parco; ha funzioni di direttiva e di coordinamento per assicurare l'unitarietà degli indirizzi generali e, infine, ha potere di sostituirsi ai comitati di gestione in caso di loro inerzia (ma previa diffida) (art.6). La legge provinciale non prevede, tra gli organi, la "Comunità del Parco" (ex art.10,1.394/1991)
poichè ad essa si sostituisce - con poteri ben più ampi - il Comitato di gestione, la cui composizione garantisce la diretta rappresentanza di tutti i soggetti (Comuni, consortele, amministrazioni separate degli usi civici, amministrazione provinciale, associazioni naturalistiche, esperti in materia) comunque direttamente interessati a quanto accade nel Parco. I Comitati di gestione costituiscono dunque l'organo ''locale'' preposto alla gestione ordinaria e straordinaria del territorio del Parco ricadente o nella Provincia di Trento, o nella Provincia di Bolzano, o nella Regione Lombardia. Il loro ruolo - stando alla composizione ed alle competenze attribuitegli dalla legge provinciale (art. 7), ma si suppone concordato con gli enti autonomi di cui si attende la disciplina sembra proprio quello di una rappresentanza di istanze ed interessi territorialmente qualificati e di un loro dialettico raffronto con la disciplina generale ed unitaria afferente il Parco. La legge stessa, infatti, tiene a sottolineare che la gestione operata dal Comitato deve tener "conto delle realtà locali e delle tradizioni consolidate di ordine economico, sociale e culturale" (art.7, comma 6, lett. a). Inoltre, la rappresentanza ''incrociata'' ovvero, dei presidenti dei Comitati di gestione all'intemo del Consiglio direttivo e di un rappresentante di quest'ultimo nel Comitato di gestione - prevista dalla legge, garantendo una continua comunicazione tra i due organi, dovrebbe rafforzarne le potenzialità di accordo e di funzionamento armonico. Cosicchè la specificità giuridicoistituzionale delle tre aree territoriali costituenti il Parco potrebbe dimostrarsi non già una paventata forza disgregante, bensì una risorsa preziosa, nella ricerca di modalità di protezione e di sviluppo maggiormente idonee alle caratteristiche dei luoghi. E per questa stessa ragione, destinate a raccogliere il consenso delle popolazioni che nel Parco e con il Parco devono convivere.
Il presidente del Parco viene nominato dal Ministro dell'ambiente d'intesa con le due Province autonome e con la Regione Lombardia (unico requisito richiesto, una "sperimentata competenza in materia di tutela della natura e dell'ambiente", art. 5). Titolare della rappresentanza legale del Consorzio (che peraltro può delegare ai Presidenti dei Comitati di gestione, secondo quanto stabilirà lo Statuto) e del potere di adottare provvedimenti indifferibili ed urgenti - salva ratifica del Consiglio -, quest'organo monocratico dovrà inoltre svolgere le funzioni che gli verranno attribuite dal Consiglio direttivo (analogamente a quanto disposto dall'art. 9, comma 3, legge-quadro 394/1991) avvalendosi però del direttore del Parco.
Quest'ultima figura appare di particolare rilevanza nella disciplina globale del Consorzio: l'art. 8 ne definisce ruolo e funzioni (mentre la legge-quadro si limitava ad individuare requisiti soggettivi e procedura di nomina). In particolare, il direttore dovrà sovraintendere all'andamento funzionale delle tre strutture amministrative di zona, operando quale mediatore gestionale tra gli indirizzi generali - ed infatti risponde del proprio operato al Consiglio direttivo - e le attività svolte nelle sedi locali del Parco. Si comprende, a questo proposito, l'inserimento tra i requisiti soggettivi di "una adeguata conoscenza della lingua tedesca" (art. 8, ultimo comma).
La, da taluni paventata, scomparsa del Corpo forestale dello Stato si avrà proprio nelle Province di Trento e Bolzano, nelle quali la sorveglianza sul territorio del Parco verrà esercitata dai rispettivi Corpi forestali, mentre quello statale manterrà le proprie funzioni solo sul territorio appartenente alla Regione Lombardia. Si suppone, tuttavia, che, poichè l'esercizio di tale funzione dovrà essere preceduto da una convenzione approvata dal Ministero dell'ambiente d'intesa, nel primo caso, con le due Province autonome e, nel secondo, con il Ministero dell'agricoltura, vi sarà uniformità di indirizzi, di contenuti e di modalità di esercizio dell'attività di sorveglianza stessa. Ciò al fine di evitare pericolose diversificazioni nello svolgimento di una funzione tanto delicata e fondamentale, per un Parco, qual'è quella del controllo sul territorio. La protezione della natura, si sa, se non è accompagnata - soprattutto nel nostro Paese - da un'efficace sorveglianza oltrechè da adeguate sanzioni, è destinata a rimanere lettera morta.
Tornando all'istituzione del Consorzio, si ricorda come, in passato, qualcuno notò che essa sarebbe stata in realtà "foriera" di nuove ragioni di contenzioso. Per un verso, infatti, tale Consorzio
rappresenterebbe senza alcun dubbio un limite all'esercizio delle funzioni amministrative che in materia svolgono le due Province, in modo non dissimile da ogni altra funzione arnministrativa provinciale. Per altro verso, la mancata costituzione del Consorzio medesimo finisce per rendere meno sicuro tale esercizio esponendolo ad occasionali interventi dell'autorità centrale o del giudice amministrativo" (Caretti, De Siervo,1986, 37). A conferma di quest'ultima annotazione sembrerebbe porsi la sentenza 22 maggio 1987, n. 210 con la quale la Corte costituzionale affermava la legittimità del potere di direttiva esercitato dal Ministro dell'ambiente - ex art.5 1.349/1986 - nei confronti degli organi di gestione dei parchi nazionali. Alle censure proposte dalle due Province autonome, la Corte opponeva la constatazione che, in assenza del Consorzio di cui sopra, "le direttive previste dalla norma impugnata si rivolgono all'amministrazione statale (prevista dal regime transitorio) della quale lo Stato può disporre, e può anche accomunare ad uffici consimili del territorio nazionale, al fine di attuare un indirizzo e coordinamento unitari" (punto 3 diritto; per un commento, Borgonovo Re,1987,347). Sicuramente il Parco nazionale dello Stelvio (la cui costituzione risale alla legge 24 aprile 1935, n. 740) ha avuto una storia tormentata, la cui complessità si è acuita nella fase di individuazione delle competenze dell'autonomia trentina. Oltretutto, i ritardi e la parziale paralisi applicativa della disciplina di attuazione hanno reso taluni problemi decisamente sovradimensionati. Si pensi, ad esempio, all'annosa controversia tra lo Stato e la Provincia di Bolzano in ordine alla ridefinizione dei confini del Parco (esclusione della Val Venosta, per le parti più fortemente antropizzate) e, conseguentemente, alla riduzione dei divieti in materia di caccia. Il nuovo assetto del Parco nazionale sopra delineato - e che corrisponde a quanto concordato nella richiamata intesa di Lucca - acquista così per la Provincia autonoma di Bolzano una valenza politico-istituzionale particolarmente significativa. Il test della legge provinciale - relativo alla creazione del Consorzio - in corso di approvazione contiene una norma (art. 16) che rinvia ad un successivo intervento normativo per ridefinire i confini del Parco ricadenti nel territorio della Provincia, escludendo il fondovalle dell'Adige (Val Venosta). Da qui, saranno poi le zonizzazioni tracciate dal piano per il Parco a determinare quali attività siano compatibili nelle aree a protezione diversificata. L'esclusione della Val Venosta (rispetto alla quale anche il Ministero dell'ambiente ha espresso parere favorevole) era da tempo oggetto di dibattito. Giànel 1986, di fronte adunaprima, completa formalizzazione delle proposte alto-atesine in materia di ridefinizione dei confini, vi era chi valutava positivamente i contenuti delle stesse poichè, da un lato, miravano ad escludere dall'area protetta quelle zone in realtà decisamente antropizzate e dunque oggetto di alterazioni ambientali significative; dall'altro, intendevano ripartire - un pò secondo il modello francese - le zone del Parco ed i diversi gradi di tutela loro riferiti. "Si tratta di una proposta che muove dal presupposto di considerare parco nazionale (secondo anche le definizioni correnti a livello internazionale) quelle zone nelle quali il ridotto o assente livello di antropizzazione consente la tutela, conservazione e valorizzazione di un ambiente naturale ancora sufficientemente integro. Una concezione che porta inevitabilmente ad un ridimensionamento, in termini quantitativi, della nozione di parco nazionale, ma che forse elimina il rischio di una serie di possibili equivoci che spesso animano il dibattito in materia" (Caretti, De Siervo,1986,36). Seppur a distanza di tempo, la ragionevolezza di queste soluzioni è stata istituzionalmente recepita.
Bibliografia di riferimento
- A. Abrami, Parchi nazionali e regionali, riserve naturali e zone umide, voce Noviss. Dig. App., Torino, 1984
- A. Lojodice, L. Spagnoletti, Parchi naturali, voce Enc. Giur. Treccani, Roma, 1988
- S. Bartole, Regione Trentino-Alto Adige. Competenze in materia di parchi. Trasferimento alle Province di Trento e Bolzano. Cessazione della potestà legislativa regionale in Le Regioni, 1973, 387
- G. Rolla, Parchi e Regioni ad autonomia speciale: una competenza contrastata in Riv. Trim. Dir.
Pub. 1982, 1150
- P. Caretti, U. De Siervo, La riforma della legislazione sui parchi nazionali
in Le regioni,1986
- D. Borgonovo Re, L'ambiente tra Stato e collettivita locali: una questione spinosa da risolere in Riv. giur. ambiente 1987,345
-G. Nizzero, Parchi e Regioni differenziate in Giur. Cost. 1992, 2923
-M.Malo, appunti sull'organizzazione collaborativa fra Stato e Regioni in Le Regioni, 1993, 778.
* Docente all'Università di Trento
Il parere della Consulta
Ad ulteriore informazione dell'attività della Consulta tecnica pubblichiamo i pareri espressi sul Parco nazionale dello Stelvio e la parte dispositiva dei pareri riguardanti il Parco nazionale d'Abruzzo e il Parco nazionale del Gran Paradiso.
La Consulta tecnica per le aree naturali protette, riunita per esprimere un parere di sua iniziativa sull'emanando decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l'adeguamento delle disposizioni concernenti il Parco nazionale dello Stelvio ai principi della L. 6 dicembre 1991, n. 394, uditi il relatore, dopo ampio dibattito, visto l'art. 3, comma 8, della L. 394/91 avanti citata, ha espresso il seguente parere:
Premesso che:
la legge 6 dicembre 1991, n. 394, nel Titolo IV "Disposizioni finali e transitorie" all'art. 35 (Norme transitorie) stabilisce le disposizioni, definendo anche le procedure, per l'adeguamento ai principi della legge-quadro delle normative che disciplinano il Parco dello Stelvio.
Per attuare l'adeguamento è prevista l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per l'Ambiente, previe intese con le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Regione Lombardia.
La formulazione utilizzata dal legislatore di adeguamento ai "principi generali della legge" e non alle "disposizioni della presente legge", così come previsto nelle ipotesi prospettate nelle prime stesure della legge indica quanto siano stati di difficile composizione antichi conflitti e contrapposizioni e quanta complessità rivesta la materia di che trattasi.
La soluzione prospettata dalla norma vigente appare più rispondente allo scenario prefigurato dal legislatore per i parchi nazionali, chiamati ad assumere, in aggiunta agli originari compiti di tutela e di salvaguardia, funzioni innovative e dinamiche più rispondenti alle realtà attuali.
L'adeguamento, quindi, non rappresenta che l'esigenza di dotare i Parchi esistenti di tutti gli strumenti nuovi prefigurati dalle norme della leggequadro per corrispondere alle più moderne concezioni della tutela naturale.
In rapporto alle disposizioni sopra richiamate il Ministero dell'Ambiente si è attivato avviando le procedure per il raggiungimento delle intese volte all'adeguamento per il Parco dello Stelvio racchiuse in un "accordo" sottoscritto, a Lucca, in data 27 marzo 1992, dai rappresentanti delle due Province autonome di Trento e di Bolzano, della Regione Lombardia e del Ministero dell'Ambiente.
Tale provvedimento, concernente le intese previste dalla disposizione dell'art. 35 della legge, sembra, però, più mirato al superamento delle contrapposizioni tra Stato e Province autonome ed alla salvaguardia di potestà autonomistiche piuttosto che alla "salvaguardia" di un bene ambientale ecologicamente non frazionabile, la cui "unitarietà di configurazione e di gestione" è di fatto lesa dalla previsione di sottocomitati con potestà gestionali su porzioni di area protetta, che non sono ecosistemi autonomi ed indipendenti, ma soltanto porzioni di un unico ecosistema delimitate da confini geografici di Regione e di Province.
La stessa composizione dei tre sottocomitati prevista in maniera disomogenea e con rappresentanze, all'interno di essi, di categorie di soggetti portatori di interessi diversificati e settoriali, se non addirittura corporativi, prefigura una assoluta impossibilità di gestione unitaria dell'area protetta e non corrisponde alla previsioni della L. 394/91.
Le intese raggiunte non rispecchiano, non rispettano e soprattutto non garantiscono la "unitarietà di configurazione e di gestione" affermata in ma-
niera inequivoca dalle disposizioni dell'art. 8, comma 4 della legge 394 e dall'art.3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279.
Tutto ciò premesso, la Consulta ritiene che:
1. La legge 6 dicembre 1991, n. 394 classifica il Parco dello Stelvio "parco nazionale" e ad esso devono, in conseguenza, essere applicati i principi generali fissati dalla legge per tale categoria di aree protette. In particolare, il principio dell'unitarietà della disciplina dei parchi nazionali richiamato, anche se per inciso, dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 15 novembre 1988, n. 1029.
I principi, meglio specificati nella relazione richiamata in premessa, non possono essere solo quelli specificati nel Titolo I° della legge 394/91 che reca un'analoga denominazione, ma anche e soprattutto quelli relativi alla configurazione organizzativa-gestionale, agli strumenti di pianificazione e programmazione economica e sociale, caratterizzanti, in maniera specifica, la categoria dei parchi nazionali.
In proposito, il punto 5 della sentenza n. 366, in data 27 luglio 1992, emessa dalla Corte Costituzionale, precisa che: "... deve escludersi che l'ancoramento delle intese all'adeguamento dei principi fissati dalla legge sulle aree naturali protette costituisca un vincolo illegittimo nei confronti dell'autonomia provinciale. Innanzi tutto perchè i principi da tener presenti dovranno essere individuati in via interpretativa in base alle materie specificatamente interessate ...".
Alla luce di tali decisioni i principi che vanno applicati non possono essere che quelli discendenti da irrinunciabili esigenze di salvaguardia ambientale quali la unitarietà di configurazione e di gestione e quelli relativi ai modelli gestionali che rappresentano, sotto il profilo della partecipazione democratica, aspetti assolutamente innovativi e caratterizzanti la configurazione di un'area naturale protetta nazionale.
Il richiamo, poi, contenuto nell'art.25, comma 1, al riguardo del Parco dello Stelvio, che per l'adeguamento ai principi debba provvedersi sulla base dell'art.3 del DPR 22 marzo 1974, n.229, ha "il solo scopo di far salve le procedure d'intesa contenute nell'art. 3 del DPR citato e di inserirle nel quadro della disciplina, tendenzialmente uniforme, stabilita dalla legge-quadro riguardo alle aree protette ..." così come autorevolmente affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 366 del 27 luglio 1992.
Alla luce di quanto sopra debbono, pertanto, applicarsi anche per lo Stelvio le procedure previste dall'art. 35 per l'adeguamento delle discipline dei parchi nazionali esistenti ai principi della legge 394/91.
Il richiamo, inoltre, all'inserimento delle intese nel quadro della disciplina tendenzialmente uniforme stabilita dalla legge-quadro riguardo alle aree naturali protette nazionali fa ritenere anche superati i modelli gestionali configurati nel citato art. 3.
2. In dipendenza delle superiori considerazioni ed in particolare sotto i profili più squisitamente di protezione di un bene ambientale, quale lo Stelvio, la cui salvaguardia, così come per ogni altro ecosistema, è legata all'assoluta ed irrinunciabile esigenza del mantenimento della sua unitarietà per gli aspetti vegetazionali, faunistici, territoriali e gestionali, ritiene la Consulta che in sede di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, forma richiamata in maniera inequivoca dalle disposizioni ex art.35 della legge-quadro per il provvedimento definitivo del raggiungimento delle intese tra i soggetti istituzionali interessati, debbano essere apportate le necessarie ed opportune modifiche alla proposta del Ministro per l'Ambiente, attraverso una riformulazione della intesa diversa e più coerente con i principi di conservazione del patrimonio naturale, al fine di salvaguardare, in funzione di esigenza fondamentale di tutela del bene ambientale "Stelvio", l'unitarietà di gestione, senza improvvidi e perniciosi frazionamenti e che per il Parco nazionale dello Stelvio debba essere configurato un modello organizzativo gestionale nella forma più aderente possibile ai principi stabiliti dalla legge 394 che, avendo la connotazione di legge-quadro, crea di per se stessa una gerarchia di disposizioni.
Anche per corrispondere alle indicazioni espresse dalla Corte Costituzionale nelle sentenze citate ed evitare situazioni di contenzioso che certamente non gioverebbero alle finalità che la legge intende perseguire.
Benedetto Li Calsi - Gianluigi Ceruti
Un pro-memoria per il Governo
La Commissione ambiente della Camera ha approvato il 15 dicembre 1993 la seguente mozione:
L'VIII Commissione, apprezzata la prima relazione del ministro dell'ambiente sullo stato di attuazione della leggequadro sulle aree protette (6 dicembre 1991, n. 394), presentata al Parlamento ai sensi dell'articolo 3 della legge stessa (che prevede relazioni annuali) il 28 ottobre 1993; visto il relativo parere del Consiglio nazionale per l'ambiente espresso il 28 ottobre; apprezzati altresì gli aggiornamenti presentati nella seduta del 5 dicembre 1993 dallo stesso ministro; apprezzate le precedenti risoluzioni approvate e le audizioni svoltesi nella Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici; impegna il Governo a presentare entro l'anno il programma di attuazione degli strumenti di pianificazione e gestione (Carta della natura, linee fondamentali di assetto del territorio, elenco ufficiale delle aree protette, programma triennale per le aree protette, elenco dei direttori idonei, misure di incentivazione delle attività economiche compatibili); adeguare il Ministero dell'ambiente ai compiti assegnati dalla legge, dando continuità e potenziando il lavoro del servizio conservazione della natura e della segreteria tecnica per accompagnare la nascita dei parchi e per impostare una politica nazionale organica; mantenere in vita gli organi centrali di indirizzo e coordinamento istituiti dalla legge 394/91 (Comitato per le aree naturali protette, Segreteria e Consulta tecnica) senza i quali verrebbe a cadere ogni probabilità di programmazione, di azione e di controllo, garantendone invece la continuità dell'attività ed istituendo uno sportello informativo, nell'ambito del Servizio conservazione della natura, e realizzando una sede di coordinamento e di rappresentanza degli Enti parco nazionali presso il Ministero dell'ambiente; emanare rapidamente i decreti di "adeguamento" dei 5 parchi storici alla legge-quadro; adeguare i finanziamenti assegnati al Parco nazionale d'Abruzzo, al Parco nazionale del Gran Paradiso e al Parco nazionale dello Stelvio garantendone le possibilità operative; mantenere la gestione unitaria del Parco dello Stelvio; rendere effettiva ed efficace la tutela della natura nei parchi del Circeo e della Calabria; accelerare i lavori per l'istituzione del Parco nazionale del Monte Bianco e l'attuazione della convenzione per le Alpi; accelerare le procedure amministrative per la piena entrata in funzione e l'erogazione dei fondi per i 5 nuovi Parchi nazionali delle Dolomiti Bellunesi, dei Monti Sibillini, delle Foreste Casentinesi, del Pollino e della Val Grande; emanare entro l'anno i decreti di istituzione dell'ente parco e di perimetrazione definitiva per i restanti parchi cosiddetti in itinere (Aspromonte, Arcipelago toscano) rispettando criteri di professionalità ed incompatibilità per le nomine ed individuando sedi autorevoli e centrali nel territorio del parco e "sportelli" in ogni Comune; procedere all'istituzione del Parco del Delta del Po favorendo la sottoscrizione dell'intesa fra i presidenti delle Regioni Emilia-Romagna e Veneto sulla base di quanto previsto dall'articolo 35, comma 4 della legge-quadro; provvedere ove possibile all'istituzione dell'ente parco o comunque nominare entro l'anno i comitati di gestione provvisori per i 5 nuovi parchi nazionali (Cilento, Gargano, Gran Sasso-Laga, Maiella, Vesuvio) individuando le sedi nel territorio del parco; favorire che le comunità del parco si riuniscano e compiano le nomine dopo l'insediamento del relativo ente parco, con voto limitato per il rispetto delle minoranze; attivare le attività di redazione degli studi già finanziate solo dopo l'insediamento degli enti parchi;
procedere entro un mese alla redazione dell'elenco dei direttori idonei e conseguentemente alla stipula dei primi contratti biennali per i direttori dei parchi, verificando l'idoneità secondo criteri di trasparenza e di professionalità;
riformare il Corpo forestale dello Stato, integrando ed unificando le attività e le competenze della direzione generale dell'economia montana e delle foreste e del servizio conservazione della natura del Ministero dell'ambiente e trasferendo il Corpo forestale al Ministero dell'ambiente e "regionalizzandone" l'attività in stretto collegamento con la gestione delle singole aree protette, pur nella conferma del carattere nazionale ed unitario;
dare piena ed immediata attuazione, innanzitutto nel programma triennale per la tutela ambientale all'articolo 7 della legge-quadro che attribuisce priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali agli enti locali ubicati all'interno dei parchi nazionali per interventi come il restauro, l'agriturismo, le attività agricole e forestali, l'energia, eccetera, mediante apposito decreto del presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro il 28 febbraio 1994, che definisca criteri e modalità per l'utilizzazione dei finanziamenti in conto capitale dei vari Ministeri; considerare l'agricoltura e la valorizzazione forestale nei parchi montani e collinari un servizio prioritario per la tutela attiva del territorio e il riassetto idrogeologico; garantire il coordinamento del programma triennale per le aree protette con i programmi comunitari, ed in particolare con il programma LIFE attraverso il servizio conservazione della natura e la segreteria tecnica per le aree protette; garantire che le riserve marine siano finalmente istituite con le garanzie ambientali e per le popolazioni locali previste dalla legge-quadro; garantire l'abbandono delle isole di Pianosa e Asinara da parte del Ministero della giustizia, così come previsto dalla legge, nonché lo smantellamento dei poligoni militari e la fine delle esercitazioni a fuoco nei parchi, secondo quanto votato dalla Camera in una apposita risoluzione, ed attuare le necessarie misure di salvaguardia del patrimonio naturale delle isole; sollecitare l'approvazione e/o l'adeguamento delle leggi regionali in materia, vincolandovi l'effettiva erogazione dei fondi e facilitando l'uso degli incentivi finanziari di origine comunitaria.
Cerutti, Calzolaio, Mantovani, Formenti, Lusetti, Rissi. |