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1. Inquadramento generale
La perimetrazione di un'area da sottoporre ad uno speciale regime amministrativo richiede innanzitutto:
- -una profonda disamina degli obiettivi da perseguire;
- -la definizione di una metodologia discriminante tra quello che può essere incluso da quello che deve essere escluso. Tra ciò che in quella determinata ottica è da ciò che non è.
- Si tratta di un lavoro estremamente impegnativo che, in linea generale, si traduce nell'impostazione di un progetto di valutazione tecnica che presuppone, in ogni punto dell'analisi, una verifica sulla coerenza tra quello che viene proposto e gli obiettivi del progetto stesso.
- La base per l'elaborazione del progetto è rappresentata dal dettato normativo di riferimento: in questo caso dalla L. 394/91.
Lo scopo della valutazione tecnica è quello di consentire ex-ante l'esame dei possibili impatti diretti o indiretti, positivi o negativi conseguenti alle scelte proposte e, quindi, mettere gli organi decisionali nelle migliori condizioni di giudizio.
Tra la fase di acquisizione delle informazioni, di elaborazione della cartografia tematica e di preparazione delle proposte di perimetrazione, esiste un ampio margine per verificare interessi e punti di vista di figure sociali, organizzazioni di categoria, pubbliche amministrazioni e di quanti altri sono in qualche modo coinvolti nelle future scelte o, a maggior ragione, interagiscono con il territorio e/o con l'istituto giuridico preposto alla gestione dell'area a speciale regime amministrativo.
Lo scopo è quello di verificare l'eventuale insorgere di rapporti di conflittualità conseguenti alle proposte progettuali tra diverse figure sociali e/o economiche e tra le differenti componenti ambientali.
Da un punto di vista puramente metodologico, l'iter dianzi accennato si presta a proiezioni che, sulla base di "possibili scenari", consentono di esprimere giudizi di merito tanto più attendibili quanto più corrette ed obiettive sono le metodologie impiegate e quanto più credibili ed aderenti alla realtà fattuale risultano le ipotesi su cui si fondano i diversi scenari.
Esiste in questo settore una letteratura vastissima riferita alla validazione di programmi iterativi, adottata nei progetti di sviluppo, nelle valutazioni di impatto ambientale e, più in generale, nella pianificazione territoriale.
Si tratta in definitiva, di consentire a chi è chiamato ad assumere le decisioni, ma anche a chi è legittimato a muovere obiezioni, di esprimere il proprio assenso oppure il proprio dissenso non soltanto sul principio che muove l'intero iter progettuale, ma anche sulle ipotesi o sul grado di credibilità dei processi e/o dei risultati attesi.
La validazione del progetto, sebbene su una base ampiamente predittiva, rappresenta una metodologia di analisi, funzionale per i tecnici incaricati delle proposte, ma soprattutto trasparente per le ipotesi formulate e per le ricadute nei diversi settori coinvolti nel processo di pianificazione.
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- 2. Aspetti metodologici
La legge 394 del 6 dicembre 1991 detta principi fondamentali per l'individuazione, l'istituzione e la gestione delle aree protette.
A parte i rilievi di carattere giuridico amministrativo espresse in altra sede (La Marca et al. 1992), merita sottolineare che a tutt'oggi il dibattito sui criteri di perimetrazione di un'area parco è ancora alquanto vivace e che molti dei problemi posti dai sostenitori delle differenti tesi restano insoluti.
In altre parole la legge ha stabilito, attraverso un elenco che fa riferimento ad aree geografiche, l'istituzione di nuovi parchi nazionali e, fatto del tutto nuovo, ha indicato un insieme di aree di re-
perimento per futuri ampliamenti delle aree protette.
La legge non ha precisato però, se non a grandi linee, i criteri di reclutamento delle "aree elementari" per la costituzione delle suddette aree protette. Gli indirizzi che ne sono derivati, se escludiamo posizioni "integraliste" sia a favore che contro la L. 394/91, vanno dal parco delimitato sulla base di confini geografici molto vasti ad una confinazione limitata alle aree aventi rilevante valore naturalistico ed ambientale (così come stabilisce la legge)
Il rischio che si corre applicando alla lettera il primo dei criteri elencati è che nell'area parco, pur essendo presenti elementi di rilevante interesse naturalistico ed ambientale, questi siano per così dire del tutto o sostanzialmente vanificati dalla presenza di aree in cui esistono elementi e/o attività incompatibili con l'istituto del parco.
Il rischio che si corre applicando alla lettera il secondo criterio è che l'istituendo parco sia costituito da un insieme di aree biogeograficamente isolate ("a pelle di leopardo") ingestibili da qualsiasi punto di vista, inutili soprattutto per gli aspetti naturalistici.
In una proposta di carattere metodologico presentata in una occasione come quella odierna (Bortolotti e La Marca, 1988) abbiamo sostenuto che le metodologie che meglio si prestano all'individuazione delle aree protette si fondano sulla parametrizzazione, su basi scientifiche, di indici quali-quantitativi atti a caratterizzare le risorse territoriali.
Questa fase, prettamente tecnica, si serve in genere di quanto è stato già fatto in tema di tutela delle risorse naturali, di studi monografici, di segnalazioni di biotopi di rilevante importanza oppure riguardanti l'istituzione di aree protette da parte di istituzioni scientifiche, di associazioni culturali o naturalistiche. Altre indagini a questo riguardo interessano le decisioni assunte ai diversi livelli gerarchici della pianificazione urbanistica e territoriale.
Non è questa la sede per addentrarsi in analisi di dettaglio circa l'individuazione dei parametri e la loro più corretta applicazione. L'errore che in ogni caso bisognerà evitare sarà quello di lasciarsi influenzare da interessi settoriali, da fattori emotivi o da altro.
Tra i parametri suddetti si possono ricordare:
- 1) la rarità delle componenti abiotiche e biotiche (flora, vegetazione, fauna, biocenosi);
- 2) la rappresentatività, in rapporto alle popolazioni vegetali ed animali, agli habitat, alle biocenosi, agli ecosistemi presenti sul territorio considerato;
- 3) la diversità ambientale e biologica;
- 4) la naturalità in rapporto alle biocenosi climax ed alla loro composizione e struttura;
- 5) la vulnerabilità, e cioè i pericoli di alterazione e di distruzione.
- Questi parametri debbono essere opportunamente considerati insieme, ma per tener conto di tutti, occorre attribuire un valore a ciascuno e stabilire in che proporzione ciascun parametro potrebbe influire sul risultato finale. E evidente che, nell'eseguire queste operazioni, è inevitabile che alcune attribuzioni avvengano con una certa soggettività, e pertanto con il rischio di cadere nell'arbitrarietà.
Per sfuggire il più possibile a questo pericolo è indispensabile avere preliminarmente un quadro analitico completo della realtà in cui si deve operare per calibrare le stime sulla situazione complessiva e per inquadrare le scelte sugli indirizzi di politica ambientale.
Un altro metodo, del tutto oggettivo, ampiamente impiegato per stimare la biodiversità degli ecosistemi, è quello proposto da Shannon attraverso la formula dell'entropia
- Hs =- pi x ln (pi)
dove Pi rappresenta la frequenza relativa della specie i-esima (rapporto tra numero di individui della specie e numero totale di individui di tutte le specie censite con il rilievo).
Da un punto di vista metodologico l'iter appena illustrato non si discosta nella sostanza da quello messo a punto negli Stati Uniti nel 1980 dal Fish and Wildlife Service per la valutazione ambientale (Habitat Evaluation Procedure) di unità di superficie nota attraverso parametri quantitativi. In tutti i casi esaminati, ma la casistica potrebbe essere molto più ampia, emerge la necessità di adottare criteri e procedimenti di classificazione che non solo siano oggettivi, per quanto è possibile e non arbitrari, ma nello stesso tempo di facile comprensione anche da parte della popolazione.
I metodi qui suggeriti richiedono innanzitutto un supporto cartografico con la partecipazione interdisciplinare di esperti ad alto livello sui diversi aspetti cui la tutela e la valorizzazione sono indirizzate.
Il passo successivo è rappresentato dalla raccolta, la più ampia possibile, di lavori bibliografici riguardanti il patrimonio naturale, le formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche di rilevante valore naturalistico e ambientale.
Detti lavori, ancorché qualificanti, in questa fase non risulteranno ancora determinanti per il reclutamento o l'esclusione delle rispettive superfici del perimetro delle aree protette. Essi potranno caso mai concorrere a definire una perimetrazione provvisoria ed in ogni caso rappresentano elementi di richiamo per approfondimenti nelle analisi successive.
La fase successiva secondo il metodo H.E.P. comprende:
la suddivisione del territorio in unità cartografiche corrispondenti alle dimensioni di un reticolo da sovrapporre alla cartografia di base (unità territoriale - U.T.);
la sovrapposizione a ciascuna unità territoriale (U.T.) di carte tematiche;
la determinazione con il criterio della prevalenza per ciascuna delle suddette aree elementari degli indici di valore relativo (I.V.R.);
la definizione del valore naturalistico, scientifico e ricreativo (V.N.S.R. 9);
il raggruppamento delle U.T. in unità ambientali (U.A.);
la classificazione delle U.A.;
la definizione dei detrattori e delle emergenze ambientali;
il calcolo di un "Indice complessivo di qualità ambientale" per ogni unità ambientale tarato con detrattori ed emergenze ambientali.
Premesso che il metodo prevede una lettura integrale dell'intera area geografica suscettibile di classificazione tra le aree protette, la risultante sarà una rappresentazione discretizzata della distribuzione dell'indice della qualità ambientale a scala tanto più dettagliata quanto più piccole saranno le maglie delle unità territoriali.
Detta cartografia, oltre a rappresentare la base della perimetrazione dell'istituenda area protetta, fornirà automaticamente informazioni, su ba-
se ancora una volta cartografica, direttamente spendibili nella zonizzazione all'interno dell'area protetta.
Resta evidente che il lavoro definitivo comprenderà il passaggio dalla cartografia al discreto a quella al continuo allo scopo di rendere il lavoro di gestione più organico, e per eliminare piccole incongruenze che la discretizzazione inevitabilmente comporta.
La parametrizzazione dei valori naturalistici ed ambientali, assieme alla perimetrazione dell'area parco, rappresenta il primo stadio di un iter programmatico indispensabile alla gestione del territorio.
I passi successivi sono costituiti dall'elaborazione del regolamento del parco e dal piano del parco previsti rispettivamente dagli artt. 11 e 12 della L. 394/91.
Il primo degli strumenti di cui sopra disciplina l'esercizio delle attività consentite all'interno del territorio del parco, il secondo è rivolto:
- 1) ad individuare le aree per le quali sono previste forme differenziate di uso, godimento e tutela (zonizzazione);
- 2) a definire vincoli e norme di attuazione riferite alle varie aree o parti di piano;
- 3) a stabilire sistemi di accessibilità veicolare e pedonale all'interno del parco;
- 4) a ricercare sistemi di attrezzature e servizi per la funzione sociale del parco;
- 5) a proporre indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere.
- Gli strumenti di cui sopra, tenuto conto degli adempimenti (e delle inadempienze) burocratico-amministrative e del dibattito sviluppatosi riguardo alla L. 394/91, risultano forse più importanti della stessa perimetrazione proposta per i parchi di nuova istituzione.
La perimetrazione infatti, se ben eseguita, si riferirà ad un territorio nel suo insieme ad elevata valenza ambientale.
Il regolamento ed il piano per il parco, se ben eseguiti, sapranno individuare soluzioni opportune ed intelligenti, non offensive dei valori naturalistici ed estetici dei luoghi, delle attività e delle tradizioni delle popolazioni. Inoltre il piano di cui sopra, in quanto strumento di programmazione a carattere esecutivo, dovrà riferirsi ad una perimetrazione più dettagliata che potrebbe anche correggere eventuali errori emersi da un esame sommario del territorio. Un capitolo importantissimo sarà comunque quello dedicato alla gestione delle risorse naturali ricadenti all'interno delle quattro aree a diverso grado di protezione previste dalla legge.
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- 3. Considerazioni
Fin qui abbiamo parlato di metodologie, quindi di aspetti che precedono la perimetrazione.
Nel caso che qui interessa una perimetrazione, sebbene provvisoria, è già stata effettuata e con essa sono state emanate anche le norme di salvaguardia.
Sarebbe veramente interessante conoscere i criteri adottati per giungere al risultato attuale, le ipotesi di sviluppo conseguenti all'applicazione del nuovo regime giuridico-amministrativo ed i risultati nel settore ambientale, economico e sociale.
Questi ultimi aspetti, nonostante le difficoltà di analisi, sono da considerare con particolare cura. La validazione delle ipotesi di sviluppo, cui si è fatto cenno dianzi, sono indispensabili. Ragioni di opportunità legate all'intensa ed antichissima antropizzazione del Gargano ed alle attività economiche e sociali, già svantaggiose per ragioni fisiche di questo territorio, richiedono l'adozione di "scenari" estremamente prudenziali.
Teorie e metodi studiati per ambienti molto diversi da quelli che qui interessano sono da esaminare con la massima cautela, soprattutto per quanto riguarda:
- -l'antropizzazione;
- -la proprietà ed il suo frazionamento;
- -la scarsa produttività del settore primario in un'area alquanto svantaggiosa quale risulta quella garganica;
- -la crisi profonda che sta attraversando il settore agricolo e più in generale l'economia di questi luoghi.
- Lo scopo è quello di evitare, per quanto possibile, errori che comportino sia danni alle risorse naturali sia penalizzazioni nelle attività delle popolazioni locali.
Tenuto conto del livello programmatico raggiunto, bisogna evitare anche che l'iter amministrativo che istituisce il Parco del Gargano si arresti.
Ciò allo scopo di evitare che all'interno del perimetro provvisorio del Parco permangano in modo definitivo soltanto i vincoli che le norme di salvaguardia hanno inteso anticipare in attesa di uno strumento di gestione più articolato ed aderente alla realtà da tutelare.
E utile a questo proposito ricordare che in diverse realtà storiche, economiche e sociali la politica vincolistica non è valsa a conservare e tantomeno a valorizzare le risorse naturali. A titolo di esempio si ricorda che prima dell'unità d'Italia, il granduca di Toscana lasciava liberi i proprietari di conservare o di distruggere i propri boschi. Nella stessa epoca altri Stati avevano a questo riguardo, leggi molto severe che prevedevano anche pene corporali.
Sta di fatto che la Toscana ha conservato un patrimonio boschivo tra i più validi e ricchi d'Italia; tanti altri Stati, nonostante le leggi severe, al momento dell'unità d'Italia, avevano fortemente dilapidato il proprio patrimonio boschivo.
Esistono diverse chiavi di lettura a questo riguardo, la cui analisi richiederebbe uno spazio che in questa sede non abbiamo.
Uno dei motivi per cui i boschi furono conservati risiede sicuramente oltre che nelle condizioni economiche e sociali esistenti a quell'epoca in Toscana, anche nella funzione che essi avevano oltre che nella difesa idrogeologica (funzione di interesse prettamente collettivo), nell'economia aziendale (funzione di interesse prettamente privatistico).
In sede decisionale, sulla base delle analisi tecniche di settore, bisognerà fare in modo che i suddetti interessi per la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali non vengano meno, che siano condivisi da un numero il più elevato possibile di figure economiche e sociali, di organizzazioni di categoria, di associazioni naturalistiche, eccetera.
* Università degli studi di Firenze
* * Studio tecnico forestale R. D. M. Firenze
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