|
1. Disciplina comunitaria
Regolamento n. 186/1993 del 29 giugno 1993 "Regolamento Eco-Audit" (in G. U. C.E, L. 168, 10 ottobre 1993)
Il Consiglio ha adottato il regolamento sull'adesione delle imprese del settore industriale ad un sistema comunitario di gestione e di audit ambientale a seguito dell'accordo raggiunto nella sessione del Consiglio "ambiente" del 22-23/3/ 1993.
Dopo l'adozione, nel marzo 1982, del regolamento che istituisce un sistema comunitario di assegnazione di un marchio di qualità ecologica, il regolamento in oggetto costituisce il secondo esempio di schemi volontari e di strumenti di mercato che dovrebbero servire ad ampliare la gamma di misure complementari alla legislazione nel settore dell'ambiente.
Il regolamento in oggetto ha, quale obiettivo, la promozione delle attività industriali che rispettano l'ambiente.
I punti principali del regolamento riguardano:
- a) Il sistema di ecogestione e audit e i suoi obiettivi: è istituito un sistema comunitario, denominato "sistema comunitario di ecogestione e audit" o "sistema" al quale possono aderire volontariamente le imprese che svolgono attività industriali con l'obiettivo di promuovere costanti miglioramenti della efficienza ambientale delle attività industriali.
- b) Partecipazione al sistema: il sistema è aperto alle imprese che gestiscono uno o più siti in cui si svolge un'attività industriale. Affinché il sito sia registrato nel sistema, l'impresa deve adottare una politica aziendale che includa impegni finalizzati ad un ragionevole costante miglioramento dell'efficienza ambientale, in vista della riduzione delle incidenze ambientali a livelli che non oltrepassano quelli che corrispondono all'applicazione economicamente praticabile della migliore tecnologia disponibile.
- c) Dichiarazione ambientale: per ciascun sito che partecipa al sistema viene redatta una dichiarazione ambientale in seguito all'analisi ambientale iniziale e al completamento di ogni audit o ciclo di audit successivo. La dichiarazione ambientale è concepita per il pubblico ed è redatta in forma concisa e comprensibile.
- d) Accreditamento e controllo dei verificatori ambientali: ciascuno Stato membro istituisce un sistema volto ad accreditare i verificatori ambientali indipendenti e a controllarne le attività. A tal fine è consentito il ricorso alle istituzioni esistenti in materia di accreditamento o agli organismi competenti oppure designare o creare altri organismi con statuto appropriato.
- e) Registrazione dei siti: l'organismo competente registra un sito e gli conferisce un numero di registrazione non appena gli sia pervenuta una dichiarazione ambientale convalidata (e l'eventuale quota di registrazione pagabile a norma dell'articolo 11) ed accerti che il sito soddisfa tutte le condizioni imposte dal presente regolamento.
- f) Dichiarazione di partecipazione al sistema: per i siti registrati le imprese possono servirsi di una delle dichiarazioni di partecipazione elencate nell'allegato IV, destinate a presentare con chiarezza la natura del sistema (si rinvia alla Gazzetta per l'allegato).
- g) Relazione con norme nazionali, europee e internazionali: si considerano conformi alle esigenze del presente regolamento le imprese che applicano norme nazionali, europee o internazionali per i sistemi di gestione dell'ambiente e gli audit e che sono certificate, secondo appropriate procedure di certificazione, conformi a tali norme a condizione che le norme e le procedure siano riconosciute dalla Commissione e che venga effettuata la certificazione da un organo il cui accreditamento è riconosciuto nello Stato membro in cui è situato il sito.
- h) Promozione della partecipazione delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese: la Commissione presenta al Consiglio adeguate proposte volte a rafforzare la partecipazione delle piccole e medie imprese al sistema, in particolare mediante l'informazione, la formazione e l'assistenza strutturale e tecnica, e concernenti l'audit e la verifica.
- Commissione C.E.E
Proposte di adesione affinché il Consiglio GE.E. adotti la convenzione sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali (Helsinki 18 marzo 1993) (in G. U.GE., C212, 5 agosto 1993)
Il testo della convenzione in oggetto prende le mosse dalla definizione dei termini "acque transfrontaliere", "impatto transfrontaliero", "parti rivierasche", "sostanze pericolose" e "migliore tecnologia disponibile", avvertita come operazione preliminare a qualsiasi altra, orientata nella direzione della progressiva omogeneizzazione di alcune categorie giuridiche nelle legislazioni degli Stati membri.
In particolare per "acque transfrontaliere" devono intendersi tutte le acque superficiali e sotterranee che segnano i confini tra due o più Stati, li attraversano o sono situate su questi confini; mentre l'espressione "impatto transfrontaliero" designa qualsiasi grave effetto dannoso che un cambiamento dello stato delle acque transfrontaliere, causato da un'attività umana la cui origine fisica è situata interamente o in parte in una zona soggetta alla giurisdizione di uno Stato, produce sull'ambiente di una zona soggetta alla giurisdizione di un altro Stato.
Particolarmente ampia la nozione di impatto accolta nella convenzione che, richiamando le svariate forme in cui la lesione ambientale può concretizzarsi, esplicita il pregiudizio per la salute e la sicurezza dell'uomo, per la flora, la fauna, il suolo, l'atmosfera, l'acqua, il clima, il paesaggio e i monumenti storici, fino ad introdurre un elemento di novità particolarmente rilevante-soprattutto in riferimento alla legislazione italiana in materia-e cioè il patrimonio culturale in genere e le condizioni socio-economiche causate dai cambiamenti o dalle alterazioni dei singoli elementi naturali, le disposizioni generali alle quali gli Stati membri dovranno informare i singoli ordinamenti interni riguardano:
- -il principio di precauzione, in virtù del quale non è consentito rinviare l'applicazione di provvedimenti destinati ad evitare che lo scarico di sostanze pericolose possa avere un impatto transfrontaliero, adducendo come motivo che la ricerca scientifica non ha definitivamente dimostrato l'esistenza di un legame di causalità tra queste sostanze, da un lato, e un eventuale impatto transfrontaliero, dall'altro;
- -il principio "chi inquina paga", in virtù del quale i costi dei provvedimenti di prevenzione, controllo e riduzione dell'inquinamento sono a carico dell'inquinatore;
- -le risorse idriche sono gestite in modo da soddisfare i bisogni della generazione attuale, senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri.
Corte di giustizia delle Comunità europee, sentenza del 23 marzo 1993
Il 23 marzo 1993 la Corte ha emesso una sentenza che condanna la Repubblica Federale Tedesca per la parziale applicazione della direttiva "Uccelli selvatici".
Il motivo del ricorso presentato dalla Commissione riguardava la mancata esecuzione della precedente sentenza della Corte del 17 settembre 1987 (causa C-412/85, in Raccolta, 3503) la quale condannava la Germania per incompleta trasposizione nel diritto nazionale della direttiva "Uccelli selvatici" 79/409/CEE. L'incompleta trasposizione si riferiva a delle deroghe concesse dallo Stato tedesco, le quali permettono l'uccisione ed il turbamento di certe specie d'uccelli. Deroghe non previste nelle eccezioni menzionate all'art. 9 della direttiva 79/409/ CEE.
2. Normativa statale
Decreto del ministro per i beni culturali e ambientali 30 dicembre 1993
Dichiarazione di notevole interesse pubblico di un'area ricadente nei Comuni di Castelnuovo di Porto, Riano, Sacrofano e Morlupo (G.U. n. 19 del 25 gennaio 1994)
Ai sensi della legge n. 1497/1939, artt. 1 e 2, e D.P.R. n. 616/1977, art. 82, il ministro dichiara il notevole interesse pubblico di un'area situata ad ovest della via Flaminia, così come individuata nella planimetria allegata al decreto in epigrafe, affisso all'albo di tutti i Comuni interessati.
La proposta di vincolo è stata formulata dalla Soprintendenza per i beni architettonici ed ambientali del Lazio con nota n. 12344 del 21/6/ 93. La zona suddetta presenta pregevoli caratteristiche ambientali con un susseguirsi di rilievi collinari alternati a vallate e altipiani con zone a bosco misto e a macchia mediterranea e si caratterizza per la presenza di sorgenti e di numerosi fossi e corsi d'acqua con vegetazione rigogliosa che presentano un insieme di notevole valore paesistico sotto il profilo idrogeologico e vegetazionale nel quale le visuali si aprono su vaste aree scarsamente antropizzate, ad eccezione delle zone contermini ai collegamenti stradali, con le caratteristiche proprie del paesaggio agricolorurale.
La soprintendenza archeologica per l'Etruria meridionale, con nota n. 10730 del 4/11/93 ha altresì evidenziato come nella zona in oggetto sono inoltre presenti siti di rilevante interesse archeologico ed antichi tracciati stradali che testimoniano una notevole frequentazione del comprensorio sin dall'epoca preistorica e protostorica, con intensificazione degli insediamenti e degli impianti viari in epoca etrusca, una stabilizzazione e uno sviluppo dell'assetto del territorio nell'età romana repubblicana e imperiale, assetto che in alcuni casi è sopravvissuto sino al Medio Evo.
L'intreccio delle valenze naturalistiche e delle bellezze naturali con le testimonianze archeologiche e le vestigia di civiltà storiche testimonia la natura polisensa del bene ambiente che ha natura complessa e non sempre consente di isolare singoli profili da sottoporre ad una tutela settoriale (beni forestali, beni paesistici, beni culturali, siti archeologici, eccetera).
E emersa, infatti, nella giurisprudenza costituzionale e nel dibattito dottrinale e da ultimo anche nell'attività normativa, la tendenza a spostare l'attenzione sulla valorizzazione e promozione del patrimonio culturale e ambientale.
Va infine ricordato che, a seguito della dichiara-
zione del notevole interesse pubblico dell'area in oggetto, i proprietari dei singoli immobili non possono distruggerlo né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio all'esteriore aspetto e hanno l'obbligo di presentare i progetti dei lavori alla competente Soprintendenza per ottenere l'autorizzazione (art. 7 legge n. 1497/1939).
Sono tuttavia consentite, nelle zone protette, le opere di manutenzione ordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di risanamento igienico.
Legge 21 gennaio 1994 n. 61
Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 4/12/1993 n. 496, recante disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (G.U. n. 2I del 27 gennaio 1994)
Il D.L. n. 496/1993 (pubblicato in G.U. n. 285/ 1993) viene profondamente modificato in sede di conversione, mediante la soppressione degli artt. 3 e 4, la sostituzione degli artt. 1, 2, 5, 6, 7, e l'inserimento di sette nuove disposizioni. L'articolato della legge, sostanzialmente riscritto dal Parlamento, richiama, nel dettaglio, le attività tecnico-scientifiche per la protezione dell'ambiente, precisando che queste consistono:
- a) nella promozione, nei confronti degli enti preposti, della ricerca di base e applicata sugli elementi dell'ambiente;
- b) nella raccolta sistematica, anche informatizzata, e nella integrale pubblicazione di tutti i dati sulla situazione ambientale;
- c) nell'elaborazione di dati e di informazioni di interesse ambientale;
- d) nella formulazione alle autorità amministrative centrali e periferiche di proposte e pareri concernenti: i limiti di accettabilità delle sostanze inquinanti; gli standard di qualità dell'aria, delle risorse idriche e del suolo; lo smaltimento dei rifiuti;
- e) nella cooperazione con l'Agenzia europea dell'ambiente e con l'Istituto statistico delle Comunità europee (Eurostat);
- f) nella promozione della ricerca e della diffusione di tecnologie ecologicamente compatibili. Per l'espletamento delle funzioni richiamate e delle attività di prevenzione, vigilanza e controllo ambientale, le Regioni e Province autonome istituiscono rispettivamente Agenzie regionali e provinciali, dotate di autonomia tecnico-giuridica, amministrativa e contabile, sotto la vigilanza della Presidenza della Giunta regionale o provinciale.
L'art. 3 del provvedimento in oggetto provvede all'istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (Anpa), che svolge:
- a) le attività tecnico-scientifiche di cui all'articolo 01, comma 1, di interesse nazionale;
- b) le attività di indirizzo e coordinamento tecnico nei confronti delle Agenzie allo scopo di rendere omogenee sul piano nazionale le metodologie operative per l'esercizio delle competenze ad esse spettanti;
- c) le attività di consulenza e supporto tecnico-scientifico del Ministero dell'ambiente e, tramite convenzione, di altre amministrazioni ed enti pubblici.
Legge 3I gennaio 1994 n.97
Nuove disposizioni per le zone montane (suppl. ord. G. U. n.32 del 9 febbraio 1994)
La salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane riveste, ai sensi dell'art. 44 Cost., carattere di preminente interesse nazionale e deve essere realizzata con il concorso di tutte le articolazioni dello Stato repubblicano (Regioni, Province ed Enti Locali) atteso che i principi della legge in epigrafe costituiscono principi fondamentali ex art. 117 Cost.
Le disposizioni della presente legge si applicano ai territori delle Comunità montane ridelimitate ai sensi dell'art. 28 della legge n. 142/1990.
Per "Comuni montani" devono intendersi quei Comuni facenti parte di comunità montane ovvero Comuni interamente montani ai sensi della legge n. 1102/1971. Le azioni organiche ed integrate, dirette allo sviluppo della montagna e alla valorizzazione delle potenzialità endogene proprie dell'habitat montano, devono in particolare avere riguardo ai seguenti profili:
- a) territoriale, mediante formule di tutela e di promozione delle risorse ambientali che tengano conto sia del valore naturalistico sia delle insopprimibili esigenze di vita civile delle popolazioni residenti con riferimento anche al sistema dei trasporti e alla viabilità locale;
- b) economico, per lo sviluppo delle attività economiche presenti nelle aree depresse;
- c) sociale, mediante garanzie di adeguati servizi per la collettività;
d) culturale e delle tradizioni locali.
- L'art. 7 della legge, rubricato "tutela ambientale", individua nel piano pluriennale di sviluppo socio-economico lo strumento programmatico idoneo a garantire lo sviluppo ed il consolidamento delle attività economiche ed il miglioramento dei servizi. Tali piani, previsti dall'art. 29 comma 3 della legge n. 142/1990, devono individuare le priorità di realizzazione degli interventi di salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente mediante il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale, l'uso delle risorse idriche, la conservazione del patrimonio monumentale, dell'edilizia rurale, dei centri storici e del paesaggio rurale e montano, da porre al servizio dell'uomo ai fini dello sviluppo civile e sociale.
Gli interventi di salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente di cui ai piani suddetti, devono coordinarsi con i piani di bacino previsti dalla legge
n. 183/1989 e sono rese coerenti con gli atti di indirizzo e coordinamento emanati ai sensi della legge in epigrafe.
Si richiamano infine:
-l'art. 15, tutela dei prodotti tipici;
-l'art. 19, incentivi per l'insediamento in zone montane.
3. Normativa regionale
Emilia Romagna
L.R.29 marzo 1993, n. 14
Istituzione dell'autorità dei bacini regionali (B.U. 1 aprile 1993, n. 29).
L.R 26 aprile 1993, n.21
Modificazioni di alcuni servizi regionali operanti in materia ambientale, modifiche alla legge regionale 18 agosto 1984, n. 44 (B.U. 29 aprile 1993, n. 38).
Lombardia
Deliberazione G.R. 18 maggio 1993, n. 5/ 36147. Criteri ed indirizzi relativi alla componente geologica nella pianificazione comunale
(B.U.R. n. 28 2° suppl. straord. del 16/7/1993).
Deliberazione CR. 16 giugno 1993, n. V/0838. Iniziativa popolare n. 0068 "Petizione in merito alla protezione della fauna selvatica" (proposta di deliberazione ai sensi dell'art. 116, II comma, del regolamento interno) (B.U.R. n. 30 del 26/ 7/ 1993).
Circolare 23 giugno 1993. Settore territorio trasporti e mobilità. La politica regionale per la difesa della natura e del paesaggio (B.U.R. n. 28 1° suppl. straord. del 13/7/1993).
Trentino Alto Adige
Legge prov. 30 agosto 1993, n. 22. Norme per la costituzione del consorzio di gestione del Parco nazionale dello Stelvio. Modifiche e integrazioni delle leggi provinciali in materia di ordinamento dei parchi naturali e di salvaguardia dei biotopi di rilevante interesse ambientale, culturale e scientifico (B.U.R. n. 41 del 4 settembre 1993).
Valle d'Aosta
Decreto Presidente G.R 1 7agosto 1993, n.1078. Approvazione della revisione del piano regionale di difesa del patrimonio forestale dagli incendi (B.U.R. n. 40 1° Suppl. Ord. del 14/9/1993).
4. Giurisprudenza
Cassazione, Sez III pen., 14 marzo 1992, n.2 704 Demanio e patrimonio - Beni ambientali - Bellezze naturali - Disboscamento - Reato -Art.1 sexies L. n.431 del 1985 - Configurabilità
E configurabile la violazione di cui all'art. 1 sexies L. 8 agosto 1985, n. 431, quando venga eseguito il totale disboscamento di una consistente area con trasformazione in parte dell'area boschiva e con livellamento mediante materiale terroso; dette opere non rientrano negli interventi di taglio colturale e di bonifica da piante infestanti, consentiti perché diretti alla conservazione e non alla distruzione del bosco.
Cassazione, Sez. I civ., 6 luglio 1993, n. 8216 Pres. Scanzano
Espropriazione p.p.u. - Indennità - Fondo espropriato -Potenzialità edificatoria -Determinazione da parte del proprietario da lungo tempo a parco
La suprema Corte rileva che l'assoggettamento dell'indennità al criterio del valore venale quando il fondo espropriato abbia potenzialità edificatoria, non resta escluso dalla circostanza che il proprietario abbia da lungo tempo destinato il fondo medesimo a parco, dimostrando la sua intenzione di non alterare in futuro tale destinazione, atteso che siffatto comportamento non può integrare una definitiva rinuncia allo ius dificandi, accordato dagli strumenti urbanistici. L'interesse della collettività alla conservazione di quell'assetto ambientale è tutelabile mediante la procedura ablativa, senza menomazione del diritto dell'espropriato ad essere indennizzato sulla base delle obiettive caratteristiche del suolo.
L'indennità del terreno, nonostante la destinazione da parte del proprietario a parco, deve dunque essere determinata e liquidata ai sensi dell'art. 5 bis della legge n. 359/1992 e cioè secondo il criterio della media tra il valore venale del bene e il reddito dominicale rivalutato, ridotto del 40% qualora il proprietario non addivenga ad una cessione bonaria (giusta l'art. 13 legge n. 2892/1885). Sulla natura edificatoria del terreno espropriato vedere anche Cass. 19/5/1989 n. 2405 in Giur. agr. it., 1989 p. 572).
Corte costituzionale, 29 marzo 1993 n.122. Presidente Casavola
Demanio e patrimonio - Beni ambientali - Tutela penale - Art.1 sexies L. n.431 del 1985 - Zone di particolare interesse ambientale - Norme applicabili- art.20L. n. 47 del 1985 - Contrasto con l'art. 25 Cost. - Non sussiste
Con la sentenza in oggetto, la Corte è intervenuta in merito alla problematica delle cosiddette norme penali in bianco che rinviano, quanto al loro contenuto, ad altre norme penali, le quali ne integrano il precetto.
Va rilevato, a giudizio della Corte, l'infondatezza dal punto di vista del rispetto della previsione di cui all'art. 25 concernente il principio di legalità della pena, la questione di costituzionalità sollevata con riferimento alla norma dell'art. 1 sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, così come modificato dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, la quale rimanda per quanto riguarda la violazione delle norme a tutela di zone di particolare interesse ambientale, alle sanzioni previste dall'art. 20 della L. 28 feb-
braio 1985, n. 47, poiché detto rinvio, essendo logicamente riferibile, senza alcun margine discrezionale, alla sola ipotesi di cui alla lettera c), non legge il principio di legalità nell'applicazione della pena da parte del giudice.
Questo significa che la richiamata sanzione dell'art. 20 è riferibile alla sola ipotesi penale assimilabile, dalla lett. c), la quale dispone che gli interventi edilizi seguiti in assenza di concessione, totale difformità o di variazione essenziale nelle
zone di interesse storico, artistico, archeologico, paesistico ed ambientale, sottoposte a vincolo, sono puniti con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da L. 30.000.000 a L. 100.000.000; sul punto v. Cass. Sez. III pen., 19 dicembre 1989, Salese, in Cass. pen., 1990, I, 1365. Queste sanzioni sono applicate in aggiunta a quelle della legge 1497/1939; v. Cass. Sez. IV pen., 3 giugno 1988, Vignozzi, in Cass. pen., 1990, I, 1155 (m). |