Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 13 - OTTOBRE 1994


Editoriale
Una pessima partenza. Così giudicammo nel precedente editoriale le prime sortite del nuovo ministro dell'ambiente.
E tuttavia ci auguravamo di essere smentiti dai successivi atti di governo ai quali ci rimettevamo, pur non nascondendo i nostri timori specialmente, ma non soltanto, per il futuro delle aree protette.
Le conferme purtroppo non si sono fatte attendere e tutte avvalorano la fondatezza di quelle nostre preoccupazioni. I temi ambientali non solo sono considerati dai nuovi governanti un fastidioso ingombro, ma vengono addirittura "irrisi" per toglier loro persino la "dignità" di argomenti degni appunto di impegno e riflessione.
Se il presidente del Consiglio nella sua replica alla Camera si era preso la libertà di "sfottere" chi aveva manifestato allarme per la situazione del pianeta, ora ci sono ministri che non esitano a definire tali problemi "scemenze", mentre sfornano tranquillamente condoni destinati ancora una volta a premiare speculatori e deturpatori dell'ambiente.
In queste sortite spavaldamente provocatorie oltre al ministro dell'ambiente si è distinto il ministro dell'agricoltura con alcune decisioni riguardanti la caccia e la pesca a cui si sono aggiunte "minacciose" dichiarazioni nei confronti delle associazioni ambientaliste, evidentemente sospettate di complotti e congiure, di cui si vorrebbe passare al setaccio sostegni finanziari e legami politici.
Sulle aree protette in particolare, dopo varie dichiarazioni e interviste tutt'altro che rassicuranti, il ministro Matteoli ha avuto modo di esporre le sue opinioni e gli intendimenti del governo in una audizione della Commissione ambiente della Camera, di cui pubblichiamo in questo numero ampi stralci. Diciamo subito che il ministro ha assicurato di non voler disattendere, fin che sarà in vigore, la legge 394.
Ma ha anche messo bene in chiaro, spalleggiato subito con molto entusiasmo da vari esponenti della maggioranza, che lui e il governo intendono cambiare, anzi "riscrivere" la legge. Questa impellente necessità sarebbe dovuta soprattutto al bisogno di snellezza delle procedure oggi farraginose e complicate. Ma dietro, e neppure troppo, abbiamo avvertito, leggendo il resoconto della audizione, ben altri motivi. C'è persino chi ha manifestato sorpresa per la troppa discrezionalità che la legge concederebbe alle Regioni per l'organizzazione amministrativa dei parchi, la loro vigilanza, la individuazione del presidente e degli organi di gestione. Una eccessiva libertà, è stato detto, che sarà bene rivedere e ridimensionare.
Il tutto sullo sfondo di un dibattito nel quale sono riecheggiate posizioni e concetti che ritenevamo francamente superati e accantonati dopo l'approvazione della legge, che più di uno sembra conoscere assai approssimativamente. Registriamo così nuovamente confuse ideologizzazioni su ambiente e sviluppo, per dire, magari - sono parole del ministro -, che la legge è figlia della "cultura di Stoccolma"( ! ), insomma figlia della colpa, alla quale evidentemente dovrà essere procurato un nuovo atto di nascita senza macchia.
E che non si tratti solo di elucubrazioni o propositi rinviati ad un incerto futuro lo dimostra il fatto che l'on Matteoli ha dichiarato che non intende assolutamente attuare la legge per quanto riguarda, ad esempio, la segreteria tecnica.
Ora è noto che tra le molte cause dei ritardi della applicazione della legge-quadro una, e non la minore, è proprio quella della precarietà e fragilità della struttura tecnica del ministero.
Dire che al suo posto si insedierà una task-force o una agenzia, se da un lato conferma che uno strumento operativo è indispensabile, dall'altro dimostra che intanto, anziché attuare la legge, la si congela in attesa di soluzioni al momento in alto mare.
In questo modo anche le rassicuranti affermazioni del ministro sulla non sospensione della legge perdono di credibilità.
Per rispettare la legge, cioè attuarla, occorrono infatti impegni, atti, strumenti adeguati. Si pensi, per limitarci ad un esempio quasi sempre ignorato, ai parchi marini in lista d'attesa da oltre un decennio la cui competenza è ora stata trasferita al Ministero dell'ambiente, ma sui quali perdura il più assoluto silenzio.
Si stenta a credere che ministri, per quanto poco amici dell'ambiente e dei parchi, possano manifestare tanto arrogante disprezzo e disinvolta approssimazione verso leggi, norme e impegni comunitari: ma questa è purtroppo la realtà di cui non resta che prendere atto, non certo per subirla.
Ci sono infatti dei doveri dai quali nessun governo e ministro può responsabilmente sottrarsi e noi questo non ci stancheremo di chiedere.
Occorre inoltre, ed in ugual misura, un impegno delle Regioni che finora non è stato pari alle aspettative e alle necessità come si può vedere anche dallo stato della legislazione regionale in materia di cui parliamo in questo numero.
A chi i parchi li vuole davvero, e funzionanti, non resta perciò che continuare a vigilare e lavorare perché essi siano sempre di più realtà vive e operanti, capaci di conquistare sul campo il consenso dei cittadini di cui anche chi governa non potrà non tener conto.
D'altronde che questa sia la condizione indispensabile lo si può vedere anche da quanto sta succedendo in altri Paesi europei ai quali dedichiamo in questo numero alcuni interessanti contributi. C'è semmai da rilevare che in altri Paesi le vicende delle aree protette, anche lì spesso tormentate, non sembrano però dipendere in maniera così rilevante e diretta dai mutamenti di quadro politico, a conferma che in quei Paesi talune conquiste sono considerate ormai irreversibili per chiunque sia chiamato a governare.