Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 13 - OTTOBRE 1994


Il Parco dello Stelvio: uno o trino?
Mario Di Fidio *

Da decenni si dibatte in Italia il problema del parco dello Stelvio, che forse è tra quelli destinati a non trovare mai una vera soluzione, bensì a trascinarsi tra polemiche, mediazioni spericolate, pasticci giuridici ed amministrativi. Per raccapezzarsi nella selva delle disposizioni ed interpretazioni normative, non guasta un po' di franchezza, anche a costo di infrangere le regole della diplomazia, che spesso coincidono con quelle dell'ipocrisia.
Il problema vero, lo sappiamo tutti, non è quello di un più equilibrato rapporto tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali; non è neppure quello del passaggio da una concezione centralista ad una concezione federalista dello Stato. Molto più semplicemente e crudamente si tratta di un problema etnico: la minoranza di lingua tedesca dell'Alto Adige da sempre mira ad allentare il più possibile i legami non solo con lo Stato, ma anche con le Province confinanti di lingua italiana. Ogni interpretazione delle leggi vigenti ed ogni nuova proposta formulata sono strettamente funzionali a tale obiettivo strategico.
Se fosse possibile una soluzione che realizzasse lo scorporo della componente altoatesina dal Parco nazionale dello Stelvio, l'obiettivo strategico della provincia di Bolzano sarebbe automaticamente raggiunto. Ma ciò non è possibile nell'attuale quadro istituzionale, perché le leggi costituzionali vigenti stabiliscono una simmetria tra l'Alto Adige e il Trentino. Risulta dunque necessario per l'Alto Adige acquisire il consenso del Trentino, il quale in effetti da tempo si è allineato senza apprezzabili modifiche alla posizione dell'Alto Adige.
Per anni la Provincia di Bolzano, con l'alleata Provincia di Trento, ha dunque tentato di affermare una soluzione mirante di fatto allo scorporo dal parco delle rispettive frazioni, mediante un'interpretazione particolare del D.P.R. n. 279/74 (norme di Adige), che attenuava al massimo la previsione di gestione unitaria del parco. La Regione Lombardia, che del resto non è citata nel D.P.R. 279/74, inizialmente non veniva coinvolta; ossia si dava per scontato che il vero parco nazionale dovesse essere limitato alle due Province lombarde (Sondrio e Brescia) sotto la diretta giurisdizione dello Stato.
Tuttavia col tempo questa linea tattica rivelò un difetto fondamentale: l'asimmetria tra Trentino Alto Adige e Lombardia metteva in evidenza in modo troppo esplicito la sostanza dell'operazione, ossia lo scorporo dal parco nazionale del 50% del territorio. Ciò aveva conseguenze negative sull'opinione pubblica italiana ed internazionale, sempre più sensibile alle ragioni della difesa della natura.
E' dunque maturata una diversa soluzione, basata sulla perfetta simmetria delle tre componenti: altoatesina (35%), trentina (15%) e lombarda (50%) e su un ruolo marginale, di mero coordinamento, lasciato allo Stato.
Dal 1990 l'Alto Adige ha tenacemente operato in questa direzione, allettando la Regione Lombardia con la promessa di avere gli stessi poteri delle Province autonome e contemporaneamente esercitando una forte pressione sul governo affinché accettasse di interpretare in senso minimale il proprio ruolo nel parco. E ciò puntualmente si è verificato; il vero regista dell'intesa di Lucca (27 marzo 1992) e del D.P.C.M. 26 novembre 1993, che costituisce l'atipico consorzio del Parco nazionale dello Stelvio, previsto dall'intesa, è la Provincia di Bolzano che ha trascinato tutti, volenti o nolenti, sulle sue posizioni.
Uno strano consorzio davvero, perché è uno e trino, con quattro organi collegiali, quattro presidenti e quattro direttori, rispettivamente per l'attività centrale (marginale) e per quelle periferiche (preponderanti). Esso assomiglia alla Regione Trentino-Alto Adige: più che altro un'espressione geografica, che compare soprattutto nelle statistiche.
Dobbiamo far finta di credere che questo assetto garantisce l'unitarietà di configurazione e di
gestione del Parco dello Stelvio, affermata dallo stesso D.P.R. 279/74. Dobbiamo far finta di credere che esso garantisce anche l'adeguamento alla legge-quadro sulle aree protette (L.394/91), la quale prevede per i parchi nazionali forme di gestione affatto diverse, basate su enti autonomi, con una forte partecipazione degli enti locali (comunità del parco), ma organi unitari. Eppure la Corte costituzionale, con la sentenza n.366/92, sollecitata dal ricorso contro la legge 394/91 della Provincia autonoma di Bolzano, ha sancito che le intese previste dal D.P.R. 279/74 si devono adeguare alla legge 394/91 per ciò che riguarda la configurazione organizzativa-gestionale e gli strumenti di pianificazione e di programmazione del Parco nazionale dello Stelvio.
E' interessante a questo punto valutare la posizione della Regione Lombardia, che tra tutti i protagonisti di questa vicenda è apparsa nel complesso la più perplessa e riluttante.
In primo luogo si deve sottolineare che non esiste un contenzioso storico tra Lombardia e Stato sul Parco nazionale dello Stelvio. La Regione ha costruito da sola, ben prima della L. 394/91, il sistema di zone protette più vasto d'Italia, nel totale disinteresse dello Stato, che causa non pochi problemi di raccordo con la nuova normativa statale. I motivi del contendere sono appunto legati alla scarsa attenzione prestata dallo Stato alle esperienze lombarde e alla rivendicazione da parte della Lombardia - di un ruolo più adeguato a livello nazionale.
Per quanto riguarda il Parco nazionale dello Stelvio, questo non è mai stato messo in discussione in quanto tale, essendosi la Lombardia limitata, negli anni '70 e '80, a chiedere di partecipare, assieme agli enti locali, alla gestione del parco, senza contestarne l'unitarietà. In questo senso la soluzione della L. 394/91 (ente autonomo) corrisponderebbe bene alla ventennale linea politica della Regione Lombardia, complessivamente equilibrata.
Negli ultimi anni, tuttavia, si sono verificate significative oscillazioni. Nel 1992 la Regione si lascia convincere a firmare l'intesa di Lucca; si noti che storicamente è il momento più difficile per l'amministrazione regionale, che sta per essere travolta da Tangentopoli; ma si noti anche che a Lucca è lo Stato, nella persona del sottosegretario Angelini, che chiama Regione e Province autonome alla firma e si rende garante della correttezza e funzionalità dell'operazione nell'interesse del parco. Si può essere più realista del re? Proprio questa era stata nei mesi precedenti l'accusa alla Regione, per la perplessità manifestata dai suoi rappresentanti nelle trattative.
Dal marzo 1992 (intesa di Lucca) al novembre 1993 (decreto presidenziale che costituisce il consorzio, pubblicato il 19/2/94) sono passati 20 mesi: troppi per essere giustificati come un normale ritardo burocratico (scusa pietosa del Ministero). La verità è che lo Stato era imbarazzato, ci stava ripensando, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale e delle indicazioni della consulta tecnica nazionale delle aree protette, entrambe negative sull'intesa di Lucca.
Nel frattempo anche la nuova giunta regionale lombarda costituita con la presidenza Ghilardotti non nascondeva il proprio orientamento negativo e lo stesso Consiglio regionale in data 23 febbraio '94 approvava una mozione in cui faceva proprie le indicazioni della consulta tecnica per le aree protette e impegnava la giunta regionale a riaffermare l'esigenza di mantenere l'unitarietà del Parco dello Stelvio e il suo carattere nazionale, anche sotto gli aspetti gestionali, evitando soluzioni che tendessero in qualsiasi modo a scomporre il parco in unità distinte e pertanto rivedendo i contenuti dell'accordo di Lucca.
In seguito, già nella fase finale della giunta Ghilardotti, il pendolo regionale è tornato a muoversi in senso opposto, pur senza molto entusiasmo. Ancora una volta ci si è chiesti: se lo Stato ha ormai deciso irrevocabilmente che vuole liquidare l'unità di gestione del Parco dello Stelvio, si può essere più realisti del re?
Di fatto la Regione Lombardia non ha ancora ratificato con legge l'intesa di Lucca (esiste un progetto di iniziativa consiliare) e questo rallenta la nomina degli organi consortili, più volte sollecitata negli ultimi mesi dal Ministero. Il parco è gestito in regime provvisorio dal Corpo forestale, i posti di lavoro degli operai stagionali lombardi sono minacciati, i Comuni trentini e altoatesini cortesemente hanno aperto gli occhi a quelli lombardi, informandoli che la responsabilità del ritardo è tutta della Regione Lombardia (convegno a Rabbi il 18/1/94), il Comune di Valfurva provocatoriamente ha minacciato la secessione
della Lombardia e l'annessione all'Alto Adige. E allora? Sud Tirol uber alles. Bisogna fare di necessità virtù ed accettare la soluzione tirolese, con tutte le sue conseguenze, che sono di ordine interno ed esterno.
Il nuovo assetto istituzionale che si profila per il Parco dello Stelvio comporta una simmetria formale dei tre settori di ripartizione, ma una differenza sostanziale delle condizioni di gestione della parte lombarda rispetto a quelle trentina e altoatesina. Di fatto, queste ultime saranno governate direttamente dalle due Province autonome con il proprio personale ed omologate ai parchi provinciali; l'organizzazione è già pronta per questo passaggio di consegne.
Assai diversa la situazione in Lombardia, dove i rischi di degrado del parco sono superiori per vari motivi: maggior vastità del territorio ed eterogeneità degli interessi socio-economici della popolazione, minori risorse e autorità dell'istituzione regionale, minori tradizioni locali di tutela della natura e del paesaggio.
Si osservi anche che la Lombardia non gestisce direttamente i propri parchi regionali, ma ne delega la gestione agli enti locali, con un ampio margine di autonomia, che non sempre ha dato buoni risultati. E' evidente che, se non si vogliono correre rischi, la Regione dovrà garantire un controllo più puntuale della nuova organizzazione locale del parco, tutta da costruire.
Il problema più difficile da risolvere sarà il nuovo rapporto con il Corpo forestale dello Stato, che da protagonista della gestione del parco per 60 anni rischia di ridursi ai soli compiti di vigilanza, emarginato e frustrato e quindi con una forte carica di risentimento e potenziale conflittualità. Anche in tal caso assai più favorevole è la situazione delle Province autonome, che dispongono di un proprio Corpo forestale. La Lombardia dovrà quindi operare con molta prudenza e saggezza nel rapporto con il C.F.S., per evitare di ripetere gli errori commessi in passato nella gestione forestale dell'intero territorio, caratterizzata da forte conflittualità tra gli uffici regionali e quelli statali.
Dal punto di vista degli equilibri esterni, la soluzione tirolese adottata per la gestione del Parco dello Stelvio rischia di diventare un autentico cavallo di Troia nel sistema dei parchi nazionali e regionali, poiché rappresenta una eccezione pericolosa, suscettibile di imitazioni in casi simili. Ad esempio il Gran Paradiso interessa il Piemonte e la Valle d'Aosta, dove esiste una forte minoranza di lingua francese, che potrebbe rivendicare lo stesso trattamento della minoranza di lingua tedesca anche nei rapporti con il parco nazionale.
Più in generale, è evidente che la formula "confederale" per la gestione dei parchi, paragonata alla formula unitaria, appare più debole e suscettibile di aprire spazi maggiori agli interessi potenzialmente ostili ai parchi, che quindi avranno la tendenza a sponsorizzarla, magari intervenendo indirettamente, ad esempio esasperando lo spirito di autonomia degli enti locali. Si consideri che formule simili sono già state messe in circolazione in Lombardia: per il Parco dell'Oglio si è ipotizzata una confederazione di parchi provinciali e per quello delle Orobie di parchi gestiti dalle comunità montane. E' una strada che porta allo svuotamento e alla dissoluzione dei parchi. Fortunatamente in questa Italia, così complessa e contradditoria, ci sono anche segnali di segno contrario, come il movimento per i parchi interregionali: dal parco del Delta del Po a quello del Ticino. Anche in campo internazionale si moltiplicano gli esempi di coordinamento di parchi naturali confinanti ad esempio quelli di Germania e Benelux.
Anche se queste ultime esperienze possono sfociare formalmente in istituzioni simili a quelle patrocinate dagli altoatesini per il Parco dello Stelvio, sono diversi i movimenti del cuore: da una parte una popolazione che aspira a separarsi, dall'altra popolazioni che aspirano a ritrovarsi, sentendo il richiamo di affinità culturali profonde, che trascendono le differenze di storia e di lingua.

* Regione Lombardia, Servizio Tutela
Ambiente naturale e Parchi