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Informazione didattica ed educazione
Educare al rispetto dell'ambiente... educare nell'ambiente... Ormai da anni si sente parlare nei modi e nei termini più disparati di educazione ambientale e veniamo bombardati da notizie che ci informano sulla salute del pianeta, sulla protezione delle specie in estinzione, sull'utilizzo delle risorse energetiche.
Se facciamo un esame critico ci accorgiamo però di vivere purtroppo una situazione paradossale: a fronte di un incredibile aumento di informazione da parte dei mass-media e di circolazione di notizie, ci troviamo spesso nella condizione di non avere le conoscenze adatte e quindi gli strumenti critici per interpretare, mettere in relazione tra loro e valutare tali informazioni.
Questa situazione ci porta spesso a lasciarci trascinare nel nostro giudizio più da spinte emotive che da un esame critico dei fatti a nostra conoscenza. Siamo poi costretti ad affidarci al sapere altrui, a riporre fiducia nei giudizi dati da chi riteniamo esperto e quindi a delegare ad altri un impegno sociale nei confronti di problemi che riguardano anche noi.
Questa situazione - che può essere ribaltata solo con un notevole impegno da parte di ognuno nel ricercare informazioni e nel cercare di interpretarle con obiettività ed imparzialità - può portare a volte a sentirsi impotente di fronte a problemi di così vasta portata e quindi a considerarli come se fossero così lontani da non riguardarci direttamente, allontanandoli dalla nostra attenzione oppure trasferendone in toto sulla collettività la responsabilità della loro soluzione.
Avolte,invece, l'incapacità di relazionarci con alcuni problemi, la coscienza di nostre carenze culturali o scientifiche hanno sfogo in forme eccessive di catastrofismo e di esasperazione irrazionale della minaccia che rappresentano.
In entrambi i casi il problema rimane distante da noi e irrisolvibile con il solo impegno dei singoli, inattaccabile.
Ma quanto, di tutte le notizie e le informazioni che ci raggiungono, rimane dentro di noi, viene assimilato e concretamente recepito come problema reale, contribuendo a far sì che ciascuno di noi modifichi alcuni atteggiamenti negativi, acquisiti ed assimilati da generazioni?
In che modo conoscere il problema della deforestazione in Amazzonia piuttosto che dell'aumento dei CFC nell'atmosfera permette di formare cittadini più attenti alla salute della comunità ed alla salvaguardia dell'ambiente in cui vivono?
Esiste la possibilità che i bambini, sensibilizzati sulle grandi problematiche planetarie, diventino coscienti dell'importanza fondamentale che assume il bosco sopravvissuto alla speculazione edilizia vicino alle loro case?
E ancora: come far sì che si inneschino dei meccanismi comportamentali diversi da quelli cui siamo abituati e che anche nelle piccole cose vengono privilegiati quali atteggiamenti che contribuiscono a migliorare la qualità della vita di tutti: usare meno la macchina, produrre meno rifiuti, raccoglierli separatamente, risparmiare energia in casa?
E' sempre più evidente e comunemente accettato che la soluzione di tutti i problemi legati all'ambiente e ad uno sviluppo socio-economico compatibile non può che passare attraverso una rivoluzione culturale il cui obiettivo sia quello di trasformare il comportamento della gente - sia a livello di collettività che di individui - verso un più armonico rapporto uomo/ambiente, indirizzando il progresso e l'evoluzione tecnologica verso uno sviluppo equilibrato ed organico rispettoso dell'ambiente.
In questo senso deve essere vista l'educazione ambientale intesa come vera proposta educativa
interdisciplinare e come momento di crescita civile collettiva.
Purtroppo l'educazione all'ambiente si è sviluppata nelle direzioni più disparate, con pochi momenti di confronto tra le diverse esperienze ed è stata troppo spesso considerata come appendice esclusiva delle scienze naturali. E' stata frequentemente interpretata come "didattica naturalistica" e confusa con lo studio sistematico della natura, spesso colta come collage di elementi bloccati staticamente nelle loro immobilità, da catalogare rigidamente in classi sistematiche, ben identificate e separate tra loro.
E' ancora frequente infatti che la realtà che ci circonda venga osservata e trasmessa senza sottolineare la sua estrema complessità interna in continuo mutamento e nel contempo l'unitarietà degli insiemi che la compongono.
Ancora viene privilegiato lo studio dell'individuo che spesso rimane isolato dal contesto ambientale nel quale si trova, dal tempo e quindi dalle possibili trasformazioni con le quali interagisce, primo fra tutti il mondo artificiale e tecnologico curato dall'uomo. Viene escluso in questo modo l'elemento più importante del processo conoscitivo, cioè la diretta partecipazione del soggetto che apprende al momento di apprendimento.
E' naturale poi trovare dei bambini che vivono e raccontano le loro esperienze rifacendosi a terminologie di tipo Disneyano o a stereotipizzazioni classiche: la formichina laboriosa, il lupo cattivo, la volpe furba, la vipera infida.
Alcuni insegnanti hanno fatto propria l'esigenza di includere nei propri programmi il compito di trasmettere agli studenti una cultura per l'ambiente che crei sensibilità e diventi bagaglio di esperienza e possibile chiave di lettura della realtà che ci circonda. Purtroppo, spesso si trovano soli ad affrontare il difficile cammino di ricerca all'interno di un campo che, non nuovo come contenuti, presenta però metodologie di lavoro varie e diversificate ed i cui strumenti didattici sono molto distanti da quelli comunemente usati nella scuola.
Gli iter intrapresi quindi con la scelta di educare i ragazzi all'ambiente in maniera concreta rischiano di arenarsi spesso in un insegnamento tecnico-scientifico approfondito ma riduttivo o di decollare sulle ali di facili trasporti emotivi sulle grandi tematiche ambientali, privando però i nostri interlocutori di supporti analitici adeguati e degli strumenti critici necessari.
Il rischio che si corre è perciò quello di intraprendere percorsi troppo riduttivi o incompleti per la comprensione del problema, fornendo una visione troppo accademica e non esaustiva della realtà ed innescando facili allarmismi sul futuro del nostro pianeta, creando una sorta di terrorismo psicologico nei confronti dei ragazzi.
Un bosco al parco
Nel marzo 1992 è stato istituito nel Parco lombardo della Valle del Ticino il servizio "educazione ambientale", realizzato grazie al progetto di formazione Cipe per l'occupazione giovanile. Tale servizio, nato per rispondere da un lato alle richieste di informazione da parte della popolazione del parco e per sollecitare dall'altro con progetti mirati un utilizzo più rispettoso e razionale del territorio, intende fornire alle realtà scolastiche ed extrascolastiche problematiche ambientali.
Come continuazione del progetto pilota, sviluppato nel 1991 ("Il Parco del Ticino come momento di educazione ambientale"), il servizio, composto da un coordinatore e da tre educatori, ha iniziato a proporsi sul territorio confrontandosi con altre esperienze educative legate all'ambiente ed adattandole alla complessa realtà del territorio.
Gli educatori utilizzano come basi logistiche i centri parco ed in particolar modo il Centro permanente di educazione ambientale di Abbiategrasso, ex colonia elioterapica "Enrichetta". Tale Centro, inaugurato nel 1992, è stato parzialmente ristrutturato e dispone di un laboratorio didattico e di una sala proiezioni dove vengono ospitati i ragazzi che giornalmente partecipano alle attività educative.
E' in programma una ristrutturazione completa degli edifici della colonia per realizzare anche una foresteria per circa 40 persone e potenziare le attività su base settimanale.
Il progetto "educazione ambientale" è diretto a gruppi e scolaresche di età variabile dalle elementari alle scuole superiori con programmi ed attività diversificate.
Nel proporre un percorso educativo viene sempre tenuta ferma l'esigenza di andare oltre la semplice trasmissione di conoscenze e la necessità di confrontarsi sempre con immagini e modelli radicati, cui i ragazzi fanno riferimento per interpretare la realtà e per ordinare le loro esperienze quotidiane. Il programma didattico si lega dai vincoli di una didattica esclusivamente scientifica e passa attraverso il confronto con le esperienze dei ragazzi e le rappresentazioni da loro acquisite su alcuni concetti fondamentali quali l'ambiente, la natura, le relazioni reciproche tra esseri viventi, il rapporto tra realtà naturali ed artificiali.
Interesse principale è quello di non imporre soluzioni preconfezionate o modelli già elaborati che rischiano di confondere i ragazzi, senza peraltro intaccare gli schemi mentali che si sono creati: preferiamo invece, come proposta educativa, fornire loro i mezzi e le opportunità perché siano essi stessi a confrontare verità già acquisite con nuove esperienze e a modificare le loro conoscenze ampliandole, integrandole ed arrivando a capire la loro contingente relatività.
Il sapere di ognuno di noi si forma ed è arricchito da nuove esperienze che però nell'impatto con un ambiente nuovo vengono filtrate da schermi interpretativi, conoscitivi ed affettivi che ci siamo creati con il tempo e che sono legati alla nostra formazione culturale e storica.
L'importanza di coinvolgere i ragazzi in situazioni ambientali diverse da quelle conosciute risiede proprio nella necessità di dover riorganizzare i propri schemi di lettura e ristrutturare le proprie idee in base a quello che il nuovo ambiente e la nuova situazione richiedono.
Per questo motivo è importante fornire ai ragazzi un metodo costruttivo con cui cogliere i diversi punti di vista delle situazioni analizzate e ampliare il loro panorama cognitivo condividendo con il gruppo le sensazioni e le esperienze individuali.
Dal confronto tra i singoli nasce l'analisi che permette di arrivare a cogliere i problemi nella loro complessità, formulare ipotesi e proporre soluzioni; la conoscenza deve sempre lasciare aperta la porta al beneficio del dubbio e alla coscienza della relatività del sapere: a verità assolute si contrappongono realtà in perenne movimento, dalle molte sfaccettature, in stretta relazione e dipendenza tra loro. Nostro interesse è quindi spingere i ragazzi a far proprio il significato di "relazione", indagando sui rapporti esistenti tra realtà diverse andando oltre lo studio dei singoli oggetti isolati dal contesto naturale cui appartengono.
L'iter proposto, passando attraverso un contatto diretto con gli elementi del bosco e quindi una maggior confidenza con l'ambiente naturale, intende far cogliere le molteplici relazioni esistenti in un ecosistema, gli aspetti dinamici che ne caratterizzano l'equilibrio e le frequenti e a volte pericolose interazioni con il mondo artificiale dell'uomo.
Vogliamo passare dallo studio degli oggetti ai rapporti che tra questi si instaurano, stimolare la capacità di cogliere analogie, evidenziare la necessità di ricorrere a modelli che, pur rimanendo elaborazioni limitate e riduttive, ci permettono di schematizzare una realtà estremamente complessa.
Riteniamo fondamentale proporre delle situazioni tipo - prevalentemente in chiave ludica - che evidenzino la necessità sempre crescente dell'uomo di utilizzare strumenti e tecnologie per rapportarsi con l'ambiente e fruire delle sue risorse; intendiamo far scoprire ai ragazzi come questi strumenti possano poi risultare dannosi e costituire elemento di disturbo per i delicati equilibri esistenti in natura, innescando spesso reazioni a catena difficilmente controllabili. La nostra proposta mira a considerare i ragazzi soggetto attivo della loro formazione culturale fornendo loro elementi di riflessione da affrontare in gruppo, valorizzando ogni esperienza, costruendo poco per volta il loro sapere, evidenziando attraverso il gioco, la ricerca dell'avventura e il gusto della scoperta la necessità di indirizzare l'intervento dell'uomo, il progresso delle scienze e della tecnologia verso una corretta fruizione delle risorse naturali.
Giochi, ricerche e discussioni in gruppo
Le attività che vengono svolte dagli educatori, sia in classe che nel bosco, sono state appositamente studiate per le diverse fasce di età dei ragazzi. Per i più piccoli l'obiettivo principale è quello di mostrare loro un ambiente poco conosciuto o del tutto sconosciuto e, liberando la loro fantasia ed il loro immaginario, permettere loro di esplorare ed entrare in contatto con gli elementi che lo costituiscono. Per fare questo vengono proposti giochi che comportano una partecipazione attiva del bambino e che lo coinvolgono in prima persona in attività di ricerca e osservazione. I giochi sono molto semplici, hanno alla base una particolare attenzione all'aspetto fantastico e permettono ai bambini di entrare in contatto diretto e fisico con il bosco nel quale si spostano. Correre, saltare, nascondersi assumono tutto un altro significato ed importanza se vengono proposte in un luogo sconosciuto, dove un terreno accidentato, i rami degli alberi, i rovi e le radici costringono i bambini ad adattarsi all'ambiente che li circonda e a prendere coscienza di dove si trovano e di ciò che si trova in questo nuovo posto.
Per i ragazzi più grandi, ovviamente con un percorso didattico graduale, le attività che vengono svolte permettono di passare da un approccio percettivo del mondo, con giochi che vanno a stimolare l'attenzione su tutti i canali sensoriali che ci trasmettono informazioni, ad uno conoscitivo più legato alla sfera razionale e quindi alla capacità di mettere in relazione tra loro cose, oggetti e fenomeni.
Sempre partendo tuttavia da giochi che coinvolgono direttamente ragazzi e che permettono di giungere ad una analisi razionale dei fenomeni attraverso una osservazione intenzionale e finalizzata, si passa ad attività che comportano un ragionamento sui problemi sollevati e la necessità - per il singolo e per il gruppo - di proporre soluzioni e spiegazioni per le cose che si sono viste o fatte.
Gradualmente sono i ragazzi stessi che, stimolati dalle domande degli educatori, fanno osservazioni ed arrivano a conclusioni sulle modalità del conoscere, sull'importanza di dare il giusto peso a diversi punti di vista, sull'intreccio complicatissimo di relazioni che legano tra loro animali, piante, gli elementi abiotici e l'uomo.
L'importanza dell'uomo come elemento trasformatore è un punto che emerge in quasi tutte le discussioni che nascono: molte delle attività mirano a far cogliere l'uomo come possibile elemento di disturbo dei delicati equilibri che si instaurano in natura e come possibile causa di modificazioni ambientali che danno origine a reazioni a catena, a volte incontrollabili e non gestibili direttamente neanche da chi le ha provocate. Nei giochi di ruolo, nello studio delle trasformazioni antropiche, questi elementi emergono spontanei e vengono colti dai ragazzi che, prima in chiave ludica e successivamente in termini di confronto-verifica con il gruppo-classe, capiscono l'importanza dell'operato dell'uomo e la sua intrinseca potenziale pericolosità.
Tutte le attività hanno generalmente un momento ludico iniziale cui fa seguito una riflessione di gruppo, dove l'educatore avvia il discorso sulle problematiche emerse durante il gioco e fa da mediatore tra le diverse opinioni che vengono espresse dai singoli. I momenti di discussione sono di fondamentale importanza perché oltre ad abituare i ragazzi a confrontarsi civilmente permettono di mettere dei punti femmi nello sviluppo delle giornate di lavoro e consentono all'educatore di eleborare con i ragazzi, in funzione delle considerazioni fatte insieme, dei modelli interpretativi della realtà che possono poi essere ripresi in momenti successivi o in contesti diversi e diventare bagaglio dell'esperienza di ciascuno.
* Responsabile del Servizio Educazione Ambientale del Parco del Ticino |