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Tre domande a Fulco Pratesi
Ora che finalmente, dopo le note traversie, sei stato nominato presidente del Parco nazionale d'Abruzzo, come giudichi la situazione dei parchi rispetto anche al passato, che ti ha visto protagonista di tante battaglie ambientaliste e non solo in difesa delle aree protette?
Per noi veterani delle battaglie parchigiane il momento attuale è, non si può negare, motivo di cauta soddisfazione. Dopo aver penato per anni (per me sono esattamente trenta) per ottenere una legislazione che consentisse la creazione di nuove aree protette e l'adeguamento delle esistenti, il varo della legge-quadro n. 394 ci garantisce una certa speranza. Nonostante tutto, nonostante i problemi, l'inadeguatezza, in molti punti, della normativa, le residue resistenze (dettate più da ignoranza che da malafede) alla istituzione di alcuni parchi (penso al Gennargentu e all'Arcipelago toscano, al Delta padano e al Gargano), le posizioni ambigue del Ministero dell'ambiente e lo scarso appoggio fornito ai parchi esistenti, oramai il vascello del 10% (la percentuale minima di superficie tutelata nel nostro Paese secondo i voti degli ambientalisti) ha preso il largo. E, anche se numerose sono ancora remore e cavilli, lacci burocratici e interessi di parte, il lievito costituito dai decreti istitutivi e dalla pressione delle associazioni ecologiste sta facendo crescere, in maniera visibile, il consenso e i segnali positivi: grazie ai divieti di caccia la fauna aumenta, le iniziative di degrado sono bloccate dalle misure di salvaguardia, anche i più renitenti sanno che. oramai, non c'è più via d'uscita e i parchi, volere o no, cominceranno a funzionare.
Come vedi, in questa fase, l'impegno del WWF, ma più in generale dell'associazionismo ambientalista? Non credi, per stare ai parchi, che il vostro ingresso negli enti di gestione comporti un qualche adeguamento nei comportamenti: insomma, una cosa è stare fuori dagli enti, altra cosa entrarvi.
La linea politica delle associazioni ambientaliste (nei primi tempi WWF, Italia Nostra, CAI e LIPU, poi Legambiente) è sempre stata quella di voler entrare, a pieno diritto, negli organi di gestione dei parchi. Conscie di rappresentare l'unica forza che, da sempre, si è battuta con costanza ed energia per la creazione delle aree protette, per nulla al mondo le associazioni avrebbero delegato a strutture ministeriali (in genere poco sensibili), ad enti locali (generalmente contrari) o a università (quasi sempre indifferenti) l'intero compito della conduzione delle aree protette. Senza falsa modestia, gli ambientalisti rivendicano il loro primato in questo campo e la loro insostituibilità come stimolatori e controllori, garanti e trascinatori in tutti i consessi in cui si traccino le politiche di tutela territoriale.
Non ti pare che prevalga ancora un atteggiamento di segno, diciamo così, "centralista" (meglio lo Stato degli Enti locali)? Esempio: si parla ancora di preferenza dei parchi nazionali, anziché dei parchi in generale. Eppure, se c'è una novità nella legge 394 è proprio questa: avere stabilito una pari dignità istituzionale, e di fatto, tra tutti i parchi.
Non credo si possa parlare di centralismo o di localismo trattando di aree protette. Le gerarchie e le funzioni sono oggi, fortunatamente e grazie anche ai lunghi dibattiti e alla legge 394, ben individuate: aree di valore internazionale, di grande estensione, ricadenti in più Regioni e in cui sono racchiusi importanti valori di segno diverso, non esclusi quelli storico-artistici sono, per loro stessa natura, di competenza nazionale. Aree di più spiccato interesse locale è giusto che siano invece appannaggio degli Enti locali, Regioni o Province. Ma la grande novità della nuova legge è che, fornendo indicazioni precise per la composizione degli enti di gestione, non esistono più squilibri o discrepanze tra le varie strutture. E, grazie alle sue norme, è possibile uno sviluppo armonico e sinergico tra le varie aree, tanto che, a parte il nome e l'ente di riferimento, non si nota quasi più la differenza tra un parco nazionale come quello d'Abruzzo e quelli, ad esso adiacenti del Velino-Sirente in Abruzzo e dei Simbruini nel Lazio (a parte la cronica disattenzione di quest'ultima Regione nei riguardi dei parchi che essa stessa, in altri momenti, aveva creato). |