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Pubblichiamo di seguito la relazione di Bino Li Calsi, Presidente del Coordinamento nazionale dei Parchi e delle Riserve naturali, alla manifestazione tenutasi a Roma il 15 novembre u.s. in "difesa dei parchi, una risorsa per il Paese".
Abbiamo pubblicato anche i documenti approvati dall'assemblea: il primo di carattere generale; il secondo riguardante la situazione dei parchi nazionali.
Abbiamo anche ritenuto giusto pubblicare l'elenco delle adesioni pervenuteci attraverso la cartolina e dalla partecipazione diretta alla manifestazione. L'elenco delle adesioni, sia di singole persone che di rappresentanti di associazioni, enti, organismi culturali e scientifici, riviste conferma infatti il successo della manifestazione ed anche la sua novità.
Era la prima volta che una iniziativa veniva promossa dalla rappresentanza istituzionale dell'intero sistema dei parchi italiani: nazionali e regionali, vecchi e nuovi.
E per la prima volta i parchi hanno raccolto intorno a loro la variegata rappresentanza dell'associazionismo ambientalista, di organismi scientifici, di parlamentari, di amministratori regionali e locali, di giornalisti.
Abbiamo così visto salire alla tribuna della manifestazione di Roma: Fulco Pratesi, presidente del WWF Italia e l'on. Gianluigi Ceruti, presidente della Consulta tecnica; Fabio Renzi, della Direzione nazionale Legambiente e Carlo Blasi, presidente della Società botanica italiana; Franco Tassi, direttore del Parco nazionale d'Abruzzo ed Egidio Cosentino, presidente del Parco del Pollini; Andrea Vellutini, presidente del Parco della Maremma e Luciano Rota, direttore del Parco nazionale del Gran Paradiso; Franca Olmi, presidente del Parco nazionale della Val Grande e Stefano Maestrelli, presidente del Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli; Enrico Borghi, presidente del Parco dell'Alpe Veglia e Giuseppe Panimolle, presidente del Parco dei Monti Simbruini; Carlo Alberto Graziani, presidente del Parco nazionale dei Monti Sibillini e Cesare Lasen, presidente del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi; Roberto Saini, responsabile del Settore parchi della Regione Piemonte e Bruno Agricola, responsabile del Servizio conservazione natura del Ministero dell 'ambiente.
Anche se i mezzi d'informazione, stampa e Rai TV non si sono, per la verità, sprecati nel dare notizia della manifestazione, è indubbio che essa segna un importante punto di svolta nell'impegno in difesa dei parchi.
La denuncia e la protesta per i rischi di una battuta d'arresto nella costruzione di un solido ed efficiente sistema di aree protette nel nostro Paese ha trovato, infatti, per la prima volta un significativo ed importante momento di aggregazione intorno ai rappresentanti istituzionali di parchi e riserve, la cui iniziativa si è dimostrata capace di dar voce ad aspettative e timori di una opinione pubblica giustamente preoccupata per le troppe inadempienze e ritardi nell'attuazione della legge 394.
La relazione di Bino Li Calsi *
Cari amici, desidero innanzitutto porgervi il mio cordiale saluto, ed il mio vivo ringraziamento per aver accettato l'invito a questo incontro. Un incontro diverso da tanti altri: è, infatti, la prima volta che i parchi italiani, nazionali e regionali, antichi e nuovi, grandi e piccoli promuovono a Roma una manifestazione per esporre le loro preoccupazioni, per proporre le loro richieste, per presentare le loro proposte e lo fanno attraverso il Coordinamento nazionale dei parchi e delle riserve naturali.
Un'associazione, la nostra, che nel volgere di un breve periodo (siamo ad un quinquennio dalla
dimostrando una capacità di lettura della realtà storica in cui operava ed una capacità di adeguamento alle esigenze, anche culturali, che emergevano sul piano della conservazione, senza perdere mai di vista il fine assolutamente primario del suo stesso esistere, e cioè la tutela del territorio.
Aderiscono al Coordinamento enti gestori di 80 aree protette tra parchi nazionali, regionali e riserve naturali rappresentanti circa 1.100.000 ettari di territorio tutelato ed accanto ad essi, in un organo collaterale, gli enti istituzionali: Regioni, Province e Comuni.
Un organo, quest'ultimo, ideato per corrispondere a precise indicazioni legislative: intendiamo riferirci sia alla 142 che alla 394, sia al principio della leale collaborazione invocato dalla Corte costituzionale, non sempre ascoltata.
La legge 394, appunto, stabilisce al punto 1 dell'art. 1 che gli obiettivi della conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale vanno perseguiti in "forma coordinata".
I parchi, tutti, possono e devono essere gestiti soltanto sulla base di un concorso di più livelli istituzionali e di varie rappresentanze culturali, attraverso procedure chiaramente fissate dalla legge per garantire il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.
Pur convinti di tale assunto, non siamo disponibili a stendere veli pietosi su presunte violazioni di leso localismo, su sterili geramia di di perdita di titolarità di territorio o su populistiche e demagogiche difese di presunti diritti della comunità che dimostrano soltanto l'incapacità degli enti locali di essere protagonisti di una politica del territorio, che in tutta Europa ed anche in tutto il mondo viene perseguita con rinnovato vigore.
Colpisce, e noi con molta chiarezza la denunziamo, in certi enti locali l'assoluta mancanza di percezione di cosa significhino oggi le politiche di protezione nella prospettiva di una riconversione dell'economia, la tutela come occasione di uno sviluppo di tipo diverso da quello cui siamo stati sino ad oggi abituati a pensare. Accanto a questi due organi della nostra associazione: l'assemblea, formata dagli enti gestori di aree protette e la consulta, formata dagli enti istituzionali, ne abbiamo previsto un terzo che potremmo chiamare strumentale: l'agenzia dei servizi.
Nasce dalla insopprimibile esigenza di offrire ai parchi di antica istituzione e soprattutto ai nuovi un supporto alla loro crescita ed alla loro attività, pur nella modestia delle nostre forze, che possa supplire a carenze delle istituzioni e dare ai parchi, molto spesso lasciati in balia di sé stessi, almeno il segno della nostra solidarietà e del nostro senso di servizio.
Servizio che abbiamo reso nel tempo e che continuiamo a rendere con altri due strumenti: i seminari sulle problematiche della gestione di un'area protetta (la fauna, la foresta, l'educazione ambientale, la pianificazione, la bioingegneria e così via sino all'efficienza ed efficacia della azione amministrativa), seminari ai quali in un triennio hanno partecipato circa 400 tra amministratori ed operatori di parchi e la rivista Parchi che si è fatta strada in mezzo alla miriade di stampa del settore ricevendo ampi riconoscimenti ed apprezzamenti per la bontà della scelta direzionale, quale aprire un dibattito sui problemi di rilevante attualità in materia di parchi, al quale tutti possono partecipare.
Due strumenti che continueremo ad utilizzare convinti che più alta è la qualità della gestione più ampio è il consenso attorno ai parchi.
Una agenzia dei servizi, che si aggiunge a questi due strumenti e che intende muoversi a tutto campo, senza ostracismi e preclusioni, intendendo utilizzare tutte le professionalità che intendono collaborare a questa missione.
Questa grande apertura fa parte del nostro patrimonio culturale, nel quale non c'è posto per steccati o per gelosie.
La trasparenza della nostra attività, la democrazia delle nostre decisioni, la concreta incisività della nostra azione ha da sempre contraddistinto il nostro operato.
Il Coordinamento, quindi, con la sua specificità e l'associazione di aree protette nazionali e regionali sull'intero territorio nazionale, si muove lungo le direttrici della legge-quadro che prevede un sistema nazionale di aree protette con il coinvolgimento degli enti istituzionali per offrire alle popolazioni non garanzie politiche ma garanzie di realizzazioni dirette al raggiungimento di una migliore qualità della vita e ad una crescita economica.
Vorrete scusare questo inciso sulla nostra associazione ma era necessario per quanti non ci conoscessero.
E torniamo alla manifestazione odierna, alla quale sono pervenute numerose adesioni non soltanto di enti gestori di aree protette, ma di associazioni, istituzioni, personalità ed organi di stampa che ringraziamo vivamente.
Sono il segno tangibile di una crescita, di una maggiore maturità istituzionale e di una consapevolezza politico-culturale che conferma il cammino compiuto dal nostro Paese, pur tra tante difficoltà, ma sono anche la testimonianza di una ormai diffusa preoccupazione ed allarme per i rischi che minacciano il futuro dei parchi.
A noi, in questa sede, preme innanzitutto, prima ancora di soffemmarci su singoli fatti ed episodi, di cui altri avranno modo di parlare e sui quali si è appuntata l'attenzione di tanti organi di stampa, denunciare la campagna in atto contro i parchi.
Stiamo, infatti, assistendo e non possiamo non allarmarcene ad un insidioso, anche se talvolta rozzo, tentativo di delegittimare i parchi sul piano culturale prima ancora che sul piano politico e normativo.
E ciò in palese controtendenza rispetto a quel che accade in Europa e nel resto del mondo.
Gli attacchi alla legge 394, al di là delle specifiche contestazioni a singole norme o a parti di esse, hanno, infatti, proprio questo carattere e perseguono senza ombra di dubbio l'obiettivo di delegittimare il parco come presenza e ruolo, non più casuale, non più prodotto di una sorta di fai da te istituzionale e normativo, ma come diritto finalmente acquisito.
La legge-quadro, è bene ricordarlo, ha avuto ed ha proprio questo precipuo valore e significato: l'affermazione nella politica nazionale del Paese di una nuova realtà rappresentata, appunto, dalle aree protette, senza distinzione alcuna, ed aver posto fine ad una conflittualità istituzionale durata a lungo e pagata a caro prezzo perché ha fornito a tutti alibi per non fare quello che altri Paesi in Europa facevano da anni.
Chi oggi cerca di riaprire su questo fronte i conflitti attizzando polemiche, provocando litigi, mettendo i Comuni contro le Regioni, le Province contro Comuni e Regioni, le Regioni contro lo Stato mina alle radici la legge e vanifica soprattutto un impegno appena avviato per costruire un sistema nazionale di aree protette.
E' chiaro che noi siamo fortemente preoccupati
per questi attacchi quasi sempre pretestuosi e strumentali nei confronti del ruolo effettivo dei parchi, presentati, tanto per cambiare, come portatori di chissà quali disgrazie.
Preoccupati dei tentativi, per fortuna non andati in porto, di sospensione di norme di salvaguardia per i perimetri di alcuni parchi nazionali.
Preoccupati per la mancata nomina di direttori dei parchi recentemente istituiti.
Preoccupati per i continui e reiterati tentativi di eliminare la Consulta tecnica per le aree protette o comunque di renderla più "contigua".
Preoccupati di vedere quasi completamente smantellata, anziché rafforzata e consolidata, la segreteria tecnica prevista dalla legge-quadro, con la perdita delle professionalità affinatesi sul campo e che costituiscono una risorsa da non disperdere.
Preoccupati, ma non meravigliati più di tanto, dall'abdicazione del proprio ruolo e dalla rinuncia all'esercizio delle funzioni proprie da parte di coloro ai quali, nell'ambito burocratico, la legge riserva compiti ed attribuzioni da esercitare anche in ossequio alle norme sulla trasparenza dei processi decisionali della P.A.
Preoccupati per la sorte dei parchi storici nazionali non adeguatamente e tempestivamente sorretti nel perseguimento delle loro finalità e per alcuni di essi non appaiono rispondenti ai profili di legittimità e men che meno alle esigenze di unitarietà di tutela, più volte richiamata anche dalla Corte costituzionale, i relativi decreti di adeguamento.
Siamo preoccupati dall'insistenza su temi che ritenevamo superati sul piano culturale e sul piano normativo: se nel villaggio globale che è diventato il nostro pianeta non vi può esser posto per egoismi nazionali, la ragione rifiuta posto e considerazione ad egoismi locali; e se è assolutamente giusto che le popolazioni residenti in un'area protetta non debbano essere né ospiti né reclusi é ancor più giusto che esse non possano essere le sole a decidere su beni e valori che appartengono a tutti.
Pretendere, specialmente nel caso in cui si tutelano valori e interessi di portata non locale, che l'ultima parola spetti esclusivamente ai residenti appare una sciocchezza.
Se il destino dell'Amazzonia riguarda, oltre gli indios anche noi, non si vede perché il futuro
dell'arcipelago toscano, del delta del Po o del Gennargentu non riguardi l'intero Paese.
Non rende più questa battaglia di retroguardia, questa continua denuncia dei pericoli delle decisioni centralistiche, il richiamo monotono ai valori delle autonomie: esse ci appaiono per quel che sono, una via di fuga per non misurarsi con coraggio e competenza con i problemi politici e culturali nuovi, con i quali tutto il sistema istituzionale del nostro Paese, autonomie locali per prime, deve fare i conti.
E siamo altrettanto preoccupati, e non abbiamo alcuna remora a dirlo, dei ritardi accumulati da troppe Regioni a legiferare in materia e soprattutto a compiere la loro parte così come prevede e prescrive la 394, in collaborazione con Province e Comuni come stabilisce anche la legge 142. Sono ancora poche le Regioni che hanno le carte in regola, e tra queste vogliamo citare in particolare l'Abruzzo ed il Piemonte, cui va tra l'altro tutta la nostra solidarietà per l'immane tragedia che l'ha colpito in questi ultimi giorni.
E tutto ciò pesa non poco sul quadro generale.
Anziché una costruttiva competizione-collaborazione tra Stato Regioni ed Enti locali ci sembra stiano riprendendo campo atteggiamenti di sfida, di contesa, di scaricabarile in cui, purtroppo, nessuno vincerà e tutti perderemo.
In tal caso non sarà vanificata soltanto una legge che ha valenza storica per il nostro Paese, ma andrà sprecata anche una grande opportunità, una risorsa non indifferente, come dice lo slogan coniato per questa manifestazione. Il parco, appunto, come occasione per un nuovo tipo di sviluppo, capace diversamente da quel che accade con l'attuale tipo di ripresa economica, di creare nuove possibilità di lavoro, non solo con la creazione di nuovi posti ma con la promozione di una nuova cultura imprenditoriale che guardi alle attività produttive compatibili come a nuove fonti di reddito.
Con i parchi noi intendiamo difendere un segno di civiltà, un segno di cultura ed anche una risorsa per il Paese.
Pensiamo in particolare, ma non soltanto, al sud ed a quei territori dove al danno ambientale non ha fatto seguito neppure un processo serio di crescita industriale ed economica e dove oggi grazie ai nuovi parchi è possibile dare alla presenza pubblica una nuova dignità ed efficienza,
che riscatti i guasti di una politica assistenziale, fonte di degrado sociale e persino di attività criminose.
Ciò che intendiamo affermare in maniera forte e decisa con questa nostra iniziativa, e non intendiamo rivolgerci soltanto al ministro dell'ambiente, è l'esigenza e l'urgenza di rilanciare e di non riportare indietro la politica dei parchi.
Da una indagine svolta dalla nostra associazione per conto del Ministero dell'ambiente, indagine che vorremmo veder pubblicizzata e non chiusa nei cassetti ministeriali anche per la sua indubbia utilità, risulta chiaramente che quella dei parchi è ormai una realtà diffusa, ma anche fragile e spesso poco o niente sostenuta dalle istituzioni sotto il profilo della risorse finanziarie e non solo sotto questo. Altro che parchi che minacciano le proprietà, il turismo e così via come anche da uomini di governo sentiamo affermare e ripetere con sconcertante ignoranza e distorsione dei fatti!
Non sono i parchi che insidiano le potenzialità e la legalità del Paese: queste sono semmai mortificate dai condoni che premiano i furbi con il pagamento di pochi milioni, a prezzo di saldi, mortificate dalla eliminazione dei reati di inquinamento idrico certamente non meno pericoloso degli incendi rispetto ai quali invece è proposto l'aggravamento delle pene per gli incendiari.
E' che il Governo si muove nel settore in modo contraddittorio e la protezione dell'ambiente è vissuta più come un pedaggio da pagare all"'estremismo verde" che come compito basilare di una società evoluta.
Ed allora si dia attuazione piena alla legge 394 come ha richiesto con voto unanime anche la Commissione dell'ambiente in una sua recente risoluzione.
Si stabiliscano rapporti di collaborazione con le Regioni e gli Enti locali.
Si tenga nel debito conto e non si vanifichi il lavoro estremamente qualificato della Consulta tecnica, anziché continuare ad attentare alla sua esistenza tentando di modificarne composizione e professionalità.
Si riunisca il Comitato Stato Regioni del quale dopo mesi non si riesce neppure a sapere se è ancora in vita.
Si proceda con tempestività all'utilizzazione delle risorse finanziarie previste dal piano trien-
nale e non si lasci marcire la situazione per poter dire magari che ancora una volta le Regioni non hanno saputo spendere le somme ad esse attribuite.
E per fare tutto ciò occorre un impegno serio di tutti i livelli istituzionali, ma occorre soprattutto una grande capacità di indirizzo da parte del governo che finora non abbiamo notato. Mentre abbiamo purtroppo registrato molte, troppe sortite che vanno nella direzione opposta.
Di tutto questo vogliamo farci carico rappresentando e chiedendo nello stesso tempo assicurazioni al Presidente della Repubblica ed ai Presidenti della Camera e del Senato ai quali abbiamo chiesto di essere ricevuti.
Ce ne vogliamo far carico rilanciando al ministro dell'ambiente una proposta, già avanzata in un documento del giugno 1992, contenuto nella carpetta, di una conferenza nazionale sui parchi per consentire agli enti istituzionali, alle istituzioni scientifiche, sociali e culturali, alle associazioni ambientaliste ed a quelle dei parchi di compiere una verifica dell'attuazione della legge e mettere a punto le misure e le iniziative per dare concreta attuazione alla legge-quadro.
Un tavolo tecnico, come si ama dire in questi campi, nel rispetto dovuto alla istituzione, ma nel libero civile confronto delle opinioni in quanto riteniamo di non appartenere alla società dei "servi contenti" secondo una definizione di Bobbio in un suo recente articolo, ma alla schiera dei cittadini liberi che, pur nel rispetto delle istituzioni, in quanto tali, sanno quale spazio riservare alla riflessione critica e quindi all'autentico giudizio democratico.
E poiché riteniamo che non tutto certamente può essere regolato dal circuito lavoro-benessere consumo, siamo fermamente convinti che l'accento va posto sui "valori" e che i parchi costituiscono per tutti noi un valore irrinunciabile e che sull'altare della produzione e del mercato non intendiamo sacrificare questi ed altri valori. Vi chiedo scusa della sinteticità dei passaggi ma non volevo con l'introduzione ai lavori sottrarre ad essi troppo tempo.
Vi ringrazio per l'attenzione e la tensione che vorrete dare al dibattito e mi auguro, nell'interesse di tutti, del Paese, che si cambi pagina nella politica del territorio e vengano presto tempi nuovi in cui, a differenza di oggi, per ripetere una lucida frase di padre Balducci, sui sentieri dei profeti non passeggino più i ragionieri.
* Presidente Coordinamento nazionale dei parchi e delle riserve naturali |