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Pubblichiamo volentieri un articolo del presidente del Parco fluviale del Po e dell'Orba sui problemi posti dall'alluvione che colpì in maniera drammatica il Piemonte nell'autunno del 1994.
Con questo articolo vorremmo sottolineare, anche come rivista, la necessità di non considerare chiuse - tolto il fango - vicende che rimangono drammaticamente aperte, e non solo in Piemonte.
Alla grande massa d'acqua che ha investito la pianura padana, e in particolare la parte piemontese, si è sovrapposta una grande quantità di opinioni sulle cause e le origini di un fenomeno che si è mostrato popolazioni coinvolte.
In questa sorta di multiforme inchiesta giornalistica, condotta sia attraverso la carta stampata che attraverso servizi, interviste e dibattiti televisivi, si sono intrecciate le voci di ricercatori, di tecnici e di esperti - fondate su dati, studi ed elaborazioni conseguenti - con le voci di chi riportava pareri personali, impressioni o anche convincimenti basati su intuizioni, ragionamenti e deduzioni ma non supportati da elementi oggettivi di confronto.
Purtroppo, però, il tipo di informazione cui oggi siamo abituati, un'informazione "usa e getta", che non ha tempo per gli approfondimenti e le verifiche sul piano concreto, non evidenzia in modo sufficientemente chiaro la profonda differenza tra le due posizioni, le quali non dovrebbero neanche essere confrontate tra loro, in quanto la prima è frutto di valutazioni condotte sulla base di elementi verificabili (cioè con il conforto delle prove) mentre la seconda è frutto di sole opinioni (cioè di vaghi e spesso fuorvianti indizi non sufficienti a descrivere il quadro completo della situazione).
Tutto ciò ha ingenerato nell'opinione pubblica una grande confusione, ed ha portato a semplificare il problema a tal punto da individuare due schieramenti: uno che sostiene la necessità di affrontare la gestione dei corsi d'acqua inquadrandola in una visione più ampia di tipo pianificatorio rivolta ad un ambito territoriale adeguato (il bacino idrografico), rispettando gli spazi di cui un fiume in piena necessita; un altro che invece ritiene di poter modificare a proprio piacimento il fiume, agendo oltretutto in modo puntuale su singoli tratti (attraverso cementificazioni spondali, estrazioni di inerti dall'alveo o altri interventi di irrigidimento dell'asta fluviale), senza mettere in correlazione l'opera da attuare con gli effetti indotti.
La contrapposizione tra i due tipi di approccio descritti è stata in alcuni casi fonte di dichiarazioni molto pesanti rivolte alla Regione Piemonte, ed al Parco del Po da essa istituito, colpevoli l'una di aver perseguito una politica attenta verso l'assetto e la pianificazione territoriale attraverso l'adozione del P.T.O. (Progetto territoriale operativo del Po) che interessa tutta la fascia fluviale piemontese, con l'obiettivo di individuare le azioni e gli indirizzi più opportuni per promuovere uno sviluppo compatibile con la tutela ambientale e con le doverose limitazioni di tipo idrogeologico; l'altro di applicare e far rispettare alcune "scomode" norme statali e regionali che qualcuno preferirebbe ignorare, illudendosi di poter limitare a proprio piacimento la dinamicità del sistema fluviale.
Piuttosto è necessario sgombrare il campo da alcuni equivoci e fornire alcuni chiarimenti ai non addetti ai lavori, perché tutti siano in grado di conoscere la verità su alcune questioni di fondamentale importanza e possano far sentire la loro voce al fine di fermare la preannunciata ripresa degli interventi di distruzione dei fiumi, faticosamente frenati da alcune leggi fondamentali emanate negli ultimi anni (valga per tutte la legge n. 183/89 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo" con cui, fra l'altro, sono state istituite le Autórità di bacino).
- 1) I danni maggiori dell'evento alluvionale si sono prodotti sui territori latistanti il Tanaro, un fiume a carico del quale sono state condotte negli anni attività estrattive approvate dal Magistrato per il Po, senza che vi fosse alcun parco o altro ente di salvaguardia territoriale su cui scaricare la responsabilità dell'evento calamitoso e, ciò nonostante, l'effetto della piena è stato più violento di quanto fosse mai stato in questo secolo.
Si tenga presente inoltre che il fenomeno anzidetto si è verificato in presenza di un evento meteorico molto gravoso ma non così eccezionale in termini di piovosità assoluta e pertanto non così irripetibile mentre i danni, questi sì, sono stati di eccezionale e addirittura sproporzionata gravità.
D'altra parte, lo stesso Comitato tecnico dell'Autorità di bacino del Po aveva approvato nella seduta del 25 ottobre 1994 un documento dal titolo "Iniziative urgenti di intervento per la difesa del suolo e l'assetto idrogeologico nel bacino del Po", nel quale si affermava già che "l'evento alluvionale del settembre-ottobre 1993... non rappresenta che l'ultima manifestazione in ordine di tempo di un ciclo idrologico di precipitazioni elevate, succedutosi ad un periodo di alcuni anni di situazioni di magra anche eccezionale per il sistema idrico padano" e che "i fenomeni di dissesto e i danni che si sono verificati sono in larga parte da ricondurre a una insufficiente o inadeguata gestione del territorio in rapporto alla vulnerabilità dello stesso rispetto agli eventi idrologici (leggasi: precipitazioni e relativi deflussi) intensi".
Lo stesso documento prosegue in modo chiarificatore in merito alla reale situazione del bacino, così come evidenziata dalle analisi e dalle indagini effettuate, affermando che: "a fronte di fenomeni idrologici che per la loro gravosità si collocano in una fascia di probabilità non eccezionale, il territorio mostra una vulnerabilità sensibilmente più elevata rispetto al passato e dà quindi luogo a danni particolarmente ingenti", che "gli effetti disastrosi dell'evento (ci si riferiva qui al settembre 1993 ma lo stesso, a maggior ragione, vale per il novembre 1994) sono correlabili all'inadeguatezza del complesso delle misure di prevenzione, costituite dalle opere di difesa idrogeologica e dalle norme, dai vincoli e dalle procedure di gestione dell'uso del territorio", che "la maggiore vulnerabilità del territorio che si manifesta in occasione di ogni piena è pertanto da ricondurre esclusivamente a cause antropiche...", che "la dinamica del rapporto tra eventi di piena e danni fa poi ritenere... che esso tenda progressivamente ad aggravarsi... con il peggiorare dello stato di dissesto del territorio e degli abusi urbanistici", che "a parità di gravosità degli eventi idrologici, i danni e i dissesti conseguenti tendono progressivamente ad aumentare" ed infine che "l'andamento statistico dei fenomeni meteorici e di piovosità sul bacino fa ritenere altamente probabile il ripetersi di eventi di piena di gravosità eccezionale".
- 2) Ritornando al caso specifico del fiume Po, non è assolutamente vero che l'Autorità di bacino, la Regione Piemonte, né tanto meno il Parco del Po abbiano impedito l'asportazione (o la movimentazione) di materiali litoidi presenti nell'alveo di magra laddove si fosse dimostrato che era necessario intervenire per ragioni di tipo idraulico, perché cioè ostacolava il del lusso delle acque.
Infatti sia le direttive dell'Autorità di bacino del Po (riferite a tutti i corsi d'acqua del bacino comprese le golene di quelli arginati) che le norme regionali prevedono che lo si possa fare qualora l'attività sia finalizzata alla conservazione della sezione utile di deflusso ed al mantenimento funzionale delle opere e delle infrastrutture, nonché sia parte integrante di interventi di difesa e sistemazione idraulica o parte integrante di interventi di rinaturazione degli ambiti fluviali.
- 3) Se negli ultimi anni non si è più assistito all'asportazione degli inerti fluviali (dall'alveo del Po, poiché su altri corsi d'acqua del bacino del Po invece ciò è avvenuto in parecchie occasioni), ci possono essere due ragioni: o non era necessaria oppure, se ne fosse stata dimostrata la necessità, né la Regione Piemonte né tantomeno il parco avrebbero potuto impedirla (e non avrebbero nemmeno avuto interesse a farlo!).
I primi dati che emergono da uno studio sull'assetto idrogeologico del Po nel tratto compreso tra Chivasso e la confluenza con il Tanaro (quasi 100 chilometri molto significativi), studio promosso sulla base degli accordi socio-economici intercorsi tra Regione Piemonte, Provincia di Vercelli, Comune di Trino ed E.N.E.L. che hanno portato questo Ente parco a formalizzare
l'incarico in questione, stanno portando estrema chiarezza sull'argomento: il confronto tra i valori relativi alle sezioni trasversali dell'alveo misurati nel 1969 (dal Magistrato per il Po) e quelli misurati nell'ottobre scorso (dai professionisti che lavorano allo studio citato) mostra in modo inequivocabile se, ed eventualmente dove, sia presente una riduzione della capacità di deflusso a causa dei cosiddetti "sovralluvionamenti" (cioè accumuli di materiale ghiaioso depositati nell'alveo).
Attualmente disponiamo già dei dati relativi a S sezioni su 16 rilevate, ubicate in corrispondenza di Chivasso (poco a valle del ponte, ora crollato), Crescentino (presso il ponte), Pobietto (poco a valle del ponte di Trino), Casale Monferrato (presso il ponte stradale) e Valenza (presso il ponte ferroviario-stradale); entro pochi giorni disporremo anche degli altri valori.
Per ora siamo in grado di affermare che in tutti e cinque i casi vi è un aumento della sezione complessiva utile al deflusso, cioè un beneficio per lo smaltimento dei fenomeni di piena, che varia tra un minimo del 2% (in corrispondenza del ponte di Valenza) ed un massimo del 196% (in corrispondenza del ponte di Crescentino) e che la quota di fondo del fiume non presenta innalzamenti significativi (se non nel caso della sezione di Pobietto dove tra il 1969 e il 1994 vi stato un incremento del fondo di 1,50 metri che, nonostante tutto, non ha portato ad una riduzione bensì ad un lieve incremento della sezione utile al deflusso ed inoltre è ancora circa 25 cm. più basso rispetto al 1961) ma semmai in qualche caso si registrato un abbassamento notevole: 3,50 metri in corrispondenza del ponte Crescentino!
Tutto ciò dimostra che la semplice verifica visiva dalla sponda può essere fortemente ingannevole per tre motivi:
- a) non ci si rende conto di come è conformato l'alveo sotto il pelo dell'acqua, quindi si perde la percezione della quota di fondo;
- b) con l'abbassamento del fondo possono emergere più facilmente i ghiareti presenti;
- c) la memoria umana in merito alla conformazione fisica di un luogo, non supportata dal conforto delle verifiche tecniche, risulta molto limitata e può indurre in grossolani errori.
In attesa di poter disporre di tutti gli altri dati che emergeranno nel prosieguo del lavoro di indagine e dalle elaborazioni di quanto già rilevato, è più che mai opportuno riprendere come conclusione qualche passaggio del documento redatto dall'Autorità di bacino del Po, già richiamato in precedenza, per far riflettere su alcuni concetti fondamentali, ricordando una volta di più che le parole che seguono sono riferite a tutti i corsi d'acqua del bacino e non solo al Po: "In sintesi la degenerazione del sistema, che ha portato all'attuale situazione di elevata vulnerabilità del territorio in rapporto ai fenomeni di dissesto idrogeologico, nasce dalla sistematica prevaricazione degli interventi straordinari, attuati a seguito dei periodici eventi alluvionali con specifiche leggi di spesa, rispetto alla normale procedura dell'intervento ordinario, definito sulla base di una programmazione ancorata alla valutazione della domanda di sicurezza del bacino"; ed ancora: "La mancata o insufficiente prevenzione porta al progressivo aumento della vulnerabilità del territorio, che si evidenzia periodicamente in occasione del verificarsi di eventi meteorici intensi".
Quanto fin qui illustrato e descritto non è che la parte preliminare di un lavoro che, con l'evolversi dei recenti avvenimenti in ambito territoriale ed il costante diffondersi di notizie inesatte (al limite della calunnia e della diffamazione) verso il ruolo, il significato e l'operato del Parco del Po e della Regione Piemonte, può rappresentare finalmente un esempio concreto da cui partire per mettere a confronto chi ha a cuore la riorganizzazione ed il riassetto del territorio, in nome di interventi ed azioni che privilegino la gestione rispetto alle singole opere.
* Presidente Parco fluviale del Po e dell'Orba |