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Lo studio effettuato riguarda la Regione Friuli Venezia-Giulia e il neonato Parco naturale Prealpi Carniche (o meglio Parco naturale Dolomiti Friulane, denominazione più corretta e ottimale dal punto di vista dell'immagine), e mette in luce alcune forti contraddizioni presenti all'interno dei singoli piani e in taluni punti delle legislazioni regionali, ma soprattutto in esso è emersa la totale mancanza di un'organizzazione coordinata in grado di fornire servizi efficienti per la gestione dei parchi e delle riserve naturali regionali. Ecco un piccolo esempio.
In Friuli esistono due organi separati - e in competizione - che perseguono gli stessi obiettivi: l'azienda regionale delle foreste e la direzione regionale delle foreste e dei parchi. La prima gestisce le proprietà della Regione (spesso di modesta estensione), mentre la seconda è in diretto contatto con i "comitati di coordinamento" dei parchi previsti dal piano urbanistico regionale del 1978. Il quadro generale, però, subisce un'ulteriore frammentazione per la presenza di un terzo soggetto - il corpo forestale dello Stato - che controlla alcune riserve di "interesse nazionale".
Le conseguenze negative derivanti dalla sovrapposizione delle competenze di ogni singolo organismo sono all'ordine del giomo e per questo motivo è necessario superare le logiche antiquate che tendono a dividere i sistemi, o peggio, a "spartire" le cariche. E' così indispensabile attuare una ridefinizione generale degli spazi, del personale e delle competenze degli enti preposti alla direzione delle aree protette.
La carenza di informazione sui parchi naturali è un altro dato sorprendente ed incontestabile.
Chi può fornire indicazioni sui parchi regionali? Dove si possono reperire i dépliants che illustrano le valenze naturali di queste aree? Nell'ambito dei parchi si possono trovare degli alloggi, e se sì, dove? Perché in molti parchi naturali non c'è personale addetto alla sorveglianza? Quali sono i confini dell'area protetta?
Queste domande, a prima vista possono sembrare banali o superficiali. Invece non è così.
Dopo aver effettuato diverse visite a strutture
pubbliche e private, enti parco e giornali locali, sono giunto a una sconsolante conclusione: l'informazione relativa alle aree protette del Friuli Venezia-Giulia non è carente, ma è praticamente inesistente.
La buona volontà degli addetti dei Comitati di coordinamento e degli enti regionali non può essere sufficiente. Le Regioni (e quindi non solo il F.V.G.) devono creare uffici in grado di fornire informazioni capillari su tutte le aree protette integrandole possibilmente con altre iniziative culturali, sportive e ricreative. Tutto ciò può avvenire a "costo zero", organizzando in modo più razionale le strutture ed il personale già impiegati. L'analisi dello stato di salute dei parchi friulani ha evidenziato la perdurante carenza di consistenti politiche multisettoriali per l'ambiente, ma tuttavia sarebbe controproducente trarne conclusioni pessimistiche, anche alla luce dell'emanazione della legge-quadro nazionale sulle aree protette. La legge n. 394/1991, infatti, pur contenendo alcune incongruenze di entità non trascurabile - soprattutto perché sembra non tenere conto della diversa velocità di marcia delle singole Regioni - ha dato respiro al settore della "tutela della natura" rilanciando la politica di istituzione delle aree protette.
Secondo me, insomma, esistono varie ragioni che inducono ad adottare un atteggiamento costruttivo nei confronti dei parchi, e il loro successo sarà condizionato da alcuni punti programmatici principali.
NOTE:
- 1. La tesi di laurea è divisa in quattro parti principali.
I - Il dibattito sui parchi naturali: la tutela globale del territorio
II - Analisi del territorio del Parco naturale Prealpi Carniche, della normativa regionale e individuazione dei problemi esistenti
III - Il piano di conservazione e sviluppo del Pnpc.
IV - Proposte di assetto gestionale del Parco.
- 2. Il piano urbanistico regionale del Friuli Venezia-Giulia ha individuato 14 parchi naturali e 76 ambiti di specifico valore ambientale, per un'estensione totale corrispondente al 30% dell'intero territorio della Regione. La normativa applicativa- in particolare la L.R. n. 11/1983 - ha però caricato di eccessive responsabilità le singole amministrazioni comunali e così molte iniziative sono fallite prima di nascere. Ciò è avvenuto soprattutto perché sono stati capovolti i criteri che solitamente caratterizzano la nascita di un ente-parco. In Friuli i parchi sono stati istituiti solo in seguito all'approvazione di appositi piani di conservazione e sviluppo, redatti prima ancora di stabilire la forma degli enti gestori. Così molte persone continuano ironicamente a chiamare le aree protette friulane i "parchi di carta".
- 3. La mancanza di una cultura radicata nei confronti dei nuovi parti e delle loro "moderne" finalità è piuttosto evidente anche negli ambienti accademici. Durante la discussione della tesi sono sorte alcune incomprensioni di base perché alcuni docenti concepiscono ancora solo il parco - svago - divertimento oppure il parco - riserva indiana - recinto.
- 4. A tale proposito vedi Giorgio Osti, "I1 parco poliziotto", molto utile per la comprensione dei nuovi possibili approcci ai parchi da sviluppare nel prossimo futuro.
- 5. Vedi 4.
Tesi di laurea presentata all'lstituto Universitario Architettura Venezia il 7 aprile 1994
Relatore: Prof. Giancarlo Abram - titolare del corso di Normative e legislazione per l'edilizia. |