Federparchi
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali


PARCHI
Rivista del Coordinamento Nazionale dei Parchi e delle Riserve Naturali
NUMERO 14 - FEBBRAIO 1995


Il personale tecnico dei parchi
Stefano Cavalli *, Paolo Stefanini **

Uno dei principali fattori di crescita dell'efficienza delle aree protette è costituito dalla presenza di personale in forza agli enti di gestione. Quella che può apparire come una ovvia considerazione è, in realtà, una situazione che si riscontra solo nei parchi più datati; quasi ovunque, infatti, un sensibile lasso di tempo intercorre tra il momento dell'istituzione di un'area protetta e la sua messa a regime con l'assegnazione di finanziamenti adeguati e la necessaria dotazione di personale occorrente.
Questa specie di "parallasse" temporale, per cui al giungere sulla scena pubblica del provvedimento di istituzione di un parco non segue in tempi brevi l'assegnazione di uno stanziamento finanziario adeguato, nè si perviene alla composizione di una pianta organica, ha segnato i primi anni di vita di quasi tutti i parchi italiani. Una consuetudine che veniva attribuita al modo di procedere poco pragmatico delle Regioni, ma che gli eventi degli ultimi anni hanno mostrato essere una caratteristica di fondo anche delle strutture ministeriali centrali e, di riflesso, dei parchi nazionali.
Il ritardo con cui si giunge alla definizione delle piante organiche si rivela elemento essenziale per il funzionamento degli enti parco e quindi fattore di ritardo del consenso sui parchi. Quasi sempre il sistema vincolistico, che rappresenta la caratteristica di minore gradimento verso il parco, è operante da subito, anche in assenza di una struttura operativa; al contrario, i fattori che possono determinare apprezzamento, come la creazione di posti-lavoro in realtà territoriali difficili e la produzione di servizi, giungono con cronica sfasatura di tempi.
All'interno del lento processo con cui prendono forma le strutture operative le figure professionali maggiormente penalizzate sono generalmente quelle tecniche, che, infatti, sono poche ed a ranghi molto spesso incompleti.
Uno dei settori meno dibattuti nella tematica dei parchi è quello inerente al personale, un aspetto
operativo peraltro solo parzialmente toccato dalla stessa legge-quadro sulle aree protette n.394/91, la quale procede ad alcune previsioni limitatamente alla figura del direttore (art. 9, comma undicesimo) ed al personale di vigilanza, sia che si tratti di personale specificatamente assunto in qualità di guardiaparco, sia per ciò che riguarda il possibile impiego del personale del Corpo forestale dello Stato nelle mansioni di vigilanza di parchi nazionali e regionali (art. 21, comma secondo e art. 27, comma secondo). A questa impostazione hanno contribuito più fattori, tra i quali la previsione di affidare l'argomento a successivi momenti normativi ed il riferimento ai modelli di parco nazionale operativi al momento della stesura della legge. Certamente ci si è preoccupati di definire le figure ritenute indispensabili all'interno di un parco nelle fasi di primo avvio, lasciando la restante composizione della pianta organica alle locali necessità operative.
Questa impostazione non affronta la presenza di alcuni importanti, per non dire indispensabili, settori di lavoro, come il comparto amministrativo, e quello tecnico, eccezioni fatta per il direttore. In realtà, la 394/91 non esclude aprioristicamente la presenza di ulteriori figure professionali all'interno delle aree protette e il fatto che ne sorvoli la necessità è dovuto sia alle fonti culturali che hanno modellato la legge, sia al fatto che si è data priorità ai due elementi ritenuti indispensabili, soprattutto nella fase di avvio dei nuovi parchi nazionali, motivo portante della legge 394/91. Neanche il panorama della legislazione regionale, nel suo insieme, offre un riferimento unico ed esaustivo per quanto concerne il personale.
In questa nostra indagine di settore abbiamo voluto, attraverso l'analisi del personale tecnico laureato, assunto a vario titolo nei parchi regionali italiani, illustrare ed avviare una riflessione su un aspetto determinante per il funzionamento di queste strutture territoriali, ormai inserite da anni nel quadro della pubblica amministrazione. Il coinvolgimento del personale laureato avviene, nella maggioranza dei casi, per assunzione a tempo indeterminato nei ruoli dell'ente (anche attingendo alle dotazioni di altre amministrazioni come le Province e le Regioni), oppure con rapporti di collaborazione a tempo, definiti da apposite convenzioni od incarichi. Tra il personale di ruolo, i livelli che comprendono il personale laureato sono 7°,8°, prima e seconda qualifica dirigenziale, sebbene non risulti che vi siano attualmente in servizio figure appartenenti a quest'ultimo livello nelle aree protette delle Regioni a Statuto ordinario. I direttori assunti con contratto di diritto privato a termine hanno in genere un trattamento equiparato alla prima qualifica di dirigente.
La situazione del personale laureato oggi in forza nelle aree regionali protette italiane è sinteticamente descritto nella tab. n. 1 - omissis.
I dati riportano una situazione organizzativa differenziata a livello delle singole Regioni, una variegatura che non è nuova a chi conosce la realtà italiana delle aree protette regionali, anche in considerazione delle diverse strade che le singole amministrazioni regionali hanno intrapreso fin dall'inizio delle rispettive politiche ambientali e di tutela del territorio attraverso l'istituzione di aree protette.
Il dato complessivo mostra la presenza di 132 tecnici laureati, direttori compresi, in 75 aree protette, ovvero una media di 1,76 per ente; questo dato viene ulteriormente abbassato, se si tiene conto del numero complessivo delle aree protette regionali, comprensivo anche di quelle totalmente sprovviste di personale tecnico laureato. Se al dato medio si sottrae la figura del direttore, la media assegna a ciascun parco un valore inferiore all'unità. Se è pur vero che per piccole aree protette, a tutela di singoli biotopi, la presenza del direttore può garantire le sufficienti competenze tecniche di gestione, ciò non è altrettanto vero per aree di maggiori dimensioni. Analizzando solo i parchi di media e grande dimensione (con superficie superiore ai 10.000 ettari), il dato medio di laureati si attesta a 2,38 addetti. Sebbene lievemente superiore, anche questo dato non può ritenersi soddisfacente in considerazione della ampiezza di tematiche che investono i contesti territoriali ed ambientali dei
parchi italiani, quasi ovunque in situazioni di forte antropizzazione. Ad esempio, spesso si discute e si scrive "dei" e "sui" parchi, facendo i conti senza l'oste: quante volte si è rilanciata l'ipotesi del "parco-laboratorio", sia sul piano della pianificazione che su quello della gestione, senza però porsi il problema della assenza dei soggetti qualificati, in assenza dei quali è impensabile e poco realistico ipotizzare fasi di livello elevato.
Alcune Regioni, come il Piemonte e la Toscana, hanno privilegiato l'assunzione in ruolo della maggioranza del personale impiegato nei parchi, e questo vale non solo per i "quadri" ed i tecnici, ma per tutte le figure professionali; in altre, come la Lombardia, risultano assai diffusi i rapporti professionali e le consulenze con soggetti esterni, sia per l'espletamento di incarichi specifici, come la redazione di progetti, piani, eccetera, che per lo svolgimento di compiti d'istituto con carattere di ordinarietà. In Piemonte tutti i 30 laureati in forza alle aree protette regionali, siano essi direttori, che tecnici di livello inferiore, sono in ruolo nelle piante organiche di 24 enti; in Lombardia, invece, si ha un numero maggiore di tecnici (39, in 17 aree protette), ma di questi solo 15 sono assunti in 9 consorzi di gestione. Una situazione analoga la si riscontra in Emilia-Romagna ove in sei parchi operano: 1 tecnici laureati, dei quali quattro risultano in ruolo e sette operanti con convenzione. Nel Lazio, su dieci laureati nove sono direttori; un solo parco, quindi, detiene più di un tecnico con laurea.
Per completezza di informazione va ricordato come in taluni compiti d'istituto, o nella elaborazione di singoli progetti e programmi, gli enti di gestione si affidano a professionisti esterni, figure che non compaiono nel novero del personale tecnico rilevato da questa indagine, con sensibile attenuazione di alcuni carichi di lavoro gravanti sulla struttura.
Una successiva riflessione riguarda il numero dei soggetti e il tipo di professionalità coinvolti nella gestione delle aree protette regionali. Dalla tabella 1, si rileva come, in totale, da questo censimento risultano operativi a vario titolo e diversa collocazione 132 laureati, dei quali 12 agronomi, 27 architetti, 13 biologi, 30 dottori forestali, 5 laureati in giurisprudenza o scienze politiche, 11 naturalisti, 15 ingegneri, 4 laureati in scienze economiche, 3 laureati in lettere con specializzazione in storia dell'arte, 3 veterinari 7 geologi, un informatico, un laureato in lingue straniere.
Ancora dai dati di tabella 1 si può notare come il 77% dei tecnici appartenga a specializzazioni che potremmo definire canoniche rispetto alle tradizionali forme di gestione di un'area protetta, includendo in tale comparto le lauree in agraria, architettura, biologia, scienze forestali, scienze naturali, scienze della terra, veterinaria, mentre il 23% appartiene alle specializzazioni meno spesso associate al lavoro nei parchi, come ingegneria, storia dell'arte, giurisprudenza, economia e commercio, lingue ed informatica.
Si rileva, inoltre, che il 58% dei tecnici è attualmente in ruolo presso i rispettivi enti (R), mentre il 31% opera in posizione di consulente o con contratti periodicamente rinnovati (C); vi è infine un 11% di tecnici di ruolo nella pubblica amministrazione, che operano nei parchi attraverso lo strumento del distacco, o comando (D). I direttori sono 54, dei quali 39 di ruolo, 11 a convenzione e 4 comandati, ed incidono per il 41% sul totale dei tecnici (vedi tab. 1 - omissis).
Una analisi di questo tipo non avrebbe senso compiuto, se non si tenesse conto dell'apporto di conoscenze e dell'opera che in molte Regioni gli enti di gestione delle aree protette ricevono dagli appositi uffici parchi regionali, dotati di personale tecnico ed amministrativo. La presenza ed il lavoro dei tecnici di queste strutture diviene spesso indispensabile sia nell'opera di coordinamento tra le aree protette in ambito regionale, sia nei rapporti tra le singole aree ed enti terzi (il Ministero dell'ambiente, l'Unione Europea, eccetera). Un esempio in tal senso è frequente nel campo della pianificazione, ove talune Regioni provvedono o contribuiscono in modo determinante alla redazione dei piani, sollevando gli enti di gestione da cospicue fasi di lavoro che ricadrebbero il larga misura sul personale tecnico periferico.
Nel caso dei tecnici in forza agli uffici parchi regionali ci limitiamo ad una segnalazione quantitativa e professionale, ma priva di indicazioni riguardanti l'inquadramento, di alcune Regioni, o di Province autonome, maggiormente organizzate in questo settore.
Concludiamo questa indagine con un approfondimento sui direttori, iniziando dai "bacini culturali" di provenienza: la tab. n. 3 - omissis. mostra come le professionalità collegate al titolo di direttore risultano relativamente ampie; questo a dimostrazione che attualmente non esiste una specializzazione privilegiata per lo svolgimento di questa professione, ma piuttosto vi sia la necessità di tarare caso per caso la specializzazione più idonea nei confronti delle caratteristiche ambientali, territoriali e gestionali dell'area protetta da dirigere. In questa ottica ci si muove pur sempre all'interno di quelle discipline che direttamente od indirettamente rivelano un nesso con la tutela e la gestione del territorio. E' inevitabile l'esclusione di alcune discipline come quelle mediche od informatiche, ma non di quelle letterarie, come dimostra il caso dei Sacri Monti del Piemonte, ove le tematiche gestionali prioritarie di questo particolare genere di aree protette hanno giustamente fatto prevalere competenze di carattere storico-artistico nella scelta dei direttori.
stione dell'ambiente, i direttori di parco, analogamente ad altri ruoli della pubblica amministrazione che operano in questo comparto, acquisiscono le proprie conoscenze e si formano prevalentemente attraverso l'esperienza "sul campo".
Il mancato collegamento tra ruolo di direttore e specifiche lauree è confermato anche dalla recente selezione effettuata dal Ministero dell'ambiente per l'attuazione della direttiva prevista dall'art. 11 della legge 394/91, ovvero l'istituzione dell'elenco degli idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco presso il Servizio conservazione natura del Ministero dell'ambiente reso pubblico con D.M. del 28 giugno 1993.
Per l'accesso alla selezione è stato determinante il possesso di una qualsiasi laurea, come lo stesso D.M. del 28 giugno 1993 recitava testualmente: "E' valutabile qualsiasi titolo scientifico, di studio o di servizio, atto a dimostrare una specifica ed elevata competenza in materia naturalistico-ambientale" .
La selezione di oltre 1200 domande ha portato all'inserimento di 118 soggetti nell'elenco degli idonei al ruolo di direttore di parco. L'elenco non ha, però, trovato ancora una veste ufficiale, mancando la sua pubblicazione sulla G.U. della Repubblica, come previsto dall'art. 4 del D.M. 28 giugno 1993, nè vi è stata una sua "consacrazione" in altra sede, ad eccezione del suo inserimento nel numero di luglio 1994 del periodico Airone.
La figura del direttore di parco è sempre più soggetta a divenire una figura con competenze e ruoli di tipo manageriale, impostazione conferita ai ruoli dirigenziali della pubblica ammini-
strazione principalmente a far decorrenza con la legge 23 ottobre 1991 n.421 e dal successivo D.L. 3 febbraio 1993 n. 29.
Non mancano in queste scelte vantaggi e possibili dispiaceri: se, infatti, è giusto sottoporre a continui stimoli di carattere "produttivo" il dirigente, e quindi ottimizzare le rese in temini di professionalità, è altresì latente il rischio di un possibile condizionamento dell'operato del dirigente in funzione di un suo rinnovo, in assenza in questo settore di spazi che rendano possibile, grazie al turn over, un facile reinserimento nel mondo del lavoro.
Dal 1989 opera una associazione (A.I.D.A.P.), con attuale recapito presso il Parco regionale del Ticino lombardo (tel. 02/9794401) che riunisce la maggioranza dei direttori di parchi e riserve, regionali e nazionali.
Il gruppo degli specialisti in gestione delle aree protette rappresenta un patrimonio professionale assolutamente nuovo nel quadro della pubblica amministrazione italiana. Un "capitale" di figure tecniche ormai in gran parte svincolato dalle rispettive lauree di partenza, che ha sviluppato una comune specializzazione, nuova e non mutuabile con gli altri soggetti presenti nei Comuni e nelle Province.
Nelle aree protette regionali si è quindi formato, e continua a svilupparsi, una piccola schiera di professionisti che occupa un settore di "nicchia", limitato nei numeri, ma strategico nel comparto ambientale, che oggi è anche punto di nuovo riferimento per il mondo del lavoro.

* Parco Migliarino San Rossore
** Borsista presso il Parco della Maremma