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I parchi naturali in Trentino
L'istituzione di due parchi naturali in provincia di Trento, ormai 27 anni fa, costituì al tempo stesso una proposta coraggiosa di salvaguardia di due aree di grande pregio, molto note nel mondo alpinistico e naturalistico europeo, ed una ipotesi di valorizzazione di risorse che fino ad allora erano alla base dell'economia montana tradizionale, per scopi turistici, ricreativi e di educazione ambientale.
La storia dei Parchi naturali di Paneveggio - Pale di S. Martino e Adamello - Brenta è costituita, analogamente a quella di quasi tutte le aree protette in Italia, da una serie di successi e di mancate opportunità. I parchi trentini, pur avendo goduto di forme di tutela che hanno evitato un uso dissennato del territorio (basterà ricordare il blocco delle iniziative di capitazione dei laghi glaciali dell'Adamello per scopi idroelettrici e delle ipotesi di realizzazione di impianti funiviari fino nel cuore del Brenta), hanno visto l'avvio o la prosecuzione di talune operazioni inopportune o apertamente in contrasto con le finalità del vincolo, come l'espansione delle aree sciistiche di Campiglio, le attività di cava in Valgenova, l'edificazione di seconde case in aree delicate come il lago di Tovel.
Quello che è più mancato, per oltre due decenni, è stata tuttavia la gestione attiva di tali aree, la costruzione di un progetto condiviso di uso del territorio secondo attività compatibili, il sostegno ad iniziative di uso innovativo e rispettoso delle risorse. I problemi hanno riguardato aspetti diversi: la capacità ridotta di governare le conseguenze delle rilevanti trasformazioni socioeconomiche degli ultimi decenni, che hanno modificato il rapporto tradizionale tra le comunità e le risorse del territorio; la mancata proposta di modelli aggiornati e compatibili di uso delle risorse; un peso probabilmente eccessivo della amministrazione provinciale (che detiene quasi tutte le competenze legislative e amministrative relative all'ambiente e al territorio e dispone di notevoli risorse economiche), che non ha saputo attivare il coinvolgimento delle comunità locali nel progetto di parco delineato al piano urbanistico provinciale del 1967.
I risultati, tuttavia, non sono stati di poco conto, seppure limitati quasi esclusivamente ad una applicazione dei vincoli urbanistici e delle molte norme a difesa dei diversi aspetti ambientali, forestali, paesaggistici, di protezione idrogeologica, che in Trentino riguardano vaste aree.
Un primo momento di svolta si è avuto con l'approvazione della revisione del piano urbanistico provinciale nel 1987 che, assieme ad un ampliamento delle aree a parco, ha introdotto una zonizzazione, pur provvisoria, che ha prefigurato i contenuti di uno strumento di pianificazione delle aree protette, consentendo una precisazione dei limiti posti sul territorio.
Un secondo momento si è avuto con l'approvazione della legge provinciale relativa alla gestione dei parchi2. Tale normativa ha istituito due enti parco (Paneveggio - Pale di S. Martino e Adamello - Brenta) ed ha previsto una serie di strumenti di gestione delle aree protette, in primo luogo il piano del parco, che si affianca al piano faunistico e ad altre norme e procedure di controllo dell'uso delle risorse.
La legge, caratterizzata da un ruolo decisivo delle amministrazioni locali, è stata approvata dopo un periodo di confronto, anche aspro, tra la Giunta provinciale, che proponeva un modello centralistico, e le comunità locali3. La nuova normativa è stata prontamente applicata per quanto riguarda l'attivazione degli enti, l'assunzione del personale, la predisposizione di progetti di intervento in molti settori quali i centri visitatori, la manutenzione dei sentieri, il controllo dell'accesso delle aree maggiormente sottoposte a pressione antropica, mentre per quanto riguarda la pianificazione, le iniziative hanno visto tempi più lunghi, in parte consueti per progetti complessi e delicati quali sono i piani, in parte a causa di atteggiamenti da parte degli enti non sempre comprensibili.
Nel caso del Parco Adamello-Brenta è da tempo bloccato l'iter di approvazione del piano - documento ormai pronto per la redazione finale - e di recente è maturata una aperta rottura tra il coordinatore generale del gruppo di progettazione e il presidente dell'Ente parco4.
Si tratta di scelte in parte ricollegabili a diverse impostazioni culturali dell'amministrazione rispetto al consulente, a diverse attese da parte delle comunità locali e dei fruitori esterni, ad una valutazione diversa del ruolo di talune attività economiche o di modi di uso del territorio; ma quello che rischia di emergere è l'uso del piano come strumento per affermare principi di governo di un'area di grande valore ambientale che non sarebbero ammessi nemmeno dalle consuete procedure di tutela di aree di minore interesse naturalistico e paesaggistico.
Ancora una volta il governo dei parchi deve fare i conti con ipotesi di uso basate su prospettive di breve periodo e nell'interesse di gruppi ristretti anziché con obiettivi commisurati all'ampiezza dell'interesse ricoperto dal patrimonio ambientale tutelato.
La progettazione del piano del Parco naturale Adamello-Brenta
Il processo di progettazione del piano del Parco naturale Adamello-Brenta è iniziato nel 1990 sotto la guida del professor Guido Ferrara, che ha strutturato il lavoro in modo interdisciplinare, coinvolgendo numerosi esperti di settore. L'obiettivo è stato, fin dall'inizio, quello di perseguire la costruzione di uno strumento che sapesse cogliere le peculiarità del territorio interessato ma anche le grandi trasformazioni socioeconomiche in atto che hanno mutato i valori delle risorse del territorio, rispondendo alle attese di valorizzazione economica e provvedendo in modo appropriato alle numerose situazioni di crisi ambientale. La progettazione si è basata sulla attivazione di una serie ampia di indagini relative ad aspetti diversi quali l'alpicoltura, la selvicoltura e l'ecologia forestale, l'ecologia del paesaggio, la geologia, la zoologia, la botanica, l'alpinismo, la sociologia.
Terminata la fase diagnostica, che è avvenuta sia mediante rilievi di tipo tradizionale (in primo luogo con una lunga serie di sopralluoghi) che con tecnologie raffinate (interpretazione di immagini da satellite, ad esempio) ed è stata svolta mediante una forte interrelazione tra gli esperti, è stata prodotta una sintesi delle analisi che ha consentito l'avvio delle fase progettuale. Buona parte dei contenuti analitici è confluita negli elaborati di piano, che sono stati il frutto di una intensa consultazione con gli organi del parco e con le diverse istanze locali. La costruzione del piano è avvenuta infatti con una particolare attenzione ai problemi della comunicazione, come del resto l'attività istituzionale dello stesso Ente, che si è dotato di un organo di informazione (Parco Notizie) ed ha curato alcune pubblicazioni che hanno diffuso risultati di analisi e ricerche.
Un ruolo importante è stato svolto dall'ufficio di piano, istituito nelle fasi iniziali della progettazione e diretto dall'architetto Sandro Flaim, che ha fornito supporto al gruppo di progettazione.
Nella prima metà del 1993 il progetto di piano era terminato ed è stato consegnato alla Giunta esecutiva del parco che, dopo ampia discussione, l'ha approvato nel giugno dello stesso anno. Successivamente è stato trasmesso al Comitato scientifico dei parchi, organo tecnico-consultivo, che l'ha esaminato ed ha espresso un giudizio favorevole, pur con una serie di osservazioni, nel mese di ottobre.
Da tale momento l'iter ha subito un arresto perché - questo il motivo pubblicamente diffuso - i sindaci della valle Rendena hanno chiesto una "pausa di riflessione".
Le conseguenze di tale blocco si stanno in realtà vedendo apertamente, in quanto sono emerse delle proposte precise di modifica al progetto di piano, che rischiano di stravolgere alcuni dei contenuti più significativi.
Scelte e contenuti del piano del Parco Adamello-Brenta
Il piano del parco, secondo la normativa trentina, ha valore prescrittivo per quanto riguarda gli aspetti urbanistico-territoriali, sostituendo gli altri strumenti urbanistici vigenti per il territorio
interessato. Pone pertanto vincoli e prescrizioni immediatamente efficaci sia relativamente a opere di trasformazione del territorio sia per quanto riguarda l'uso delle risorse (alcuni dei vincoli di quest'ultimo tipo sono indennizzabili) ma prevede anche una serie di proposte che impegnano direttamente l'Ente parco all'attivazione di progetti, interventi mirati, convenzioni con privati ed altri enti ai fini della tutela attiva.
I contenuti principali del progetto di piano5 riguardano naturalmente la zonizzazione, con la quale sono stati precisati i perimetri delle riserve integrali, di quelle guidate e di quelle controllate, alle quali sono state aggiunte le riserve speciali finalizzate alla tutela di zone di particolare delicatezza come l'area dell'orso bruno delle Alpi, il lago di Tovel, i biotopi, quindi le destinazioni d'uso del suolo, le infrastrutture e servizi turistici, l'approfondimento dell'area per lo sci da discesa, le politiche per la conservazione attiva, i "progetti norma".
Il progetto di piano ha fatto quindi uso di nuovi strumenti di intervento rispetto a quelli previsti dalla normativa, vale a dire le "politiche di gestione ambientale" e i "progetti norma". Le prime integrano le norme di tipo urbanistico attraverso procedure di gestione di aspetti e risorse ambientali presenti su tutto il territorio del parco (acque, ghiacciai, siti di interesse geomorfologico, flora e monumenti vegetali), i secondi rappresentano uno strumento per affrontare gli aspetti più problematici presenti sul territorio e che difficilmente avrebbero potuto essere risolti da uno strumento generale. Si tratta di casi relativi al recupero ambientale di aree degradate, al recupero di singoli edifici, alla gestione di problemi complessi quali la salvaguardia dell'orso bruno o la escavazione del granito in Valgenova, che non si sarebbero potuti risolvere mediante una singola norma prescrittiva e per i quali, giustamente, è stata prevista una gestione tramite un momento specifico di analisi, valutazione, ricerca del consenso.
Tutte le previsioni del piano si sono dovute raccordare inoltre alle innumerevoli norme di settore che riguardano sia aspetti territoriali e ambientali sia strutture e attività presenti sul territorio tutelato, alcune delle quali devono essere governate con specifici strumenti di competenza dell'Ente parco, come il piano faunistico, altre
con strumenti di settore con una lunga tradizione, come i piani di assestamento forestali.
Infine è stata posta la dovuta attenzione alle relazioni tra il territorio a parco e le aree circostanti fornendo degli indirizzi per la pianificazione ordinaria e prevedendo interventi specifici, quali la collocazione di centri visitatori in ciascuna delle valli circostanti il parco.
Il confronto sui contenuti del piano
Per quanto riguarda la valutazione del progetto di piano, il parere espresso dal Comitato scientifico dei parchi è stato ampiamente positivo, pur contenendo la richiesta di precisazione di alcuni elementi, in particolare per la necessità di coordinare alcune delle previsioni con i diversi sistemi normativi di settore. Nel parere l'impostazione del piano è stata giudicata corretta e le scelte principali da condividere, anche in presenza di mediazioni che in certa misura sono inevitabili in uno strumento del genere, ed è stata rimarcata la delicatezza del rapporto tra il territorio tutelato e le aree circostanti, che generano una forte pressione, soprattutto di tipo turistico, nei confronti del parco. In particolare sono state condivise le scelte relative all'articolazione delle zone, alla formazione di momenti specifici di decisione riguardanti aspetti particolari (i "progetti norma") e al raccordo con altri momenti di gestione (programmi annuali, progetti specifici, eccetera), che consentono di gestire l'intera complessità di un territorio di tale delicatezza.
Una differenza di opinioni presente all'interno del Comitato è stata esplicata mediante la divulgazione del parere di un singolo esperto che, sul problema della salvaguardia dell'orso bruno, ha ritenuto inopportuna la scelta del "rinsanguamento" (introduzione di nuovi esemplari) a favore di interventi di lungo periodo che favoriscano l'estensione degli a reali delle popolazioni ursine di paesi confinanti con la catena alpina. Si tratta evidentemente di una politica di eliminazione di barriere ed elementi di disturbo al fine di consentire di estendere progressivamente, anche per l'orso, il proprio territorio fino al Brenta, così come sta avvenendo per altre specie faunistiche.
A fronte di tali preoccupazioni espresse nel parere, le proposte maturate successivamente dall'Ente hanno dimostrato un affievolimento dell'attenzione nei confronti della tutela ambientale e un indebolimento della fiducia nel progetto del parco come momento di promozione di uso compatibile del territorio, con la possibilità di attivare effetti economici significativi.
In questo processo non è sicuramente estraneo un mutamento di clima nei confronti delle politiche ambientali, sia a livello nazionale che a scala locale5.
Le fasi più recenti della vicenda hanno assunto toni abbastanza vivaci: nel dicembre del 1994 il professor Ferrara, invitato a Trento dalla locale sezione dell'Istituto nazionale di urbanistica, dopo avere esposto il progetto di piano, ha divulgato il contenuto di una sua lettera al presidente dell'Ente parco nella quale rifiutava l'assenso ad alcune varianti sottoposte gli e disconosceva la patemità di uno strumento modificato in quei termini. Anche successivi tentativi di ricerca di una mediazione sono andati a vuoto.
La materia del contendere riguarda naturalmente alcune delle problematiche più spinose, sulle quali erano già intervenute delle mediazioni. Si tratta per lo più di questioni relative ad aspetti specifici, che rappresentano peraltro i punti nodali del governo del parco: le cave di granito in Valgenova (due a carattere artigianale ed una di tipo industriale), che si vorrebbero tenere in funzione con le attuali dimensioni, senza limiti temporali o di modalità di escavazione; la modifica delle previsioni relativamente all'area sciabile del Doss del Sabbio, nei pressi di Pinzolo, dando così la possibilità di realizzare un collegamento con Madonna di Campiglio; la mitigazione dei vincoli relativi all'area di protezione dell'orso bruno e di quelli delle aree a selvicoltura naturalistica; la tutela del lago di Tovel, dove si vorrebbe realizzare una nuova strada all'interno del bosco al servizio delle seconde case poste sulla sponda nord.
Le risposte da parte del presidente del parco, Eligio Valentini, sono state pronte sia nella stessa riunione dell'INU sia, in seguito, sulla stampa locale quando è stata data notizia del contrasto tra Ente parco e consulente'.
In particolare le argomentazioni del presidente richiamano l'esigenza di contemperare le esigenze della popolazione residente con quelle della difesa ambientale facendo notare come le proposte di modifica intervengano soprattutto sulla normativa, in connessione con il parere del Comitato scientifico dei parchi. Per quanto riguarda Tovel, la nuova strada consentirebbe la chiusura al traffico di quella esistente lungo la sponda, mentre per la zona estrattiva della Valgenova si afferma che sono state rispettate le previsioni del Servizio minerario della provincia; per l'area sciistica di Pinzolo le considerazioni partono dalla marginalità degli impianti previsti, essendo il grosso del complesso al di là del confine del parco, mentre per la zona di tutela dell'orso l'affievolimento dei vincoli riguarderebbero la sola zona di stazionamento estivo.
Alcune considerazioni
In questa vicenda emergono sicuramente le difficoltà tradizionali della pianificazione delle aree protette, cui vanno aggiunte le peculiarità relative ad un territorio ricco di tradizioni di autogestione da parte delle piccole comunità, che si concretizzano nella presenza di molti soggetti istituzionali di governo del territorio e delle risorse ambientali (oltre ai numerosissimi Comuni, le amministrazioni degli usi civici, le proprietà collettive, i comprensori, eccetera). A questo quadro dei soggetti va aggiunto quello delle norme, rappresentate sia dai piani urbanistici-territoriali, in gran parte frutto di scelte locali, che dalle numerose norme di settore, che riguardano pressoché tutte le risorse ambientali presenti nel parco.
Ma la difficoltà maggiore è costituita sicuramente dal mancato affermarsi di un disegno condiviso di protezione e valorizzazione del territorio naturale che si rifletta nel parco. Fare leva sugli interessi locali, sul rafforzamento di momenti frammentati di gestione nati in tempi molto diversi e con finalità molto distanti da quelle odierne può essere vantaggioso nel breve periodo ma sicuramente non nei tempi lunghi, quali sono quelli propri di un progetto di parco. Per quanto riguarda le proposte di modifica, esse intervengono certamente in misura peggiorativa rispetto al disegno originale del piano, in quanto tendono a consentire interventi e modi d'uso inaccettabili del territorio e delle risorse, che contrastano con principi ormai consolidati nella cultura e nel sistema normativo. Basti pensare alle cave, che la legge-quadro nazionale esclude dalle aree a parco e il cui mantenimento senza limiti temporali afferma la prevalenza degli interessi economici su quelli ambientali, ribaltando i principi affermati dalla Corte costituzionale in una sentenza sulla legge 431/85 ("Galasso"). Uguali considerazioni potrebbero essere fatte sulla zona sciistica di Pinzolo, il cui potenziamento deve fare i conti in primo luogo con le difficoltà economiche in cui si dibatte la stazione.
Ed ancora, la realizzazione di una nuova strada nei pressi del lago di Tovel al servizio delle seconde case realizzate nel corso degli anni senza un reale controllo ambientale e urbanistico (che il piano propone di eliminare, seppure nei tempi lunghi, tramite la previsione "morbida" del diritto di prelazione), rappresenta il definitivo consolidamento di un insediamento che sta alla base del degrado delle acque del lago e probabilmente della scomparsa del caratteristico arrossamento.
L'affievolimento dei vincoli sulle aree di protezione dell'orso partono dalla considerazione delle difficoltà di difendere gli ultimi esemplari di tale specie e quindi dalla sostanziale inutilità di una politica protezionistica.
In sostanza si propone di impiegare il piano per consentire iniziative da tempo contrastate e apertamente vietate dalla pianificazione provinciale o semplicemente come luogo di registrazione di previsioni settoriale (per quanto riguarda l'escavazione, in particolare) senza la necessaria considerazione della complessità degli aspetti coinvolti.
Un ultimo fatto evidenzia lo stato di crisi dell'istituto stesso del parco, alimentato anche da
comportamenti che diffondono la sfiducia in tale organismo: l'ultima riunione del comitato di gestione non ha ottenuto la maggioranza necessaria e quindi appare ora in difficoltà la stessa gestione ordinaria dell'Ente.
NOTE:
1. Grazie allo statuto di autonomia per il Trentino Alto Adige, le Provincie di Trento e di Bolzano dispongono di ampie competenze. Sul quadro degli strumenti di governo del territorio e dell'ambiente si veda: B. Zanon, Pianificazione territoriale e gestione dell'ambiente in Trentino, Città Studi, Milano, 1993.
2. Legge provinciale 6 maggio 1988 "Ordinamento dei parchi naturali".
3. Una figura di rilievo nel dibattito è stato Eligio Valentini, poi divenuto presidente del Parco Adamello Brenta, che ha rappresentato le istanze della comunità della Valle Rendena.
4. In questa chiave di crescente divaricazione tra ipotesi alternative relative alla funzione del parco può essere collocata anche la rinuncia da parte dell'attivo, per quanto provvisorio, direttore dell'Ente parco, architetto Sandro Flaim, a partecipare al concorso al posto in ruolo.
5. Il progetto del piano consiste in una lunga serie di tavole a scale diverse e di elaborati di analisi territoriali, ambientali e socio-economiche, in quattro tavole di progetto in scala 1:25.000 e in due tavole di proposta (tra le quali una ipotesi di ampliamento del territorio a parco), nella relazione, nelle norme, nei "progetti norma", in un rapporto di sintesi.
6. L'uscita di scena dell'assessore provinciale Walter Micheli, che è stato un soggetto attivo nella promozione di un progetto coerente di tutela dell'ambiente, ha lasciato il posto a spinte contradditorie, che rischiano di indebolire scelte importanti quali la normativa sui biotopi, sulla valutazione dell'impatto ambientale, oltre all'intervento diretto di recupero di aree degradate.
7 . Cfr., ad es., lo, il parco e Ferrara, di G. Ciaghi, in Alto Adige, 11 dicembre 1994, p. 17.
* Dipartimento di ingegneria civile e ambientale, Università degli Studi di Trento |