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2. Normativa statale
Deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica 28 dicembre 1993, piano nazionale per lo sviluppo sostenibile in attuazione dell'agenda XXI, (in G.U. n. 47 del 26.2.1994 suppl. ord.)
La Conferenza dell'organizzazione delle Nazioni Unite su "Ambiente e sviluppo" (Unced) tenuta a Rio de Janeiro nel giugno 1992 si è sforzata di integrare le questioni economiche e quelle ambientali in una visione intersettoriale e internazionale, definendo strategie ed azioni per lo sviluppo sostenibile.
La letteratura sullo "sviluppo sostenibile" è ormai molto vasta, a partire dal Rapporto della Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo istituita nel 1987 e presieduta da Gro Harlem Bruntland che ha dato, dello sviluppo sostenibile, questa definizione: uno "sviluppo che fa fronte alle necessità del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie esigenze" in armonia con la natura e con l'ambiente. La stessa Agenda XXI afferma che la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile dovrebbe essere predisposta utilizzando ed armonizzando le politiche settoriali con l'obiettivo di assicurare uno sviluppo economico responsabile verso la società, proteggendo nel contempo le risorse fondamentali e l'ambiente per il beneficio delle future generazioni. Le strategie nazionali dovrebbero essere sviluppate attraverso la più ampia partecipazione possibile e la più compiuta valutazione della situazione e delle iniziative in corso.
Sviluppo sostenibile non vuol dire bloccare la crescita economica (anche perché, persino in alcune aree del nostro Paese, l'ambiente stesso è una vittima della povertà e della spirale di degrado da essa provocata) ma significa piuttosto ricercare un miglioramento della qualità della vita pur rimanendo nei limiti della ricettività ambientale.
Un piano di azione per lo sviluppo sostenibile non solo deve promuovere la conservazione delle risorse, ma anche sollecitare attività produttive compatibili con gli usi futuri: ne deriva che l'applicazione del concetto di sviluppo sostenibile è, da un lato, dinamica ovvero legata alle conoscenze e all'effettivo stato dell'ambiente e degli ecosistemi, dall'altro fondata su un approccio cautelativo riguardo alle situazioni e alle azioni che possono compromettere gli equilibri ambientali mediante un processo continuo di correzione degli errori.
Sviluppo sostenibile è in conclusione un nuovo modo di considerare ciò che ciascuno fa e il modo nel quale viene fatto.
Dunque il presupposto fondamentale è un forte coinvolgimento di tutti i soggetti che interferiscono con gli equilibri ambientali: dal cittadino, che può molto contribuire con il proprio comportamento anche come consumatore di beni offerti sul mercato, ai gruppi di opinione e ai mezzi di informazione, alle imprese, agli enti locali che amministrano il territorio, ai Ministeri responsabili delle politiche settoriali.
Nella stessa linea si muove il V piano di azione della Comunità europea, predisposto nel marzo 1992 parallelamente ai lavori preparatori per la Conferenza Unced, ed approvato all'inizio del 1993.
Il V piano di azione della CE innova profondamente l'approccio istituzionale alle questioni ambientali, orientandosi verso l'integrazione delle politiche ambientali con le regole di mercato, attraverso il calcolo delle esternalità ambientali sia nella formulazione dei prezzi sia nei processi economici, e sollecitando "l'ampliamento dello strumentario" alla ricerca e all'innovazione, all'uso di strumenti fiscali e di sostegno finanziario, alla cooperazione volontaria tra la pubblica amministrazione e le imprese, alla diffusione delle informazioni.
Tra le azioni necessarie per concretizzare una strategia di sostenibilità per l'Italia, il piano na-
zionale per lo sviluppo sostenibile individua come prioritari i seguenti obiettivi:
- a) rispettare gli impegni presi in sede internazionale e promuoverne l'attuazione anche in altri Paesi;
- b) individuare precisi strumenti per rafforzare l'integrazione delle problematiche ambientali nelle politiche di settore (è indispensabile promuovere procedure e strutture di coordinamento per introdurre le considerazioni ambientali nei processi decisionali;
- c) sollecitare interventi di modifica dei cicli produttivi in settori di attività a maggior impatto ambientale;
- d) favorire comportamenti adeguati sia dei produttori che dei consumatori con l'introduzione di strumenti economici (tasse, tariffe e incentivi) volti ad internalizzare i costi ambientali e a sostenere le innovazioni di processo e di prodotto;
- e) adottare strumenti legislativi e rafforzare le strutture istituzionali preposte al controllo e alla verifica dell'attuazione delle politiche;
- f) promuovere il coinvolgimento e la corresponsabilizzazione di tutti gli altri attori individuati; g) promuovere lo sviluppo di un più rigoroso ed esteso corpo di conoscenze scientifiche, teoriche e pratiche, sia per la soluzione dei singoli problemi ambientali, sia per orientare e sostenere le scelte e le conseguenti azioni politiche per lo sviluppo sostenibile.
- Il piano nazionale seleziona, sulla base dei settori chiave già individuati dalla CE nel V piano di azione, gli obiettivi e le azioni più congruenti con l'attuale condizione ambientale del nostro Paese, avendo riguardo anche alle sue caratteristiche sociali ed economiche.
Sulla base dell'esperienza già sviluppata dai paesi aderenti all'Ocse il piano cerca di evitare due tendenze spesso evidenti nel confronto con la questione ambientale: da un lato l'approccio olistico, che sfugge alle priorità, dall'altro l'approccio perentorio che elenca soluzioni inappellabili in quanto ispirate da supposte verità.
Questo piano, nella sua attuale versione, parte invece dal presupposto che vi siano alcune urgenze, dovute alla dimostrata condizione di sofferenza del pianeta Terra e dell"'ecosistema Italia".
Le urgenze possono e devono essere affrontate rapidamente in chiave di nuove e decisive opportunità di sviluppo anche tecnologico nella prospettiva di una competizione economica che ha di fronte mercati di scala mondiale e attori, in altri Paesi, che da tempo hanno incorporato le preoccupazioni ambientali nella programmazione di impresa.
Va inoltre data attuazione alle due importanti convenzioni firmate a Rio de Janeiro (cambiamenti climatici e biodiversità) - ved., ivi, legge n. 124/1994 di ratifica ed esecuzione della convenzione sulle biodiversità -. E' ancora vasto, tuttavia, il campo degli impegni assunti, da aggiornare e da rendere effettivi in ottemperanza alle direttive comunitarie ed alle norme di diritto interno, nei settori della tutela delle acque, dell'aria, del suolo per lo sviluppo di aree protette e per le procedure e la pianificazione di settore.
Tale campo di interventi è affrontato nell'ambito del Piano triennale di tutela ambientale '94'96, previsto dalla legge 305/89, che riguarda la spesa di 3.186 miliardi di lire e che contiene il primo Programma triennale per le aree naturali protette previsto dall'art. 4 della legge 394191. Il programma definisce gli interventi strategici nel campo della conservazione naturalistica e costituisce uno dei pilastri per l'attuazione concreta della convenzione sulla diversità biologica.
Legge 22 febbraio 1994 n. 146, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità Europee - Legge comunitaria 1993 (in G.U. n. 57 del 4.3.1994)
Si richiamano, in particolare, le disposizioni di cui al capo VI- Ambiente e agricoltura della legge comunitaria 1993 in epigrafe che concernono: la tutela ambientale (art. 36), la tutela delle acque (art. 37), lo smaltimento e la gestione dei rifiuti (artt. 38 e 39), la valutazione d'impatto ambientale (art. 40), la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento causato dall'amianto (art. 41) e la produzione agricola con metodo biologico (art. 42).
L'attuazione delle direttive comunitarie in materia ambientale dovrà ispirarsi ad alcuni principi e criteri direttivi essenzialmente tesi al recupero e alla conservazione delle condizioni ambientali in difesa degli interessi fondamentali della
qualità della vita e della conservazione e valorizzazione delle risorse e del patrimonio naturale.
Gli strumenti e gli istituti da rendere operativi per il raggiungimento di tali fini possono così sintetizzarsi:
- 1) misure volte alla prevenzione ed alla riparazione del danno ambientale;
- 2) prevenzione di verifiche periodiche della efficacia di piani e programmi di azione per assicurarne adeguata e tempestiva realizzazione;
- 3) strumenti volti a rendere effettivo il controllo ed il monitoraggio ambientale;
- 4) informazione specifica del pubblico e partecipazione dei soggetti interessati nei casi previsti.
Principio fondamentale, continuamente ribadito nell'articolo della legge, è quello del mantenimento dei livelli di protezione ambientale previsti dalla normativa nazionale ove più rigorosi di quelli derivanti dalla normativa comunitaria.
3. Normativa regionale
Emilia-Romagna
Legge regionale 29 marzo 1993 n. 16
Soppressione dell'azienda per il riequilibrio faunistico ed ittico del territorio (B.U.R. 1. 4.1993 n. 29).
Legge regionale 29 marzo 1993 n. 29
Soppressione dell'azienda regionale delle foreste (B.U.R. 1.4.1993 n. 29).
Trentino Alto Adige
Provincia aufonoma di Trento. Deliberazione della Giunta provinciale 18 febbraio 1994, n. 1551 - L.P. 29 agosto 1988, n. 28 - L.P. 4 marzo 1980, n. 6, successivamente modificata e integrata dalla L.P. 16 dicembre
1993, n. 42: indirizzi e criteri di coordinamento tra le procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA) e le procedure in materia di cave e torbiere (B.U.R. 29 marzo 1994, n. 13)
Il provvedimento reca le indicazioni e gli indirizzi di carattere generale per coordinare e razionalizzare il funzionamento e l'attività amministrativa derivante dall'applicazione delle leggi provinciali n. 28/88 e n. 6/80, successivamente modificata e integrata dalla legge provinciale n. 42/93.
Obiettivo specifico del provvedimento è quello di formulare idonei criteri di coordinamento tra le funzioni istruttorie del servizio protezione ambiente e le competenze di cui alla legge provinciale n. 6/80 recante «Disciplina dell'attività di ricerca e di coltivazione delle cave e torbiere della Provincia autonoma di Trento», integrando quanto già disposto con la deliberazione n. 9448 in data 31 luglio 1992, che stabilisce le indicazioni e gli indirizzi di carattere generale al fine di coordinare e razionalizzare il funzionamento dell'attività amministrativa derivante dall'applicazione delle leggi provinciali prima richiamate.
L'allegato A alla delibera n. 1551/94 definisce le procedure per le domande di compatibilità ambientale.
4. Giurisprudenza
T.A.R. Toscana, Sez. 1, 29 ottobre 1992 (Ghilarducci contro Parco naturale di Migliarino, S. Rossore, Massaciuccoli).
Il titolare di una rosticceria, sita in Torre del Lago, impugna il provvedimento del presidente del Parco naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, che ordina la rimozione delle opere abusive (manufatto in legno e copertura di plastica ondulata) realizzate nel suo esercizio commerciale e la conseguente riduzione in pristino per violazione delle norme ambientali e tutela del Parco naturale del Comune di Viareggio.
Nel ricorso deduce la mancata applicazione del termine e dell'autorità cui è possibile ricorrere, l'incompetenza del presidente del Parco, la mancata fissazione del termine di legge di 90 giorni per la demolizione, la mancata comunicazione dell'inizio del procedimento, ai sensi dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990, la circostanza che i manufatti da demolire sono precari ed esistono da tempi remoti e la mancanza della motivazione.
Il legislatore, peraltro, con l'art.4 della 1.28 febbraio 1985, n. 47 nell'attribuire al sindaco la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia ed il conseguente potere di ordinare la demolizione
delle opere abusive non ha abrogato l'art. 15 L.R. Toscana 13 dicembre 1979, n. 61 che, nel territorio del Parco naturale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, attribuisce analogo potere al presidente del Consorzio.
L'art. 15, terzo comma della 1. reg. Toscana n. 61 del 1979 non stabilisce un termine per la rimozione delle opere abusive; pertanto in qualità di lex specialis, non può in questo caso applicarsi il termine di novanta giorni di cui all'art. 7, terzo comma della legge n. 47 del 1985.
Il principio che qui viene invocato per il riconoscimento della prevalenza della legge regionale sulla legge statale è quello della lex specialis per generalem non derogatur, principio questo che tuttavia appare discutibile, poiché come anche viene detto dal Tribunale, recuperando la norma dell'art. 82, primo comma della 1. n. 616/1977, la normativa di emanazione regionale prevale su quella statale, non in virtù di un profilo di specialità che presuppone una medesima competenza in linea teorica, derogata a vantaggio di altro organo per la particolarità dell'oggetto della norma, ma in relazione al fatto che, in base alla suddetta norma dell'art. 82, sono devolute alle Regioni le funzioni relative alla tutela, all'individuazione ed alle sanzioni in ordine alle bellezze naturali.
La materia relativa alla protezione ed alle sanzioni concernenti le bellezze naturali è, quindi, del tutto aliena dalla regolamentazione statale, ove esista una norma regionale, poiché lo stesso Stato, nel delegarla alla competenza della Regione, se ne è espropriato, consentendo che lo stesso organo regionale legiferi in proposito.
Nel caso della Regione Toscana, poi, il percorso dal punto di vista logico e giuridico, può definirsi del tutto coerente atteso che, a seguito della delega ricevuta in base al disposto di legge, la stessa Regione ha provveduto ad occupare il terreno intervenendo con una apposita normativa concernente il parco in questione e dettando anche norme esplicite riguardanti le sanzioni per la realizzazione di opere abusive. Dette norme assegnano la competenza a provvedere al presidente del Consorzio che costituisce il nucleo aggregativo del Parco naturale, il quale organo, in virtù della previsione di legge che determina la competenza esclusiva (e non speciale) della Regione, è legittimato ad assumere provvedimenti
che altrimenti spetterebbero al sindaco ex art. 4 della legge n. 47/1985; il rilievo concernente la legittimazione del presidente del Consorzio induce anche ad una riflessione in ordine alla natura dell'aggregazione territoriale che ha dato vita al parco naturale, aggregazione di carattere espropriativo di parti del territorio comunale a vantaggio dell'autorità consortile del parco, sulla quale ricadono i compiti di regolamentazione e di sostituzione di ogni altra diversa e concorrente competenza rispetto alla materia urbanistica ed edile.
L'altro aspetto concernente la sentenza in questione è, poi, quello dell'applicabilità del termine di novanta giorni previsto dall'art. 7 della stessa legge. Anche in questo caso il termine non è applicabile poiché la disciplina regionale non contiene alcun richiamo a tal riguardo. C'è da chiedersi se tale esclusione dall'applicazione sia compatibile con il valore costituzionale della legalità dei provvedimenti sanzionatori, legalità che ha tra gli elementi che la compongono la certezza nell'applicazione della sanzione, certezza che in mancanza di un termine, anche ordinario, di legge sembra del tutto sfumare, perpetuando all'infinito il potere repressivo dell'amministrazione. Nel caso di specie, meglio avrebbe potuto fare il giudice richiamando il principio dell'art. 7 terzo comma, della legge 47, qualificandolo come norma di ordine pubblico, atteso l'elevato profilo di tutela e garanzia dei diritti del cittadino cui la cennata disposizione si collega.
Sulla natura del termine dell'art.7, terzo comma, della legge n. 47 v. per la tesi del carattere ordinatorio dello stesso, T.A.R. Liguria, 5 maggio 1987, n. 266, in Foro it., 1987, fasc. 10; T.A.R. Lombardia, Sez. II, 25 maggio 1987, n. 148, in T.A.R., 1987, I, 2358; T.A.R. Lazio, Sez. II, 17 luglio 1986, n. 1156, in Foro amm., 1987, 276.
Merita una menzione particolare il punto costituito dalla partecipazione del privato al procedimento sanzionatorio ex art. 7 della legge 241/1990 sul procedimento amministrativo. In proposito va detto che tale profilo viene trattato, con riguardo alla materia sanzionatoria, con dovizia di approfondimenti, atteso che nella fattispecie la carenza della partecipazione del privato è addotta come vizio dell'atto impugnato. La tesi, indubbiamente suggestiva del Tribunale è
nel senso che l'esclusione del privato nel caso in questione è motivata dalla mancanza di utilità della stessa nel caso delle sanzioni edilizie. Tale mancanza di utilità viene rappresentata dalla ratio della stessa norma dell'art. 7, la quale sarebbe applicabile esclusivamente a garanzia dell'imparzialità dell'amministrazione nel procedimento amministrativo.
In materia sanzionatoria, invece, a detta del Tribunale, non sussisterebbe alcun interesse meritevole di tutela, in quanto la realizzazione di abusi ha carattere permanente e in nessun modo la partecipazione del privato è in grado di incidere sul provvedimento che attiene ad una res sicuramente non controversa.
Pretore di Gorizia, 2 novembre 1993
La sentenza è conforme all'indirizzo prevalente che richiede la autorizzazione paesaggistica anche per la realizzazione di una strada di campagna. Nella fattispecie il pretore ha escluso che la stradina, realizzata in funzione del migliore sfruttamento del terreno agricolo, potesse lientrare tra le attività agrosilvo-pastorali consentite, senza previa autorizzazione, solo quando non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi o altre opere civili. I 1 pretore ha ritenuto che l'esecuzione di una stradina rientra nella categoria delle opere civili.
Consiglio di Stato, Roma, sez. Vl, 16 novembre 1993, n. 1022
Con la decisione richiamata in epigrafe il Consi-
glio di Stato affronta la problematica della natura giuridica del vincolo derivante dalla individuazione di una zona umida.
Nella fattispecie il Ministero dell'agricoltura e foreste vincolava un'area sita nel Comune di Carovigno (Brindisi) come 'zona umida di importanza internazionale ai sensi e per gli effetti DPR 13 marzo 1976 n. 448.
L'individuazione di una zona umida di importanza internazionale non implica la costituzione di un vincolo di natura espropriativa, in quanto il vincolo in argomento comporta limitazioni, introdotto per perseguire e realizzare un interesse pubblico ma che, tuttavia, non escludono l'utilizzazione dell'immobile da parte del proprietario per quanto si riferisce alle attività compatibili e protezione della natura posto in essere con l'istituzione del parco. Tale circostanza non comporta, invece, alcuna conseguenza in ordine alla perdurante applicabilità, fino all'approvazione di uno specifico piano paesistico o di uno specifico piano territoriale di coordinamento con valenza paesistica che la riguardi, delle misure di salvaguardia disposte nell'ambito della specifica tutela paesistica ai sensi dell'art. 1 ter della legge 8 agosto 1985 n. 431.
Nella fattispecie in oggetto si trattava dell'area di proprietà della Società Paullese Industriale sita nel tenitorio del Comune di Peschiera Borromeo, su cui insiste un vincolo paesistico, che non veniva inserita nei confini del parco regionale denominato 'Parco agricolo Sud Milano' (LR n. 24/1990). |