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Pubblichiamo di seguito la lettera inviata da Bino Li Calsi, presidente del Coordinamento nazionale dei parchi e delle riserve naturali e membro della Consulta tecnica, all'onorevole Gianluigi Ceruti, presidente della stessa.
Pubblichiamo anche il comunicato della Giunta esecutiva del Coordinamento sullo stato di attuazione della legge 394. I due documenti, unitamente alle note redazionali riguardanti il decreto del Ministero dell'ambiente sull'informazione, formazione ed educazione ambientale e l'Assemblea di settembre riprendono e mettono a fuoco in maniera più circostanziata e specifica temi e problemi posti dall'editoriale. Dall'insieme di queste valutazioni ci sembra emergere, con estrema evidenza, un quadro allarmante della situazione, che richiede un urgente chiarimento politico che noi sollecitiamo e ricerchiamo. L'articolo del ministro Baratta dà alcune risposte ai nostri interrogativi, e di questo lo ringraziamo, ma non pochi problemi restano aperti. Ci auguriamo perciò che si trovino al più presto le sedi e le disponibilità giuste per affrontarli.
La lettera di Bino Li Calsi
Caro Presidente, poiché nel corso di audizioni, promosse dalla Consulta per utili informative, di Responsabili ministeriali, ho avuto modo di notare comportamenti non improntati al rispetto ed alla collaborazione, anzi mi è sembrato di cogliere aspetti di supponenza e di fastidio, ho ritenuto di scriverTi per rappresentarTi l'opportunità di una riflessione "collegiale" sul ruolo, compiti, attribuzioni e strutture di supporto della Consulta stessa. Ruolo e compiti di altissimo profilo e di grande valenza, come tu stesso, anche in occasione dell'ultima conferenza stampa, hai tenuto a mettere in risalto e che, invece, di fatto vengono vanificati con determinata sistematicità da manovre di basso profilo. Una riflessione collegiale che ponga fine, una volta per tutte, a tutti quegli equivoci, ambiguità, che hanno fatto da continuo contrappunto al "serio" lavoro della Consulta, che ha espresso una serie di pareri considerevoli per qualità e quantità, nonostante insidie, tentativi di riduzione al silenzio ed anche di soppressione.
La Consulta ha il precipuo dovere di difendere la propria dignità che Le promana dalla Legge ed a nessuno può essere consentito violare il precetto del legislatore, sottraendo alla Consulta la struttura di supporto per il suo lavoro, cioè la Segreteria tecnica, le dovute informazioni, le risorse sino al punto di creare ostacoli anche per il rimborso delle spese.
Ed ha il dovere irrinunciabile di difendere con altrettanta fermezza il proprio operato ed i propri pronunciamenti ché, se risulta ingiustificabile che organi politici li disattendano senza dovuta motivazione, risulta inammissibile che vengano elusi da strutture ministeriali nella predisposizione di provvedimenti in palese contrasto con i pareri emessi.
Se poi la preparazione dei provvedimenti difformi dovesse essere frutto del lavoro della Segreteria tecnica saremmo nell'assurda condizione di un giudizio di merito espresso da un organo subordinato, che ha soltanto compiti istruttori.
Per tutto ciò, ritengo che la Consulta, e sono convinto che Tu ed i Colleghi ne condividerete a pieno la necessità, abbia il dovere-diritto di richiedere in maniera ferma e decisa la eliminazione di tutte le cause che sino ad oggi non le hanno consentito di esplicare compiutamente le proprie attribuzioni e di distinguere e differen- ziare ruoli e competenze con altre strutture, siano esse politiche che burocratiche, in modo che eventuali responsabilità di quest'ultime non ricadano sulla Consulta o non ne ricevano involontarie coperture.
Credo sia il momento che la Consulta alzi la voce per pretendere massima trasparenza nei procedimenti decisionali e per esprimere la sua preoccupazione per le negatività che incombono sull'attuazione della legge-quadro anche per le carenze del servizio preposto nel quale sono assenti le competenze tecniche indispensabili.
Sono certo che Tu coglierai lo spirito di questa mia amarezza e con la Tua consueta disponibilità ne vorrai fare oggetto di una approfondita riflessione in modo da poterne trarre le opportune determinazioni per il prossimo futuro, in considerazione che ciascuno di noi, dal punto di vista morale, ha il dovere di informarne gli organismi e gli enti che a tali compiti lo hanno designato e che, se del caso, potranno promuovere idonee azioni ed assumere opportune iniziative.
RiconfermandoTi tutta la mia stima e la mia considerazione oltre che la più ampia fiducia per il mandato recentemente affidatoTi, Ti saluto cordialmente. (3 aprile 1995)
Il comunicato del Coordinamento
La Giunta esecutiva del Coordinamento nazionale dei parchi e delle riserve naturali, nella sua ultima riunione, ha preso in esame l'attuazione della legge 394 sulle aree protette. Nel corso della discussione sono emerse perplessità e preoccupazioni al riguardo di metodi e ritardi nella fase attuativa della legge-quadro.
Le forti preoccupazioni del Coordinamento nazionale dei parchi e delle riserve naturali riguardano innanzitutto:
- il funzionamento della Consulta tecnica per le aree protette i cui pareri sono spesso ignorati dalle decisioni assunte dal Ministero dell'ambiente, nonostante il ruolo assegnato dalla legge 394 alla Consulta;
- la perdurante carenza del personale previsto per la Segreteria tecnica che, tra l'altro, non opera in funzione di organo istruttorio della
Consulta e del Comitato così come invece previsto dalla legge 394;
- la carenza di un idoneo ufficio, nell'ambito del servizio della conservazione della natura, a sostegno dell'attività dei nuovi parchi nazionali che faticano a decollare anche e soprattutto per la mancanza di un efficace coordinamento da parte del servizio della conservazione della natura, che manca delle professionalità tecniche indispensabili.
Ritenendo, quindi, a rischio alcuni elementi decisivi della legge 394 con gravissime conseguenze sulla realizzazione del "sistema delle aree protette" la Giunta esecutiva del Coordinamento ha richiesto, a nome e per conto degli 80 parchi associati, un incontro urgente con il ministro dell'ambiente per esaminare la situazione ed assumere le determinazioni dovute.
Al servizio di chi?
Nei corridoi di Via Volturno, ha scritto una rivista, si fa un gran parlare del progetto Natura 2000. Fa piacere che nei corridoi e nelle stanze del servizio conservazione della natura del Ministero dell'ambiente, dove una volta mancavano persino i tavoli, il telefono, la luce e regnava uno stato di desolante abbandono e precarietà, si possa oggi intrattenersi e parlare di cose importanti, seduti su accoglienti poltrone.
Rallegra già un po' meno che di quei progetti il comitato Stato Regioni e la Consulta tecnica, cioè gli organi che per legge dovrebbero sovraintendere alle scelte e alle decisioni ministeriali, non ne sappiano niente.
a E non rallegra affatto che dopo una fase tormentata per allestire una mini-struttura del servizio conservazione della natura e della segreteria tecnica di cui ci si è talvolta avvalsi di apporti e di professionalità non sempre al meglio, pescando e attingendo anche per incarichi importantissimi in discipline molto lontane da quelle indispensabili in un settore quale è quello delle aree protette, oggi persino quel poco che era stato fatto sia stato liquidato senza che nessuno se ne preoccupi più di tanto.
Se a partire da Angelini, e su su passando per Ripa di Meana e Spini, le cose avevano infatti avuto un corso tutt'altro che lineare e soddisfacente - non dimentichiamo che la legge prevede strutture con contingenti di decine di funzionari ed esperti - con Matteoli dal bricolage si è passati direttamente al bowling; con un colpo solo infatti si sono sbaragliati i pochi birilli che il Ministero era riuscito ad allineare tra polemiche, gelosie e travagli.
Anche per questo evidentemente in Via Volturno si dispone oggi di accoglienti spazi per intrattenere gli ospiti in piacevoli conversazioni.
Peccato che al momento il sevizio conservazione della natura non sia in grado di fare molto più di questo.
Eppure il suo direttore, proprio nel momento in cui il ministro Matteoli sbaraccava quel poco che c'era al Ministero, non ha perso occasione per rassicurare coloro i quali andavano manifestando timori e preoccupazioni dimostratisi molto presto più che fondati.
Questo ruolo il direttore Agricola lo ha svolto non certo perché dovuto o gli competesse, se è vero che in precedenti occasioni lo avevamo sentito dissentire apertamente dai ministri dell'epoca.
Perché allora questa fulminea conversione, questo improvviso allineamento con decisioni che pure hanno pesantemente penalizzato il Ministero e gli stessi uffici del direttore? E perché, mentre si andava accentuando questa assunzione di ruoli impropri, quelli dovuti e propri sono andati sempre più eclissandosi?
Sappiamo, ad esempio, che nonostante la legge stabilisca che il servizio conservazione e natura attraverso la segreteria tecnica deve assicurare l'istruttoria ai lavori della consulta, ciò di fatto avviene ormai molto parzialmente, malamente e con insofferenza. Sappiamo anche che da mesi giacciono dimenticati in qualche cassetto i risultati di una ricerca sui parchi commissionata e finanziata dal Ministero al coordinamento nazionale dei parchi.
Le ripetute sollecitazioni nostre perché si utilizzassero quei dati, per raccogliere i quali il Ministero ha sborsato dei soldi, non hanno però finora avuto esito alcuno, sebbene anche in questo caso il direttore sia sempre stato prodigo di assicurazioni tranquillizzanti. Ecco perché la notizia che nei corridoi di Via Volturno si chiacchera di progetti non ci rallegra più di tanto.
Da troppi mesi troppe cose infatti marciscono in corridoi e stanze dove da sempre si è molto bravi ad affilare le armi del pettegolezzo, a mettere a punto manovre e manfrine per fare le scarpe a qualcuno, mentre chi preme per vedere finalmente prese in considerazione proposte e problemi è cortesemente invitato a non rompere le scatole o, se ha più fortuna, a portare pazienza.
Diciamo questo senza alcuna animosità e con vero rammarico perché oltretutto troviamo assolutamente inspiegabile che una rivista come la nostra, l'unica che si occupi esclusivamente di parchi, non sia riuscita in tutti questi mesi, anzi anni, a stabilire un qualche contatto, che abbiamo testardamente ricercato, con organi e uffici pubblici i quali per legge dovrebbero fare opera di informazione, per la quale dispongono peraltro di non trascurabili finanziamenti.
Eppure i nemici dei parchi e della legge 394 spendono molti soldi per comprare intere pagine di giornale nelle quali le aree protette sono accusate di ogni nefandezza.
Possibile che nelle sedi ministeriali, negli uffici preposti ai parchi non si sia mai presa in considerazione l'idea di rispondere nella sola maniera possibile: quella di fornire maggiori elementi di conoscenza, di informazione, di documentazione su come stanno davvero le cose?
E' evidente che o non ci hanno pensato o, se anche lo hanno fatto, niente è stato attuato, altrimenti avremmo dovuto senz'altro accorgecene. Anzi avremmo dovuto essere invitati a dare una mano.
Finora ciò non è avvenuto. Se accadrà ne saremo lieti. Ma non si dica per favore di portare pazienza, perché di quella abbiamo esaurito le scorte.
Informazione, formazione ed educazione. Un decreto con troppe ombre
Il 26 settembre del 1994 la Corte dei conti ha vistato il decreto del Ministero dell'ambiente con il quale il direttore generale del servizio conservazione della natura è incaricato di attuare il programma relativo ad "interventi urgenti per l'informazione, la formazione e l'educazione ambientale".
Come vedremo si tratta di un programma estremamente impegnativo ed ambizioso specie se si considera che gli interventi previsti sono considerati non solo necessari ma anche "urgenti".
Dobbiamo prima giustificare però perché ne parliamo soltanto adesso. Infatti, a conferma di quanto abbiamo avuto modo di osservare nell'editoriale a proposito del funzionamento del Ministero in generale e del servizio conservazione della natura in particolare, di questo ponderoso testo siamo venuti in possesso per puro caso e non per vie dirette. Il che, trattandosi di un provvedimento relativo per l'appunto alla "informazione", appare tanto più singolare.
Diciamo subito che nel complesso si tratta di un provvedimento condivisibile soprattutto nelle sue intenzioni; quanto alla strumentazione prevista sono, come vedremo, più che giustificate perplessità e riserve in particolare per quanto riguarda progetti francamente "velleitari", in molti casi anche per la loro genericità, mentre appaiono in larga misura ignorate o decisamente trascurate reali "potenzialità" presenti nel mondo delle aree protette sulle quali sarebbe stato saggio far conto.
Niente o poco da dire sui propositi. Non si può non condividere l'esigenza riconosciuta e conclamata ormai da solenni e autorevoli documenti internazionali e dalla nostra legge, di favorire "una maggiore sensibilità nei confronti della tutela dell'ambiente", nonché la creazione di una cultura dei parchi attraverso la "attivazione di un flusso di informazioni che dovrà avere caratteristiche e modalità differenti a seconda del gruppo sociale che va a coinvolgere".
Così come è da condividere quanto affermato nella "premessa" e cioè che l'attuale livello di informazione della popolazione su questi temi è assolutamente e drammaticamente carente, come abbiamo potuto verificare purtroppo in molte occasioni anche recenti.
Da qui la necessità di fornire una "informazione chiara, trasparente, documentata e ufficiale", ossia "certificata" dal Ministero.
Per realizzare questi giusti obiettivi il decreto prevede una serie nutrita di strumenti, progetti e programmi per ognuno dei tre "comparti": l'informazione, la formazione e l"'educazione". Poiché, come abbiamo ricordato, il decreto parla di interventi "urgenti" prima di passare ad un esame, sia pure molto sommario, di alcune delle proposte contenute nel decreto, vorremmo osservare che a vari mesi dalla sua approvazione sarebbe stato interessante - e doveroso - in nome di quella trasparenza, giustamente richiamata nel testo, far sapere qualcosa su quel che è accaduto.
Il decreto dà infatti carta bianca, anche per l'affidamento a trattativa privata degli incarichi, al direttore del servizio conservazione della natura: sarebbe bene quindi che egli in qualche modo facesse sapere cosa è stato fatto e, se non è stato fatto ancora niente, perché.
In attesa che entrino in funzione i complessi e sofisticati sistemi telematici previsti dal decreto, che cominci a funzionare quel "centro parchi" al quale sono affidati una grande varietà di compiti di documentazione, informazione, promozione, prima che il Ministero sia in grado di pubblicare un periodico o anche solo una Newletter in grado di "certificare" l'ufficialità delle notizie, perché non farci sapere qualcosa?
Il decreto accenna, ad esempio, al coinvolgimento delle associazioni ambientaliste e non governative nella realizzazione dei programmi; perché non cominciare subito a verificare con loro, direttamente, trasparentemente, ufficialmente come si sta procedendo, con quali impegni, priorità, incarichi, risorse?
Perché, in attesa di disporre di strumenti e organi di informazione propri che al momento appaiono mere fantasie, non cominciare ad utilizzare quelli esistenti come la nostra rivista ha tante volte ma inutilmente proposto e richiesto al direttore del servizio?
Finora si era detto che il Ministero avrebbe voluto farlo ma aveva le mani legate soprattutto per quanto riguardava le sue possibilità di spesa. Bene, ora il decreto prevede ragguardevoli finanziamenti per incarichi vari (e non sempre sufficientemente documentati e specificati) ma nulla di preciso e concreto per le associazioni o riviste che già operano nel settore e che potrebbero, da "subito", favorire quel coinvolgimento diretto delle aree protette in quello sforzo di informazione che il decreto vorrebbe addirittura veder realizzato "porta a porta", ma per il quale si limita curiosamente ad auspicare il coinvolgimento di "esperti universitari".
Analoghe considerazioni si debbono fare a proposito del censimento degli studi e dei materiali riguardanti le aree protette, i quali, se finalmente catalogati e utilizzati, consentirebbero oltre che evitare ulteriori spese inutili, di mettere a frutto materiali oggi inutilizzati. Anche in questo caso infatti ci sono ricerche anche recenti svolte per conto del Ministero, ad esempio sui parchi regionali, le quali non hanno bisogno di essere "censite" e che potrebbero e dovrebbero essere utilizzate senza ulteriori rinvii, il che significa farle circolare, non diciamo "porta a porta", ma almeno tra gli addetti ai lavori, così da favorire una maggiore e migliore conoscenza dello stato dei parchi, di cui molti parlano sapendo però poco o nulla.
Tutto questo aiuterebbe a mettere a punto, anche senza l'aiuto di Celentano, quei programmi radio-televisivi che non possono essere affidati solo a personaggi sicuramente "famosi" ma non altrettanto affidabili per la natura del "messaggio".
In effetti l'impressione che si ha a leggere il decreto è che si sia voluto buttar giù una serie di progetti sapendo poco o ignorando deliberatamente quel che già c'è di disponibile, di utilizzabile e valido anche in fatto di esperienze, specialmente per quanto riguarda, ad esempio, l'educazione ambientale.
Il decreto su questo punto prevede moltissime cose, tante giuste e qualche altra francamente "amena", come l'istituzione del "Club ambiente" con tanto di patentino per i ragazzi, che ricorda tanto Topolino (con tutto il rispetto!), ma sembra sorvolare su quanto di valido è stato fatto, che non è davvero poco. E' prevista, ad esempio, l'istituzione di 3 centri per l'educazione ambientale; ma perché ignorare che ne esistono e funzionano già alcuni di grande livello, come quella presso il Parco regionale dell'Orsiera Rocciavrè, o che altri parchi nazionali e regionali proprio in questo campo hanno fatto esperienze importanti e valide di cui anche noi a più riprese abbiamo riferito?
E non si dica che il progetto omette tutto questo perché qui si sta parlando di parchi nazionali perché allora la giustificazione aggraverebbe le cose.
Se si vuol davvero, come è detto anche in premessa del decreto, istituire un sistema nazionale di aree protette, bisognerà pure cominciare a superare una buona volta gli assurdi steccati tra le varie tipologie di parchi. O si ritiene forse che c'è un'educazione ambientale di tipo "nazionale" ed una di tipo "regionale"?
Stesse considerazioni ci sentiamo di dover fare per quanto attiene alla formazione. Nel testo si cita l'impegno del Coordinamento nazionale dei parchi regionali (oggi però denominato dei parchi e delle riserve proprio perché non ha più ragione d'essere quella distinzione di cui parlavamo) il quale da tempo dedica iniziative all'aggiornamento e qualificazione professionale del personale dei parchi.
A parte il fatto che i corsi del Coordinamento sono già rivolti indifferentemente al personale sia delle aree protette regionali che di quelle nazionali, perché non stabilire subito una "collaborazione", sulla base anche di una convenzione, tra ministero e coordinamento?
Il decreto precisa che gli interventi che il Ministero dell'ambiente "dovrebbe promuovere in materia di formazione 'specializzata' nel campo della gestione delle aree protette sono diversi e sono rivolti a diverse categorie di utenti". Segue l'elenco che va dai direttori a tutto il personale dei parchi, al Cfs, ai corsi per l'individuazione e sviluppo delle nuove professionalità necessarie ad un'economia ecosostenibile, da concordare con il Ministero del lavoro e le Regioni interessate. Questa specificazione conferma quanto dicevamo, e cioè che con il coordinamento, che ha già buoni rapporti di collaborazione con molte Regioni, per conto delle quali pubblichiamo peraltro anche importanti "supplementi" di Parchi, sarebbe possibile al Ministero di partire subito, in buona sostanza di cominciare davvero a fare qualcosa di concreto senza perdere altro tempo.
Da queste osservazioni critiche pensiamo emerga abbastanza chiaramente quale è probabilmente il limite, il difetto di fondo del decreto: che non riguarda soltanto la sua velletarietà, ma anche l'aver concepito progetti e programmi in un'ottica sostanzialmente distinta e separata dalle aree protette. Intendiamo dire che i parchi vi figurano più come "oggetti" che come protagonisti di uno sforzo che è del tutto illusorio ritenere possa essere affidato esclusivamente o principalmente a soggetti esterni (università, eccetera). L'ausilio indispensabile, naturalmente, di organi specializzati potrà avere successo soltanto se incardinato su una "sinergia" che nel decreto non abbiamo riscontrato.
Da qui probabilmente anche la sottovalutazione di quel che sarebbe stato possibile e necessario fare subito attraverso una collaborazione con soggetti che, diciamo così, hanno da tempo "le mani in pasta" con i parchi e che proprio per questo sicuramente dispongono, se non altro, di una conoscenza della situazione che spesso sembra mancare invece al Ministero.
Abbiamo voluto con molta franchezza dire la nostra sul decreto e saremmo lieti di poter ospitare le valutazioni di altri a cominciare dal direttore del servizio conservazione della natura.
L'assemblea nazionale del Coordinamento
La Giunta del Coordinamento nazionale ha fissato per settembre l'assemblea annuale dei parchi che si terrà a Firenze. L'appuntamento rappresenta qualcosa di più di un adempimento amministrativo: è un'occasione importante per una riflessione approfondita sui problemi della gestione e dell'indirizzo delle aree protette in una fase particolarmente delicata sia a livello nazionale che regionale.
La rivista intende contribuirvi con alcune considerazioni che affidiamo ovviamente alla valutazione critica dei lettori. Una prima notazione che si può fare nel momento in cui la legge-quadro si va faticosamente e non senza contraddizioni e ritardi attuando sul piano nazionale ed anche regionale, è che dei parchi si parla di più e che, forse per la prima volta, il tema della protezione ha assunto carattere e 'dignità' nazionale.
Con alti e bassi naturalmente e non sempre in maniera favorevole, tanto è vero che sono spesso riecheggiate vecchie polemiche, riemersi antichi pregiudizi e tuttavia la vicenda dei parchi non di questo o quel parco di cui le cronache locali e talvolta nazionali si erano già occupate in passato - ha indotto a più riprese Governo e Parlamento ad intervenire, a prendere posizione.
Certo importante non è solo che se ne parli, ma anche come se ne parla; e sotto questo profilo, lo sappiamo bene, i motivi di soddisfazione sono fortemente controbilanciati dal perdurare di una ostilità nei confronti dei parchi che si poteva anche legittimamente sperare si fosse attenuata. Non è così e dobbiamo amaramente, ma realisticamente, prenderne atto. Ciò nonostante è fuori discussione che il tema si è imposto e nessuno può ragionevolmente pensare di cancellarlo. Merito primario e indiscutibile della legge-quadro, infatti, è quello di avere iscritto le aree protette in quella agenda dei 'doveri' che nessun Governo nazionale e regionale o Parlamento potrà più derubricare. Potrà s'intende, come è già purtroppo accaduto, gestire la legge senza convinzione e passione ed anche cercare di stravolgerla, ma cancellarla no. Da questo punto di vista si può parlare di punto di non ritorno.
Lo conferma anche il fatto che oggi la stessa accezione di parco si è notevolmente estesa e arricchita rispetto al recente passato.
Non deve trarre in inganno, sotto questo profilo, la campagna orchestrata da talune associazioni e forze le quali, sorde a qualsiasi novità, continuano imperterrite a raffigurare il parco come sentina di tutti i mali, in base ad uno stereotipo abusato. Oggi vi è non solo una maggiore attenzione e sensibilità verso i parchi ma vi è anche una estensione, una dilatazione, diciamo così, del concetto stesso di area protetta.
Ormai si parla sempre più frequentemente di parchi culturali, di parchi archeologici, di parchi letterari e della memoria, si scoprono o si ricercano nessi tra la cultura della protezione e la religione, l'etica e così via.
L'intreccio dei problemi è tale ormai che taluno ritiene che anche per questioni ambientali, al pari di quelle inerenti la bioetica, si dovrebbero costituire dei comitati ecologici con scienziati, economisti, pianificatori nonché filosofi morali e filosofi della scienza.
E' significativo, ad esempio, che una disciplina come quella urbanistica, la quale peraltro ha segnato profondamente l'esperienza dei parchi, sia oggi alla ricerca, dopo aver puntato la sua attenzione sulle città e sul suo sviluppo, di nuovi obiettivi collocando al centro dell'analisi non già la divisione città-campagna ma il territorio che comprende tutto, paesaggio, campagna, periferia urbana, la rinaturalizzazione di ambienti e così via.
Certo, si rischia di far confusione al punto che il posto del parco "museo", così a lungo osteggiato, potrebbe prenderlo un parco contenitore delle più svariate realtà e situazioni, difficilmente riconducibile ad una immagine unitaria, precisa e chiara nei suoi contomi e finalità.
C'è soprattutto il pericolo, questo sì, che tra tanti possibili parchi o ruoli che il parco può oggi giocare finisca per offuscarsi proprio quello prioritario e sicuramente preminente di conservazione e tutela della natura.
Il punto di equilibrio e di sintesi non può però essere ricercato in un ritorno a vecchie concezioni e impostazioni che erroneamente potrebbero sembrare più rassicuranti perché più collaudate, quasi che dovessimo temere queste nuove realtà e problematiche culturali e gestionali.
C'è qui una sfida che non possiamo rifiutare, come non ci è dato di ritrarci da quella non meno impegnativa posta dalle esigenze di un nuovo tipo di sviluppo economico.
Il punto è se riusciremo in questa impresa non pregiudicando, non facendo passare in secondo piano le esigenze di protezione che a tutte le altre debbono, per così dire, fare da traino e da battistrada.
D'altronde non si spiegherebbero e non si giustificherebbero la nuova legislazione nazionale e regionale, l'istituzione di Enti parco più snelli e più forti, l'istituzione di un un nuovo organismo istituzionale quale la Comunità del parco, un piano triennale, la carta della natura, l'obbligo del piano per tutti i parchi, eccetera, se non alla luce di queste nuove, più ampie e complesse funzioni delle aree protette oggi.
L'assemblea di settembre non è un mero adempimento amministrativo proprio perché deve misurarsi, fare i conti con questa nuova condizione e situazione dei parchi. Non è più sufficiente infatti che in quella sede noi verifichiamo l'andamento generale delle cose, come si procede a Roma e nelle Regioni. Certo questo deve essere fatto: dobbiamo capire se il Ministero tiene fede ai suoi impegni, se rispetta le scadenze fissate dalla legge e dal Parlamento, se altrettanto stanno facendo le Regioni, sia quelle che hanno approvato la legge di recepimento della 394 che le altre.
Ma insieme ed oltre a questo dovremo verificare come operano in concreto i parchi, gli enti di gestione, le comunità del parco, se stanno adottando i piani territoriali ed economici, con quali impostazione ed obiettivi. Dovremo capire se i parchi dispongono di risorse e personale sufficienti e come vengono utilizzati.
Dovremo verificare concretamente se l'asse principale del nostro lavoro è quello che dicevamo o se l'azione dei parchi di sta disperdendo in direzioni anche interessanti e significative, ma pur sempre non sufficienti a connotare positivamente la nostra iniziativa e a renderla credibile all'occhio di chi nutre ancora diffidenza sulla effettiva capacità del parco a gestire porzioni così ampie e pregiate di territorio.
Una verifica di questa portata deve servire a chiarirci di più e meglio le idee, ma anche ad attrezzarci come Coordinamento nazionale ed anche a livello regionale per fornire le giuste indicazioni e il sostegno necessario al lavoro dei parchi.
Oggi disponiamo della rivista che negli ultimi tempi si è arricchita di allegati importanti su alcune realtà regionali. Parchi è apprezzata anche fuori dalla nostra associazione, sebbene non sia sempre adeguatamente sostenuta e utilizzata da tutti i parchi. I quali in taluni casi si sono dotati di propri strumenti informativi (notiziari ed altro), di cui abbiamo recentemente discusso in un convegno al Conero e di cui sarà bene si dotino anche altri parchi.
Disponiamo inoltre di un' 'agenzia' che curerà soprattutto le iniziative di formazione del personale, gli stages, eccetera. Dovremo valutare e decidere se è il caso ed è possibile istituire un centro studi con il compito di promuovere iniziative culturali sui molteplici temi della protezione.
Come si vede sono davvero numerose le questioni di cui dovremo discutere; per questo è bene che ci prepariamo fin d'ora ad un appuntamento che richiederà partecipazione e impegno da parte degli amministratori, degli operatori, delle istituzioni regionali e locali, delle associazioni ambientaliste. |