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Rilevanze culturali nei parchi naturali europei
Un aspetto spesso trascurato nella strategia gestionale
La gran parte delle aree protette europee è interessata da importanti fenomeni di urbanizzazione e di antropizzazione, con notevoli modifiche sull'assetto del territorio e con sempre più profondi riflessi sui processi biologici.
Eppure questo aspetto, pure così vistoso in Europa, per decenni è stato trascurato negli indirizzi di gestione delle aree protette, che a lungo hanno interpretato il territorio protetto a guisa di "riserva integrale", privilegiando una disciplina di tutela passiva degli ecosistemi basata quasi esclusivamente su divieti e limitazioni d'uso del territorio e trascurando la ricerca del consenso e della partecipazione alla gestione delle popolazioni locali, provocando inevitabilmente quel fenomeno sociale conosciuto come "paura del parco" e di riflesso il rifiuto e la resistenza alla istituzione e realizzazione dell'area protetta.
E questa disattenzione va addebitata anche all'Uicn, il più autorevole organismo internazionale per la tutela dell'ambiente protetto, che nei suoi indirizzi di gestione delle singole classificazioni di aree protette non ha saputo distinguere tra parchi posti in territori remoti e disabitati e parchi posti in aree geografiche intensamente antropizzate.
Infatti un'attenta lettura della "Uicn - U.N. List of National Parks and Protected Areas" del 1956 mostra come i parchi nazionali, senza alcuna distinzione geografica, venivano interpretati come santuari della natura a rigida disciplina protezionistica, senza alcun riferimento alla complessità dell'interazione tra i molteplici fattori umani e naturali.
Bisognerà attendere la Conferenza di Nuova Delhi, promossa dall'Uicn nel 1969, per assistere ad un primo ripensamento alla planetaria interpretazione del parco nazionale quale immensa riserva integrale, ma sarà l'Assemblea generale Uicn del 1980 a Madrid e la Convenzione di Perth del 1990 che, con la presa di coscienza delle notevoli differenze ambientali tra i parchi della stessa categoria posti in aree geografiche diverse, proporranno diversificati indirizzi gestionali che tengono conto della forte presenza umana nel territorio protetto e delle rilevanze culturali che qualificano il territorio stesso.
Le rilevanze culturali nelle aree protette naturali trovano la loro massima diffusione proprio nei marchi europei ed esprimono un irripetibile patrimonio fatto di tradizioni, costumi, testimonianze di arte, religioni, usanze, che caratterizzano la qualità e l'estetica del paesaggio e condizionano gli stessi processi naturali.
A questo proposito si nota come una radicata e diffusa opinione tenda a considerare la presenza culturale limitata ai parchi della sola Europa centro-meridionale, escludendo i territori scandinavi e le aree baltiche, ritenendo, con una certa ragione, che la rilevanza culturale è proporzionale alla densità demografica locale.
Questa interpretazione è soltanto parzialmente valida, in quanto nella stessa Europa dell'estremo nord, cioè in quei territori posti al di sopra del Circolo polare artico, dove la densità della popolazione non arriva a dieci abitanti per km2, vi sono innegabili testimonianze culturali che i governi di quei Paesi cercano di recuperare e sostenere: è nota la recente iniziativa del governo svedese che, a tutela delle tradizioni culturali del popolo dei lapponi, o meglio ancora dei sami come ora vengono chiamati, finanzia l'acquisto di 500 renne a famiglia per favorire il ritorno di quella gente alle tradizionali attività e per promuovere il recupero dell'identità culturale di quel popolo.
Un'altra convinzione diffusa è quella che attribuisce ai soli parchi regionali la presenza di rilevanze culturali escludendo questa caratteristica nei parchi nazionali.
Anche questa limitazione non è del tutto esatta se si considera la complessità e l'articolazione del sistema delle aree protette europee.
Seppure è innegabile che in alcuni Stati del nostro continente i parchi nazionali sono scarsamente abitati, come ad esempio quelli francesi per i quali si ricorre ad un tipo di perimetrazione (fig. 1) che esclude ogni significativo agglomerato urbano, o come la maggioranza dei parchi nazionali tedeschi e la quasi totalità di quelli scandinavi e baltici posti in territori pressoché disabitati, in altri Stati i parchi sono densamente abitati e ricchi di una vivace cultura.
Tipico esempio è il sistema dei parchi nazionali inglesi, per i quali lo stesso concetto di parco nazionale è talmente difforme da quello espresso dall'Uicn tanto che questo organismo ha escluso gran parte dei parchi nazionali britannici dalla relativa categoria II della "List of National Parks and protected Areas".
Il parco nazionale inglese potrebbe definirsi più correttamente parco culturale, o parco ludico, o parco paesaggistico, ma non certamente parco nazionale nella corrente accezione della definizione.
Anche i parchi nazionali italiani, pur se costituiti spesso di territori di alta quota e quindi scarsamente abitati, sono ricchi di culture specifiche giustamente vantate.
Purtroppo può accadere che le specificità culturali conseguano a peculiarità etniche ed allora le conseguenze sulla vita del parco sono spesso negative.
L'improvvisa frammentazione gestionale del territorio del Parco nazionale dello Stelvio, che pure costituisce una preziosa unicità di ambiente naturale, va ricercata proprio nell'esistenza nello stesso territorio del parco di distinte culture che si riferiscono a etnie differenziate che occupano ciascuna porzioni dell'area del parco.
Altro esempio di difficoltà di gestione di un altro importante parco nazionale è quello del Gran Paradiso dove i problemi non conseguono tanto WP amministrazione di quel grande ecosistema montano, ma derivano dall'insofferenza della parte valdostana a convivere in un'istituzione dove la peculiarità della propria etnia non è ritenuta sufficientemente esaltata.
Un particolare esempio di come aspetti culturali di uno stesso territorio protetto possano essere, per ragioni etniche, diversamente privilegiati nel tempo, ci viene dal Parco nazionale sloveno del Triglav.
Questo suggestivo parco costituito dal severo massiccio del monte omonimo è stato presentato, dalla fine dell'ultima guerra mondiale fino alla disgregazione della federazione iugoslava, come il santuario della resistenza contro l'invasore nazifascista.
Il giovane Stato indipendente sloveno tutto proteso nella rivendicazione della propria identità etnica ha ora rimosso il ricordo della resistenza per privilegiare espressioni di peculiarità culturale quali le forme di agricoltura tradizionale e la nobiltà architettonica dei piccoli insediamenti urbani, mentre la montagna dei dimenticati eroismi recita il più redditizio ruolo di sede di competizioni internazionali del "circo bianco".
Fatti questi pochi accenni sulle rilevanze culturali nei parchi nazionali, occorre subito dopo affermare che la categoria di aree protette europee che eccelle per la rilevanza di valori culturali è quella dei parchi regionali.
Questo singolare tipo di parco si è affermato soprattutto nell'Europa centrale e mediterranea.
Nei Paesi dell'est e in quelli scandinavi questa forma di parco era di difficile istituzione a causa della gestione centralizzata delle aree protette, anche se attualmente si assiste anche in quei territori alla nascita di parchi con caratteristiche regionali.
In Italia i parchi regionali sono stati in gran parte istituiti nei decenni di attesa della legge-quadro nazionale sulle aree protette, ma non vi è stato alcun coordinamento fra le varie Regioni e pertanto l'insieme dei parchi regionali si presenta quanto mai eterogeneo anche nelle stesse finalità istitutive: vedremo se l'attuazione della legge 394/91 potrà fare di questa variegata categoria un sistema uniforme.
L'elemento che unifica comunque questo eterogeneo complesso di parchi regionali è la costante presenza dell'emergenza culturale che si esprime nei modi più svariati e caratterizza spesso il territorio protetto.
La varietà e la ricchezza culturale è lo stesso elemento che accomuna tutti i "Parchi naturali regionali" francesi, che per contro costituiscono un sistema omogeneo perché frutto di un programma ed un coordinamento unico a dimensione nazionale. Diceva l'amico Jean Marc Michel, allora direttore della Federazione dei parchi regionali francesi, che queste aree protette non sono "naturali", non sono "regionali" e non sono neppure "parchi".
La battuta era buona e un po' anche vera: la nascita del sistema dei parchi regionali d'oltralpe ha avuto il non celato scopo del recupero dell'economia di aree depresse e marginali, e gli stessi regolamenti dei parchi tendono più a favorire la ripresa di attività economiche tradizionali e ad incentivarne delle nuove che a proteggere in maniera valida i valori naturalistici locali, peraltro spesso piuttosto modesti.
Dello stesso parere sono gli autori del vasto servizio sui parchi regionali francesi - J. Fassero, S. Palladino, S. Panzarasa - pubblicato da questa rivista nei numeri del giugno e del novembre 1992, dove si precisa: "La politica dei Pnr è la valorizzazione delle risorse locali dove queste si intendono le risorse legate al suolo, al sottosuolo, naturali, climatiche, umane, culturali" e più avanti: "L'obiettivo della protezione della natura finora è stato per i parchi regionali uno dei più ardui da attuare, visto che lo studio di ognuno di loro non prevede alcun divieto supplementare per le comuni attività antropiche, quali la caccia, costruzioni, eccetera, rispetto alla legislazione vigente".
Ma se questo programma per lo sviluppo economico e sociale è stato un fallimento e se la tutela del patrimonio naturale non è stata efficace, bisogna riconoscere alla politica dei parchi regionali francesi il merito di aver spesso recuperato svariate testimonianze culturali di cui la Francia è certamente uno dei Paesi più ricchi del mondo.
Ciò che brevemente è stato detto per la Francia, potrebbe essere ripetuto per l'esperienza spagnola, se non fosse che il sistema dei parchi regionali iberici non è nato da un disegno coordinato a livello nazionale, bensì è opera di iniziative particolari delle Regioni e delle Provincie autonome, fieramente orgogliose della loro identità etnica.
Quasi tutti i Paesi europei presentano una notevole densità demografica e sono certamente le regioni al mondo a più alta diffusione di testimonianze culturali.
Queste peculiarità costituiscono un elemento essenziale delle aree protette europee che non può essere trascurato in una corretta politica gestionale che tra l'altro, per avere successo, deve guadagnare il più diffuso consenso delle popolazioni locali.
Tuttavia questo riconoscimento dei valori umani non può andare a discapito di una doverosa azione di tutela del patrimonio naturale, come purtroppo in Europa spesso accade, specie nei parchi regionali.
Come mostra il profilo dei confini del Parco nazionale del Mercantur, il tipo di perimetrazione dei parchi nazionali francesi esclude accuratamente dal territorio protetto ogni consistente insediamento umano, per cui la forma dell'area del parco appare estremamente articolata e fra-; stagliata ed in quanto territorio disabitato, privo di rilevanze culturali.
Diversamente la forma compatta del territorio del confinante Parco regionale dell'Argentera assicura una più efficace tutela dell'ambiente e la presenza di testimonianze culturali. |