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Quando si parla di parchi, l'equivoco è sempre in agguato, è inevitabile: l'accezione del termine è talmente ampia da sfiorare il generico ed è utilizzata per fare riferimento alle realtà più diverse. Dal linguaggio comune a quello specialistico il ventaglio dei significati possibili è un universo che spazia dal giardino signorile settecentesco alla riserva naturale passando per il parco cittadino e quello dei divertimenti annesso alle sagre di paese.
Tra i tanti ostacoli che quest'area protetta ha incontrato nel proprio cammino c 'è anche l'idea errata che il pubblico se ne è fatta: la denominazione poco chiara fa pensare al Parco del Sile come al luogo delle passeggiate all'aria aperta lungo le rive di un bel fiume, il locus amoenus verso il quale dirigere i propri passi per riscoprire il contatto con la natura. Qui, invece, pur non mancando né i valori paesaggistici né quelli naturalistici, la ragion d'essere più profonda dell'area protetta è un'altra: salvaguardare una risorsa idropotabile indispensabile e insostituibile per la popolazione delle Province di Padova, Treviso e Venezia che il fiume attraversa. Dalla purezza e dalla quantità dell'acqua del Sile dipende direttamente la sopravvivenza e la qualità della vita di circa un milione di persone, quelle che oggi abitano in questa parte del Veneto. E, più importante ancora, il parco è il garante della corretta gestione di questa risorsa per le generazioni future.
Per far nascere e funzionare un parco come quello del Sile vi è stata la necessità di coordinare le politiche di una quantità notevole di referenti istituzionali: la Regione, le Province, i Comuni interessati: tutte realtà che hanno le proprie competenze territoriali, per cui si sono dovute affrontare rilevanti operazioni di confronto e raccordo. Né è stato facile ottenere il consenso da parte della popolazione più direttamente coinvolta ed interessata, che fatalmente si è divisa per gruppi di opinione e interessi differenziati. Un parco fluviale è, prima di ogni altra cosa, un insieme di fragili equilibri sia politici che di tipo gestionale.
La vita del Parco del Sile è stata finora un periodico oscillare tra grandi speranze e disincantate verifiche, è l'esito dell'impegno generoso di molti, è costata grandi polemiche. Allo sforzo delle associazioni dei volontari e dei comitati promotori hanno corrisposto da un lato l'opposizione dura di quanti vedevano messi in discussione i facili profitti della speculazione, dall'altro una serie infinita di lentezze burocratiche e alcune più o meno velate riserve di natura politica.
I presupposti del parco risalgono agli anni settanta: è in quel periodo che una provvidenziale iniziativa del Comune di Quinto di Treviso sottrae l'oasi naturalistica di Cervara alle "bonifiche". E' l'isola di Santa Cristina, 24 ettari di palude frequentati da un gran numero di uccelli e, in particolare, sede di una garzaia nella quale vive una quantità imponente di ardeidi gregari, soprattutto nitticore.
Nel 1985 la Regione del Veneto ha poi individuato nel proprio territorio 11 zone particolarmente interessanti dal punto di vista naturalistico: da allora, pur in maniera ancora confusa, comincia a farsi strada l'idea di istituire un "parco" del Sile. Successivamente, nel 1988, per iniziativa delle province di Treviso e Padova, assieme ai Comuni di Vedelago, Quinto, Morgano, Istrana, Piombino Dese e con la collaborazione di Cassamarca e della Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, viene creato un Comitato promotore. Nelle prime ipotesi formulate dal Comitato si progetta di recuperare e salvaguardare la zona delle risorgive, un'area di 1.100 ettari di terreni a ovest della città di Treviso nei quali l'acqua sgorga dal sottosuolo da sorgenti, fontanassi e polle e, attraverso una miriade di rivoli, dà rapidamente origine ad un fiume di rara bellezza, vivace, di portata regolare, che tra mulinelli, canneti ed erbe acquatiche nasconde molte forme di vita.
Tagliato fuori dallo sviluppo, praticamente inservibile alle colture industriali se non a prezzo
di interventi onerosi, l'ambiente delle risorgive è particolarmente pregevole sia dal punto di vista paesaggistico che da quello naturalistico ma, cinto d'assedio da una notevole pressione antropica, è particolarmente fragile e precario negli equilibri.
Ricca di vegetazione che ancora reca qualche memoria del bosco originale, la zona delle sorgenti mostra segni evidenti dei tentativi, mai abbandonati, di ridurre alla ragione un ambiente capricciosamente restio a lasciarsi imbrigliare: canalizzazioni, regimazioni forzate, bonifiche, trasformazioni in senso produttivo. Campi di mais, allevamenti, un pullulare di attività artigianali fioriscono attorno ogni qualvolta la natura dei suoli e il regime delle acque lo consente, e documentano la tenacia dell'homofaber che abita questi luoghi.
Nelle previsioni del Comitato promotore, che aveva presentato alla Regione una proposta di legge in questo senso, si sarebbe potuta realizzare un'area protetta delle risorgive nel gennaio del 1989. Una decisione della Regione stessa fece sì che il territorio coinvolto dall'ipotesi di salvaguardia divenisse molto più ampio e, nel 1991, si giunse all'istituzione del Parco naturale regionale del fiume Sile. A questo ente venne assegnata la funzione di salvaguardare l'intero corso del fiume in tutti i suoi 84 chilometri di sviluppo dalle sorgenti alla foce.
Il territorio del parco è una striscia di terreno lunga e stretta che serpeggia tra 11 Comuni, attraversa la città di Treviso, si dipana tra zone industriali e terreni agricoli, si allunga sino a bagnare il bordo di una pista aeroportuale. Come si vede il Sile è un parco che deve destreggiarsi nel governo di una notevole complessità. La scelta della Regione di allargarne i confini ha certamente reso più ampio il respiro dell'area protetta, ha dato maggior risalto alla difesa delle risorse idropotabili, ha puntato al miglioramento della qualità della vita dell'intero territorio attraversato dal Sile. Tuttavia, una decisione così coraggiosa ha reso inevitabilmente più complessa la natura dell'ente parco e la sua struttura: il suo Consiglio è formato dai rappresentanti delle Province e dei Comuni interessati. Ciò ha moltiplicato e reso più difficili gli interventi di protezione e recupero dell'ambiente.
Il grande problema che bisogna risolvere per garantire la sopravvivenza del fiume è quello della sua compatibilità con gli insediamenti umani e le attività produttive che lo attomiano. Lo strumento che deve dare le risposte adeguate a questa difficile sfida è il piano ambientale. Attualmente in via di definizione, sviluppo del lavoro già avviato nella precedente ipotesi di area protetta delle risorgive, il piano ambientale è insieme un monitoraggio che riguarda l'intero corso d'acqua, uno studio degli interventi necessari per ripristinare le condizioni di salute e uno strumento di controllo e di gestione territoriale. Si prevede che questa tappa fondamentale sulla strada degli interventi concreti possa essere raggiunta entro il 1994.
Dal 1992 il parco dispone di una sede; anche se non è ancora dotato di proprio personale operativo, ha potuto avviare una serie di iniziative importanti, pur con l'ostilità e i sabotaggi da parte degli oppositori. Come spesso accade in queste circostanze, anche al Parco del Sile non sono mancati vivaci episodi di contestazione. Vi si riflettono problemi seri, perché bisogna far andare d'accordo la sopravvivenza del corso d'acqua, che è fuori discussione dato che da questa dipende la vita di un milione di persone, con quella degli insediamenti e delle attività produttive costeggianti il corso del fiume.
Lungo le rive del Sile, da secoli, la gente ha fatto propria una filosofia dell'esistenza per la quale bisogna ricavare il massimo profitto dalle proprie attività. Questo, in particolare, vale per un mondo contadino all'interno del quale si è appreso ad utilizzare persino le erbe fluviali per farne lettiere per gli animali. Qui, ovviamente, l'idea che la salvaguardia dell'ambiente possa costituire una fonte di ricchezza è molto difficile da accettare. Nella maggior parte dei casi si pensa al "parco" (ecco concretamente il danno derivante dall'equivoco terminologico) come ad una struttura estranea che viene ad intromettersi e a imporre vincoli nella gestione del proprio terreno, dell'allevamento o della fabbrichetta. Pochi, che pure sono i primi a fruire del bene prezioso dell'acqua dispensata dal fiume, hanno capito che la difesa di questa risorsa è una necessità inderogabile e impone qualche limitazione.
La diffidenza che serpeggia soprattutto tra proprietari terrieri e conduttori di aziende agricole è difficile da rimuovere, poiché l'unica preoccupazione è come produrre di più. Eppure, ormai siamo al livello delle eccedenze agricole: lo Stato e gli organismi comunitari che per anni hanno incoraggiato continui incrementi di produttività agricola a suon di incentivi, ormai da qualche tempo hanno la necessità di liberarsi, distruggendole, delle produzioni eccedenti. Fertilizzanti, antiparassitari e diserbanti chimici, distribuiti a piene mani, sono stati i protagonisti privilegiati di una crescita dei ritmi produttivi che sembrava non doversi arrestare mai. Ma oggi gli inquinanti come l'atrazina restituiscono il conto da pagare a tutta la collettività e si tratta di un danno incalcolabile. L'inquinamento delle falde, che è giunto a notevoli profondità, richiede interventi di risanamento estremamente onerosi e complessi, senza contare il pericolo che rappresenta per la salute. Lungo il corso del Sile l'atrazina non è mancata: la presenza dell'inquinante nella primavera del 1994 ha suscitato allarme, ha richiesto l'intervento delle Usl, delle Province, della Regione, ha fatto chiudere pozzi e allertato tutta la fascia pedemontana del trevigiano.
A questo stato di cose può dare una risposta precisa soltanto un'area particolarmente protetta, che rappresenta l'unica garanzia pensabile per il futuro delle risorse idriche. In più, l'istituzione del Parco del Sile può rappresentare uno dei volani per la riqualificazione ed il rilancio delle attività economiche del territorio, specialmente per l'agricoltura.
Negli ultimi anni, a livello comunitario, sono giunte a maturazione nuove consapevolezze sulla necessità di salvaguardare il patrimonio ambientale. I nuovi orientamenti di politica per le attività agricole hanno rovesciato il punto di vista sulle sovvenzioni. E' un fatto acquisito che conviene molto di più, a tutti, incentivare rimboschimenti e tecniche produttive ecocompatibili, finanziare la rinuncia all'uso di farmaci, diserbanti e fertilizzanti, valorizzare colture come quelle da legno, degli ortaggi tipici o il riposo biologico. E' una scelta che si è dimostrata in grado di mettere d'accordo le esigenze della salvaguardia ambientale e quelle dei redditi in agricoltura.
Coloro che abitano ed operano nell'area protetta devono farsi carico di un fardello non da poco: sono responsabili, in maniera diretta, delle sorti di un bene prezioso per l'intera comunità, l'acqua, ma contemporaneamente possono fare riferimento alla struttura dell'ente parco che vuole promuovere la migliore valorizzazione possibile del territorio utilizzando tutti gli strumenti dei quali dispone. A questo scopo sono già state portate avanti alcune iniziative importanti: una pubblicazione dedicata agli operatori agricoli, una guida che informa dettagliatamente sulle attività compatibili e consigliate all'intemo dell'area protetta, ed è stato reso operativo uno sportello di consulenza e orientamento per accedere ai contributi erogati dalla CEE a favore delle tecniche agricole ecocompatibili, a sostegno della forestazione e di quanto è più vantaggioso per la conservazione dei beni ambientali. Si tratta di interventi che hanno riscosso un buon successo di pubblico. A questi si sono aggiunte le iniziative che l'ente parco ha preso per il recupero di alcune situazioni di particolare degrado: quelle nelle quali la qualità delle risorse ambientali è stata seriamente impoverita da pesanti interventi umani. Sempre nel corso del 1994 una serie di importanti finanziamenti, concordati con la Regione del Veneto nell'ambito dell'approvazione del piano triennale per l'ambiente,ha pemmesso di attivare alcuni progetti speciali per il ripristino della qualità delle acque utilizzando metodologie di affinamento biologico, in particolare la fitodepurazione. Sono stanziamenti che consentiranno al Parco del Sile di operare concretamente, anche per quesa via, per la difesa di una risorsa idropotabile di importanza vitale.
* Ufficio stampa dell'ente Parco del Sile |