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Introduzione e premessa
All'intemo dei confini del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e più in generale nei territori del settore collinare e montano (200-1000 m) dell'Alta Val Bidente (Provincia di Forlì), è avviata nel luglio 1993 ed è tuttora in corso una ricerca relativa alla "dinamica della vegetazione spontanea nei terreni agricoli abbandonati" condotta dal "centro di studio per la produzione di biomassa da colture legnose per l'ambiente e le foreste" del dipartimento di colture arboree dell'Università di Bologna in collaborazione col dipartimento di biologia evoluzionistica sperimentale della stessa Università.
Nell'area compresa entro i confini del parco e nei territori limitrofi della Val Bidente, come in gran parte del territorio nazionale, a partire dagli anni '50 ha avuto inizio e si è andata sempre più affermando una progressiva riduzione delle superfici destinate ad attività agricole o pastorali.
Nei terreni agricoli abbandonati, in assenza di qualsiasi tipo di intervento colturale di origine antropica, ha avuto luogo e si è consolidato il naturale processo di ricolonizzazione da parte di specie vegetali spontanee, erbacee, arbustive od arboree, che nel tempo modifica la composizione floristica e l'assetto strutturale delle diverse comunità vegetali che si avvicendano nell'area. Tale processo dinamico, nelle diverse fasi che lo caratterizzano, prende il nome di successione secondaria.
Obiettivi della ricerca
Lo scopo del lavoro è quello di giungere ad una conoscenza della naturale sequenza di comunità vegetali che si susseguono l'una all'altra nel tempo, in una determinata area, a seguito della sospensione delle pratiche agricole. Le conoscenze così acquisite potranno rappresentare una base di riferimento per operare scelte di carattere gestionale sul futuro di dette aree privilegiando, ad esempio, la prospettiva di una naturale evoluzione verso aspetti di maggiore complicazione strutturale, oppure realizzando interventi di tipo selvicolturale, volti però ad ottenere formazioni forestali dotate di un elevato grado di naturalità e stabilità negli anni. In questo modo sarà possibile ridurre o evitare i gravosi costi legati ad interventi di rimboschimento artificiali anche nell'ottica della minore spesa possibile, a parità di risultati, per ciò che riguarda la protezione del suolo.
Area di studio
L'area interessata dallo studio è rappresentata dalla valle del fiume Bidente (Provincia di Forlì) con particolare riferimento alla fascia altitudinale compresa tra 200 e 1000 m circa, ascrivibile all'orizzonte collinare e submontano (fino a circa 800 m di quota) e montano inferiore.
Dal punto di vista vegetazionale la fascia collinare-submontana (zona fitoclimatica del Castanetum) è caratterizzata dalla presenza di boschi a prevalenza di specie quercine quali roverella (Quercus pubescens) e cerro (Quercus cerris) ed altre latifoglie decidue come carpino nero (Ostrya carpinifolia), orniello (Fraxinus ornus), aceri (Acer campester, Acer opulifolium), da castagneti da frutto o in abbandono, da macchie e cespuglieti con diverse essenze come ginestre (Spartium junceum) ed altre leguminose (Cytisus sessilifolius), ginepri (Juniperus communis), rose selvatiche (Rosa canina), biancospini (Crataegus monogyna), eccetera, da garighe, di prati permanenti e graminacee come bromo (Bromus erectus) e brachipodio (Brachypodium pinnatum) cui si aggiungono situazioni vegetazionali che indicano aspetti di più spiccata antropizzazione, ad esempio cespuglieti a rovo (Rubus spp.) e vitalba (Clematis vitalba), o bo-schetti di robinia (Robinia pseudoacacia). Questa porzione del territorio ha dovuto sostenere nel tempo il maggior peso dell'impatto antropico che si è manifestato col disboscamento e la ceduazione per guadagnare nuove superfici all'agricoltura o per la produzione di legname, interventi non sempre condotti in sintonia con la natura del territorio e le caratteristiche della copertura vegetale.
Nella zona di contatto con il soprastante orizzonte montano (zona del Fagetum), gli aspetti vegetazionali sopra elencati si alternano con maggior frequenza a boschi di faggio (Fagus sylvatica), boscaglie di nocciolo (Corylus avellana) e sanguinello (Cornus sanguinea), praterie da pascolo.
Il substrato geologico dell'intera area è uniforme ed è rappresentato dalla formazione geologica miocenica indicata come "Marnoso-Arenacea Romagnola".
Per quanto riguarda il clima, in funzione del gradiente che lega la temperatura dell'aria e l'altitudine, si può parlare di clima temperato subcontinentale per la bassa collina, e di clima temperato fresco o sublitoraneo per l'alta collina e la media montagna.
Relativamente alle precipitazioni si distinguono i seguenti regimi pluviometrici: regime sublitoraneo appenninico per la bassa collina e regime appenninico per la media e alta collina. In entrambi i casi, comunque, il massimo principale di piovosità si verifica in autunno, mentre il massimo secondario è concentrato in primavera per le quote più basse e in inverno per la fascia più elevata.
Materiali e metodi
Nella prima fase dello studio sono stati eseguiti dei rilievi sulla vegetazione seguendo il metodo fitosociologico. Tale metodo consente di descrivere le comunità vegetali sulla base della loro composizione floristica (elenchi di piante) e dell'abbondanza di ciascuna specie vegetale (espressa da percentuali di ricoprimento). Ciascun rilievo così eseguito, sulla base delle caratteristiche di ciascuna specie e del rapporto quantitativo rispetto alle altre, è in grado di fornire una importante connotazione ecologica alla stazione.
Nella tabella 1 viene riportata la distribuzione dei rilievi per classi altitudinali ed età di abbandono.
Parallelamente a questo lavoro su ampia scala è stata condotta un'analisi più mirata all'interno di un'area campione (a 800 m circa di quota, compresa nel territorio del Parco nazionale e, in prospettiva, suscettibile di ulteriori indagini anche a distanza di anni), a seguito del diverso livello evolutivo raggiunto dalle situazioni vegetazionali in essa presenti, tutte di origine post-colturale e di pari età di abbandono. L'intento era di indagare sulle strategie di occupazione dello spazio proprie delle specie arbustive ed arboree presenti nelle diverse fasi di ricolonizzazione della vegetazione spontanea. Oltre ai rilievi fitosociologici è stato eseguito in questo caso un rilevamento quantitativo assai accurato sulla base di transetti lineari, individuati lungo direzioni di particolare interesse e corrispondenti agradienti di fattori microambientali quali, ad esempio, la variazione della disponibilità idrica del suolo o la distanza da nuclei di vegetazione arborea già affermata.
I dati raccolti in questa seconda fase del lavoro sono tuttora in corso di elaborazione. Vengono pertanto di seguito esposti i primi risultati della ricerca, rinviando più diffusamente ad una successiva pubblicazione le ulteriori risultanze e possibili conclusioni nonché gli aspetti di carattere applicativo da essa emersi.
Le elaborazioni quantitative dei dati raccolti in campo hanno previsto l'utilizzo di metodi di cluter analysis con legame medio utilizzando come indice di somiglianza l'indice di Wishart, che tiene conto delle coperture delle singole specie.
Successive elaborazioni sono state eseguite facendo ricorso ad altri metodi di analisi multivariata quali l'analisi fattoriale.
Risultati
Innanzitutto è possibile affermare che il fenomeno dell'abbandono non è avvenuto in maniera omogenea nell'ambito dell'intero territorio considerato. L'età di abbandono è positivamente correlata con la quota; per quote superiori ai 600 m gli abbandoni sono quasi tutti piuttosto lontani nel tempo (20-30 anni). Nella fascia altitudinale compresa tra 200 e 400 m l'età di abbandono è correlata positivamente anche con l'inclinazione; sono state cioè abbandonate per prime le aree caratterizzate da pendenze particolarmente accentuate, mentre le aree a minor pendenza sono state abbandonate solo in tempi più recenti. In linea generale la complicazione strutturale raggiunta dalla vegetazione, come viene mostrato nella tabella 2, è positivamente correlata con l'età di abbandono dell'area. Tuttavia, soprattutto per gli abbandoni più antichi, esistono situazioni molto diversificate. Forti pendenze, ad esempio, sembrano impedire, anche dopo lungo tempo, il progredire della complicazione strutturale.
Un'elaborazione parziale, ottenuta mediante analisi fattoriale e condotta sui rilievi della fascia compresa tra i 400 ed i 600 m, conferma quanto sopra riferito. In questa fascia infatti sono presenti stazioni in cui la sospensione delle pratiche agricole è sufficientemente rappresentativa delle diverse classi di età, variando da 3-4 anni fino a 30-35 anni. Alla scala di dettaglio considerata, il fattore tempo risulta essere fattore primario nel determinare le variazioni di composizione floristica che si verificano nelle diverse fasi della successione secondaria.
Il modificarsi della composizione floristica è rappresentato nella serie di grafici di figura 1 così realizzati: le specie vegetali dei rilievi compresi tra i 400 ed i 600 m sono state raggruppate sulla base delle loro affinità fitosociologiche, individuando pertanto tipologie di vegetazione di
particolare significato ecologico per il ruolo che possono rivestire nell'ambito dei fenomeni dinamici studiati.
Sinteticamente sono stati evidenziati i sei gruppi che seguono:
- specie ruderali, dei coltivi e degli Agropyretea intermedii-repentis;
- specie dei prati e pascoli mesofili (MolinioArrhenatheretea e Arrhenatheretalia);
- specie dei prati e pascoli aridi (Festuco-Brometea e Brometalia erecti) e semiaridi (Mesobromion erecti);
- specie del margine del bosco (Trifolio-Geranietea sanguinei);
- specie legnose colonizzatrici e specie forestali dei Querco-Fagetea.
Per ognuna di queste categorie è stata calcolata l'importanza quantitativa sotto forma di valori di copertura percentuale. Ordinando i rilievi per età di abbandono è possibile ricavare degli andamenti medi nel tempo delle specie di ciascun gruppo. L'insieme dei dati permette di evidenziare delle tendenze generali nel comportamento dei sei gruppi considerati: si noti ad esempio l'analogia di comportamento ed il legame tra i primi due gruppi di specie (specie ruderali e dei coltivi e specie dei prati e pascoli mesofili) in antitesi col terzo (specie dei prati e pascoli aridi) e si osservi ancora come l'ingresso e la possibile affermazione delle specie arboree ed arbustive (principalmente dei Querco-Fagetea) sia comunque ritardato nel tempo ben oltre la prima decina di anni.
L'argomento presenta aspetti di notevole interesse ed importanza soprattutto all'interno di un parco nazionale, ed in particolare di quello delle Foreste Casentinesi. Infatti le superfici aperte, abbandonate dalle pratiche agricole e in via di ricolonizzazione da parte della vegetazione spontanea, assumono un significato funzionale rilevante come elemento di discontinuità all'interno di un territorio in gran parte ricoperto da boschi, e conseguentemente si configurano come importante fonte di ricchezza ecologica (habitat, nicchie, ecotoni), di diversità biologica sia vegetale (specie erbacee ed arbustive di prateria) sia animale (le praterie rappresentano fonte di cibo per avifauna, micromammiferi, ungulati). Non va dimenticato da ultimo neppure l'aspetto paesaggistico (fioriture di specie arbustive, ad esempio ginestre) conferito ai territori del parco da ritmi fenologici delle diverse specie vegetali presenti.
* Centro di studio per la produzione di biomassa da colture legnose per l'ambiente e le foreste. Dipartimento di colture arboree, Università degli studi di Bologna |