|
Il programma triennale per la tutela ambientale 1994/1996 del Ministero dell'ambiente aveva al suo nascere - suscitato consensi, speranze e attese.
La sua "filosofia" era apprezzabile: attraverso la rete democratica delle Regioni si sarebbero predisposti progetti precisi, il Ministero li avrebbe vagliati, e poi, con tempi certi e rigorosi controlli, le opere si sarebbero eseguite. Chi avesse sgarrato, avrebbe subito le conseguenze peggiori: i finanziamenti sarebbero andati ai diligenti, mentre i discoli avrebbero avuto carbone e vituperio.
I progetti cominciarono ad essere predisposti. Con velocità variabili, da Regione a Regione. E dal Ministero non si perse l'occasione per stigmatizzare le lentezze ed i ritardi delle Regioni lente o ritardatarie. Tuttavia le lentezze non furono solo delle Regioni. Strane lungaggini nel passare fascicoli da un tavolo ministeriale all'altro venivano spiegate - sempre per telefono, sempre dopo vari passaggi da chi non sa a chi forse qualcosa ha origliato - con la complessità della vita di un ministero che cambia spesso titolare, e che ha un titolare che si occupa anche di altre competenze presso altri servizi, e che prima di firmare vuole leggere tutte le carte.
Passano molti mesi. Progetti pronti, approvati dai tecnici dopo molte inchieste telefoniche o alla voce vengono individuati e posteggiati "alla firma" del ministro. Sembra che questa condizione non sia governata da alcuna norma che abbia anche lontanamente a che fare con la trasparenza o con la velocità della spesa pubblica. Una pratica giudicata perfetta dai competenti uffici può sostare "alla firma" per tutto il tempo che il signor ministro vuole, anche se parte di una legge che impone termini inequivocabili a chi dovrà fare lavori, assegnare incarichi e via andando. Bene. Come fu, come non fu, un bel giomo in alcune Regioni italiane arrivarono note finalmente scritte e protocollate dallo spettabile Ministero, che annunciavano l'approvazione del documento regionale di programma, relativamente alle schede di intervento prodotte da alcuni parchi.
Tutto è bene quel che finisce bene, pensammo! La "firma" è durata uno sproposito, ma adesso guardiamo avanti e applichiamo il "triennale", se non altro perché è un anno che lo diciamo a tutti, e poi perché, se i progetti esecutivi non vengono inviati entro un tempo super definito dalla legge, ci tolgono il finanziamento e tutta la fatica va a pallino.
Ovviamente per predisporre a tamburo battente i progetti esecutivi servono finanziamenti adeguati. E la legge, anzi, la delibera CIPE del 21.12.1993, capoverso 5,1,4, parla chiaro: per predisporre il progetto esecutivo delle singole schede del triennale approvate, i relativi fondi debbono essere anticipati dal Ministero dell'ambiente. Poiché non c'è traccia di assegno allegato alla nota protocollata dello spettabile Ministero, cominciamo a preoccuparci e chiediamo spiegazioni. Sempre dopo qualche passaggio vizioso (ma perché il Ministero non apre uno "sportello informativo", una linea verde, un qualcosa che abbia a che fare col concetto di trasparenza e di efficienza almeno per il "triennale", che dovrebbe essere una delle sue principali bandiere? Vai a saperlo...) gole profonde ministeriali fanno sapere che il principio sarebbe giusto, ma che i soldi non ci sono, perché in qualche fase della lunga vicenda costellata di ritardi, qualcuno ha pensato bene di dirottare i fondi relativi altrove.
E adesso che si fa? Con che fondi si predisporranno i progetti esecutivi, nei termini precisi previsti, e con il rischio del ritiro dei finanziamenti? Da che data decorreranno, poi, i termini per la presentazione dei progetti esecutivi: dall'erogazione materiale dei fondi per finanziare i progetti, o dalla data della famosa "firma" del ministro alle schede presentate dalle Regioni e predisposte dai parchi?
Per avere un minimo di fiducia nel nostro Stato,
e nel "triennale", occorrerebbe almeno una nota scritta del Ministero. Basta con i passa parola telefonici, le pacche sulle spalle nei convegni e nelle consulte, e poi tutto si impantana nella nebbia della burocrazia di sempre. Perché si possa credere in un cambiamento, sia pure lento, occorrono segnali, sia pure deboli. La lunga e tormentatissima vicenda del programma triennale per la tutela ambientale rischia in un colpo solo di logorare l'immagine delle associazioni che hanno collaborato nell'istruttoria, delle Regioni, dei vari ministri che si sono succeduti, dei servizi del Ministero che se ne sono occupati, e dei parchi che hanno creduto in un finanziamento che non c'è, e l'hanno raccontato alla gente. Troppi danni a cascata, per un solo atto amministrativo! Prima che tutto esploda? è possibile che dal Ministero arrivi qualcosa di chiaro, ufficiale e tale da risolvere i problemi, possibilmente evitando di scaricare il barile altrove?
P.S. Questa nota era già in composizione quando il Ministero dell'ambiente ha messo nero su bianco alcune precisazioni. Da una lettera si desume che i fondi per predisporre i progetti esecutivi non ci sono; il Ministero ha chiesto ad altri pezzi della pubblica amministrazione (diciamo per semplificare: al Governo) di poterli comunque erogare mettendoli a carico del suo bilancio, e attende risposta; i termini previsti per consegnare i progetti esecutivi stessi potrebbero essere prorogati, se le Regioni interessate ne faranno richiesta.
Attenzione: da tutto questo non è lecito a nessuno desumere che il caso sia chiuso, e neppure che sia in via di soluzione. Al contrario, ci si trova di fronte alla miscela corrosiva (se non esplosiva) tra vecchie pratiche soporifere e... "posapianarole", gare assurde nel rastrellare fondi pubblici destinati ad altri fini, e difese di facciata di un meccanismo complessivo (ministeriale o governativo, per noi poco importa) sempre più indifendibile.
Infatti proviamo a chiederci come sia possibile
che in tutte le Regioni si avvii un lavoro di redazione delle schede, che comporta dichiarazioni nazionali e regionali che enfatizzano un gran numero di miliardi che arriveranno con procedure certe, sollecite e controllatissime, e che poi, nello stesso tempo e sulla stessa materia, più che propagandata, qualcuno "distrugga" proprio quei fondi che sono la garanzia della velocità dell'intera operazione, nonché del controllo della medesima.
Mettiamo pure che questo "qualcuno" sia un cattivissimo della ragioneria, e non un saggio programmatore dell'ambiente: ma è possibile che nessuno faccia la guardia al malloppo, e che all'interno dello stesso Governo, della stessa pubblica amministrazione, siano possibili atti che rallentano, complicano e squalificano una importante ed innovativa iniziativa, senza che nessuno metta preventivamente e per iscritto in allarme chi sta per compiere la deplorevole operazione contabile?
E' almeno possibile sperare che tutto questo non accada solo per ordinaria ignavia, ma che almeno "dietro" ci sia un preciso disegno, magari inconscio, volto a delegittimare certe linee di spesa e certe procedure? Ed è possibile - in ogni caso - sperare che qualcuno (anche solo uno "straccetto" di quelli piccoli...) paghi un obolo (anche solo simbolico) per tutto questo?
Ecco alcune domande che forse meritano risposte precise. Intanto perché vorremmo che il piano triennale trovasse onorata attuazione. E poi anche perché abbiamo - diciamo così -1' "impressione" che dalla piena e collettiva comprensione di "nodi" come questo possa derivare del bene a quel meccanismo pubblico dal quale troppo spesso dipendiamo acriticamente, subendone umori, follie, nonché piccole e grandi vessazioni, con il risultato di non consentire neppure a quanti - all'interno della pubblica amministrazione - volessero rinnovare e rinnovarsi, di agire efficacemente in direzione dell'indispensabile cambiamento.
* Presidente del Parco del Conero |