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In generale nelle aree protette occorre operare sulla base di un vero e proprio piano del territorio su cui la stessa area insiste. Questo è tanto più necessario e complesso tanto più l'area è estesa, come ad esempio nel caso di un vero e proprio parco regionale, esteso come quello dei Nebrodi dove ci troviamo.
Questa necessità trova riscontro sia nella legislazione nazionale che in quella regionale siciliana. In ogni caso occorre ben chiarire che i piani territoriali debbono essere orientati a promuovere una determinata ipotesi di sviluppo che è quella che ha determinato l'istituzione dell'area protetta. L'area protetta costituisce di per sé la risorsa per lo sviluppo dell'area. Per questa ragione da una parte se ne individuano i caratteri e dall'altra se ne definiscono le modalità di ' sfruttamento' o meglio di valorizzazione al fine di trarne vantaggio.
Il modello di sfruttamento è tuttavia specifico e si basa su alcune premesse 'vincolanti', che sono quelle della conservazione delle risorse.
Su questo argomento si discute molto. Le risorse naturali, che generalmente caratterizzano un'area protetta, debbono essere utilizzate in maniera che non si 'consumino' né si deteriorino, ovvero possono essere prelevate e trasformate soltanto quando siamo sicuri che a fronte del prelievo l'ambiente sia in grado di rinnovare ciò che si è prelevato mantenendo così un 'equilibrio'. Conservazione della natura dunque significa mantenimento di un determinato equilibrio.
In un parco, specialmente in quelli che si trovano nel nostro continente, vi sono anche delle risorse culturali. Queste in realtà non sono rinnovabili, per cui l'obiettivo della conservazione non è quello dell'equilibrio tra prelievo e rinnovo. La risorsa culturale si configura come accumulazione di informazione. L'obiettivo è quello di favorirne eventualmente l'incremento, poiché anche se ne volessero fare delle copie esse sarebbero in ogni caso diverse dall'originale. L'originale deve dunque essere integralmente conservato. Più in generale anche per le aree protette sussiste l'obiettivo della 'sostenibilità'. La sostenibilità ci impone di comportarci individualmente e collettivamente in maniera da non precludere alle generazioni future ciò che è consentito a noi. E' stato efficacemente riportato per spiegare questo concetto ciò che disse un grande capo degli Indiani Sioux: "prendiamo a prestito le risorse naturali dai nostri discendenti", dunque dobbiamo preoccuparci di restituirgliele intatte.
In realtà questo indirizzo di comportamento costituisce un obiettivo sancito anche a livello globale. Le Nazioni Unite sono impegnate a promuovere lo sviluppo sostenibile a livello globale. Sappiamo che allo stato attuale questo obiettivo è assai difficile da raggiungere e comporta capacità di modificare i propri comportamenti, e di adottare tecnologie di trasformazione delle risorse molto diverse da quelle attuali. E tuttavia la funzione delle aree protette è oggi essenzialmente educativa: accedendovi dobbiamo essere indotti a riflettere su questi problemi, e osservando e partecipando alla loro gestione siamo indotti a riflettere sul carattere dello sviluppo che più ci conviene.
Quando si istituiscono nuovi parchi, spesso si trova che vi sono delle situazioni di squilibrio. Ad esempio possono esservi delle specie faunistiche che tendono a scomparire perché ve ne è un prelievo eccessivo, così come può accadere il contrario, come nel caso dei cinghiali i quali, ove si lascino riprodurre naturalmente, possono provocare altre forme di squilibrio nel patrimonio della flora. Anche l'uomo deve uniformare i suoi comportamenti all'esigenza di mantenere l'equilibrio delle risorse del parco.
Questo ragionamento vale per l'uomo stanziale, quando gestisce ad esempio determinati boschi, o sviluppa determinate attività di allevamento. Occorre 'dosare' la propria attività in maniera da garantire un dato equilibrio naturale.
Questo tipo di attività mira naturalmente a mantenere in permanenza e con continuità l'attività di prelievo e rinnovo delle risorse. Ciò che rende stabile l'ambiente, ma non esclude un ammodernamento conforme alle regole della conservazione.
Vale anche per l'uomo turista ed escursionista. L'accesso al godimento delle risorse del parco non può non essere 'guidato' in maniera da assicurare il mantenimento dell'equilibrio di cui si parlava in premessa. Occorre tenere ben chiaro un concetto: il visitatore esterno di un'area protetta viene a godere di un ambiente che non conosce. Questa sua non conoscenza potrebbe indurlo a compiere gesti ed attività non compatibili. Per questo occorre che sia:
(a) adeguatamente informato, e cioè che sia assicurata una attività di educazione permanente e mirata;
(b) che possa usufruire di attrezzature che garantiscano la possibilità di comportarsi correttamente;
(c) che vi sia una gestione dell'accesso e delle attrezzature sufficienti a governare l'accesso. Da tempo è stata fatta un'analisi del tipo di turismo che ha come meta le aree protette. Le correnti turistiche interessate non possono essere definite come "di massa" anche se possono avere dimensioni quantitative significative.
Il tipo di turismo che può essere interessato presenta anche le caratteristiche di diversità che sono importanti per assicurare la massima valorizzazione delle risorse nello spazio e nel tempo. Nello spazio perché l'intensità d'uso delle parti del parco sarà diversa. Nel tempo perché il turismo naturalistico è per molti aspetti stagionale (ad esempio turismo educativo scolastico, venatorio di controllo, di osservazione specialistica, di ricerca scientifica, agroturistico, eccetera).
Un piano per un parco dovrà tra 1' altro indicare quale sia la capacità di accoglienza di ciascuna parte del parco. Potranno esistere delle zone a protezione massima (per la riproduzione di specie faunistiche e botaniche, ad esempio) in cui sarà totalmente precluso l'accesso, e l'osservazione potrà essere fatta solo a distanza. Altre zone potranno invece accogliere comitive numerose e dovranno dunque avere specifiche attrezzature (per il ristoro, l'accoglienza, il pernottamento, eccetera). Quando un turista accede deve essere adeguatamente informato di dove andare e come deve comportarsi.
Oggi molto probabilmente i flussi turistici dei parchi siciliani sono modesti. Con una buona programmazione ed una buona gestione è possibile che questi flussi possano proporre, come succede altrove, dei problemi di saturazione. Troppi turisti possono provocare dei danni. La ragione per la quale deve ritenersi importante che tutte le aree da proteggere siano state istituite in riserve o parchi è proprio questa: per dare risposta a tutta la potenziale domanda occorre disporre di un' estensione massima di territorio a ciò destinato.
* Urbanista dell' Università di Palermo |