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Tutti i parchi (regionali o nazionali) stanno predisponendo il loro bilancio preventivo per il 1996. E' l'occasione per riflettere sulle entrate complessive, sulla loro congruità rispetto a progetti da tempo impostati, nonché sulle compatibilità dei singoli progetti con gli interessi generali del territorio nel quale si opera. Il bilancio preventivo serve anche a riflettere sul complesso delle somme impegnabili nel futuro, sui residui, i crediti, e via dicendo, tasselli fondamentali per una politica degli investimenti che abbia un rapporto con lo sviluppo ecosostenibile del nostro Paese.
Ovviamente sia i parchi nazionali che quelli regionali hanno seguito con il fiato sospeso la fase della manovra finanziaria nazionale. Si trattava di capire che fine avrebbero fatto impegni più che precisi, già assunti dalla Repubblica Italiana (programma triennale, lavori socialmente utili), nei confronti dei parchi vecchi e di quelli da istituire. Al limite, una cancellazione chiara avrebbe fornito un dato certo, ancorché negativo; una conferma limpida, avrebbe fornito il dato opposto; avendo ciascun amministratore di parco il diritto di conoscere l'opinione del Parlamento in ordine alle scelte che esso amministratore ha intenzione di compiere, o ha da tempo compiute credendo di far bene... Ma, al di sopra di tutto ciò, la domanda era anche più severa: ci troviamo in quella parte d'Europa che considera i parchi il laboratorio dell'unico sviluppo oggi possibile, oppure siamo in un altrove, che considera la protezione della natura come una questione "cemeteriale" (l'ex ministro Martino, il 9 e 10 gennaio, al Costanzo Show, ha definito l'economia nel Parco dei Nebrodi l'equivalente dell'economia di un cimitero...), e chi imposta politiche di sviluppo all'interno dei parchi l'equivalente di un becchino fuori di testa?
Il ministro dell'ambiente, Paolo Baratta, il 26 dicembre ha diffuso una dichiarazione (Agi, 15,07) nella quale si dichiara "particolarmente soddisfatto" per i fondi stanziati nella legge finanziaria. Il nostro amico Valerio Calzolaio, vice-presidente della Commissione ambiente della Camera, in una dichiarazione del 27 dicembre che figura in altra parte di questa rivista, afferma che "le esigenze di una coerente politica per i parchi escono dalla complessa vicenda della manovra finanziaria un poco meglio di come vi erano entrate". Un poco meglio. Se il ministro e il vice-presidente della Commissione hanno di queste opinioni, è probabile che loro abbiano i dati per esprimere posizioni così incoraggianti.
Vuol dire che non è vero che con l'acqua sporca dei residui passivi il Parlamento ha gettato via gli interventi futuri relativi al programma triennale ed ai lavori socialmente utili. Vuol dire che l'intera opera di progettazione e di attivazione del programma triennale 1994 che interessa 19 Regioni e due Province a statuto speciale per una spesa complessiva di oltre 85 miliardi non ha più problemi di finanziamento e può speditamente partire. Vuol dire che il cosiddetto "aggiornamento" del primo programma triennale delle aree protette 1994-1996 di 154.600 milioni di lire per il 1994 ed il 1995 è al sicuro da qualsivoglia trappolone o imboscata del Tesoro o del ragioniere del bar sotto casa. E soprattutto vuol dire che possiamo tirare un respiro di sollievo, e dirci che non siamo becchini fuori di testa, ma europei di medio buon senso. Ma sarà proprio vero che possiamo stare un momento tranquilli, ad assaporare il buon vento della finanziaria? Per nostra (o ministeriale, o regionale ai limiti del federalismo, eccetera) comodità, riassumiamo almeno tre piccoli dubbi che ci restano, e che rischiano di appannare i successi di cui sopra.
Primo: nessuno sa ancora dire se siano ancora in ballo i 218 miliardi di lire destinati al programma triennale ed ai lavori socialmente utili nei parchi nazionali. Sono stati davvero reiscritti a bilancio, come la Camera deliberò il 19 dicembre? Non si tratta di due soldi, né di un interrogativo ozioso.
Secondo: su quali capitoli certi e finanziati del bilancio si appoggiano i 154.600 milioni di lire che vengono promessi come certi per il 1994 e per il 1995 e sui quali si basa l'intera "manovra" dell'aggiornamento del programma triennale? Esistono come poste di bilancio e quindi sono davvero finanziati i capitoli 7303: Attuazione programma triennale, interventi diretti; 7410: Attuazione programma triennale
trasferimenti; 7304: Investimenti aree protette marine; 7352: Istituzione parchi nazionali?
Terzo: alle 19 Regioni e alle due Province a statuto speciale interessate all'attuazione dei progetti del piano triennale, ed in particolare alle 13 Regioni ed alla Provincia con il documento di programma già approvato, interessa sapere se il Ministero ha la disponibilità delle somme necessarie alla liquidazione delle opere che saranno realizzate. Un telegramma (che - a voler essere pignoli - non è ancora un "atto", ma di questi tempi la forma conta meno della sostanza, purché tutti si sia "informali"...) informa le Regioni interessate che con decreto n. 448 del 19 ottobre 1995 già registrato dai competenti organi di controllo è stata impegnata a carico del bilancio dello Stato la somma di lire 85 miliardi, con la seguente ripartizione:
Regione Abruzzo L. 4. 514.000.000
Regione Basilicata L. 891.000.000
Regione Calabria L. 1.007.000.000
Regione Campania L. 1.134.000.000
Regione Emilia-Romagna L. 6.968.000.000
Regione Friuli-V. Giulia L. 774.000.000
Regione Lazio L. 7.675.000.000
Regione Liguria L. 1.102.000.000
Regione Lombardia L. 13.560.000.000
Regione Marche L. 1.163.000.000
Regione Molise L. 677.000.000
Regione Piemonte L. 14.347.000.000
Provincia Aut. di Bolzano L. 981.000.000
Provincia Aut. di Trento L. 2.481.000.000
Regione Puglia L. 1.130.000.000
Regione Sardegna L. 1.003.000.000
Regione Sicilia L. 14.552.000.000
Regione Toscana L. 3.074.000.000
Regione Umbria L. 767.000.000
Regione Valle d'Aosta L. 1.340.000.000
Regione Veneto L. 3.950.000.000
Se questo dato e questa ripartizione fossero davvero fatti compiuti, definitivamente alle nostre spalle, se le poste di bilancio e quant'altro occorre per il triennale di questo anno 1996 non avessero subito manomissioni e se i 218 miliardi fossero tornati a garantire interventi per i parchi, potremmo sentirci a pieno titolo europei e potremmo guardare al futuro con ragionevole ottimismo. Ma perché, al contrario, abbiamo tanti dubbi, e sospetti, e inquietudini? Sarà il clima di fin de siècle.
Oppure è quel terribile odore di alambicchi e di veleni che si sprigiona dal pentolone del bilancio dello Stato, ogni volta che un cittadino tenti di capirci davvero qualcosa
Chi ha avuto occasione di leggersi il testo della legge finanziaria 1996 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" ricorderà di essersi imbattuto in due tabelle: la tabella "A" e quella "B". La prima elencava il fondo di parte corrente, e la seconda quello di conto capitale. Fin qui, tutto normale. Noi che siamo appassionati di certi temi, siamo andati a vedere gli "accantonamenti di segno positivo" previsti per il Ministero dell'ambiente per il 1996. Accanto alla cifra di 38.500 milioni abbiamo visto un richiamo in nota, e abbiamo letto questa frase, che trascriviamo: "Accantonamento collegato, ai sensi dell'articolo 11 bis comma 2 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, all'accantonamento di segno negativo contrassegnato dalla medesima lettera a) per l'intero importo, al netto delle regolazioni debitorie". Ho sentito dire che il linguaggio della pubblica amministrazione si sta semplificando. Mi si dice che andiamo verso tempi dove la trasparenza sarà garantita, e il "pane" si chiamerà "pane". Tuttavia quella tabella, con quella cifra e quella noterella, non mi piace. Non capisco cosa voglia dire'. Non risponde a nessuna delle domande che mi faccio come amministratore. Non mi darò per vinto. Troverò qualcuno in grado di dirmi se siamo in Europa o se siamo becchini fuori di testa. Ma per ora ho l'impressione che esistano due Italie; quella delle dichiarazioni e dei comunicati stampa e quella dei ragionieri ingarbuglioni, unici custodi dello stato vero delle entrate e delle uscite, fortemente motivati a non dividere con nessuno i dati in loro possesso. Spero di sbagliare. E comunque spero che tutto questo cambi presto e radicalmente, e che arrivi sul tavolo di chiunque debba oggi impostare il bilancio di un parco una letterina semplice e chiara, contenente la distinta delle entrate certe per i successivi tre anni, di qualunque provenienza pubblica esse siano.
Non mi pare di chiedere troppo, posto che si sia in Europa, e che - come ha scritto Baratta - si sia "particolarmente soddisfatti" di come vanno queste nostre specifiche cose.
NOTA:
1. Naturalmente chiedendo a quei pochi che sanno, tutto si capisce. Quella nota significava che in attesa della "manovrina" di fine anno da 5000 miliardi si congelavano fondi per diecimila miliardi fino a quella data, dopo di che la "cassa" avrebbe avuto la necessaria copertura. Tuttavia a tutt'oggi (metà gennaio) niente è scongelato, per ulteriori fatti che non posso raccontare, perché il direttore non mi ha appaltato l'intera rivista... Anche alla luce di questi chiarimenti, la richiesta di bilanci costruiti in altro modo, e con ben altre garanzie di solidità, resta più che giustificata.
* Presidente del Parco del Conero |