|
Abbiamo ritrovato ciò che da sempre esisteva, ci siamo accorti che quei profili lontani, ad ovest o ad est delle nostre città, non erano solo porzioni di panorama, ma un'entità complessa, un ambiente stupendo, un caleidoscopio di culture, tradizioni, attività. Ci siamo accorti, insomma, di avere a due passi l'Appennino!
Quella montagna, per decenni così lontana dagli interessi degli economisti, bollata di marginalità, sottosviluppo, inutilità, oggi si scopre risorsa, risorsa enorme, disponibile, appetibile.
Bene quindi un nuovo progetto per l'Appennino, inteso ora come tessuto connettivo di aree protette, che però vorremmo non contenesse in sé il rischio di un disegno calato dall'alto, quasi scoperta tardiva di sapore neocoloniale, con l'ambizione di riplasmare il montanaro con nuovi ruoli ed economie, magari togliendogli l'economia reale per un'altra nuova e per ora mai realizzata.
Perdonare l'inizio dubbioso, ma è il dubbio che alimenta la ricerca e la ricerca del successo di questo nuovo e affascinante progetto per l'Appennino, non può prescindere dal conforto di radici certe nella realtà strutturale di questo mondo verde.
"Un mondo - scrive Salvatore Frigerio, monaco camaldolese -, che non è solo una riserva di alberi e di animali ma che, proprio perché è un mondo, è un risultato di vite, di storie, di processi, di testimonianze, di ricerche, di fatiche, di lotte e di successi, di sconfitte e di vittorie, di solitudini e di incontri non riducibili a un mero problema tecnico ed economico: questo da solo certo non si addice a una realtà viva e perciò depositaria di un mistero che solamente la sua storia può far percepire e che nessun tecnico può mutare ma solo ascoltare e servire perché tale mistero sia conservato". Con questo spirito e per queste finalità la Lega nazionale delle cooperative ma, mi permetto di affermare, tutte le Centrali cooperative italiane, vista la sintonia con la quale stanno affrontando queste problematiche, dichiara la convinta disponibilità ad operare per la realizzazione del progetto Ape.
La cooperazione infatti conosce quelle radici, conosce i terreni saldi dove ancorarle e non ha paura di pensare in grande, ma non vuole neanche veder cadere sogni, speranze e progetti.
Anche noi, riprendendo il titolo di un romanzo di Fausta Cialente, riteniamo che "il futuro ha un cuore antico", e che la nuova economia si basa sull'utilizzo di risorse endogene, utilizzate da sempre e che oggi possono trovare forme di gestione ancor più sostenibili e incastri con le nuove attività e professioni.
Per questo vogliamo, insieme a voi, guardare lontano, ma camminando con piedi sicuri sulla terra appenninica, di cui le cooperative conoscono asperità e dolcezze, problemi ed opportunità; non per entusiasmo di neofiti ma per lunga esperienza di lavori forestali, difesa dagli incendi, lavori sistematori, gestioni agricole e zootecniche, organizzazione di turismo naturalistico.
Il progetto "Appennino parco d'Europa" ha il fascino di un lungo viaggio e i primi passi sono quelli più importanti. Partiamo allora da altri dubbi e dai problemi e dalle inefficienze da rimuovere, se vogliamo che il viaggio inizi sotto i migliori auspici.
Partiamo dalla legge n. 394/91 e dal bilancio di quattro anni: bilancio problematico che vede gli Enti parco con grosso affanno, gestioni che hanno difficoltà ad incontrarsi con gli interessi locali e talvolta contrastanti proprio con le attività consolidate che avevano promosso la costituzione dei parchi, prima fra tutte quella forestale. Inconsistenti le ricadute economiche, precaria la poca occupazione creata: rinvigoriscono solo gestioni burocratiche di vecchi e nuovi vincoli. Enti parco che non tengono conto dei nuovi messaggi lanciati dalla pubblica amministrazione a partire dalla legge n. 142/90: efficienza, efficacia, assistenza al cittadino e alle imprese per trasformare i vincoli in qualità di gestione e la burocrazia in struttura di servizio sul modello delle economie europee più avanzate.
Insufficiente anche l'azione del Ministero dell'ambiente al quale, tra le altre, compete la grande funzione di legare le opportunità della 394/91 con la 97/94 per varare nuove integrazioni e mosaici di attività nelle aree montane sotto tutela.
Ma le aree protette sono un sogno che la cooperazione non vuole veder cadere, perché vi ha riposto aspettative, idee, progetti, impegno e soprattutto tante risorse umane che in quei territori operavano ben prima che l'etichetta parco li facesse apparire diversi. Esaminiamo ora le radici dei nostri progetti, che proprio in questo periodo stanno generando un nuovo soggetto: non c'è occasione più autorevole di questa per annunciare che è in fase di costituzione un Consorzio unitario dell'Appennino, formato da oltre 50 cooperative e consorzi agricolo-forestali, aggreganti già oltre 3.000 soci tra maestranze e tecnici, il cui primo obiettivo è quello di diventare soggetto contrattuale forte per chiedere più attenzione alle problematiche ambientali e occupazionali delle aree montane. L'Appennino ha diritto ad avere molte idee da sviluppare e nuove attività da inventare, ma la base di un serio progetto dev'essere costituita da risorse esistenti, patrimoni professionali esistenti, forme aziendali esistenti, strumenti legislativi esistenti.
Le risorse sono quelle endogene, prima di tutto l'ambiente in generale, da proporre come cornice di pacchetti economici e non come prodotto commerciale, perché non si vende una cultura se non a prezzo della sua morte. Nell'ambiente esistono poi risorse che possono essere utilizzate in modo sostenibile e sono:
- le foreste (da migliorare e utilizzare per il legno), la fauna, i prodotti del sottobosco, il miglioramento e la manutenzione del paesaggio, la tutela dei suoli, la cornice di un'offerta turistica sostenibile
- i suoli coltivabili, per sviluppare agricoltura e zootecnia in modo sostenibile e magari biologico
- la tutela della pianura e delle sue città, riorganizzando il sistema di casse d'espansione che parte dalle valli di montagna, sistemando il letto dei torrenti che scendono dalle cime appenniniche, sostituendo ai grandi interventi di cementificazione degli alvei i nuovi sistemi di bioingegneria
- lo sviluppo di filiere produttive che partono dal legno e portano al prodotto finito, sostenendo l'artigianato e le piccole imprese che si approvvigionano nello stesso Appennino, che partono dal bosco e dalle praterie dei crinali per offrire strutture e servizi a un turista meno distratto e più fedele, meno stagionale ma più esigente - lo sviluppo di attività nuove o recenti, dal turismo naturalistico alle guide dei parchi, ai sistemi informativi ambientali, che possono radicare solo su aziende già esistenti, come le cooperative e i relativi centri servizi, che possono trasformare un precariato con poche prospettive in un'attività integrata.
Il patrimonio professionale è quello, tuttora vasto e in piena crescita, della cooperazione, dove esistono operai forestali consapevoli che la coltivazione del bosco su basi ecosistemiche è il presente e anche l'avvenire, perché salva il bosco e lo rende perpetuo; dove esistono capacità nei settori più tradizionali dell'agricoltura e dell'allevamento ma anche in quelli di recente affermazione, basati sui metodi biologici e controllati, sulla qualificazione del prodotto montano e sulla salvaguardia dei prodotti tipici locali, esempio concreto di biodiversità economica.
La cooperazione sta inoltre investendo molto nella transizione professionale verso metodi di bonifica montana e di sistemazione idraulica e forestale a basso impatto ambientale, inseriti armoniosamente nel paesaggio appenninico. Le aziende su cui fondare il progetto di un'economia sostenibile possono essere le stesse cooperative, intese non come soggetti esclusivi da assistere e privilegiare, ma come strutture trainanti di un processo economico, sociale e culturale che crei integrazione e aggregazione con i coltivatori diretti, gli artigiani, le piccole imprese.
Infine gli strumenti, o meglio l'unico strumento veramente efficace che oggi esiste nella legislazione italiana per aiutare la montagna appenninica a crescere sulle proprie salde radici: la nuova legge sulla montagna, gli articoli che riguardano la politica forestale, la sistemazione e manutenzione del territorio, la pluriattività e in particolare il comma 2° dell'articolo 17. Questo consente a tutti gli enti pubblici, compresi gli enti parco, di affidare direttamente a cooperative agricolo-forestali lavori e servizi.
Questo è lo strumento degli amministratori per valorizzare l'imprenditoria locale, per far lavorare i residenti, per far sì che la qualità degli interventi sia garantita e verificata nel tempo da imprese che rimangono nel territorio.
Ma l'innovazione vera è l'opportunità di poter procedere agli affidamenti diretti previa stipula di una convenzione, ovvero di uno strumento che stabilisca mutui rapporti di utilità, che leghi la concessione dei lavori a un progetto comune di economia sostenibile e di sviluppo della pluriattività.
Le Centrali cooperative sono impegnate in questa attività di concertazione con il Ministero dell'ambiente e lavoro, l'Uncem, i singoli parchi, basata sugli strumenti normativi esistenti e finalizzata a dare corpo a quel possibile incontro di interessi tra le istituzioni come sede delle scelte politico-strategiche, e le imprese cooperative strumenti attuatori, il tutto per un uso ottimale delle scarse risorse a disposizione.
La cooperazione in questo scenario rappresenta la soluzione più snella, e di minore costo per la collettività, che garantisce la residenza anche perché rappresenta già in molte zone l'unico contenitore di professionalità idonee per la gestione dell'economia ambientale sostenibile in Appennino e l'unico soggetto che investe tuttora in risorse umane in settori a basso profitto.
Le cooperative possono essere le prime realizzatrici di quell'integrazione dei redditi dei piccoli coltivatori che la legge sulla montagna lega alla realizzazione di opere di coltivazione e manutenzione ambientale; possono creare occupazione a tempo determinato che si integra con le attività turistiche stagionali, realizzando insomma quella pluriattività espressa dagli articoli 17 e 18 della legge n. 97/94 che altrimenti rischia di restare solo una buona idea.
Amici, ho cercato sinteticamente di delineare il ruolo, per noi notevole e di grande portata, che la cooperazione può e vuole dare al progetto Ape; lo consegno al dibattito affinché risulti utile alla realizzazione dello stesso, un progetto che gli stessi Enti parco devono far proprio, rompendo gli indugi e i tentennamenti finora mostrati, utilizzando con coerenza gli strumenti a disposizione.
Legge 394/91, legge 97/94, decreto legge 123/95 e conseguente Del. Cipe del 10/5/95 sui patti territoriali: tre formidabili strumenti che legano le finalità di una moderna politica ambientale con la gente dell'Appennino lungo percorsi chiari, trasparenti e certamente condivisi. Le cooperative aiuteranno i parchi a spendere in modo produttivo le tante risorse a disposizione e i parchi aiuteranno l'Appennino a trovare soluzioni economiche e ambientali più complesse restando se stesso.
* Lega nazionale cooperative e mutue |